giovedì 27 ottobre 2011

quella terra di limoni

di lo Scorfano

Il mio primo incarico annuale come insegnante di lettere lo ebbi nel 1994, in una scuola privata. Ero entusiasta e cieco e molto giovane. Mi affidarono una seconda liceo e io, poverini, li martirizzai con una specie di interminabile corso monografico sulla poesia di Montale, che era (e resta) una delle mie grandi passioni inutili.

Poi, in primavera, li caricai tutti su un pullman e li portai alle Cinque Terre, a vedere i luoghi montaliani letti nelle poesie. Quando fummo a Vernazza, dopo aver percorso il sentiero che arrivava da Monterosso al Mare, li radunai su un piccolo spiazzo a picco sul mare e lessi loro, commentandole, alcune poesie di Ossi di seppia, quelle che appunto parlano di mare. Loro tacevano, forse perplessi forse attenti, non lo so più. Dalla finestra di una casa rossa si affacciò una signora, una donna che avrà avuto sessant'anni, e si mise ad ascoltare la mia lezione. Io la vidi, mi imbarazzai, ma feci finta di niente: e portai a termine la mia lettura.

Alla fine, la signora applaudì forte dalla finestra, suscitando l'ilarità di tutta quella povera classe. E dopo quella donna ligure mi chiamò, da casa sua, e mi disse: «Professore, venga un attimo qui, per favore».
  Io salii: ero giovane ed entusiasta. La signora mi regalò due bottiglie di sciachetrà, dicendomi: «Lo facciamo noi, questo vino. Non ne trova più in giro, fatto così». Io le chiesi come mai non ne avrei trovato più in giro, come mai non lo vendevano. Lei mi disse: «Non avrebbe senso: i terrazzamenti su cui lo coltivavamo costano tanta fatica e tanti soldi, e non rendono abbastanza. Non ci potremmo ricavare niente, ci perderemmo e basta. Ormai noi, che abbiamo questi terreni terrazzati, li lasciamo a loro stessi, abbandonati. Non ha nessun senso farci fatica sopra. Mio marito coltiva ancora qualche vite e ci fa questo vino, per noi, ma nient'altro».

Io presi le bottiglie, la salutai e la ringraziai. Tornai a casa, con il pullman, dopo la lunga camminata tra i limoni (e ancora Montale, poveri ragazzi...), con quelle dannate bottiglie in mano, e dopo qualche giorno, dopo cena, aprii una di quelle bottiglie. Assaggiai lo sciachetrà fatto dal marito di quella signora. Era un vino strano, diverso da tutti quelli che avevo bevuto prima, comprati al supermercato o all'enoteca. Era un vino denso e viscoso, che al primo sorso mi parve imbevibile. Poi mi abituai, lo bevvi tutto, fino alla fine della seconda bottiglia, non posso dire che mi parve buono, ma credetti di riconoscerci dentro sapori che erano stati di qualche mio antenato ligure, credetti molte cose a cui non so se è giusto credere.

In questi giorni, mentre guardo il fango che ha travolto Vernazza e Monterosso e tanti piccoli paesi di quel magnifico lembo di terra d'Italia, non più coltivato, abbandonato a se stesso, lasciato in un angolo della memoria perché francamente non produttivo, chiuso nel circolo privato delle eco poetiche dei lettori di Montale, che sanno che proprio lì è nata la voce del nostro più grande poeta del secolo scorso, in questi giorni ho ripensato molto a quella signora e alla sue bottiglie di vino, che ho bevuto tanti anni fa. Al loro sapore denso e vecchio. Alla loro terra abbandonata e incolta. E ho sperato che quella signora stia bene e che le sue terrazze a sul mare non siano state travolte dalla pioggia e che qualcosa, per quella terra splendida, si possa ancora fare.

8 commenti:

  1. IO, devo ammetterlom, fui turbato da quel vino... Ma forse era perché di origine così domestica: non ci ero abituato.

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  2. E che nessuno per favore parli di fatalità. Anzi lo hanno detto e io mi sono incazzato, ma proprio incazzato. La Liguria, che conosco bene perché è la mia terra, è un terreno di conquista dei pescecani del cemento, spalleggiati dalla destra e dalla sinistra. In questi ultimi tempi anche la mafia ha fatto passi da gigante.

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  3. @Alberto
    E' anche la mia terra (il Ponente, però). E ho citato le coltivazioni abbandonate perché ho letto e sentito che quel tipo di degrado, non a caso, è stato una delle concause maggiori della tragedia.

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  4. "Terreno di conquista dei pescecani del cemento". Dove sono quelli che hanno votato il piano casa, cementificato l'Italia (fatevi un giro in macchina in Spagna e guardate quanti spazi non sverginati dal cemento ancora restano), consegnato l'urbanistica alla finanza ?

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  5. Sembra un vino liquoroso come dovevano esserlo gli antichi cecubo e falerno...

    Uqbal

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  6. Senza dubbio, insegnante. Parafrasatore di poeti, diciamo, per mestiere. ;)

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)