sabato 19 maggio 2012

sabato mattina

di lo Scorfano

Poi, quasi come se fosse di improvviso, torniamo a casa un sabato all'ora di pranzo, come tutti i sabati all'ora di pranzo, dopo aver lavorato in questo strano tipo di mattina in cui a molti sembra ancora curioso pensare che si lavori, e ci fermiamo bloccati davanti alla televisione, appena accesa. Cerchiamo di capire. 

Le notizie scorrono rapide sotto il volto nervoso di una giornalista che cerca di spiegare qualcosa che riguarda una scuola (come quella in cui abbiamo passato tutta la mattina, anche questo sabato mattina), qualcosa che è accaduto mentre noi (quelli che insegniamo nelle scuola italiane insieme a quelli che nelle scuole italiane studiano), mentre noi eravamo a insegnare, nella nostra scuola, insieme ad altri ragazzi, più o meno sorridenti, più o meno felici che fosse arrivato il giorno che precede la domenica. Il giorno più brutto per morire.

Ci fermiamo e ci mettiamo un po' a capire. Stentiamo a decifrare, a ricostruire il puzzle di immagini e di voci e di scritte in sovraimpressione. Ma in realtà è che forse non vogliamo proprio capire.

E poi capiamo, siamo costretti: la bomba, una ragazza morta, una ragazzina che andava a scuola, un'altra in fin di vita che qualcuno aveva dato già per morta, mentre noi, insegnanti e studenti, stavamo vivendo la nostra solita mattina, nella solita aula, nella solita scuola di tutti i soliti giorni. Ed è per questo che noi, proprio noi, arriviamo per ultimi a sapere di quello che è accaduto, stamattina. E poi ci facciamo forza e apriamo i siti web, quelli delle informazioni. E leggiamo attoniti i particolari che piano piano emergono, e le ipotesi, e le dichiarazioni.

E poi, ancora, vediamo la faccia, la ragazza che è morta. Le sue foto prese dal suo profilo facebook e improvvisamente finite sul sito di Repubblica, del Corriere, della Stampa, dappertutto: improvvisamente nota, lei, il suo nome, la sua faccia. Forse vorremmo dire qualcosa anche su questo, intervenire, cercare di capire se sia il caso o non sia il caso, confrontarci. Ma no, non è il momento, non questo. 

Non è il momento di giudicare nessuno: arriveranno senz'altro anche i momenti del giudizio (e dei processi e di cosa sia meglio o peggio fare in questi casi, che si sia politici o insegnanti o giornalisti). Adesso è il momento, per noi che siamo persone che entrano ed escono tutti i giorni dalle scuole, di riconoscere nel volto di quella ragazza il nostro volto. La faccia delle decine, centinaia di ragazze che noi vediamo tutti i giorni entrare e uscire dalle nostre aule, che salutiamo, che interroghiamo, a cui consigliamo libri e letture, che guardiamo crescere e andare via, chissà dove, alla ricerca di un posto nel mondo, mentre noi, in silenzio, gli auguriamo di trovarlo, quel posto nel mondo, e che sia comodo, che sia qualcosa, che sia un piccolo pezzo di felicità, speriamo. Ma a lei non più, nessuno. 

E allora è forse riconoscendola così, semplicemente come una di noi, che le possiamo adesso rendere l'omaggio più discreto e commosso. L'unico che vogliamo e che pensiamo di potere.

Non giudichiamo nessuno, non ora. Non avanziamo ipotesi, non siamo in grado, non sappiamo, non abbiamo gli elementi, non vogliamo nemmeno averli, non lo facciamo, lo faremo domani, dopodomani. Perché oggi ci importa soltanto di riconoscere lei e di sapere che era una di noi, ogni mattina, anche questa mattina, prima che. Come tutti i nostri alunni, tutte le mattine di tutti i nostri giorni di scuola. Al resto penseremo dopo. Quando, chissà quando, ci sarà passata la commozione di esserci riconosciuti, noi, il nostro quotidiano, la nostra normalità, la nostra routine delle mattine dei sabati di tutto l'anno, in una tragedia come quella di questo, così brutto per morire a 16 anni, sabato mattina.

15 commenti:

  1. i nostri figli. se ci toccano anche i nostri figli, non abbiamo più niente.

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  2. Il che, da padre, mi sembra un messaggio chiaro. Che più chiaro non si può.

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  3. Era inevitabile riconoscersi in quelle ragazze. E' stato tremendo. Ho la nausea, così come i miei. Neanche loro, che hanno vissuto gli anni di piombo, riescono a crederci.

    Tutto questo non ha senso. Non ha senso.

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  4. Stefania:
    Toccano chi? Chi ha messo le bombe, tu lo sai? Che vuole dire "loro"? Chi ci sta rovinando la vita, si può sapere oppure oppure è un "loro" che ingloba il mondo intero?

    Gaddo:
    Cosa è chiaro? Cosa vuol dire questo messaggio? Al momento non sappiamo né il chi né il perché, quindi che ne sappiamo del messaggio?

    Ma non è proprio possibile ragionare di queste tragedie senza buttarla nella retorica emotiva che cancella e seppellisce qualsiasi tentativo di analisi?

    Uqbal

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    1. se mi toccano i figli divento una belva. non solo i miei figli di sangue, anche quelli di scuola, anche i figli degli altri. i figli. promesse di vita che non dovrebbero essere spezzate.
      loro sono quelli che mettono le bombe. destri, sinistri, formali o informali. vigliacchi. il loro messaggio è di morte e la morte di un figlio fa male. se un figlio perde i genitori è un orfano, ma non c'è una parola che indichi una madre, o un padre, che perde un figlio. è un concetto talmente contronatura che non si ha il coraggio nemmeno ddi inventare una parola per descriverlo.
      il loro (chiunque siano) messaggio(qualunque sia) è chiaro.
      analizzarlo non serve. serve fermarlo.

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    2. Bene, adesso so che fremi di sdegno e che hai un forte senso materno. Questo è un passo avanti? Ci aiuta in qualche modo? Ne sappiamo qualcosa di più?

      Il fatto è di una gravità e violenza inaudita, quel che serve non sono prese di posizione teatrali. Serve pensare e ragionare.

      Uqbal

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    3. Il messaggio è chiaro: rompete i maroni e cominciamo a toccare i vostri figli. Più o meno quello che è successo, non molto tempo fa, nella civilissima Norvegia. Adesso possiamo star qui a discutere sull'identità dei mandanti fino alla fine dei tempi, come discuteremmo del sesso degli angeli, ma nessuno convincerebbe nessun altro delle sue posizioni: chi direbbe che tu sei un ingenuo, chi direbbe che io sono un paranoico visionario. Io so solo che Lucia ha ragione: bisognerebbe fermarli. Ma non mi chiedere come: posso avere un'idea di chi siano, ma nessuna idea su come fermarli che vada oltre l'educazione che cerco di dare ai miei figli e la speranza che, prima o poi, qualcosa cambi nella scala di valori che governa questo fottuto paese (o questo fottuto mondo, a seconda di quanto paranoico e visionario decidi che io sia).

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    4. Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

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    5. Ecco, no. Così, con questi toni a me non va bene. Nemmeno se tu (tu, spero si sia capito CHI) dicessi verità inoppugnabili. E siccome io sono uno dei due padroni di casa, il tuo commento viene cancellato.
      E peraltro Gaddo è persona perbene e sempre molto educata, il che me lo rende graditissimo ospite, come lui ben sa. Tu sei invitato a moderarti.

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    6. Me lo aspettavo ed è anche giusto e chiedo scusa. Ho voluto calcare la mano, forse sbagliando, per esasperazione. Mi rendo anche conto che forse quello che nelle mie intenzioni doveva rimanere uno sfogo isolato sarebbe poi forse diventato invece uno schema usuale.

      Forse facevo meglio a ricordarmi prima di questo post:
      http://ilnichilista.wordpress.com/2012/05/19/la-strategia-delle-prove/

      Uqbal

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    7. Ok, nessun problema, tutto risolto. Peraltro ampiamente condivisibile il post di Fabio Chiusi.

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  5. La maggior parte di coloro che prima di me hanno espresso il loro parere, in modo chiaro ed elegante hanno commiserato il pericolo dello Stato, hanno enumerato quale sia l'atrocità della guerra, quali cose capitano ai vinti: vengono rapite vergini e fanciulli, strappati i figli dall'abbraccio dei parenti, madri di famiglia sopportano le cose che erano gradite ai vincitori, templi e case vengono saccheggiati, vengono causati incendi, e infine tutti i luoghi sono pieni di armi, cadaveri, sangue e lutto. Ma, in nome degli dei immortali, dove ha portato questo loro discorso? Forse per rendere voi ostili alla congiura?

    Giulio Cesare

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  6. Non ho avuto il piacere di leggere la replica, e un po' me ne dispiace; così come mi dispiace di aver contribuito ad alzare i toni di un blog che, Scorfano lo sa, a me piace proprio per i toni pacati che lo caratterizzano. Anche perché, questo vorrei che fosse chiaro, io non ho certezze in tasca né alcuna intenzione di fare proseliti da nessuna parte. Se vogliamo continuare a credere che tutto ció che accade sia frutto del caso, o delle interazioni imprecise e imperfette tra le persone che insieme compongono una democrazia, io non posso farci niente. Posso solo dire, e lo dico, che i nostri ultimi sessanta anni di storia non possono essere spiegati nel modo più elementare possibile: anche se le prove definitive non sono da nessuna parte e probabilmente mai lo saranno. Posso dire, e lo dico, che le versioni ufficiali non mi convincono mai del tutto: non perché sia prevenuto, ma perché spesso i conti non tornano. E allora possiamo far finta di nulla, e decidere che tornano, o porci domande senza risposta. Io preferisco la seconda strada, ma é una posizione personale che peraltro mi crea più malessere che sicurezze. E comunque, almeno per quanto riguarda Brindisi, di sicuro non so chi sono i mandanti: so solo chi dalla situazione trarrà vantaggi più o meno auspicati, ma questo non c'è bisogno che lo dica io.

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    1. Gaddo

      Con questo sistema puoi dire tutto e il contrario di tutto. Per dire: che su Ustica ci siano degli inghippi è solare: gli aerei non esplodono tanto per fare e i tabulati radar non si cancellano da soli.

      Ma a due giorni dall'evento, in una città che, presumo, non è la tua (e anche lo fosse cambierebbe poco), senza sapere nulla, ma dico nulla, di cosa sia successo, senza neanche aver visto il luogo, le vittime, le prove raccolte dagli inquirenti, come fai, dico, come fai ad uscirtene un un loro? Mi definisci questo "loro"?

      Nell'altro post chiedevo qualcosa di simile in maniera, mmm, più vivida. Ah, e visto che ci siamo, e parlando di mitomani, Giulio Cesare sono io (a me sembrava scontato, ma non lo è, in effetti).

      Grazie.

      Uqbal

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  7. Faccio un po' fatica a definirti questo "loro", non ne faccio mistero: è una delle cause del mio malessere personale. Riesco invece a intuire la natura dei messaggi: diciamo che sono nato in una terra in cui i messaggi simbolici, diciamo così, hanno sempre avuto un certo peso e dopo un po' anche un testone come me ha imparato a decifrarli. Quanto alle prove, ancora una volta hai ragione: l'unico punto che rimane incerto riguarda tutte quelle persone, giudici, avvocati, giornalisti, politici, che sono morti in circostanze sospette negli ultimi decenni. Sarebbe stato curioso, quantomeno, vedere dove avrebbero condotto quelle immagini troncate a metà, magari quando erano vicini a capire il meccanismo. Questo, il nostro, è un paese dove si fa fatica a raccogliere prove; e chi cerca di farlo ha la tendenza a morire giovane. Anche questo mi sembra sospetto, ma magari sono io che esagero. Quanto al resto, grazie per la replica meno vivida: anche se non ho letto l'altra la preferisco, almeno mi da modo di continuare la discussione.

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)