La riconoscete la faccia che c'è qui sopra? Sì, è ovvio, la riconoscete. E quanti anni avete in questo momento, mentre la riconoscete? Direi più o meno trent'anni. Oppure quaranta, o anche cinquanta o sessanta, in qualche caso. Venticinque anni, se va di lusso; venti, ma è un'evenienza molto rara; sotto i vent'anni, ma soltanto se quello di oggi è un mezzo miracolo.
Ma insomma, a prescindere dall'età, voi riconoscete quella faccia lì, quella che sta lì sopra. E ci mancherebbe ancora. Perché quella faccia lì è al centro di tutti pensieri politici della nazione (e ultimamente parecchio al centro di tutte le nostre preoccupazioni) da oltre 17 anni. Che sono tanti, tantissimi, troppi. Che sono una vita giovane, appunto: una di quelle che di qui passano di rado, ma che a scuola io frequento normalmente. Per dire: i miei alunni di prima, quest'anno, sono nati nel 1997 (ma un paio anche nel 1998).
Quelli di seconda sono del 1996; i più grandi che ho, quelli di quarta, sono del 1994. Ce n'è uno del 1993, perché è stato bocciato qualche anno fa. Ma, in fin dei conti, è chiaro: è tutta gente molto giovane, che non sa cosa sia l'Italia senza Berlusconi.
Ed è un dato, questo, a cui devo sempre pensare, ogni volta che questi ragazzi del 1996, o giù di lì, mi chiedono qualcosa che in qualche modo riguarda la politica: per loro, ma anche per chi sia nato nel 1985, a dirla tutta (cioè per chi oggi ha ventisei anni), l'Italia senza Berlusconi è una cosa da libri di storia. E non è un dato da poco, anzi: è un dato proprio essenziale, a cui non dovremmo mai smettere di pensare quando riflettiamo sul pensiero e la partecipazione dei giovani (quelli veri, non quelli di 40 anni) alla politica italiana.
Provate, per esempio, a entrare in una scuola di 1200 alunni, com'è la mia, frequentata da tutti i tipi di studenti (liceo, geometri, itc, professionali); e provate a parlare con qualcuno di questi ragazzi di politica. Per prima cosa (primo dato nient'affatto irrilevante) non troverete quasi nessuno disposto a farlo. Se volete parlare di calcio ne trovate tantissimi; o anche se volete parlare dei locali della zona o di moda (tra le ragazze), o dell'ultimo modello di Audi messo in commercio; già ne trovati pochi che abbiano voglia di parlare di computer e di social network. Ma di politica, quasi nessuno; ne trovate di più che hanno voglia di parlare di libri. È importante? Sì, lo è. Venti o trent'anni fa era tutto diverso: si parlava di politica, perché esisteva la politica. Oggi la politica è «roba di televisione», riguarda altri, è lontana e incomprensibile, non esiste. Ed è così anche perché abbiamo nel frattempo avuto Berlusconi e la sua politica tutta commerciale: e il suo marketing sociale costruito tutto sull'antipolitica.
Secondo esempio: avrete finalmente trovato, dentro la mia scuola, alcuni ragazzi disposti a parlare di politica con voi; rimarrete stupiti del loro incredibile qualunquismo. La loro frase più ricorrente sarà: «Tanto sono tutti uguali!». E farete molta fatica a provare a dire che non è detto che lo siano, tutti uguali. Ma loro, non dimenticatelo, sono cresciuti dentro il berlusconismo: per loro la commistione tra politica e affari, tra soldi e potere politico, tra incarichi istituzionali e compravendita dei voti parlamentari, non è un problema tutto italiano che dobbiamo al più presto risolvere. Per loro è la normalità, l'Italia, la regola, il panorama dentro il quale hanno sempre vissuto. E quindi anche il loro qualunquismo è, in qualche modo, giustificato.
Ma mettiamo che siate, oggi, particolarmente fortunati: ci sono infatti alcuni ragazzi che hanno idee politiche e voi avete trovato proprio quelli. Alcuni (siamo al nord) sono leghisti in modo imbarazzante: vi dicono che tutti i problemi che abbiamo derivano dalla presenza degli extracomunitari, che «vengono qui e ci rubano le donne e il lavoro». Con loro parlerete poco, perché non saprete cosa dire. Alcuni altri sono in apparenza molto fascisti: tracciano croci celtiche sui muri dell'istituto e inneggiano normalmente al duce. Poi però, se chiedete loro cosa significa «fascismo», vi fanno la stessa menata a sugli extracomunitari di cui sopra. E anche con loro, quindi, alla fine parlerete poco.
Ma oggi è un giorno speciale: e voi siete entrati in una scuola, avete trovato ragazzi disposti a parlare di politica, consapevoli di quanto sta accadendo intorno a loro, e pure, prodigiosamente, di sinistra. Siete contenti. Benissimo: vi renderete conto, appena ci parlate, che questi ragazzi di sinistra dicono quasi tutti cose di destra. Cioè, per esempio, vi dicono che bisogna ripristinare la legalità, abbattere la corruzione, mettere in galera i parlamentari (e buttare via la chiave), fare ordine e pulizia nelle istituzioni, eliminare i privilegi della casta. E vi dicono che Berlusconi è un affarista che non ha a cuore il paese, uno che pensa solo ai suoi interessi, uno che ha corrotto le coscienze degli italiani con la sua televisione spazzatura.
Ma nient'altro, però. Vi sarà difficile trovare qualcosa, tra ciò che dicono, che riguardi i lavoratori, o i diritti umani, o lo stato sociale, o lo spirito laico (un po' di polemica anticlericale, quella sì: ma di molto basso profilo: al limite questo). Insomma, vi renderete conto, oggi che siete finalmente piovuti in mezzo ai ragazzi, che i ragazzi sono cresciuti in un paese dominato e da quella faccia che c'era lassù, in cima al post. Tanto nella realtà, quanto nell'immaginario comune. E che quella faccia ha cambiato tutto, nel giro di poco meno di vent'anni. Tanto che destra e sinistra vogliono dire il contrario di quello significavano vent'anni fa; tanto che a disegnare le croci celtiche sui muri sono i figli degli operai, mentre i figli degli avvocati parlano con voi della televisione spazzatura di Berlusconi; tanto che scoprirete che i discorsi sugli extracomunitari che «se ne devono andare via da casa nostra» vengono fatti soprattutto nei professionali, dove la presenza dei ragazzi di origine straniera raggiunge il 70%; e che sono loro, quelli di origine straniera, a farli per primi.
Io, in conclusione, credo che la parabola politica di Berlusconi sia finita, che sia questione di qualche mese, pochi mesi. Lo credo e ne sono contento, parecchio. Però so che i ragazzi che sono nel frattempo cresciuti in questi vent'anni non possono concepire la politica se non come berlusconiana, televisiva e affaristica. Il che, lo dico con un misto di speranza e terrore, è probabilmente molto grave: un altro inquietante lascito di questi ultimi vent'anni strani che l'Italia ha vissuto e da cui non ho ancora capito con quante ossa rotte uscirà.
Ma, a parte le ossa, ci sono i ragazzi, per cui la politica è, nel bene o nel male, sempre e soltanto Berlusconi, da tanti anni; il cui pensiero politico è occupato tutto da quella faccia lì, gigantesca e tuttora incancellabile; i cui orizzonti sociali non vanno oltre gli slogan televisivi del Berlusconi sì o no, extracomunitari sì o no. Talmente gigantesca, quella faccia, che ve la rimetto anche qui sotto, la stessa faccia di sempre, degli ultimi due lunghissimi decenni, che non vi venga in mente di volervela troppo facilmente dimenticare.
E che stufa che son di vedere quella faccia da sberle sorridere impunita per il Paese.
RispondiEliminaMi hai rinverdito la voglia di emigrare su PLUTONE!
RispondiElimina:-(
A parte lega nord ed extracomunitari, la situazione da te descritta è la stessa di quando frequentavo il liceo, quindi fino al 1994, in Sicilia.
RispondiEliminaIo penso che le cose che dicono i ragazzi in materia di politica siano semplicemente la ripetizione di quanto sentono a casa. Sinceramente, non credo che un ragazzino fuori dal mondo del lavoro posso capire davvero cosa sia la politica, perché quest'ultima influenza la facilità o meno di trovare lavoro, la tua busta paga, il tuo conto in banca, la fine che fanno i tuoi soldi. Mentre le preoccupazioni per un liceale sono le interrogazioni (perché devono renderne conto ai genitori), le ragazze, il motorino e al limite i bulli della scuola.
Infine, non sono un berlusconiano, però ricordiamoci che qualche anno prima c'erano DC, Brigate Rosse e Nere (e nere travestite da Rosse), Moro, Pecorelli, Marcinkus, stragi varie. Non è che si stesse molto meglio.
@Speaker
RispondiEliminaNo, è vero, non si stava tanto meglio (un po', però, sì). Il problema è però l'immaginario di questi ragazzi, non tanto il loro discutere o meno di politica. Il loro immaginario comune è stato devastato da questi anni in cui sono cresciuti. A me pare che, anche se noi non parlavamo di politica, avevamo una visione del futuro legata anche a qualcosa che andava al di là del nostro minimo privato. Loro no, il loro immaginario si costruisce sui miti del mondo berlusconiano. E pochissimo altro (anzi: niente altro).
L'immaginario degli anni 80 era diverso ma soffriva delle stesse semplificazioni (v. guerra fredda). Un antidoto potrebbe essere quello di raccontare la storia di qualche politico "non uguale a tutti gli altri". E poi, forse, a scuola si dovrebbe parlare di più di politica. Solo parlandone si affina il pensiero.
RispondiEliminailcomizietto
Sono una delle evenienze molto rare: una ventenne, ventunenne per essere precisi, nata nel 1990. In effetti una politica senza Berlusconi non me la ricordo e sono curiosa di scoprire come sarà, meno male che tra poco la mia curiosità sarà appagata. Spero.
RispondiElimina@FruFru
RispondiEliminaQuesto post, infatti, non nasce esattamente a scuola: nasce dalla conversazione con una tua coetanea ventenne che mi faceva proprio la considerazione che tu hai fatto nel tuo commento. Da quel dialogo io ho cercato di capire qualcosa dei ragazzi che ho davanti a scuola ed è venuto fuori il post.
Sono d'accordo su molte cose. però penso che non sia tutta colpa del berlusconismo.è anche colpa di tutti quei politici che si sono adeguati al suo metodo e che hanno lasciato radicare un modello deprecabile senza porre opposizione.
RispondiElimina@Valentina
RispondiEliminaIo credo che il berlusconismo, se è qualcosa che si può in qualche modo definire, è esattamente quello che hai scritto tu; e non riguarda solo colui che gli dà il nome, ma anche coloro che avrebbero dovuto opporglisi e hanno invece accettato, in tutto e per tutto, le sue logiche.
La primissima e doverosa informazione da dare ai giovani è di una banalità sconcertante, se vuoi, ma oggi, in cui esiste soltanto ciò che è mediatizzato e soggiace alla logica imperante del consumo,che è una logica prona ed a-critica, sarebbe necessario puntualizzare che se qualcosa è politico non può contemporaneamente essere personalistico. Il berlusconismo NON può dirsi pertanto in alcun modo un fenomeno attinente alla politica. Questo, almeno, dovrebbero sapere i ragazzi, ad onor del vero: quella roba là, quella faccia là, con la Politica non c' entra nulla. La Politica, nella sua accezione onesta, è un' arte nobile. E non si proclama; si fa, per il bene pubblico.
RispondiEliminaNegli ultimi diciassette anni quella italiana ha, semplicemente, latitato, in favore di un tentativo di aziendalizzazione generalizzato e strumentalizzazione del potere istituzionale per faccende spinose e personali del Presidente del Consiglio.
Francamente, però, se il livello di qualunquismo giovanile è quello da te riscontrato, il problema è ben più ampio e complesso, e riguarda le coscienze, la vitalità delle singole intelligenze, il desiderio d' essere cittadini partecipi, d' agire sulla realtà, di cambiare quel che non funziona.
Rifletto sul ventennio fascista e sulle generazioni nate sotto l' infausta stella mussoliniana. Ciononostante, molti giovani partigiani erano diciottenni...
La primissima e doverosa informazione da dare ai giovani è di una banalità sconcertante, se vuoi, ma oggi, in cui esiste soltanto ciò che è mediatizzato e soggiace alla logica imperante del consumo -logica prona ed a-critica-, sarebbe necessario puntualizzare che se qualcosa è politico non può contemporaneamente essere personalistico. Il berlusconismo NON può dirsi pertanto in alcun modo un fenomeno attinente alla politica. Questo, almeno, dovrebbero sapere i ragazzi, ad onor del vero: quella roba là, quella faccia là, con la Politica non c' entra nulla. La Politica, nella sua accezione onesta, è un' arte nobile. E non si proclama; si fa, per il bene pubblico.
RispondiEliminaNegli ultimi diciassette anni quella italiana ha, semplicemente, latitato, in favore di un tentativo di aziendalizzazione generalizzato e strumentalizzazione del potere istituzionale per faccende spinose e personali del Presidente del Consiglio.
Francamente, però, se il livello di qualunquismo giovanile è quello da te riscontrato, il problema è ben più ampio e complesso, e riguarda le coscienze, la vitalità delle singole intelligenze, il desiderio d' essere cittadini partecipi, d' agire sulla realtà, di cambiare quel che non funziona.
Rifletto sul ventennio fascista e sulle generazioni nate sotto l' infausta stella mussoliniana. Ciononostante, molti giovani partigiani erano diciottenni...
@Sirio
RispondiEliminaE' vero: molti giovani partigiani compresero ugualmente e lottarono. Non lo so, a volte penso che però quella fosse una forma di oppressione più evidente e smaccata. Oggi, per dirla sempre con Huxley, pare di vivere sotto una tirannia che ci pretende felici; tanto che, alla fine, siamo davvero spesso felici di viverci sotto. E' questo che, nei miei momenti più bui di insegnante, io riscontro tra i sedicenni che frequento. Una sorta di beatitudine incosciente, che rende difficile qualsiasi ipotesi di rivolta (culturale).
(culturale) e non solo, mi permetto di aggiungere.
RispondiEliminahai fotografato perfettamente la situazione. però, io mi permetto di essere fiduciosa, proprio in virtù di questi ragazzi di vent'anni, che sono al loro primo voto, e che hanno sempre visto la faccia di Mr.B. in tivvù. per questo, sanno che della tv non ci si deve fidare, quando si parla di politica, e dunque vanno a cercare altrove, in rete, dove il potere di Mr.B. è irrisorio.
RispondiEliminaè così che io mi spiego, che ho spiegato a mia madre, classe 1951, l'incredibile, insperata vittoria di Pisapia a Milano: sono loro che l'hanno votato, i giovani, i ventenni, i diciottenni. e sono sempre loro che hano convinto mamme, papà, zii e nonni a fare lo stesso, perché sapevano, perché si erano informati dove la "vecchia guardia" non è in grado di muoversi.
ecco perché mi permetto di sperare.
Be' sì, messa così come la metti tu, mi permetto di sperare un po' anche io...
RispondiEliminacaro scorfano,
RispondiEliminala tua analisi è perfetta. vorrei averla scritta io, da tanto che è condivisibile e intelligente.
e mi fa male leggerla in una mattina di fine ottobre prima di iniziare una giornata di lavoro che si preannuncia molto tesa per i pasticci combinati dal governo presieduto da quel soggetto di cui tu hai postato la foto.
Io sono del '90, e mi ritrovo pienamente (e tristemente) in quest'analisi.
RispondiEliminaPenso però che questo fenomeno non sia solo della mia generazione. Per esempio, io non ho mai conosciuto nessuno, nato dal 1970 in poi, veramente appassionato di politica; certo, tutti vanno a votare, ma al di fuori delle urne la politica sembra smettere di essere un argomento degno di nota (lamentele escluse!).
In compenso mi sembra che la voglia di cambiare il mondo sia stata reindirizzata nel volontariato. Come dire, se la politica non migliora la vita, tocca alla società farlo. E così scopro che il vicino di casa è soccorritore in pubblica assistenza, la cassiera volontaria ospedaliera e la sorella impegnata in avis e pro loco.
Ecco, volevo solo sapere se questo fenomeno riguarda solo le persone di mia conoscenza, o se invece è una cosa più diffusa.
P.S. complimenti per il blog...anche per quello vecchio! ebbene sì, sono una lurker dai tempi del blog di chi si acquatta sul fondo, e oggi ho deciso di uscire allo scoperto (lusingata dal "rara evenienza" ;) )
ChiF
Magistrale. Ma nella prima metà degli anni Ottanta, alle superiori, senza Berlusconi ma di riflusso dalla violenza degli anni Settanta, tra politica, calcio, auto e moda le percentuali erano le stesse. Anzi ora tutti sanno chi è Berlusconi, allora spadolini o forlani erano pure sconosciuti
RispondiElimina@ChiF
RispondiEliminaE' sempre bello quando una lurker si palesa... E poi, finalmente qualcuno di veramente giovane: ecco, queste sono sorprese piacevoli quando si torna a casa dal lavoro ;)
Per quanto riguarda la questione che poni, io non saprei dirti: io non conosco nessuno che faccia volontariato (a parte mio padre, che però ha settant'anni, non conta) e non ho quindi una risposta positiva da darti. Ma forse altri ne sanno più di me, in questo campo.
@Cienfuegos
RispondiEliminaIo credo che sì, le percentuali non siano diverse. Ma non era su quelle che volevo concentrarmi. Perché il contesto, a mio parere, è invece molto mutato. E quelle stesse percentuali in un contesto così mutato possono, forse, essere un allarme.