lunedì 22 agosto 2011

color che son sospesi

di lo Scorfano

Oggi è il 22 agosto. Faccio due conti rapidi e facilissimi e capisco che tra sette giorni, una settimana, il giorno lunedì 29 agosto, sarò di nuovo a scuola: 8.30 collegio docenti, 10.00 prova scritta di latino. E non è tanto il fastidio per tutto quello che ricomincia, non è quello: è proprio quel «prova scritta di latino» che mi agita e mi innervosisce.

Provo a pensare a come mi sento: fuori fase, direi. Fuori scuola, se esistesse il modo di dire. E, me lo immagino, anche i miei quattro alunni con il debito di latino si sentiranno così: del tutto «fuori scuola», è normale. Ma lunedì mattina, alle ore 10.00, ci vedremo, ci saluteremo, io consegnerò loro un brano da tradurre, poi lo correggerò nel pomeriggio stesso di lunedì, poi martedì 30 li interrogherò sul programma che abbiamo svolto fino a giugno, il 2 di settembre ci sarà un veloce scrutinio, poi usciranno i tabelloni da cui loro sapranno se andranno in quarta o se invece ripeteranno la terza; se avranno «riparato», come si diceva trent’anni fa, quando lo studente ero io e gli esami erano appunto «di riparazione».

Oggi si chiama «sospensione del giudizio», invece:  
   significa che a giugno noi, gli insegnanti, siccome le insufficienze erano poche (due o tre) o non abbastanza gravi, abbiamo come «congelato» i nostri voti, li abbiamo sospesi in attesa di questo 29 agosto, in attesa di capire come sarebbe potuta andare a finire. E ci siamo affidati a loro, alla loro voglia di saldare il «debito» (così si dice), alla loro estate che avrebbe previsto anche qualche libro e qualche esercizio.

Ma non lo so, continuo a dirmi: non lo so se è il sistema migliore, questo. Mi ricordo che quando il ministro Fioroni stabilì questa necesità (di colmare entro l’inizio dell’anno scolastico i «debiti» accumulati in quello precedente), mi ricordo che io ne fui molto felice. Perché venivamo (insegnanti e studenti) da anni in cui un «debito» (cioè un 4 o un 5, anche in due o tre discipline, anche in matematica o italiano) non significava niente. Ti ritrovavi il ragazzo, l’anno dopo, seduto al suo posto nella sua classe, che non aveva recuperato niente, che non aveva intenzione di studiare niente, come l’anno prima Peggio del’anno prima: perché aveva capito che sarebbe rimasto comunque impunito, un anno dopo l’altro. E, per questo, l’idea di Fioroni mi parve del tutto una buona idea.

Ora non lo so più: ora penso che a questi ragazzi è stato fatto frequentare (a fine giugno) un corso di 8 o 10 ore, il cosiddetto «corso di recupero». Non so cos’abbiano fatto, in quelle 8 o 10 ore: forse poco, senz’altro non quanto io avevo provato a fare nei 200 giorni di lezione dell’anno appena concluso. Poi avranno studiato per conto loro, spero (e nessuna lezione privata, spero). Si saranno magari impegnati un po’, anche solo per la paura. Ma che abbiano davvero «recuperato», che adesso sappiano tradurre decentemente dal latino o capire un brano della Commedia di Dante, be’, questo mi pare davvero troppo. Se sarò fortunato, mi accorgerò semplicemente che ci hanno un po’ provato; se me ne accorgerò, darò loro un 6 e spererò nell’anno scolastico che sta arrivando. Se invece non sarò fortunato, spererò che lo siano stati i miei colleghi, nelle altre materie: e che la mia valutazione non pesi abbastanza. E spererò nell’anno scolastico che sta per cominciare. E se invece nessuno di noi sarà stato fortunato?

Ecco, questa è in fondo la domanda, unica e semplice. È ragionevole bocciare un ragazzo a settembre, pochi giorni prima che cominci l’anno nuovo? E rimandarlo indietro di un anno scolastico? A me non pare. A me pare che un consiglio di classe (cioè una decina di insegnanti), dopo 200 giorni di scuola normale (da settembre a giugno), dovrebbe avere le informazoni necessarie per promuovere o bocciare un ragazzo, senza arrivare a settembre. Mi pare che gli insegnanti dovrebbero assumersene la responsabilità, diciamo così. E non accettare questa specie di limbo estivo un po’ privo di senso. Io, lo confesso (sperando che i miei alunni non stiano leggendo) odio bocciare a settembre. Perché a giugno so come ho lavorato e so perché sto prendendo una certa decisione e su quali basi la sto prendendo e non ho nessun tipo di remora. A settembre invece non so niente: io non ho lavorato, loro chissà, io non li hop nemmeno più visti. E devo giudicare quello che è, per me, ingiudicabile.

Ma è «solo un rito», mi dicono i più svegli tra i miei colleghi, niente altro che un balletto. Il 99 per cento dei «sospesi» (rimandati, si diceva una volta) viene promosso a calci in culo; l’1 per cento che resta, in fondo, ha solo ottenuto quello che cercava. D’accordo, rispondo io, è solo un rito, d’accordo. Ma è un rito che ci costa, non poco e a tutti. Perché i corsi di recupero costano non poco, per esempio; e perlopiù non servono assolutamente a niente, tra l’altro. Però è abbastanza comodo fare finta che non sia così, e continuare a tenerli, e mettere via qualche euro, che serve anche per le ferie di agosto.

Ed è un rito un po’ fasullo, tra l’altro: perché un conto è giudicare un alunno dopo un anno di prove e di lavoro insieme; un altro ben misero conto è giudicare un anno sulla base di uno scritto agostano e di un’interrogazione soltanto. Però, pazienza, non sono io che decido: è il ministro che decide cosa si deve o non si deve fare, io obbedisco, è il mio mestiere (anche).

E il ministro ha deciso che gli esami a settembre (ops, scusate: le sospensioni del giudizio) vanno bene così; e che si devono fare i corsi di recupero, anche se solo di 8 ore perché i soldi sono sempre meno; e poi i sindacati potranno lamentarsi che non ci sono più i soldi per i corsi di recupero; e i giornalisti scrivere un bell’articolo estivo e indignato sul fatto che le scuole non hanno i soldi nemmeno per i corsi di recupero (un mese prima dell’articolo indignato sul caro libri, più o meno); e i genitori mandare i figli ai corsi di recupero, fiduciosi che possano servire a qualcosa; e i ragazzi venire ai corsi di recupero aspettando che finiscano; e poi magari andare anche a lezione privata, ché l’istruzione è importante; e gli insegnanti salutarsi nel caldo del 29 agosto, alle 8.30 di mattina, con gli sguardi che si incrociano e che silenziosamente si dicono: «Cerchiamo di non bocciare nessuno, per carità».

10 commenti:

  1. Aiuto! Volevo aspettare ancora un po' prima di pensarci (qualche giorno? Qualche ora?). Comunque, se vuoi, posso aggiungere l'assurdo di chi, come me, avendo perso posto nella scuola dell'anno precedente (e non sono un caso eccezionale) non sa ancora neanche se questi esami li farà nella vecchia scuola o nella nuova, o in entrambe (?); se dovrà preparare e correggere versioni per alunni che non seguirà l'anno prossimo o per alunni che non ha seguito l'anno precedente, o entrambe le cose (?). Tanto per cominciare l'anno in bellezza.

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  2. Mah, se io ho capito bene il meccanismo, dovresti farli soltanto nella scuola vecchia. Essendo gli esami una semplice appendice dell'anno appena finito... Credo.

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  3. Anche io sono d'accordo con te (parafrasandoti: è vero che dopo 200 giorni di scuola, sappiamo come abbiamo lavorato noi e loro).
    Mi sembra di aver capito (o forse sbaglio?) che non ami particolarmente la Mastrocola: ma lei dice più o meno lo stesso, e cioè che i debiti a settembre sono stati reintrodotti per garantire alle famiglie che la scuola "può recuperare" le lacune dei loro figli. Cioè, non più "io ti rimando", ma "io ti recupero".
    Togliendo così ciò che per me è ancora più importante, in tutto questo (tanto, i soldi nelle scuole statali sono finiti da un pezzo): la libertà di assumersi le proprie responsabilità.

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  4. @Monica
    Sulla Mastrocola conservo un giudizio ambivalente. Mi pare di rendermi conto che molto di ciò che scrive corrisponde al vero (purtroppo, ma è così); però non mi piace il suo modo di esagerare, né la sua idea di fondo di insegnamento (soprattutto quest'ultima).

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  5. Oddio, io mi sento ancora fuorissimo :-/
    E lo so che entro questa settimana dovrò preparare le prove, eppure sono sospesa anch'io. Chi mi ripara?
    Però. Due dei miei studenti di quarta erano mesi che si rifiutavano di studiare. Hanno cercato di "salvarsi l'anno" decidendo di studiare matematica l'estate, e non c'era altro da fare. Hanno solo quella da studiare, speriamo bene. Uno è già stato bocciato l'anno scorso proprio a settembre (aveva una sola materia, e non era matematica) quindi avrà fatto qualcosa. Noi, che siamo di qua da dalla cattedra, abbiamo deciso che a settembre massimo due materie, possibilmente non gravi.
    Ma i dubbi di fondo restano, al di là dei casi specifici.

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  6. però "sospensione del giudizio" ha la sua eleganza.
    variabile

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  7. Un'eleganza tutta burocratica, in effetti ;)

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  8. sono talmente fuori da questa questione che non mi ricordo neppure per chi (e per quanti) ho sospeso il giudizio.
    Inoltre devo ancora fare una settimana di vacanze in Scozia e piomberò in sala insegnanti direttamente dall'aeroporto.
    Infine - loro non lo sanno - ma io farò il possibile per promuovere tutti.

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  9. Ah, che tasto dolente. Mi sento fuori dalla logica scolastica, pur sapendo che tra nove giorni tutto ricomincerà e io ridiventerò una prof.
    Proprio in base a un ragionamento del tutto analogo a quello da te svolto così chiaramente, a giugno ho limitato al minimo le "mie" sospensioni di giudizio, arrendendomi solo di fronte a casi quasi impossibili da risolvere in una esplicita e irrevocabile bocciatura a giugno.Spero che "color che son sospesi" non abbiano l'impudenza di comparirmi davanti completamente a digiuno di quel che dovevano recuperare! Non credo ai corsi di recupero, credo che si debba lavorare sodo, e con ogni valido sostegno anche pomeridiano, in quei 200 giorni. Evitando attività dispersive e, a conti fatti, inutili. Sulla Mastrocola condivido il giudizio ambivalente; ho molti dei suoi libri, compreso l'ultimo in cui invitava noi proff. a togliere il disturbo.Mi convincono certe sue analisi, ma le sue "ricette" per salvare la scuola mi lasciano perplessa, apparendomi un po' facili in teoria,ma difficili nella pratica e anche un po' utopiche.

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)