giovedì 16 febbraio 2012

il diavolo, il cuore, il silenzio

di lo Scorfano


Io odio i luoghi comuni, tutti i luoghi comuni. Anzi, proprio perché non si tratta di una semplice avversione, ma di un vero e proprio odio e di una insofferenza senza eccezioni, io credo di esagerare in questo mio odio e credo che, come tutte le esagerazioni oltranziste, anche questo mio odio mi conduca spesso a sbagliare, a essere estremista, a non valutare in modo critico e lucido quello che un luogo comune possa portare con sé di minimamente vero.

Ma non provate a convincermi, perché comunque non ci riuscirete. Non provate ad assumere posizioni ragionevoli su questo tema, perché magari non vi risponderò ma inizierò a pensarvi come difensori dei luoghi comuni: e, lo sapete meglio di me, l'amico del mio nemico è un mio nemico (o qualcosa del genere), come luogo comune vuole. E il mio odio per i luoghi comuni è sinceramente inestinguibile.

Perché io odio davvero tutti i luoghi comuni, di un odio senza possibilità di attenuazione. Li trovo stupidi, li trovo il contrario del pensiero critico, li trovo pertanto il contrario esatto dell'intelligenza. E penso che non è vero che il diavolo si nasconda nei dettagli: il diavolo sta dentro i luoghi comuni e nemmeno ci si nasconde; il diavolo fa le pentole e poi i luoghi comuni, e ce li cucina dentro a fuoco lento; il diavolo è molto più brutto di come lo si dipinge e quando vuole farsi un autoritratto usa i luoghi comuni; e la strada per la casa del diavolo, che è l'inferno, è senz'altro lastricata di luoghi comuni; e a ogni luogo comune che viene pronunciato da qualcuno in qualsiasi parte del mondo spuntano le corna del diavolo, dentro casa mia.

(Tra l'altro ho scoperto che è proprio a causa dei luoghi comuni che odio anche, senza incertezze, la pubblicità. L'ho scoperto qualche settimana fa, quando ho sentito alla radio Giovanna Cosenza che parlava – dicendo parole acute e sensatissime – di una recente pubblicità della Fiat e diceva che tutte le pubblicità usano normalmente i luoghi comuni, perché si rivolgono a una gran massa di persone e dunque è inevitabile che lo facciano. E in quel momento ho capito che quindi io non odio la pubblicità in sé e per sé, ma la odio proprio perché e soltanto usa i luoghi comuni – e spesso usa proprio i più beceri e volgari, tra l'altro.)

E dunque, odiando senza requie i luoghi comuni, negli anni io ho cominciato una mia personale guerra contro di loro: una guerra che combatto in solitudine, a casa mia; o con i miei amici, dove capita; e purtroppo anche con i miei alunni, a scuola: innervosendomi ogni volta che loro ne usano uno per dimostrarmi qualche cosa. E i miei alunni, che sono giovani ma fortunatamente anche parecchio astuti, capiscono alla svelta il mio odio nei confronti dei luoghi comuni e vi si adeguano, poverini, come si fa con una grandinata fuori stagione. E cercano di farmi felice non usando i luoghi comuni. E a volte, vi dico la verità, ci riescono anche.

E insomma sono condannato a questa battaglia interminabile e persa in partenza: talmente condannato, che la vivo quasi come un destino e mi ci sono, negli anni, rassegnato. E mi covo i miei sentimenti amari in silenzio, sapendo che i luoghi comuni avranno pur sempre la meglio su di me. Poi, qualche volta, trovo alleati preziosi, a volte inaspettati, altre volte chiamati da me a bella posta. E così è stato qualche giorno fa in classe, mentre leggevo il romanzo manzoniano e mi sono imbattuto (per decima o quindicesima volta) nell'«addio ai monti» di Lucia e, in particolare, nel breve dialogo che lo precede. Quando il padre Cristoforo saluta i due ragazzi, in fuga dal loro paese, e cerca di confortarli. E usa una frase che assomiglia troppo a un luogo comune. E Manzoni, pesante come pochi (cioè come me), lo redarguisce: ed è, se mi ricordo bene, l'unica occasione in tutto il romanzo in cui l'autore esprime palesemente il suo dissenso rispetto alle parole del vecchio frate. Che sono queste:

Alzatosi poi, come in fretta, disse: «Via, figliuoli, non c'è tempo da perdere: Dio vi guardi, il suo angelo v'accompagni: andate». E mentre s'avviavano, con quella commozione che non trova parole, e che si manifesta senza di esse, il padre soggiunse, con voce alterata: «Il cuore mi dice che ci rivedremo presto».
Certo, il cuore, chi gli dà retta, ha sempre qualche cosa da dire su quello che sarà. Ma che sa il cuore? Appena un poco di quello che è già accaduto.

E allora, quasi fulminato e in preda a un attacco di feroce determinazione, ho alzato gli occhi sulla classe e lì, dalla mia posizione in mezzo ai banchi, stavo già per partire con la mia tirata (nemmeno del tutto a proposito) contro i luoghi comune sul cuore, che sono peggio di quelli sul diavolo, che al cuore non si comanda e va' dove ti porta il cuore e le ragioni del cuore che la ragione non comprende e il cuore che, appunto, dice ma non dice, sa ma non può sapere, e tutti i battiti del mio cuore...

E però non ho fatto nemmeno in tempo a cominciare. Perché, in quell'attimo che mi serviva a prendere il respiro e partire, ho visto gli occhi dei miei studenti già sbarrati, quasi in preda allo sconforto, come se sapessero che quella che stava per iniziare era la solita, la solita, la solita tirata del loro prof contro i luoghi comuni, e che non se ne poteva più, e che lo sappiamo, prof, che non dobbiamo ragionare per luoghi comuni, ce lo ha detto, prof, che i luoghi comuni sono il contrario dell'intelligenza, ce lo ha già detto cento e cento e cento volte, e alla fine, prof, diventa un luogo comune anche quello... E allora, anche se loro non hanno obiettivamente detto niente, e probabilmente non lo hanno nemmeno pensato, allora ho fatto un respiro più piccolo e non ho detto niente. Perché a volte il silenzio è d'oro, no?

13 commenti:

  1. Siamo a livelli di telepatia tra docente e discenti, e non è luogo comune.

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    1. No... E' che siamo a livelli di conoscenza tale da sfiorare il matrimonio ;)

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  2. se mi è concesso, a parte scherzare sul luogocomunismo delle tue tirate contro i luoghi comuni :-), la tua presa di posizione è troppo talebana.

    Quello che per esempio io odio non è tanto il luogo comune, quanto il luogo comune preso come vangelo. Se qualcosa assurge allo stato di luogo comune spesso è perché in effetti capita di solito così: e sicuramente non possiamo essere sempre lì a fare le pulci a tutto. Ma dovremmo però essere pronti a farlo: se qualcuno ce lo fa notare, oppure se in quell'esatto momento ci viene per caso un pensiero diverso da quello usuale.

    Ecco: io odio chi non fa mai qualcosa del genere.

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    1. Sono d'accordo con te, infatti. E, razionalmente, lo so che hai ragione. E' che poi vado dove mi porta il cuore... ;)

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  3. la pubblicità spesso usa anche i loghi comuni.

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  4. Caro prof,

    concordo con te, con simpatia e solidarietà.

    Siamo in Italia, paese storicamente pesantemente provato (messo alla prova ed anche sfiancato) da governanti ancorati al passato (spacciato troppe volte col rispetto della "tradizione"), paese sottoposto alle varie e ripetute "messe all'indice" di tutti quei pensieri e libri (pensieri tradotti su carta e diffusi) non allineati con i regnanti di turno (anche i Papi erano e sono ancora oggi veri monarchi assoluti).

    Italia come paese dove i roghi di persone e di libri avvenivano con cadenza anche mensile per decenni e decenni, inquisizioni sul pensiero che doveva essere tenuto sotto controllo per la salvezza dell'anima delle pecorelle. Dire "beata ignoranza" è un luogo comune? Perchè nell'ignoranza si voleva mantenere l'intera popolazione governata almeno in Italia.

    Italia dove il conformismo, il servilismo, l'opportunismo, il camaleontismo sono divenuti nel tempo non solo una necessità ma anche una virtù.

    Mi sto perdendo anche io in luoghi comuni? Sono soltanto luoghi comuni quei pensieri ed asserzioni che possono essere dimostrati attraverso documenti originali raccolti e proposti da svariati studiosi?

    Concludo con un pensiero luminoso di Oscar Wilde:
    "Nella vita moderna niente è più efficace di un luogo comune: affratella il mondo intero".

    (Oscar Wilde, Un marito ideale, 1895).

    Ciao.

    Marco

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    1. Be', un'asserzione che ha bisogno (o che ha il pregio) di essere dimostrata attraverso documenti e studi, ovviamente, non è un luogo comune. Magari lo diventa quando viene citata come Vangelo, senza sapere che è pur essa, come quasi tutto, un'interpretazione verosimile dei dati a disposizione...

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  5. in effetti
    est modus in rebus!

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  6. Grazie, Davide! Mi fai capire che non sono solo in questa battaglia…

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  7. E' che nei luoghi comuni si sta al caldo, protetti. E il cervello si assopisce.

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  8. Ti piacerà il film This must be the place ;)
    dove il protagonista opera lungo tutto il film un abbattimento implacabile e ironico dei luoghi comuni che lo incrociano da tutte le parti. Divertentissimo.

    Al

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)