È del 2009 un film di Michael Haneke che s’intitola Il nastro bianco. Il film è ambientato negli anni che precedono la prima guerra mondiale, in un paese della Germania del nord e i protagonisti sono bambini e adulti ma soprattutto bambini. Nella piccola comunità vengono commesse cattiverie, per vendetta o per semplice gioco e infatti il film inizia con una corda tesa che fa cadere da cavallo il medico del paese. Le donne, per alcuni uomini, sono bestie, esseri umani da comandare, e il peccato e il senso di colpa sono sempre lì, presenti sulla pellicola, come marchi indelebili sull’impressionante bianco e nero scelto dal regista. Provo a dirlo a mio modo: è un film sull'assenza della gentilezza o, per non togliere nulla al narratore del film, la gentilezza e la bontà sono dimensioni rare. Il villaggio è un laboratorio, è un luogo in cui crescono i futuri adulti della futura Germani nazista, anche se il regista sottolinea che questa interpretazione rischia qualche fraintendimento: non è solo un film sul fascismo, "un’interpretazione fin troppo semplice visto che il racconto è ambientato in Germania, ma di un modello e del problema universale dell’ideale deviato".
Uno dei bambini viene “accusato” dal padre di masturbarsi e per questo viene legato al letto, di notte. I bambini, per timore e per espiare le loro colpe, accettano muti le percosse con la verga. Le donne sono solo presenze fisiche, i più poveri si vendicano non reclamando i propri diritti ma dando fuoco a un fienile o distruggendo il raccolto. Insomma, un film sulla cattiveria, sulla mancanza di fiducia e soprattutto, come già ho detto, sull’assenza di gentilezza.
Il nastro bianco mi è ritornato in mente leggendo l’articolo di Giorgio Israel Per il nuovo antisemitismo l’antidoto del presente, che provo a riassumere con un brano (consapevole del fatto che un post di questo spessore va letto tutto e non riassunto con un brano) :
Questa tematica è in cima all’agenda, ma di grande importanza sono i compiti che spettano a chi vuole combattere il nuovo antisemitismo, e in particolare all’ebraismo europeo. Avanziamo un appello: basta con l’overdose di “memoria”; dimagriamo radicalmente la Giornata della Memoria; nelle scuole si parli dello sterminio degli ebrei durante le ore di storia e si limitino al massimo gli “eventi” (che qualcuno ha chiamato con lapsus freudiano “feste della Shoah”). Si moltiplichino piuttosto le iniziative volte a conoscere la cultura ebraica e a valorizzare tutto ciò che lega profondamente per il passato e per il futuro il mondo ebraico alla civiltà europea.
Ecco, volevo dire che più che della cultura ebraica e delle ore di storia (che servono, che sono necessarie anche quelle) ci sarebbe tanto bisogno di educazione alla gentilezza. L’antisemitismo, secondo me, lo si può evitare solo così e cioè imparando ad essere gentili, insegnando ad essere gentili nei modi e soprattutto nella parola. Questo non significa evitare la disciplina, sia chiaro. Significa invece non essere cattivi, non essere ottusi, avere un margine di dubbio e cioè quel margine che ci permette di non aderire mai totalmente alle cose, ai valori e alle autorità.
L’antisemitismo era la risposta alla mancanza, subita, di gentilezza e rispetto. Non basta dire ai più giovani chi sono gli ebrei e che cosa, in passato, hanno subito; non basta dimagrire radicalmente la Giornata della Memoria (o si vuole aver memoria o non lo si vuole) e non basta legare il passato al futuro. Quello che serve è l'educazione e la gentilezza ragionata: mettere la parola dove c'è il rischio della vendetta, della rivalsa. Insegnare che c’è la parola idiota e la parola intelligente, insegnare a non essere cattivi e ostinati. Questo, secondo me, serve per evitare il fascismo.
Credo che una gran responsabilità, in questo, debbano accollarsela i genitori, oltre che gli insegnanti. Non puoi alimentare il mare senza un fiume.
RispondiEliminaNon fraintendere (sono in parte d'accordo con te) ma penso che l'antidoto lo si possa raggiungere con serenità, senza parlare di grandi responsabilità. E senza parlare di antidoti, magari.
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