martedì 1 maggio 2012

Come voler bene agli ebrei e non solo

del Disagiato

È del 2009 un film di Michael Haneke che s’intitola Il nastro bianco. Il film è ambientato negli anni che precedono la prima guerra mondiale, in un paese della Germania del nord e i protagonisti sono bambini e adulti ma soprattutto bambini. Nella piccola comunità vengono commesse cattiverie, per vendetta o per semplice gioco e infatti il film inizia con una corda tesa che fa cadere da cavallo il medico del paese. Le donne, per alcuni uomini, sono bestie, esseri umani da comandare, e il peccato e il senso di colpa sono sempre lì, presenti sulla pellicola, come marchi indelebili sull’impressionante bianco e nero scelto dal regista. Provo a dirlo a mio modo: è un film sull'assenza della gentilezza o, per non togliere nulla al narratore del film, la gentilezza e la bontà sono dimensioni rare. Il villaggio è un laboratorio, è un luogo in cui crescono i futuri adulti della futura Germani nazista, anche se il regista sottolinea che questa interpretazione rischia qualche fraintendimento: non è solo un film sul fascismo, "un’interpretazione fin troppo semplice visto che il racconto è ambientato in Germania, ma di un modello e del problema universale dell’ideale deviato". 

Uno dei bambini viene “accusato” dal padre di masturbarsi e per questo viene legato al letto, di notte. I bambini, per timore e per espiare le loro colpe, accettano muti le percosse con la verga. Le donne sono solo presenze fisiche, i più poveri si vendicano non reclamando i propri diritti ma dando fuoco a un fienile o distruggendo il raccolto. Insomma, un film sulla cattiveria, sulla mancanza di fiducia e soprattutto, come già ho detto, sull’assenza di gentilezza.


Il nastro bianco mi è ritornato in mente leggendo l’articolo di Giorgio Israel Per il nuovo antisemitismo l’antidoto del presente, che provo a riassumere con un brano (consapevole del fatto che un post di questo spessore va letto tutto e non riassunto con un brano) :

Questa tematica è in cima all’agenda, ma di grande importanza sono i compiti che spettano a chi vuole combattere il nuovo antisemitismo, e in particolare all’ebraismo europeo. Avanziamo un appello: basta con l’overdose di “memoria”; dimagriamo radicalmente la Giornata della Memoria; nelle scuole si parli dello sterminio degli ebrei durante le ore di storia e si limitino al massimo gli “eventi” (che qualcuno ha chiamato con lapsus freudiano “feste della Shoah”). Si moltiplichino piuttosto le iniziative volte a conoscere la cultura ebraica e a valorizzare tutto ciò che lega profondamente per il passato e per il futuro il mondo ebraico alla civiltà europea. 

Ecco, volevo dire che più che della cultura ebraica e delle ore di storia (che servono, che sono necessarie anche quelle) ci sarebbe tanto bisogno di educazione alla gentilezza. L’antisemitismo, secondo me, lo si può evitare solo così e cioè imparando ad essere gentili, insegnando ad essere gentili nei modi e soprattutto nella parola. Questo non significa evitare la disciplina, sia chiaro. Significa invece non essere cattivi, non essere ottusi, avere un margine di dubbio e cioè quel margine che ci permette di non aderire mai totalmente alle cose, ai valori e alle autorità.  

L’antisemitismo era la risposta alla mancanza, subita, di gentilezza e rispetto. Non basta dire ai più giovani chi sono gli ebrei e che cosa, in passato, hanno subito; non basta dimagrire radicalmente la Giornata della Memoria (o si vuole aver memoria o non lo si vuole) e non basta legare il passato al futuro. Quello che serve è l'educazione e la gentilezza ragionata: mettere la parola dove c'è il rischio della vendetta, della rivalsa. Insegnare che c’è la parola idiota e la parola intelligente, insegnare a non essere cattivi e ostinati. Questo, secondo me, serve per evitare il fascismo.

2 commenti:

  1. Credo che una gran responsabilità, in questo, debbano accollarsela i genitori, oltre che gli insegnanti. Non puoi alimentare il mare senza un fiume.

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  2. Non fraintendere (sono in parte d'accordo con te) ma penso che l'antidoto lo si possa raggiungere con serenità, senza parlare di grandi responsabilità. E senza parlare di antidoti, magari.

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)