martedì 4 ottobre 2011

cosa non mi piace

di lo Scorfano


Alcune parole turbano e infastidiscono (o almeno: turbano e infastidiscono me). E in quest'ultimo fine settimana, ho dovuto ascoltare o leggere alcune dichiarazioni, in vario modo pubbliche, che ho trovato sinceramente sgradevoli e/o inopportune e/o stupide; e che, appunto, mi hanno turbato. E allora me le voglio appuntare qui, a futura memoria, o anche soltanto per capire se sono solo io o se, almeno su qualcuna, il mio turbamento è condiviso.

Mi hanno innanzitutto infastidito le parole a pagamento di Diego Della Valle: molto. Mi ha sinceramente un po' scioccato l'idea che un grande imprenditore, uno che siede in consigli di amministrazione di rilievo assoluto per le sorti della nostra malconcia economia nazionale, possa comprare una pagina su vari quotidiani importanti del paese per pronunciare frasi che cominciano con le parole «i politici» (io lo impedisco ai miei alunni quindicenni, figuriamoci un po'...). Frasi che sarebbero a malapena accettabili se le urlasse ridendo il mio vicino di casa al bar, in piazza; ma che diventano quasi offensive (per me) se le scrive uno come Diego Della Valle. «I politici» non significa nulla, «la buona parte degli appartenenti a tutti gli schieramenti politici» significa forse ancora meno. Da un uomo così potente ci si aspettano prese di posizione chiare, parole che vadano al punto e che indichino responsabilità precise e possibili alternative; non un qualunquismo generico da mercato del paese. Che è poi, alla fine dei conti, lo stesso qualunquismo generico che finisce per meritarsi, letteralmente, la classe politica che appunto ha.


Poi, mi ha parecchio infastidito (e non è affatto una novità) il ministro Roberto Calderoli, con la sua elegantissima uscita sul  «diritto universalmente riconosciuto all’autodeterminazione dei popoli». Il quale diritto si riferirebbe, secondo il ministro, al popolo della cosiddetta Padania. E mi infastidisce in sostanza, la nulla considerazione che ha di me il ministro Calderoli, quando se ne esce con queste considerazioni: perché io ci abito, nella cosiddetta Padania, io sono un pezzo di quel popolo che si dovrebbe autodeterminare, ma sembra che la mia opinione non conti mai nulla. Peccato, per il ministro, che la mia opinione è esattamente quella dell'80% circa degli appartenenti al popolo della cosiddetta Padania; peccato che, se davvero ci si dovesse così beceramente autodeterminare, sarebbero giusto una mezza dozzina di piccoli paesi della Val Brembana e della Val Camonica ad autodeterminarsi «popolo della Padania». Gli altri (tutti gli altri, Milano compresa) si autodeterminerebbero italiani, come me. E forse sarebbe il caso che il ministro Calderoli, che non è, in questo caso, un uomo molto saggio, non facesse sempre finta di dimenticarselo.


Terzo insopportabile fastidio, a sorpresa, mi è venuto dalle parole di Massimo Moratti., petroliere e presidente dell'Internazionale (intesa come squadra di calcio). Il quale Massimo Moratti è tradizionalmente definito come un campione di signorilità ed eleganza, talmente spesso che alla fine un tipo ingenuo come me tende pure a crederci. Il presidente Moratti, uscendo da una partita in cui la sua Internazionale aveva perduto (subendo alcuni evidenti torti arbitrali, ne convengo), ha dichiarato, riferendosi all'arbitro: «spero di non trovarmelo più davanti». Ecco, insomma, questa non è esattamente eleganza, anzi; questa è prepotenza, questa è la voce grossa dell'uomo potente che detta le regole a chi invece dovrebbe dettarle a lui, questo è ciò che faceva Luciano Moggi, questa è la minaccia sottile di chi ha la forza per farsi obbedire. Il presidente del Cesena calcio, per fare un esempio, non potrebbe mai imporre una scelta del genere; e in ogni caso, diciamolo chiaro, quello di pretendere di scegliersi da soli gli arbitri che giudichino la nostra partita (o le nostre eventuali colpe) è un vizio che pensavamo appartenesse soprattutto al presidente del consiglio. Il quale, effettivamente, gestisce «cene molto eleganti»; ma del quale, altrettanto effettivamente, non vediamo l'ora di liberarci.

E, in ultimo, c'è stata la blogfest. E tra i trionfatori c'è stato il sito del Fatto Quotidiano. «Molto bene» ho pensato ,quando ho visto Peter Gomez che si presentava a ritirare il premio. Molto bene, perché troppi altri erano mancati; e il gesto di Gomez, di essere lì con il premio in mano, mi è parso molto rispettoso ed elegante, ho apprezzato. Poi, nel ringraziare per il premio, Gomez ha voluto ricordare tutti i blog del Fatto Quotidiano, ha detto che sono più di quattrocento, e poi ha aggiunto: «Di cui nessuno viene pagato». E lì io sono rimasto zitto. Perché non sono mai stato un tipo pronto e sveglio , purtroppo. Perché in quel momento avrei voluto (e dovuto) gridare: «E allora pagateli, insomma!» Perché la gente che lavora va pagata, è semplice. Altrimenti... Altrimenti è brutto, è sconveniente, è fastidioso, ed è assai poco elegante; altrimenti potrebbe finire che un giorno lavoreremo e dovremo anche ringraziare di poterlo fare gratis; altrimenti si rischia di far scivolare il lavoro in una dimensione talmente sgradevole che non voglio nemmeno usare la parola per definirla.

Il che, oltre che infastidirmi e turbarmi, mi indurrebbe a desiderare sul serio di vivere altrove, lontano dalla Padania ma anche dall'Italia, lontano da un paese in cui la gente lavora gratis e i giudicati pretendono di scegliersi i giudici, e i ministri dichiarano cose poco serie e gli imprenditori comprano le pagine dei quotidiani per prendersela con tutti ma con nessuno, come i cantanti quando scrivono le canzoni. E come Ivano Fossati, che ha spiegato a Fabio Fazio di non volerne scrivere più: e anche quello, lo ammetto, mi ha dato nel complesso un po' fastidio. Come, ogni settimana di più, Fabio Fazio.

6 commenti:

  1. Sei in buona compagnia: questo desiderio di andarsene da qui è purtroppo più che diffuso e devo dirti che mi sento assolutamente solidale con te.

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  2. Allora, il we, per l'irritazione, era effettivamente di quelli pieni. E siccome la carne al fuoco che hai messo è tanta, vado per punti.

    1) DDV: mi ha irritato, per i motivi che dici, perché mi pare un insulto alla miseria (abbiamo idea di quanto costi un'inserzione 10 cm x 8 cm sulla gazzetta di monculi?! io ce l'ho, e non voglio pensare dunque al soldo così sprecato), e per un motivo intellettualistico (se decidi di fare una cosa così populista, e pure così gratuitamente da riccastro, beh, almeno scrivi in italiano, e che cazzo. Mi consola che quest'ultima cosa non l'ho pensata solo io, ma anche gli addetti stampa della Fiorentina, che nel riportare il comunicato sul loro sito hanno corretto gli errori di grammatica e sintassi: chapeau);

    2) Calderoli: non comment, hai già detto tutto tu.

    3) Massimo Moratti: e va beh, ti dice la 'povna calciofila e orgogliosamente gobba, ma che t'aspetti da un interista?! Ma facciamo il piacere...

    4)Gomez e Il Fatto: e va beh, dice l'antiFatto (profonda, quasi, quasi più che anti-interista) che c'è in me (e per motivi oggettivi, sia chiaro - visto che mi è capitato di averci a che fare, e di verificare nei fatti che la mi diffidenza per il loro populismo, se pure di altro tipo, era giustificata) che c'è in me: ma che ti aspetti da Fatto quotidiano (dispiace di più per Gomez, e per quella serie di giornalisti bravi che ti chiedi che cosa ci stiano a fare là, ma questo è un altro file).

    5)Sul vivere altrove, non ho diritto a commentare, avendo rinunciato con consapevolezza a una vita che era già altrove, scegliendo di rientrare in Italai. Ma, e chiudo, invece non concordo, se non per il dispiacere soggettivo di non sentirlo più cantare, sul giudizio su Fossati. E men che meno su Fabio Fazio, ché ce ne fossero di più, come lui, e che lo capiscono, l'Italia a mio giudizio giornalisticamente parlando, ma non solo, sarebbe un paese migliore.

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  3. povna:
    Anch'io penso che ci vorrebbe qualche Fabio Fazio di più.

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  4. Temo però di essermi spiegato male, nel finale: il fastidio non viene da Ivano Fossati come peronsa (o come cantante); viene dal fatto che tutto sommato abbiamo perso anche lui. Questo è ciò che mi dispiace.

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  5. Mi sono sempre chiesto perché uno dovrebbe avere un blog sul fatto quotidiano se poi non lo pagano. Ormai aprire un blog è questione di secondi e se uno scrive cose interessanti è facile avere un buon numero di visitatori in poco tempo. Perché finire su una testata giornalistica?

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  6. Probabilmente perché su un grande quotidiano on line hai la certezza di avere altri lettori.

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)