lunedì 27 febbraio 2012

Discorso da autobus

del Disagiato

Se oggi pomeriggio, nel centro commerciale dove lavoro, provassi a mettere nella bacheca la prima pagina dell’Unità, sono sicuro che dopo due minuti verrebbero in libreria le guardie per chiedermi spiegazioni. È solo un’ipotesi strampalata, sia chiaro, fatta solo per capire quanta distanza c’è tra le fabbriche che non possono più esporre l'Unità e un qualsiasi centro commerciale della provincia di Brescia. Che poi è anche un modo per guardare in faccia l’abisso che sta tra un giornale di sinistra e i lavoratori di un centro commerciale: un abisso immenso, se mai un abisso si può dire immenso. Non ho statistiche e dati da mettervi davanti agli occhi, ma la mia esperienza e le mie conoscenze mi dicono che la maggior parte dei commessi che stanno nei negozi affianco alla “mia” libreria hanno contratti che di notte non fanno prendere mica tanto facilmente il sonno.

Un commesso di un negozio di scarpe sportive, ad esempio, qualche giorno fa mi ha detto di essere stato assunto con uno di quei contratti dove lui risulta essere socio ma, naturalmente, senza esserlo (scusate l’incompetenza ma non conosco il nome di questo contratto). Ciò significa, per dirne una, che gli straordinari non gli vengono pagati. Perché mai i titolari dovrebbero pagare gli straordinari a un loro socio? E siccome io sono parecchio ficcanaso, in questi anni ho saputo che questo contratto ce l’hanno anche altri commessi di altri negozi. Il contratto è legale? Sì, è legale, quindi c’è poco da lamentarsi. E infatti i commessi non si lamentano.

Però mi è venuto in testa che il non poter esporre l’Unità in una bacheca è un male piccolo piccolo se paragonato alle ore nelle quali i ricchi sfruttano legalmente i giovani e i meno giovani nei centri commerciali Mi è venuta come una piccola rabbia irrazionale per quel ribellarsi contro i padroni per delle sciocchezze. L’Unità (online, soprattutto) è un giornale che leggo per un validissimo motivo: lo leggo perché ci scrivono persone intelligenti e brave. Ma non lo leggo perché mi rappresenta come cittadino lavoratore.

Quello che mi fa rabbia è che un giornale di sinistra si indigni in questo modo solo adesso, nel momento in cui la Fiat gli proibisce di esserci in una bacheca. Ma Bersani e chi prima di lui cosa diavolo hanno fatto in questi anni? Ma Bersani e chi prima di lui lo sanno che a nessuno dei miei colleghi viene in mente di affidarsi a loro e ai giornali e ai sindacati che li rappresentano? E un motivo ci sarà, penso. Il motivo è che nessuno ha difeso i lavoratori e che nessuno ha dato garanzie di sopravvivenza.

È un post, questo, scritto con la pancia, lo so, ma non riesco a capire l’importanza di un giornale in una bacheca. Non capisco quanto ciò sia la forma e quanto il contenuto. Diliberto dice che "Marchionne e la Fiat stanno scrivendo le pagine più buie del mondo del lavoro nel nostro Paese… Per non parlare del divieto di esporre sulla bacheca della Magneti Marelli 'l'Unità'. Se l'Unità dà fastidio a Marchionne vuol dire che è davvero un bel giornale. Sottoscrivo immediatamente un ulteriore abbonamento."

Ecco, a me questa cosa che un giornale è bello perché dà fastidio a qualcuno non mi convince tanto. Mi sa di formuletta buona per aumentare gli abbonamenti e le tirature. Un giornale è buono quando racconta i fatti nella maniera più obiettiva possibile (cosa che l'Unità fa spesso, sia chiaro) e non quando infastidisce. Il Giornale infastidisce, mi sembra. Quindi è un giornale buono? Non lo so. So invece che ho scritto un post un po’ troppo nervoso. È solo che vedere un partito e un giornale andare fuori dai gangheri per questa cosa della bacheca mi ha fatto arrabbiare. Mi sembra che ci siano cose ben più importanti. Mi sembra che al di fuori delle fabbriche le cose non vadano meglio. E da tanto tempo, anche.

4 commenti:

  1. Al contrario, è uno dei post più intensi mai pubblicati su questo blog.
    O forse lo trovo tale perchè anche io ho qualche difficoltà a dormire la notte.
    "negras tormentas agitan los aires, nubes oscuras nos impiden ver": il futuro è buio da far piangere.

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  2. Credo che in molti ci sia ancora l'immagine del proletario con la tuta blu, il "cipputi". Invece il proletariato se così vogliamo chiamarlo è molto diverso oggigiorno, nel terziario appunto è molto esteso e probabilemnte con molte meno tutele dei metalmeccanici che almeno hanno la FIOM che a torto o ragione si batte per loro. Per quel poco che la leggo, a l'Unità non sfugge questo però gli strilli sono sempre sui grossi gruppi industriali.

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  3. A me sembra che orami siamo tutti più soli che mai. L'individualismo estremo ci sta portando sempre più ad essere come delle piccole isole, non esiste più un vero senso di comunità. Bisogna essere flessibili, pronti a cambiare, così come i contratti che ci rappresentano, che sono flessibili, ma ci incastrano. Io penso che questa frammentazione della società si rifletta anche sui giornali, ormai incapaci di guardare alla nostra società e di darle voce. Ma soprattutto pare che sia scomparsa la categoria "lavoratori", rimpiazzata da quella "imprenditori di se stessi". E ciao ciao ai nostri diritti, e ciao ciao ai mezzi che dovrebbero aiutarci a difenderli...

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  4. Diliberto non è nuovo ad uscite del genere
    (http://thumperland.wordpress.com/2008/02/09/chiariamo-un-punto/).

    Il nemico del mio nemico è mio amico?

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)