domenica 23 ottobre 2011

fatti

di lo Scorfano

Concediamo subito a Danilo Masotti l'onore della grande onestà intellettuale: perché lui stesso dice di stare scrivendo senza compenso, e quindi non c'è nulla da smascherare e nessun segreto da rivelare. Resta però, a me, il sapore agrodolce di una realtà curiosa e incomprensibile, quando leggo le ultime righe del suo post, dal titolo: «Lavorare gratis? No, grazie. Indignamoci», pubblicato per il sito del Fatto Quotidiano:
No, no, no… il lavoro va pagato cari miei, come si faceva una volta in cui gli unici privilegiati a lavorare gratis erano i praticanti avvocati, non scherziamo. Eppure ogni giorno migliaia di giovani vengono fregati così, con il lavoro gratis che chiamano steig (“Si perché è un’opportunità” dicono) supportato da genitori consenzienti che possono continuare a far finta di niente e affermare in società di non avere un figlio disoccupato. Male, malissimo!
Io credo che dovremo cominciare a reagire partendo da qui e interrompere al più presto questo circolo vizioso. Dobbiamo educare le nuove generazioni a dire NO a qualsiasi lavoro gratuito gli venga proposto, dobbiamo far capire ai genitori che è meglio accettare di avere un figlio disoccupato che un figlio che lavora mesi a gratis per qualche furbo che lo sfrutta.  

Dobbiamo toglierci il senso di colpa dell’inattività, capire una volta per tutte che lavorare gratis non è un’opportunità per nessuno se non per il datore di lavoro. Bisogna essere consapevoli che con il gratis si va poco in là, che chi lavora gratis e chi offre lavoro gratis danneggiano la società, che chi lavora gratis è uno che non ha bisogno di lavorare, che chi lavora a gratis è solo uno dei tanti benestanti gregari incapaci di gestire il proprio tempo in autonomia e non certo l’affamato e folle auspicato dal caro Stiv Giobs.
(E tenete anche conto che vi ho risparmiato gli invadenti e insistiti grassetti.)

Sì, insomma, ha ragione Masotti: non si lavora gratis, non è giusto, si «danneggia la società» (sia chi lo fa, sia chi ci costringe). E quindi, perdonate l'insistenza, anche i responsabili del Fatto Quotidiano, sul quale i blogger scrivono tutti gratis, dovrebbero rimanere perplessi di fronte a un blogger, che lavora gratis, che si lamenta, sul sito del Fatto Quotidiano, del fatto che troppa gente sia costretta a lavorare gratis. O almeno, diciamo così, i responsabili del Fatto Quotidiano, sul quale i blogger si lamentano del fatto che i giovani lavorano gratis, potrebbero evitare di vantarsene apertamente (dal min. 46) in un consesso di altri blogger che magari non lo sapevano nemmeno. Ecco: almeno questo, i responsabili del Fatto Quotidiano potrebbero evitarlo.

Lo so, lo so: abbiamo già fatto questo discorso e mi avete già ben spiegato che scrivere su un blog non è un lavoro. E avete ragione voi. Infatti oggi è domenica, io non lavoro, mi sento in vacanza, eppure scrivo sul mio blog: il che implica che non sia un lavoro. Però, mentre io scrivo, nessun altro ci guadagna. Che, scusate ancora l'insistenza, è pur sempre una notevole differenza.

11 commenti:

  1. Penso che giornali che ospitano i bloggher, come il Fatto, più che non pagare aqppaghino in naturale narcisismo del voler essere letti.

    Poi un paio di cose restano da vedere: io ho un blog personale, scrivo cioè quello che voglio senza preoccuparmi di essere più o meno esperta dell'argomento. E scrivo quando ho qualcosa da dire e quando ne ho voglia. Non so se ci sia per questi bloggher una specie di contratto con minimo dipezzi e consegna, o no.

    E comunque non toglie che due simboliche lire per post quelli del Fatto e affini, potrebbero anche sforzarsi di darle...

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  2. Nessun contratto, direi, e nessun obbligo. E peraltro, io so che molti blogger hanno ottime (e condivisibili) ragioni per scrivere lì (per esempio dare visibilità a temi che altrimenti non ne avrebbero). Non sono i blogger, il mio problema. Sono quelli che non gli danno nemmeno un euro.
    (Che poi: non sono un mio problema. Mi dà solo fastidio che lo dicano come se fosse un titolo di merito, tutto qui).

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  3. Io invece di problema ne ho un altro, e sono diverse persone più giovani di me che lavorano tanto e sono pagate poco o nulla, e quando qualcuno salta su a dire che fanno male, meglio che se ne stessero a casa che ingrassare i padroni, ecco, mica si sentono meglio. Intendiamoci. Spiace deludere Masotti, ma si lavorava gratis anche quando lui prendeva 1500000 lire. Lo sfruttamento è sempre esistito. Ed è una cosa indegna. Prendersela con gli sfruttati, questa è la novità? Ah. Perché non riesce a convincermi?

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  4. Sulla questione del Fatto quotidiano, io resto dell'opinione (supportata da esperienza diretta) che predichino molto male e razzolino molto male. Nel senso che non mi stupisco perché non li ho mai stimati né li stimo.
    E' chiaro che Il Fatto ci guadagna, ad avere i blogger che scrivono gratis (un po' come ci guadagnava forse in origine katamail con repubblica, prima che il numero fosse così alto da far sì che la presenza dei blogger o meno non portasse incrementi di lettori.
    Su una cosa hanno ragione (che secondo me c'entra anche come spiegazione dell'indignazione, che condivido, di LGO): se l'Italia fosse un paese non basato sulla famiglia, una parte di queste cose verrebbe meno o sarebbe meno forte. Finché la famiglia fa da stato sociale cuscinetto, e perdipiù è orgogliosa di farlo, sarà difficile uscirne come paese.

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  5. prof, indigniamoci non si scrive con la i?

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  6. Sì, si scrive con la i, perché la desinenza è -iamo, come in parliamo o insegniamo. Però il titolo del post è quello e quello io ho voluto riportare; e tutto sommato non mi va di fare le pulci ortografiche a chi scrive tante parole e può anche, per distrazione, sbagliarsi. ;)

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  7. Forse mi sono perso qualcosa, ma mi pare che il blogger in questione riporti esperienze lavorative pagate in conseguenza di bolle che poi sono evitabilmente esplose.

    Siccome siamo senza bolle (quella del credito, scoppiata in conseguenza di quella edilizia, creata in seguito a quella delle dotcom) c'è un sacco di gente come il blogger che ha difficoltà a trovare lavoro.

    D'altronde se un giovane, di fronte a lavori malpagati o non pagati, reagisce andando a vivere dai genitori e se gli si consiglia pure di fare così mi pare che ci sia un grosso problema a monte...

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  8. Quando la maggior parte degli italiani avevano la terza elementare, chi aveva un titolo di studio come la laurea veniva guardato con estremo rispetto professionale.

    Le famiglie hanno interpretato questo fenomeno come potevano: "Facciamo prendere una laurea a nostro figlio, così poi sta tranquillo lui e stiamo tranquilli noi."

    Anche le università hanno capito questa cosa e hanno offerto quanti più corsi possibili. A prescindere dall'effettiva validità.

    Adesso il mercato del lavoro è saturo. E un neolaureato, tra università, master, dottorato, non sa più come spiccare rispetto ai "concorrenti".

    Ed ecco l'offerta di stage: "Ti faccio lavorare gratis, ma alla fine avrai qualcosa da scrivere nel tuo curriculum e che potrai rivendere!". E questo, secondo me, è anche dovuto allo scarso legame tra università e mondo del lavoro (parlo per le mie esperienze con ingegneria informatica).

    Tra un po' bisognerà essere stati almeno dirigenti d'azienda.

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  9. Sono dell'opinione di LGO. L'autore invece di prendersela con i responsabili di questi ricatti esprime un disprezzo fuori misura per chi accetta stage gratuiti, magari con la speranza di un successivo impiego, consigliando di rimanere orgogliosamente disoccupati..ma che alternativa sarebbe? Io sono neolaureata in filosofia, di inserimento nel mondo della scuola non se ne parla, dovrei aspettare a casa dei miei senza fare nulla fino al prossimo concorso alle poste? E' un sistema ingiusto, ma se è l'unico modo per potenziare un curriculum che per ora vanta solo una delle cosiddette lauree inutili non vedo molte alternative.

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  10. È ovvio che non possiamo paragonare un blogger ad un impiegato o ad un lavoratore, ma se il sito ha pubblicità stanno generando visite, e per il gestore più visite -> più margine di guadagno.

    Ne ha parlato anche jumpinshark a metà ottobre con pressappoco le tue stesse perplessità:
    http://jumpinshark.blogspot.com/2011/10/lavorare-gratis-il-fatto-quotidiano.html

    Saluti :)

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  11. Grazie. Non conoscevo il post di jumpinshark, la cui analisi è senz'altro più puntuale della mia.

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)