di lo Scorfano
Ora proviamo a immaginarci questo: un gruppo di insegnanti (pochi, diciamo una mezza dozzina) che decide di fare, di propria iniziativa, un minuto di silenzio a favore delle idee di Silvio Berlusconi, per una scuola pubblica che non inculchi idee di sinistra, ma di destra. Ne avrebbero il diritto? No, perché la scuola è appunto pubblica, è di tutti; anche mia o di chi come me non condivide affatto quelle idee; anche dei ragazzi che non voteranno mai per Silvio Berlusconi, anche delle loro famiglie, che magari disprezzano le idee di Berlusconi.
Oppure, se preferiamo, immaginiamoci un maestro elementare che, indignato per le critiche rivolte al premier e alle sue idee sul futuro della scuola italiana, porti i suoi bambini in corridoio, li faccia sedere per terra e cominci a fare lezione lì, in un angolo: per protesta, perché è veramente indignato, perché vuole che i bambini della scuola testimonino a favore delle sue idee, che le capiscano, che le condividano e che, crescendo, combattano per quelle idee... Ne avrebbe il diritto? No, assolutamente no. Cosa c’entrano i bambini? Cosa c’entrano le loro future idee politiche? Insegna loro l’aritmetica, maestro, che la politica non c’entra nulla!
Oppure, ancora, immaginiamo che alcuni insegnanti miei colleghi, e magari anch’io, alle dodici, invece di entrare regolarmente in classe per l’ultima ora di lezione, ci appendessimo al collo uno striscione per manifestare la nostra indignazione (tutta questa indignazione che da noi trabocca), distribuendo volantini, contro coloro che si sono a loro volta stupidamente indignati contro le parole giustamente indignate del Presidente del Consiglio sulla scuola pubblica… Faremmo bene?
Io sono certo che se qualche insegnante di destra (ce ne sono, in verità, ce ne sono pure parecchi, molti di più di quello che vi immaginate) avesse deciso di manifestare in questo modo, noi ci saremmo di nuovo indignati moltissimo, in maniera incontenibile: e sarebbe stato un fiorire di critiche e contumelie. Invece, tutte le cose di cui sopra, le hanno fatte insegnanti di sinistra, indignati (ma guarda un po’) contro le parole di Berlusconi. E dando così assolutamente ragione a Berlusconi. Il quale aveva parlato di insegnanti che “inculcano”: ecco, manifestazioni come quelle si avvicinano parecchio al concetto di inculcamento, purtroppo.
Io capisco la frustrazione di questi miei colleghi; la capisco e la condivido e ho pure scritto al ministero per lamentarmi di certe parole del mio capo del mio governo. Però, proprio perché non sono come lui pretende che io sia, lunedì sono entrato in classe e ho parlato di storia e di letteratura; con più vigore di prima, se mi riusciva. E senza mai accennare nemmeno una volta alle parole di Silvio Berlusconi sulla scuola pubblica. E così ho fatto anche martedì e poi giovedì e poi tutti gli altri giorni, fino a oggi. Senza striscioni e senza cartelloni e senza minuti di silenzio: parlando di quello di cui devo parlare.
Per la semplice ragione che io non sono come Silvio Berlusconi crede e pretende che io sia. E voglio che i miei ragazzi lo sappiano; e voglio che lo sappia Berlusconi. E per farglielo sapere non ho altra strada che questa: fare il mio mestiere. Mentre lui vaneggia, io faccio il mio mestiere, senza nessuno striscione appeso al collo, senza nessun volantino in mano, perché io non sono come dice lui. Se vaneggiassi anch’io, inizierebbe ad avere ragione lui.
Così, invece, ha sempre e solo torto.
Standing ovation
RispondiEliminaSto facendo una miniola solitaria in tuo onore.
RispondiEliminaTu hai ragione. Ma gli scioperi no, le dimostrazioni in classe no, le lettere ... chi le legge? Ci manca un modo corretto, dignitoso e fantasioso di protestare :-)
RispondiEliminaGrazie delle canzoncine ai due Marco ;)
RispondiElimina@LGO
Io ho per esempio condiviso il blocco delle gite scolastiche del mio istituto. so che ci rimettono i ragazzi, ma è un modo sensato per far sentire il nostro disappunto. Anche perché si tratta di denari (agenzie di viaggio, alberghi) e stai sicura che i denari fanno più male degli striscioni.
Fatto anche io come te il giorno dopo, l'unica risposta possibile è cercare di fare al meglio ciò per cui vieniamo pagati (anche se male).
RispondiEliminaIl problema è che quella è una decisione che deve passare per il Collegio dei docenti. Si può cercare di convincere gli altri, ma ci sono scuole in cui si è in minoranza.
RispondiEliminaIn realtà, no: il collegio docenti non ha l'autorità per bloccare nessuna gita. Bisogna mettersi d'accordo e non presentare alcuna proposta in consiglio di classe; oppure bocciare le proposte eventualmente presentate. E' il Consiglio di Classe che decide sulle gite, è una sua prerogativa (peraltro basta la maggioranza della componente docenti per bloccare tutto: abbiamo avuto contenziosi quest'anno, ed è andata così).
RispondiEliminaEtichette che servono soltanto a sentirsi omologati, accettati, tollerati, giustificati. E nel profondo di sè, perdonati. Sono le bandiere che sventoliamo per sentirci ciò che non siamo, per vantarci di ciò che non diamo. Un vestito griffato su un corpo senza sostanza. Ostentazione, vuota propaganda di contenitori altrettanto vuoti. Non basta quindi lavorare nel pubblico per vantarci dei pregi di ciò che il pubblico dovrebbe dare e spesso non dà. Un medico, un insegnante, esprima la sostanza e non si accontenti di sbandierare una forma. Ha ragione lei, Scorfano. Per dar contro alle voci stonate basta far bene ciò che ci è chiesto di fare. E pretendere il rispetto.
RispondiEliminaEcco, Alan, l'hai detto bene tu. Io pretendo rispetto perché faccio bene (o almeno ci provo, sempre) quel che mi è chiesto di fare. Voglio per questo essere rispettato, lo esigo; non perché sto nella scuola pubblica o nella scuola privata.
RispondiEliminaOggi, però, esser realisti significa apparire provocatori. Bisogna pertanto avere pazienza. E ce ne vuole tanta.
RispondiElimina"Son tempi che dire l'ovvio è rivoluzionario" ha scritto il prof.Marco Beccaria su FriendFeed a proposito di questo post. Mi è sembrato un bel suggello.
RispondiEliminaSono d'accordo che non bisogna strumentalizzare il proprio ruolo e men che meno i ragazzi.
RispondiEliminaMa le proteste degli insegnanti sulle recenti dichiarazioni non dovrebbero essere di destra o di sinistra. Non è una questione di parte.
Quando Berlusconi dice che la scuola e politicizzata, intende dire politicizzata a sinistra, ma sta insultando tutti gli insegnanti (paradossalmente forse quelli di destra in primo luogo!).
Oggi ha detto che la scuola è stata usata più come ammortizzatore sociale che altro (dalla sinistra parrebbe): un professore di destra è offeso tanto quanto quello di sinistra.
O almeno dovrebbe esserlo: siamo però diventati così partigiani che se Berlusconi spara nel mucchio degli insegnanti, qualche militante di destra può anche esser contento di esser colpito dal fuoco amico (sarebbe vero anche il contrario, credo).
Se un preside mi criticasse così di fronte ai suoi studenti chiederei di farmi le sue scuse, di fronte ai miei studenti. A buon diritto. Però la richiesta gliela farei in presidenza.
d'accordissimo con te.
RispondiEliminapiuttosto, (come fanno molti lavoratori del comparto sanitario) dovremmo entrare al lavoro con un cartellino sul petto lavoratore con contratto scaduto
LGO, volevo dire una cosa:
RispondiEliminaNon c'è un modo – giusto – di protestare? Ce n'è soltanto di sbagliati? E allora non si protesta.
In realtà, Giovanni, i modi giusti ci sono (o forse ci sarebbero): è che non c'è l'unità necessaria a metterli in atto. Ecco perché poi hanno la meglio iniziative spontanee (e minoritarie) ma che fanno notizia. E che finiscono per generare equivoci sulla categoria in generale.
RispondiEliminaIl Collegio individua i criteri generali, no?
RispondiEliminaComunque, all'interno dei consigli di classe si può sempre votare contro e farlo mettere a verbale.
Giovanni: di modi corretti ce ne sono, che siano incisivi è un altro discorso. Ma se non ce ne fossero bisognerebbe cercarli, non rinunciare al diritto di proptestare, credo.
Io credo che si debba prima partire da una risposta a una domanda ben precisa: quel che ha detto Berlusconi sugli insegnanti e la scuola pubblica è giusto e fondato oppure no? E, in quest'ultimo caso, oltre a essere ingiusto e infondato, è pure offensivo?
RispondiEliminaSe la risposta è che la critica berlusconiana agli insegnanti e alla scuola pubblica è giusta e fondata, ovviamente chi ha protestato ha sbagliato.
Se la risposta è che la critica berlusconiana agli insegnanti e alla scuola pubblica è ingiusta e infondata, ma non offensiva, ancora una volta ha sbagliato chi ha protestato.
Ma se - come io penso - la critica berlusconiana agli insegnanti e alla scuola pubblica oltre a essere ingiusta e infondata è pure offensiva e nasconde intenti non dichiarabili, allora gli insegnanti hanno fatto bene a protestare e indignarsi.
Ciò non toglie che (l'ho pure scritto sul mio blog) ci siamo rotti le scatole della pura e semplice indignazione. E' l'ora di farla finita e "andare oltre" la semplice indignazione, spesso fine a sé stessa.
Sono d'accordo con lei, dobbiamo ricominciare ad essere orgogliosi del nostro ruolo.
RispondiEliminaStasera a "Che tempo che fa" Saviano ha espresso lo stesso concetto più o meno con queste parole: in questo momento fare bene il proprio lavoro è rivoluzionario.
io non avevo letto il giornale (la tv non la guardo quasi mai) e mio marito mi aveva accennato la sera prima "hai sentito Berlusconi?" e io "Uf, me lo dici domani"...
RispondiEliminaCosì il giorno dopo, finita la lezione di Matematica, stavamo andando in aula Informatica e un mio studente di quarta liceo mi avvicina e mi fa "prof, ha sentito Berlusconi? Dice che andate contro la famiglia!!" con un tono a metà fra l'indignato contro il premier e lo sfottò e io - sullo stesso tono - "giusto! Ha sempre ragione lui, no?" e ci siamo fatti una bella risata :-)
un mio collega di filosofia ha scritto una bella lettera sui "cattivi insegnanti" e l'ha messa in sala insegnanti. La abbiamo sottoscritta in tanti.
E poi abbiamo fermato le gite anche noi (ma non nel collegio docenti, perché la preside impone di parlare solo di questioni didattiche e non sindacali, sic)