sabato 26 maggio 2012

il segnapagine del 26.V.2012

dello Scorfano e del Disagiato

Haramlik, Al servizio dello Stato: Più ancora del malessere che senti guardando i titoli dedicati all’ultima frase a effetto della Fornero (“Gli statali siano licenziabili“) ti rimane attaccato quello che ti trasmettono le tante persone brave, in buona fede – e spesso giovani – che applaudono convinti.
E io che mi pensavo, L'uomo che aveva la macchina nuova e dentro ci metteva lo yogurt greco: Io non ho mai avuto una macchina coi cerchi in lega. Fino a ieri. Erano compresi nel pacchetto. Non è che io li volessi, però mi son sempre chiesto come ci si sente, ad avere i cerchi in lega. Adesso lo so. Ci si sente un essere umano di livello superiore.  
Piovono rane, Non è (solo) questione di soldi pubblici: La storia delle multe per 11 mila e rotti euro prese in un anno da Giuseppe Fioroni è decisamente a lieto fine: infatti, grazie alle multe, i soldi della collettività sono tornati alla collettività. A parte questo paradossale dettaglio, la questione in sé  va valutata al netto di ogni sdegno, meglio ragionare.
Giuseppe Sciortino, Mio figlio dottore: Il dettaglio affascinante è la spasmodica ricerca da parte del Trota di un titolo universitario, a qualunque condizione. Aveva già tutto ciò che i miei studenti ritengono costituire il successo, eppure sentiva la mancanza della laurea. Cosa vale conquistare il mondo se non si può essere chiamati dottore

28 commenti:

  1. Il post di Haramlik è la più fragorosa pila di sciocchezze che abbia letto dai tempi di "Una storia italiana".

    Dai, sul serio?

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  2. Concordo. Ridicolo. Se l'Italia è messa così male è anche perchè c'è gente che pensa quelle cose..e ha pure il coraggio di scriverle (senza vergogna) su un blog..

    The Rebel Ekonomist

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    1. Scrivo qua perchè non mi appare il modulo per commentare.
      Il post della haramlik è meraviglioso, davvero.
      Poi vabbè, le coincidenze. Commento spesso su questo blog e ormai anche i sassi sanno che sono una laureata in lettere tutta rincuorata dalla conquistata possibilità di concorrere per il TFA, ma oggi non è questo il punto.
      La scorsa settimana ho fatto la preselezione per uno dei 22 concorsi del comune di roma banditi più di due anni fa, e per la prima volta in vita mia ho avuto a che fare con Tuel, decreti legislativi, statuti comunali, ordinamento del lavoro, riforma brunetta, articoli 55quater, quinquies, novies, "licenziamento disciplinare".
      La prova non l'ho superata, ma un punteggio niente male e la consapevolezza delle conoscenze acquisite mi hanno colmato di un senso di pienezza, e di appagamento, per quanto studiato.
      E poi, forse la cosa più importante. La materia era così difficile, che ho chiesto a mia mamma che mi aiutasse.
      Mia madre è impiegata comunale da trent'anni. Non sto qui a dire quanto nella vita, nella nostra, in passato, ci siano stati scazzi, incomprensioni, "Non sono come lei voleva ma anche sti cazzi, non si può convivere tutta la vita col pensiero di non aver compiaciuto mamma, nonna, zio". Poi il tempo passa, ognuno fa le sue cose, ci si vuole bene, nonostante tutto (però si cerca di condividere poco, proprio per non ingerirsi a vicenda).
      E però stavolta mi faccio aiutare proprio da lei, e la cosa diventa una faticosa e piacevole avventura, fatta appunto di leggi, norme, apri questo chiudi quello, un pc intasato e tante e tante domande, da parte mia, e tante e tante risposte.
      Un articolo mi ha colpito, molto. Il 98 della costituzione.
      "I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione".
      Aver visto mia madre, in tutti questi anni, con tutte le sue pecche, aver sempre e soltanto servito lo Stato. questa "subordinazione", quest'investitura, questo sentimento, direi, è sempre stato molto manifesto. (ed io l'ho ricevuto come un valore).
      e per quanto riguarda la questione sull'immissione in ruolo tramite concorso, anche quello, come è vero. ad esempio io non avevo idea di cosa fosse un prefetto, e di come lo si potesse diventare. e quando l'ho "scoperto", mi sono sentita come rassicurata, come se tutte quelle figure, figure di grande rilievo, che io pensavo fossero di un'altra "casta", invece vengono da lì, dalle fila di gente senza nome, che ai concorsi è un numero, ma che con la sua competenza e la dedizione, può diventare un nome "importante", da grandi responsabilità. (ricordo fragorose risate con mia madre a proposito di brunetta, le dicevo "madonna, ma questo proprio col pregiudizio ci è andato a fare il ministro? ma ti pare che dirigi la pubblica amministrazione, e parli di fannulloni?" poi, tutto quel meccanismo un po' perverso degli OIV, del controllo strategico, del piano della performance, e di come poi venga applicato realmente nell'ente locale...)

      insomma, per molti motivi il post è davvero bello,
      e condivido proprio tutto, per cultura, per educazione, per "ideale"; mi dispiace che i precedenti commentatori abbiano scritto quello che hanno scritto. e non so se lo pensino perchè non hanno a cuore il paese, o perchè sono di quelli che non "credono", e vedono quelli che credono come degli idioti, ingenui.

      in ogni caso "Non si ha idea di quanta forza – e di quanto senso di responsabilità – ti dia un pensiero del genere, fino a quando non lo si prova."
      probabilmente la differenza è tutta qui.
      Laura
      (come sempre, chiedo venia per la lunghezza).

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    2. Laura

      Tralasciamo un attimo la retorica del "servire lo Stato", e non perche' sia brutto servire lo Stato, ma perche' non e' che sei un mercernario se lavori nel privato, e veniamo al punto.

      Nessuno vuole licenziare quelli che lavorano come tua madre, ma quelli che, invece di lavorare seriamente come lei, se ne strafregano o combinano macelli senza rimedio.

      Se e' vero quel che tu dici di tua madre, se quel che dice Lia sul ruolo dell'insegnante va preso sul serio, ne discende direttamente che chi e' indegno di quei ragionamenti e di quella impostazione deve levarsi di mezzo.

      Ma non e' solo questo: uno puo' anche essere un buon lavoratore, ma se il suo ruolo non esiste piu', non possiamo permetterci di pagare stipendi a vuoto.

      Per dire: se in un paesino ci sono tre insegnanti per cinque studenti, si puo' dire che due sono di troppo, o e' lesa maesta'?

      Uqbal

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  3. Mi sento un po' meno solo...

    Uqbal

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    1. Uqbal,

      io li leggo i tuoi commenti e dunque "so" chi sei :)
      ascolta,
      prima di tutto, non sai quanto io detesti la retorica, in ogni dove;
      proprio per questo, con estrema consapevolezza, ti dico che quel sentimento di cui parlo è ben lungi dall'essere retorico.
      è proprio così, come l'ho modestamente descritto, e come ne ha parlato sapientemente la Haramlik.

      cioè io la vedo e la sento così, non è una questione formale, di investitura formale
      quel senso di forza e di protezione, io ci credo, li sento

      (che non vuol dire che non sono coscia che dallo stato stesso siano venuti segreti, trame, cose oscure, e terribili)
      ma quel senso di protezione, quel qualcosa di paternalistico, e alto, e austero, e l'aver studiato le cose che ho descritto sopra, non so, mi hanno quasi fatto voler più bene a un Napolitano, vedendolo davvero quasi come un nonno.
      detto questo.
      nessuno dice che mia madre vada licenziata,
      non temo per lei.
      e non è neanche sbagliato pensare di controllare e supervisionare il lavoro degli impiegati, dei responsabili del servizio, dei dirigenti, dei bibliotecari, etc.
      ma credimi, la legge brunetta l'ho letta, e davvero era una fila di pregiudizi, una fila di "apriori" negativi, dai quali partiva un discorso che fa un po' ridere (anche perchè, dicevo a mia madre, ma in un ente locale piccolo, chi farebbe mai "la spia"?)
      e ti dico che lei, nell'arco della sua carriera, ne ha visti tantissimi, di "fannulloni", o, peggio, di gente che sentiva il potere tra le mani e aveva un concetto molto personalistico del proprio lavoro (mia madre non è impiegata, è un'assistente sociale), non sai quanto ha patito l'inadeguatezza persino dei dirigenti
      però, ogni volta che si parla del pubblico impiego in questo modo, lei giustamente si risente.
      quello che voglio dire, facciano come vogliono.
      vogliono introdurre il concetto che "anche il lavoratore pubblico" deve essere licenziabile?
      va bene (cioè no, ma va bene)
      ma sappiano che quelle tutele, quelle protezioni, quel tipo di trattamento che davvero è di una civiltà diversa, è qualcosa che, IN ALCUNI CASI, aumenta, e di molto, la qualità del servizio prestato.
      senza fraintedermi, dicevo a mia madre che, leggendo tutti i diritti e anche i contratti, mi sembrava come se i lavoratori del pubblico impiego fossero una "casta", da un punto di vista intellettuale, morale, come degli "aristocratici".
      se confronto le persone che conosco ed i loro lavori fra loro,
      quelle che, IN MEDIA, hanno più conoscenza e cultura politica, storica, giurisprudenziale, in generale atteggiamenti e visioni più democratiche e civili e laiche, sono quelli del pubblico impiego.
      e secondo me, continuare a "proteggerli", è assoluatemente e in primis un bene per la collettività, prima che per loro.
      non ci dimentichiamo che pubblico impiego significa solamente una cosa:
      servizio pubblico.
      retoricamente, "gente che lavora per noi".
      non mi pare poco,
      mi pare la base.
      Laura.

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    2. e cmq, su, "non è che sei un mercenario se lavori nel privato",
      per carità, ma conosco da vicino persone che lavorano nel privato,
      e non liberi professionisti,
      lavori assurdi faticosi e dove sul posto, al di là della retorica della dialettica servo/padrone, assistono a scene e situazioni al limite ultimo del rispetto del lavoratore.
      io non credo che siano cose da poco. non credo sia sottile la differenza che passa tra le tutele di un impiegato, e l'implicita subordinazione proprio umana di un, poniamo, cameriere, di fronte al suo datore. ho visto gente umiliata pensare che in fondo fosse "normale", pensarlo parte del lavoro.
      ma stiamo scherzando?
      appunto. servire lo stato ed averlo come unico "datore".
      poi uno dice attaccato al posto fisso.
      chi non lo sarebbe? (E NON EGOISTICAMENTE)
      Laura.

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    3. Laura

      cerchiamo di essere un filo razionali, ok?

      1) Di Brunetta non sta parlando nessuno, neanche la Fornero, quindi cerchiamo di non banalizzare. Il problema del regime giuridico e lavorativo degli statali esiste da prima e non solo in Italia. Possiamo parlarne senza che diventi subito un attentato di lesa maesta'? Grazie.

      2) Gli statali a t.i. sono oggettivamente in condizioni migliori degli altri lavoratori. Se lo Stato licenzia, lo fa con i t.d. (ne so qualcosa). Potro', io t.d., essere un po' incazzato? Potro' dire che la crisi la sto pagano i precari con la disoccupazione mentre gli statali al massimo perdono qualche scatto, senza che qualcuno cominci a parlarmi della guerra tra poveri?

      3) Hai conosciuto un sacco di fannulloni, di incapaci di disonesti. Beh, pensa alle loro facce e poi dirmi se la difesa della categoria fatta da te e Lia si applica a loro. Loro lo meritavano o no il licenziamento. Rispondimi onestamente.

      4) Lo Stato non e' nostro padre. E' solo una approssimazione funzionale per permetterci di non vivere come bestie. Rispettiamolo profondamente, perche' nello Stato c'e' ognuno di noi, ma non idolatriamolo.

      5) Lo so benissimo che non sono mercenari quelli che lavorano nel privato. Semplicemente, se eleviamo un piedistallo agli statali, poi gli altri reagiscono semplicemente dicendo" Ah, bello, scendi un po'!".


      Uqbal

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    4. in ogni caso io oggi all'una e 50 circa ho postato un commento di risposta. non ci riesco adesso a riscriverlo. tanto per dire a uqbal che, appunto, al suo commento, era seguita risposta.
      ma ultimamente su questo blog i miei commenti spariscono. anche il mio primo commento a questo segnapagine, scritto ieri sera alle 20:18, in realtà per almeno un paio di ore non risultava caricato.
      pensavo succedesse lo stesso con quello di oggi a pranzo,
      e invece.
      (e non è la prima volta che mi succede, anzi. ho scritto lunghissimi commenti a post recenti che sparivano, e allora rinunciavo. è un problema solo mio?).
      Laura.

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    5. Da quel che so, capita. Chiedi ai manutengoli di questo blog!

      U.

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  4. (di brunetta ne ho parlato io, infatti, sin dal primo commento, dove spiegavo che per la preparazione di un concorso mi ero imbattuta in tutta una serie di cose di cui praticamente non avevo cognizione, e di come, all'interno di quel magma di storia leggi politica istituzioni stonassero i pregiudizi e quell'atteggiamento un po' da arrivo io e mando a casa i lavativi (e poi, sempre io, ho detto che la riforma, nello specifico, era un po' antipatica, per come si articolava)

    sul discorso dei fannulloni,
    il punto è il commento di debora, di là, che infatti ho apprezzato molto.
    è questione, come dice lei, di diritto sacrosanto.
    mica non esiste il licenziamento, poi, anzi. inoltre, io penso che solo nel pubblico impiego siano richieste delle "specificità morali" (lascia perdere che uno possa non averle), un atteggiamento probo, corretto, rispettoso; e non il leccaculismo e il formalismo sterile di, ad esempio, altri lavori, lavori per privati. mi piace un posto di lavoro dove se nella vita privata sono volgare, ok, non mi licenziano, ma certamente quella mia condotta sgradevole contrasta e offende i principi che muovono il mio lavore. in sostanza, mi dà garanzia di una certà austerità.
    io sono affascinata proprio da ciò che il lavoro pubblico implica, non solo a livello lavorativo, ma anche esistenziale, di responsabilità, anche civile.

    e poi
    lo stato non è nostro padre. è solo "un'approssimazione funzionale..."
    per te, non per me.
    posto che non sono così innamorata platonicamente,
    per me, pensare allo stato come un padre,
    è proprio utile.
    mi fa accettare una serie di cose, me le fa comprendere.
    non che io aderisca, combaci con quest'idea, sempre.
    è che la tengo lì, mi è appunto, utile, per evitare di incazzarmi e per giustificare una serie di provvedimenti che spesso sembrano ingiusti.
    è il motivo per cui fondamentalmente io sto apprezzando il lavoro di monti, e il motivo per cui questo mio apprezzamento non trova grandi adesioni.
    cmq secondo me è tutta una questione di modelli. come dicevo prima, conosco persone che a lavoro sono costrette a umiliarsi, oppure, se non umiliarsi, accettare la frasetta del cazzo, la battutina, accettare la gerarchia implicita tra colleghi, "farseli buoni" altrimenti non mi richiama...non dare fastidio, essere allineati.
    se permetti uqbal, preferisco essere allineata con il profilo dell'istituzione, che con quello di un qualsiasi capetto che crede che il suo ristorante/prodotto/marchio sia il migliore del mondo, e sia assetato dal vendere, e dal fare soldi. (e dallo sfruttarti vedendoti come l'ultima ruota del carro. sinceramente non vedo un'etica in questo. i lavoratori vengono considerati pochissimo. ed è una questione anche e soprattutto culturale. per questo difendo una categoria che non deve essere sottoposto a nessun ricatto da nessuno. concludo: è una condizione NECESSARIA e INELIMINABILE NE' CONTRATTUALIZZABILE affinchè i bravi lavoratori, di questi ambiti, svolgano bene il loro lavoro. io la vedo così.)

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    1. Va beh, senti, Laura, che ti devo dire? La tua e' una visione semplificata e manichea, e non credo che abbiamo molti punti di contatto.
      Grazie tante che e' meglio non avere capi e godere di una incorrotta liberta', ma in tutta questa discussione mi pare che sia sfuggito il punto fondamentale: il punto non e' cosa e' meglio per noi insegnanti, ma cosa e' meglio per gli studenti.
      Al netto di tutti i principi, al netto di tutto il disprezzo per le condizioni di lavoro nel privato (ma esistono anche le persone corrette, sai, nel pubblico come nel privato?), al netto di tutta l'austerita', la domanda cui tu non hai risposta e' questa: se un professore e' imbecille e ignorante che si fa?

      Uqbal

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    2. Uqbal,
      la mia visione come la chiami tu manichea, è una visione concreta che si basa sulla mia esperienza personale, ed è la sintesi di osservazioni, lavori, esperienze.
      io credo che, al di là di qualche adriano olivetti sparso in giro, l’imprenditore, anche il più onesto, pensi principalmente ad una cosa, ovvero al profitto. (mio fratello lo è e, pur essendo onesto e giusto, pensa al profitto. lo vedo, come ragiona, come si esprime, cosa valuta, bla bla). quindi io facevo innanzitutto un discorso personale di preferenza verso il pubblico impiego. sin da bambina pensavo che mi sarei sentita molto più motivata se avessi dovuto “produrre” un servizio, anzichè un profitto.
      detto questo, è evidente che io non abbia una soluzione, non è che mi stavo nascondendo. la soluzione a un problema che pure è vistoso non ce l’ho,
      e non ho idea di quale possa essere
      aggiungo però un’ulteriore breve riflessione

      ieri con mia madre ho parlato di quest’articolo,
      e si diceva che se si modificassero le cose nei termini in cui vorrebbero molti commentatori della haramlik e di molta della pubblica opinione fomentata dai vari “fannulloni a casa”, sai cosa succederebbe?
      che nell’amministrazione di un ente locale, se pure ci fosse un lavativo (e quel lavativo se c’è si sa bene che esiste, e se ne conosce bene il nome) magari proprio perchè è stato nominato da un dirigente ben sostenuto a livello politico, e quindi entrato NON per concorso, non verrebbe mai eliminato! ma scherziamo! è invece, se venisse tolta quella barriera protettiva del servizio esclusivo della nazione, gente invece molto motivata, e di ruoli di responsabilità, ma, attenzione, non allineata, subirebbe ricatti, ostracismi, e tutta la trafila.
      cioè, davvero, non stiamo parlando di lavori in cui, bene o male, non ti esponi a niente di particolarmente di rilievo.
      io non so, e non voglio immaginare, ad esempio, cosa significhi essere un insegnante motivato, molto motivato, e libero, in un quartiere degradato di una qualsiasi cittadina del sud.
      già se uno ha i figli, è ricattabile.
      dici sì ma non stiamo dicendo che deve essere ricattabile, stiamo dicendo che deve essere licenziabile.
      ma chi lo stabilisce?
      il piano delle performance?
      e chi lo stila, chi lo redige?
      un dirigente? un organo?
      e secondo voi un qualcuno a cui competa di vigilare ed eventualmente sanzionare, se non addirittura licenziare, si metterebbe a criticare col fine di licenziare chi, come ho detto prima, magari è protetto?
      io non credo che chi vince concorsi ed accede a carriere “importanti” sia gente che non lo merita.
      ovvero.
      ne conosco moltissimi che magari stimo poco, gente con cui non prenderei nemmeno un caffè.
      gente di cui mi sono sempre lamentata, che, nello specifico dell’insegnamento, ha una visione della cultura diversa dalla mia, quando non una capacità “tecnica” di insegnamento, di trasmissione, di spiegare cosa caspita significa miracolo economico, scarsissima, se non nulla.
      e quindi, poniamo che questi diventino insegnanti, e saranno insegnanti pessimi, su quali basi valutarli?
      e a chi spetta, eventualmente, licenziarli? e siamo sicuri che licenzierebbero proprio loro, e non me, che magari sono brava, ma non, scusa il termine, lecco il culo?
      vi rendete conto che questi ruoli pubblici si immergono e sono a stretto contatto con la politica?
      ok che la gestione è separata dalla politica, ma le nomine dei “dirigenti”, provengono sempre da quelle fila. attenzione a dare un potere che potrebbe essere un’arma terribile...
      la non contrattualizzazione come ho detto prima di certi diritti che a molti paiono privilegi è un CONCETTO fondamentale...come le tutele di cui godono i parlamentari, o i magistrati...allora perchè ci sono magistrati collusi, è giusto che siano licenziabili?
      ripeto, va bene, ma come?

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    3. Non mi torna una cosa: perché le valutazioni e le selezioni iniziali (concorsi) sarebbero oggettive e non esporrebbero il bravo professore che non si piega a ricatti, mentre tutte quelle successive sì?

      tobuto

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    4. perchè, (se ho capito bene la domanda), nel momento in cui pincopallo, bravo, ma anche chi lo conosce, cioè, è un numero, viene assunto tramite concorso, viene valutato su titoli, meriti, numeri, voti.
      nel momento in cui e' GIA' impiegato, e pincopallo non è solo più pincopallo, è uno che sai come lavora, quanto lavora, ma anche intuisci chi vota, di chi è amico, come si chiama la moglie e che piega di capelli ha, che quotidiano legge, se e quanto è assoggettato a chi bisogna assoggettarsi, tobuto, vedi bene che è moooolto, ma moolto più ricattabile.
      o no?

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    5. Be', in assenza di valutazioni oggettive il potente di turno non dovrebbe avere problemi a far assumere solo il Pincopallo che vuole lui.
      Non sarebbe difficile continuare a valutare i Pincopalli già assunti su basi oggettive (sul blog di Haramlik ho scritto facendogli fare altri concorsi, ma di modi ce ne sono veramente a migliaia ormai; basta chiedere a una qualsiasi università o azienda come valuta i suoi dipendenti e candidati tali) in modo da sottrarre la valutazione all'arbitrio di Don Rodrigo.
      _
      PS: Lo so che non si troverà mai il sistema perfetto, si tratta di trovarne uno migliore. Il concorso non è perfetto, ma è meglio di sorteggiare i candidati, per dire.

      tobuto

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    6. Laura

      Tobuto ti ha già fatto un'osservazione fondamentale, ma possiamo approfondire. Secondo te, presidi e dirigenti sembrano usciti da una favola di Grimm: malvagi e contorti. Eppure sono tutti, necessariamente, insegnanti di ruolo che hanno vinto prima un concorso per diventare insegnanti e poi, dopo non meno di sei anni, un altro per diventare dirigenti. Come mai non sono motivati al quadrato? Come mai se un insegnante passa un concorso è un cavaliere adamantino, se ne passa due è uno schiavo del potere, ebbro egli stesso di autorità? Te la sei fatta questa domanda?

      Uqbal

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    7. @tobuto
      guarda, posso essere d'accordo con te, nel senso
      ok al fatto che dall'alto, ogni tot anni, facciano un'opera di revisione. un sistema imparziale, ad esempio quello con cui valutano i quiz di un concorso, ovvero li fanno leggere ad una macchina elettronica, che garantisca un esito imparziale.
      è pur vero però che
      1 resta la questione dell'"impazzimento", di cui parla la haramlik, con la quale concordo in pieno. cioè se uno nel tempo si usura e si stanca e perde in "efficacia", non è che lo buttiamo, oppure, non è che lo strizziamo fino alla fine.

      2 anche lì, con un concorso di revisione, cosa valuti? che uno sia preparato? ma un buon insegnante è buono solo perchè preparato?
      ma neaanche per sogno! e quindi, le altre qualità, come le valuti? (ecco perchè dicevo che servire la Nazione, a volte, può essere esso stesso motivo di stimolo e di impegno morale e civile, oltre che di serietà nell'attenzione verso il "pubblico")


      @uqbal
      uqbal, suvvia, non essere polemico :)
      io non penso che tutti i dirigenti siano cattivoni
      ed è vero quello che dici tu, che quelli altro non sono che ex insegnanti
      però il discorso della dirigenza, tu capisci
      cosa implica, cosa comporta?
      non dico che siano tutti nati cattivi, per semplificare e un po', banalizzare
      molto spesso l'incompetenza e l'ingiustizia dei vertici si verifica quando uno è semplicemente debole, incapace di assumere davvero quella responsabilità, incapace di avere quello sguardo onnisciente di chi tutto sa e tutto cerca di gestire al meglio.
      e sai benissimo che uno debole è facile preda di chi detiene davvero potere, è assolutamente ricattabile, è uno su cui è facile fare pressioni.
      e, ripeto, magari quel tizio che poi è diventato preside,
      all'inizio, quando era giovane, non era corrotto, non era inadeguato.
      ma a rendere inadeguate le persone è anche e soprattutto il fattore umano, al di là del grado di competenza che uno ha.
      detto questo ripeto una soluzione è difficile da trovare,
      dovrebbero essere molto selettivi i criteri all'inizio, ovvero è giusto che i concorsi siano difficili, e con soglie d'entrata alte.
      (poi, detto tra noi: immagino una commissione di un concorso per insegnare che debba valutare, all'orale, una serie di candidati. c'è che magari presta attenzione ai modi in cui uno si pone, in cui uno intona un discorso, in cui gesticola e comunica, al grado di competenza e anche passione che uno trasmette. e c'è chi magari se ne frega, o, anzi, resta infastidito da un carisma che può sembrare protagonismo. purtroppo e per fortuna a scegliere sono sempre altre persone. è un po' come il discorso di Platone. chi sceglie quelli che devono sorvegliare?)

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    8. @tobuto
      noto che platone lo hai citato, a proposito, anche tu, di là.

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    9. "1 resta la questione dell'"impazzimento", di cui parla la haramlik, con la quale concordo in pieno. cioè se uno nel tempo si usura e si stanca e perde in "efficacia", non è che lo buttiamo, oppure, non è che lo strizziamo fino alla fine."

      No no, certo. Lo si riconosce come malattia professionale e come tale lo si tratta, senza dubbio.

      "2 anche lì, con un concorso di revisione, cosa valuti? che uno sia preparato? ma un buon insegnante è buono solo perchè preparato?
      ma neaanche per sogno! e quindi, le altre qualità, come le valuti?"

      Noto che il mio post scriptum è andato sprecato :). Intanto valuti se e quanto è preparato, per dirne una (esattamente come fanno i concorsi, tra l'altro). E già è un miglioramento.
      Le altre qualità le puoi valutare. Esistono tipi di prove che valutano essenzialmente la capacità e la velocità di ragionamento. Puoi valutare i "risultati" sottoponendo gli studenti a prove all'ingresso e al termine del loro periodo sotto al professore (con i dovuti, e tanti, caveat). Puoi fare prove su argomenti specifici per valutare le capacità del prof di documentarsi e prepararsi.
      _

      Comunque credo che Uqbal abbia messo in luce il problema. Cioè, tu e Lia sostenete essenzialmente che se il prof sarà licenziabile a discrezione del dirigente, Don Rodrigo andrà dal dirigente e gli dirà di far bocciare il figlio di Renzo e Lucia. A questo punto il bieco dirigente ricatterà il prof. Ma se partiamo da questo presupposto, perché Don Rodrigo non dovrebbe andare direttamente dal prof, e perché il prof dovrebbe essere meno bieco del dirigente?

      tobuto

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    10. "molto spesso l'incompetenza e l'ingiustizia dei vertici si verifica quando uno è semplicemente debole, incapace di assumere davvero quella responsabilità, incapace di avere quello sguardo onnisciente di chi tutto sa e tutto cerca di gestire al meglio."

      Beh, e un dirigente del genere non lo vuoi licenziare (magari evitando di chiedere l'onniscienza a chicchessia)?

      "magari quel tizio che poi è diventato preside,
      all'inizio, quando era giovane, non era corrotto, non era inadeguato." Se tu pensi veramente che ci sia una sorta di "usura" della dirigenza, una sorta di corruzione dovuta al potere (però t'avverto che hai una visione un po' romantica dei presidi), questa non porta con sé l'idea che ogni tanto sia necessario buttare uno sguardo a quel che sta accadendo, ovvero fare una serena valutazione? E se vale per i presidi, non deve valere per i prof, o i docenti son tutti giovani e belli?

      Per i custodi (ma Platone ormai è sorpassato, i moderni preferiscono gli spingitori di spingitori di cavalieri), soluzioni se ne possono trovare, perché non stiamo parlando di una dialettica di potere, ma di risultati verificabili, sia pure approssimativamente: anche collegialmente si verificano i risultati e si agisce di conseguenza. Si fa in tutti i migliori sistemi di istruzione europei e non solo europei (con la significativa eccezione della Finlandia, va detto).
      In tutto questo, come sistema di valutazione i quiz li lascerei perdere. Quelli servono solo per verificare conoscenze precise e circostanziate.

      Uqbal

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    11. aspetta aspetta, il p.s.non era andato sprecato, anzi. era proprio in quelle parole che avevo letto un tono distensivo, e quindi ho fatto quell'osservazione sui concorsi.

      e poi
      la dinamica che temo, per quanto mi riguarda, non è affatto quella di don rodrigo che va dal dirigente affinchè chi dice lui venga bocciato...e da lì le pressioni sul docente.
      io non l'ho mai detto, nè pensato.
      ricattabile per me significa
      " ehi tu, docente non allineato, che fa un po' come gli pare e quando passo io non mi lusinga a sufficienza, e che c'ha quel modo di lavorare che a me non garba tanto, e che non teme di esporsi e che quindi mi sta pure un po' antipatico, sai che, appunto, mi sei diventato antipatico, e se continui così, uhm, finisce male?" (ma io parlo anche di cose minime, tipo non andar d'accordo coi colleghi, cioè non fare comunella, e quindi risultare un outsider, e, agli occhi di chi non ti rispetta, uno che "crea problemi": "pressioni fatte di quieto vivere").

      invece, come dice Lia,
      "Mi è successo di vedere cose brutte, di sentirmi chiedere di dichiarare cose non vere, di ricevere pressioni fatte di quieto vivere e non solo. Non mi è successo solo nella scuola di Stato, bada bene: mi è successo lì come nella scuola privata come all’università. La differenza, quando mi è successo nella scuola statale, sta tutta in quello che ho pensato guardando il dirigente che avevo di fronte: “Tu non sei il mio datore di lavoro. Il mio datore di lavoro è lo Stato.” Non si ha idea di quanta forza – e di quanto senso di responsabilità – ti dia un pensiero del genere, fino a quando non lo si prova.

      Tu sai, semplicemente, che finché hai ragione – finché la legalità è dalla tua parte – non sei ricattabile, non ti si può intimidire, nessuno ti può fare niente. Tu lavori secondo coscienza e non temi nulla. Non rendi conto a nessuna gang, nessun gruppo di potere, nessuna dirigenza manipolatoria, non devi piegarti a nessuna logica che non sia quella dell’etica del tuo lavoro."

      per me, ha detto tutto lei, ed io, che ho commentato e commentato, mi sono limitata ad assentire, sulla base delle mie esperienze.
      Laura

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    12. Mi rendo conto che la risposta non era per me, anche se è uscita sotto il mio commento, ma intervengo comunque.

      "Tu non sei il mio datore di lavoro. Il mio datore di lavoro è lo Stato.” Non si ha idea di quanta forza – e di quanto senso di responsabilità – ti dia un pensiero del genere, fino a quando non lo si prova."

      Di fronte ad una situazione del genere Lia, a quanto pare, ha potuto non cedere alla pressione indebita di un dirigente (ammesso che Lia avesse effettivamente ragione: io ho visto colleghi lamentarsi perché il dirigente chiedeva il minimo sindacale...). Ha potuto resistere, dunque. Ma non ha potuto far nulla per far sanzionare l'abuso di potere del dirigente.

      Perché? Perché dove non ci sono né responsabilità, né rendicontazione, né valutazioni di sorta tutto è rigidamente cristallizzato e non c'è spazio per discutere nulla. Al massimo, dirigente e professore possono rimanere là, a infastidirsi a vicenda, senza che nessuno dica niente. Ovvio che la qualità dell'insegnamento ne risenta.

      Uqbal

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    13. uqbal, ascolta, non cominciamo con lo straw man
      TU avevi detto che io avevi una visione da presidi cattivoni
      IO ti ho risposto
      guarda che magari non sono cattivoni, alcuni sono deboli
      come a dire
      non sto dicendo che esistono i buoni e i cattivi, e chi ha potere è cattivo
      ripeto, cattivo
      (con riferimento al fatto che l'inadeguatezza di un dirigente può causare gravi danni)

      sto dicendo bensì che alcuni potrebbero non essere all'altezza perchè poco capaci di svolgere quel ruolo
      da qui, ne consegue che, in un caso, o in un altro, valuterebbero male, e molto, l'operato di qualcuno che magari non è poi così ben visto

      chi ha mai avuto una visione romantica dei presidi?
      uqbal, su, quello che hai scritto vuole significare che io abbia come un moto di indulgenza verso chi, al potere, è debole. come se contemplassi un'usura, come hai detto tu, che ti cambia, anche se sei "buono".
      ma non l'ho mai pensato! ma scherziamo, di nuovo!
      io l'ho detto, ripeto, perchè non volevo dire
      buoni cattivi
      ma non per questo giustifico l'eventuale mediocrità o pochezza di un don abbondio per restare in tema.
      ci mancherebbe.

      a questo punto, però, visto che è capitato anche altre volte, vorrei solo molto smaliziatamente evidenziare come, A LIVELLO STATISTICO, sia qui che sul blog della haramlik, la maggioranza dei commenti femminili fossero di adesione e condivisione,
      mentre quelli maschili fossero di protesta, di "eh, ma tu stai davvero dicendo che???", di sbalordimento e di "ah, poveri noi".
      sarà un caso?
      direi di no.

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    14. Quale straw man? Tu hai parlato di dirigenti che un tempo non erano inadeguati: io mi sono limitato a trarre le conseguenze.

      Comunque, una volta arrivati alla guerra dei sessi non credo di poter più dire nulla, e non credo di poter offrire altri argomenti.

      Uqbal

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    15. uqbal, parole tue
      "Secondo te, presidi e dirigenti sembrano usciti da una favola di Grimm: malvagi e contorti."
      risposta mia
      "io non penso che tutti i dirigenti siano cattivoni[...]

      molto spesso l'incompetenza e l'ingiustizia dei vertici si verifica quando uno è semplicemente debole, incapace di assumere davvero quella responsabilità, incapace di avere quello sguardo onnisciente di chi tutto sa e tutto cerca di gestire al meglio.
      e sai benissimo che uno debole è facile preda di chi detiene davvero potere, è assolutamente ricattabile, è uno su cui è facile fare pressioni.
      e, ripeto, magari quel tizio che poi è diventato preside,
      all'inizio, quando era giovane, non era corrotto, non era inadeguato."

      di nuovo, tu
      "Se tu pensi veramente che ci sia una sorta di "usura" della dirigenza, una sorta di corruzione dovuta al potere (però t'avverto che hai una visione un po' romantica dei presidi) [...]

      e io
      "TU avevi detto che io avevi una visione da presidi cattivoni
      IO ti ho risposto
      guarda che magari non sono cattivoni, alcuni sono deboli
      come a dire
      non sto dicendo che esistono i buoni e i cattivi, e chi ha potere è cattivo [...]

      sto dicendo bensì che alcuni potrebbero non essere all'altezza perchè poco capaci di svolgere quel ruolo
      [...]

      chi ha mai avuto una visione romantica dei presidi?
      uqbal, su, quello che hai scritto vuole significare che io abbia come un moto di indulgenza verso chi, al potere, è debole. come se contemplassi un'usura, come hai detto tu, che ti cambia, anche se sei "buono".
      ma non l'ho mai pensato! ma scherziamo, di nuovo!
      io l'ho detto, ripeto, perchè non volevo dire
      buoni cattivi
      ma non per questo giustifico l'eventuale mediocrità o pochezza di un don abbondio per restare in tema.
      ci mancherebbe. "
      e non sto evidenziando e cirscoscrivendo solo quello che mi fa comodo, anzi.
      io davvero non so come rispondere alla tua ultima frase
      "Tu hai parlato di dirigenti che un tempo non erano inadeguati: io mi sono limitato a trarre le conseguenze."
      cioè non la capisco, mi sembra fare confusione in un dibattito che aveva avuto un suo filo logico

      detto questo
      guerra dei sessi???
      allora, posto che ho molto a cuore la questione femminile nel senso però che combatto dinamiche vetuste che provengono da ambo le parti e conducono a sterotipi e modelli fastidiosi
      notavo, e non puoi contraddirmi, che appunto i commenti femminili siano stati, di media, più di condivisione mentre quelli maschili di respingenza.
      ovvero la guerra dei sessi mi sembrava implicita dentro questa dinamica stessa dei commenti "schierati", solo che, in sostanza, non ce ne si era accorti.
      famme capi', se lo metto in evidenza, promuovo una guerra, o semplicemente rilevo un fatto (non le sue implicazioni, il fatto in se e per sè)?
      a questo punto, ti dirò di più
      in un piccola ma non so ancora quanto piccola parte, io la penso esattamente come Lia, anche in quanto donna. cioè quella garanzia quella protezione e la consapevolezza di non essere, appunto, ricattabile, mi dà forza e mi aliena paure, anche in relazione al mio sesso.


      Laura

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    16. Uqbal, aggiungo una ultimissima cosa.
      credo davvero che questo nostro ultimo scambio di battute sia latore, tra le altre cose, di quell'evidente problema di comunicazione tra i sessi di cui si parla e che spesso suona retorico.
      mi spiego. probabilmente tu avrai letto la chiosa del mio penultimo commento pensando "ma perchè questa mo la butta in caciara con la storia del sesso? ahhh! ne fa una questione di guerra tra sessi!"
      e magari, dall'alto della tua reale buona fede, lo hai vissuto come una specie di arma che in quel momento hai visto come una stonatura.
      invece io, dal mio canto, ti dico che forse davvero la differenza di commenti sia qui che dalla haramlik rispetto al genere può avere un senso ai fini dell'interpretazione dell'articolo, e del fatto che molte cose, dai commentatori uomini, fra i quali tu, non sono state capite.
      banalmente, forse tu tutta una serie di problemi che incidono anche nel lavoro provenienti dall'essere donna non te li poni; anzi, magari starai leggendo queste mie parole storcendo il naso e pensando "se vabbè, ciao..." ma è così, ed io mi sento molto più tutelata se so che nessun dirigente magari maschio può avanzare pretese fuori luogo, e fare leva su una presunta docilità e asservimento della donna. STO PARLANDO DI AMBIENTI LAVORATIVI UQBAL, nel lavoro le donne sono ancora penalizzatissime e molto ricattabili. non credo affatto che queste riflessioni portino a una guerra dei sessi, è solamente conoscere il punto di vista dell'altro a cui magari premono cose e questioni a cui l'altro non pone troppa attenzione.
      Laura

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  5. Laura, ho trovato un tuo commento nella spam che, se ho fatto le cose bene, deve essere apparso ora. Scusa per gli inconvenienti, che non sempre, penso, dipendono da noi.

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)