venerdì 7 ottobre 2011

basse frequenze

di lo Scorfano

Leggo il programma d'esame di Letteratura Italiana Moderna di una delle più importanti università del nord Italia, facoltà di Lettere. Non è un esame per matricole: è un esame di laurea magistrale, rivolto a studenti che hanno già festeggiato la laurea triennale e che quindi, si suppone, hanno già ricevuto un'istruzione letteraria superiore.

Leggo il programma e vedo che l'esame riguarda autori del primo Ottocento: Parini, Foscolo, Monti, Leopardi, Porta. Sono autori che più o meno mi piacciono (più Leopardi, meno Monti, per l'esattezza), che ho letto anch'io, sia quando studiavo all'università sia negli anni successivi; e sono autori che spiego in classe, a lezione, a ragazzi del liceo che, invece, hanno una preparazione letteraria molto approssimativa.

Mentre leggo, mi balza all'occhio un particolare (nemmeno troppo particolare, in realtà) che mi colpisce: c'è una pesante differenza tra il programma per i frequentanti e quello per i non frequentanti. È proprio una differenza di mole: i non frequentanti devono leggere tre saggi in più (il doppio) degli studenti che hanno frequentato.  
Lo trovo ragionevole e giusto: non hanno frequentato le lezioni, non hanno seguito un percorso critico che il docente avrà senz'altro svolto in aula, è ovvio che debbano, in qualche modo, supplire a questa mancanza con qualche lettura critica in più.

Ma torno indietro, alla sezione che riguarda i testi (di Foscolo, di Parini , di Leopardi eccetera). E vedo che anche per i testi si ripropone la stessa differenza: i non frequentanti devono leggere molti più testi rispetto a coloro che hanno seguito le lezioni. In dettaglio: 25 odi del Parini (cioè tutte) invece delle 9 più celebri; tutti i canti di Leopardi (cioè 36) invece dei soliti, celeberrimi, 9; 15 canti dell'Iliade tradotta dal Monti invece dei 10 che leggerà chi ha frequentato. Il corso ha avuto la durata complessiva di 60 ore: 20 dedicate a Parini e Monti; 20 dedicate a Leopardi e Foscolo; 20 dedicate a Carlo Porta. Poiché è evidente che nessun docente può leggere così tanti testi a lezione in così poche ore, la conclusione che se ne può trarre è una sola: i non frequentanti leggeranno più testi dei frequentanti; e, in sostanza, quando saranno usciti dall'università e (magari) saranno diventati miei colleghi, i non frequentanti saranno più preparati di quelli che hanno frequentato. Perché avranno molti più testi di grandi autori della nostra letteratura. E quindi, in ultima analisi: è meglio non frequentare le lezioni dell'università.

E intendiamoci: io capisco che Parini possa parere ad alcuni di voi una roba molto noiosa. Lo è, infatti: noiosissimo, in genere. E immagino che ne riteniate la lettura (delle Odi, in questo caso) del tutto inutile: non riesco a darvi nemmeno troppo torto, francamente. Ma il problema non è Parini e non sono le sue Odi: il fatto è che questo sistema si ripete costantemente per tutti gli autori della letteratura italiana: se tu, studente di Lettere, frequenti le lezioni, alla fine, avrai letto meno testi di Dante, di Petrarca, di Tasso, di Ariosto, di Manzoni, di tutti, rispetto allo studente che non frequenta le lezioni. Sempre roba inutile e noiosa? Sì, se non frequentate Lettere, è roba inutile e noiosa. Ma se vi siete iscritti a Lettere, invece, quella roba inutile dovrebbe essere esattamente la vostra passione, la roba che amate, quella per cui avete deciso di andare all'università e studiare. Lettere, infatti.

E ora che vi succede? Che frequentate le lezioni, così in «premio» potete non leggere i testi dei poeti che avevate deciso di studiare. E i vostri insegnanti vi permettono di fare questo, anzi, in qualche modo vi incitano a farlo: è il «premio»; non leggere i poeti che dovrebbero essere la vostra grande passione.

E quindi, studenti di lettere che per caso state passando di qui, ascoltatemi un attimo, se avete tempo: non frequentate le lezioni, datemi retta. Leggete tanto, invece, coltivate la vostra passione per tutta questa roba noiosa, bella e inutile. Ché infatti, proprio perché è inutile, vale la pena di leggerla e conoscerla bene. Se nemmeno la saprete bene, visto che sarà senz'altro inutile, non sarete soltanto poco preparati, sarete proprio un po' cretini, mi dispiace per voi. E , soprattutto, mi dispiacerà per i vostri futurissimi alunni di scuola, che avranno voi, insegnanti preparati e un po' cretini, che spiegherete loro chissà che cosa e a proposito di chi. E che magari, come premio, li farete leggere un po' meno.

12 commenti:

  1. aggiungo una considerazione. se uno non frequenta magari è perché lavora e vuole comunque laurearsi (o prendere una seconda laurea). perché penalizzarlo così?

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  2. Però non succede in tutte le università di Italia: è già molto grave, e sono d'accordo, che succeda in una sola (e magari pure importante - e però, se ho forse capito quale è, anche dai testi che dici del programma, beh, per lettere moderne è importante nel panorama degli studi e della ricerca quando il due di fiori a briscola quando comanda denari). Però non succede in tutte. E ho in mente anzi moltissimi casi in cui, succede l'opposto (cioè: più testi critici per i non frequentanti, ma meno testi primari). Uno di quei casi è il programma del mio corso. Nella mia università.

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  3. Be' l'argomento qui è la quantità di testi, però io mi auguro che a lezione ci sia il vantaggio dell'insegnante che fornisce quel qualcosa in più (a livello di interpretazione, spiegazione, collegamenti, parallelismi ecc.) che uno studente non frequentante può far più fatica a trovare.

    Certo, ci saranno anche dei testi per fare tutto questo, ma l'insegnante che ti parla/guarda negli occhi/risponde alle tue domande è sempre un plus. IMHO.

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  4. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  5. Lettere moderne è stata la mia seconda laurea e in effetti non ho frequentato molti corsi (fra triennale e magistrale, solo un paio infilati all'ora di pranzo, con prevedibile sforzo per tenere l'occhio aperto all'una). Anche da noi - altra università del Nord Italia, anche se non eccessivamente prestigiosa - la situazione è analoga. Da una parte c'è chi carica i non frequentanti di lavoro per assicurarsi che invece vengano a lezione, ché scomodarsi per un'aula mezza vuota pare brutto; dall'altra chi (come il nostro illustre ordinario di moderna e contemporanea) semplicemente non concepisce che si possa essere uno "studente lavoratore" e pertanto vedere l'aula solo all'orale.
    C'è anche da dire che quando ho cominciato a seguire un po' di esami dall'altra parte della barricata, ho sentito almeno una dozzina di volte i non frequentanti dire "Ma lei voleva veramente che leggessi TUTTO il Canzoniere? Cavoli, è lunghissimo". Con conseguente calcio nel deretano. Insomma, almeno qui è schietta repressione (non che poi cambi qualcosa, chiaro: la percentuale dei preparati, su due come dieci testi, è sempre minimale).

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  6. @'povna
    Lo so, non succede in tutte, per fortuna. Anzi, ti dirò, il programma che ho guardato (che esiste ed è autentico) è parallelo al corso di un altro docente che si comporta esattamente come dici tu: identici i testi primari, più abbondante la letteratura critica. Che è il giusto modo, a mio parere.

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  7. @speaker
    Tu dipingi un mondo universitario che è molto lontano da quello che io mi ricordo (con le dovute eccezioni, ovviamente).

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  8. Io invece voglio sperare che, appunto perchè è la loro passione, gli studenti che frequentano le lezioni a casa si leggano tutte le odi non fatte in classe. Il fatto che così tanti brani siano d'obbligo per i non frequentanti a mio avviso è solamente una compensazione di fatica. Già si perdono le lezioni, se non compensassero questa mancanza leggendosi altri brani sarebbero veramente in vacanza.

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  9. Ho immaginato di avere un docente come te ;^)

    Per il resto, in ingegneria ho ben altri ricordi della validità delle lezioni...

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  10. Applauso a questo post.

    Mi fa venire quei professori che a scuola infliggono la lettura di un libro (o di sue parti) come un punizione...bella dimostrazione d'amore per la letteratura.

    E mi viene anche in mente quel che dice uno dei miei due presidi (ex-sessantottino serio): ai nostri tempi, dice, non esisteva programma. Il programma del professore ERA il professore, e la sua autocelebrazione. Passati quei tempi?

    Speaker ha pure ragione e il maggior numero di libri di letteratura secondaria sono un sostituto di quel rapporto diretto.

    Ripeto: applausi a qst post.

    Uqbal

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  11. E' Padova per caso? Comunque stesso discorso vale per filosofia...parlo personalmente ovviamente.

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  12. Non è Padova. Ma la sensazione è che dipenda più dai singoli docenti che dalle sedi.

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)