Potete immaginarlo anche voi. Le librerie pian piano spariranno e presto o tardi toccherà pure a me perdere il lavoro. Mi dispiacerà, inutile dirlo. Mi dispiacerà abbandonare un luogo che ho frequentato per tanti anni e mi dispiacerà perdere di vista persone che ho frequentato ogni giorno, per molte ore. Se ne andranno anche un buon contratto e uno stipendio dignitoso. Le cose allineate verranno mosse e sparpagliate. Dovrò, a quel punto, ricapitolarmi e non so quanta energia avrò per farlo. La voglia non ci sarà, poco ma sicuro. “È bene fare nuove esperienze”, dice qualcuno. “È bene cambiare aria”. Può darsi, però anche per fare nuove esperienze e per cambiare aria servono intelligenza e fantasia, ingredienti, diciamo così, che mi mancano da ormai troppo tempo. Mi sono concentrato troppo sul prodotto, sulla domanda e sull’offerta. Mi sono inaridito per una giusta causa, viziato da solo, mi sono impantanato in una serie di fissazioni e morbosità che spesso mi hanno scippato ossigeno. “A me piace vendere i libri”, dico a me stesso ogni tanto, di notte, prima di addormentarmi. “Io penso che i libri siano oggetti importanti”, mi dico al mattino, appena sceso dal letto, poco prima di andare in libreria. Mi sono addestrato e autodisciplinato. Ho cercato in questi anni di credere a una cosa e la mia passionale ottusità mi ha fatto toccare l’obiettivo.
Mi mancheranno gli aneddoti della libreria e, nonostante tutto, mi mancheranno gli esseri umani dentro a una libreria. Temo che la mia vita si restringerà a tre aneddoti al giorno, poi a due, poi a uno e poi a nessuno. La libreria, ora, è questa cosa: aneddoti che accadono nel posto giusto. Ho paura di perdervi di vista. Anzi, già ora vedo che vi state staccando dalla banchina, che state prendendo il largo. Ci si vedrà sempre di meno, temo.
Io, a un certo punto di questa lunga congiuntura economica, non servirò più. Il progresso tecnologico a pieno ritmo si sbarazzerà di me. Voi non ve ne accorgerete, sarà solo uno schiocco di dita, un rumore lieve da qualche parte. “Ti ricordi le librerie?”, domanderà qualcuno. “Ah sì, le librerie”, risponderà qualcun altro. Poi, molto probabilmente, toccherà a voi, presto o tardi, e io non me ne accorgerò. Sarà solo un rumore lieve.
Ti ricordi quegli omini che passavano ad accendere la sera e spegnere al mattino i lampioni a petrolio? Come si chiamava il loro lavoro?
RispondiEliminaNo, non si stava meglio quando si stava peggio.
Il mio sogno è aprire una libreria. Una un po' particolare ok, ma una libreria. E tutti non fanno che dirmi che il mio è un sogno fallimentare. Forse hai ragione tu e loro, ma io non ci voglio credere. Ci sarà sempre qualcuno che ama la carta più dei pixel. Foss'anche solo perchè i pixel non profumano.
RispondiEliminaIl tuo è un gran lavoro. Senza se e senza ma.
Grazie per l'incoraggiamento ma la vedo brutta. Penso anche che il futuro delle librerie non dipenda dall'amore per la carta o meno, ma da un'organizzazione umana ben specifica. Prossimamente ho intenzione di spiegarmi meglio con parole più chiare.
RispondiEliminaVado fuori tema, ma solo di un poco, perché del futuro delle librerie so poco o niente, ho solo ipotesi e probabilmente sono sbagliate. Però c'è la questione degli aneddoti, e invece qui posso dire una cosa senza avere paura che sia sbagliata. Non è il posto, a fare gli aneddoti, ma gli occhi, le orecchie - bisogna esserci portati, e sì, dopo un po' che si lavora in un posto ci si abitua a vederli tutti lì, ma poi. Poi è come quando riprendi in mano la macchina fotografica dopo un po' che non fai fotografie, e inizi a vedere le cose in un modo diverso, o le persone. E allora, per gli altri problemi non ho soluzioni, ma per questo la soluzione ce l'hai già, solo che non lo sai.
RispondiEliminaIo ho utilizzato il tono profetico ma sottovoce di dico che pure le mie non sono certezze ma ipotesi, previsoni. Io penso che gli aneddoti siano ciò che ti capita quando stai con altri esseri umani.
RispondiEliminaE io ribadisco che non capitano a tutti. O meglio, capiteranno anche a tutti, ma non tutti sanno trasformarli in questa cosa in cui li trasformi tu (e va be', mi ci metto anch'io: o in questa cosa in cui li trasformo io). Che poi è quello che conta, o te ne possono capitare cento al giorno, ma non sono niente.
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RispondiEliminaNon so. Io credo che kindle won't kill the paper star... Ma non ho dati, solo ipotesi, e chissà quanto vere. Ma secondo me si parla di qualcosa che resterà valido, magari cambiando, ma non nella sostanza. O forse sono solo un'utopista, ma non credo...
RispondiElimina"Io penso che gli aneddoti siano ciò che ti capita quando stai con altri esseri umani." Questo è vero. Gli aneddoti ti capitano solo quando sei in mezzo alle persone, nei posti dove c'è vita da osservare e dove ci sono individui da ascoltare. I momenti in cui non avevo aneddoti da appuntarmi sono sempre stati i momenti in cui c'era poca gente intorno a me.
RispondiEliminaIo il mio lavoro da libraia l'ho già perso.
RispondiEliminaE mi manca, oh, se mi manca.
un lavoro si trasforma, muta e a volte cambia anche nome , il segreto e' restare al passo e non farsi prendere impreparati, vivere con curiosita' e non con la paura dell'ignoto, perche' il cambiamento non per forza deve essere cattivo, anzi, nella mia esperienza cambiare ha voluto dire crescere, conoscere, interloquire con persone diverse, come .. un libro....
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