mercoledì 23 marzo 2011

marcello e il cinghiale di peluche

di lo Scorfano
Il libro di grammatica italiana, che adotto e uso da nove anni nelle prime liceo, è pieno di errori negli esercizi: proprio pieno zeppo, tanto che è difficile trovare un esercizio che sia perfetto dall’inizio alla fine. Insomma, un incubo. E io lo so che in molti avranno già pensato: «Be’, cambialo, no? Cosa lo hai tenuto a fare un libro pieno zeppo di errori negli esercizi per nove anni? Sei così pigro da non avere voglia di cambiarlo?»

No, ve lo confesso, non è pigrizia: io lo tengo, quel libro, e continuo a adottarlo anno dopo anno, proprio per i suoi errori: sono gli errori che mi piacciono. Anzi, meglio: sono gli errori che mi aiutano a insegnare la grammatica e l’analisi logica ai ragazzi di prima liceo. Senza tutti quegli errori terribili farei più fatica, credo. Perché gli esercizi sono facili (in tutti i libri gli esercizi sono facili, ormai), molto meccanici, si eseguono in pochi minuti e quasi non lasciano traccia: ma poi ci sono gli errori, e quelli sì che mettono in difficoltà.

Per esempio: c’è un esercizio con dieci frasi e c’è scritto: «Riconosci il complemento d’agente presente in ognuna delle frasi: attenzione, i complementi d’agente sono 11.». Bene: i ragazzi si mettono lì e cercano la preposizione «da»; quando l’hanno trovata sono convinti di aver trovato il complemento d’agente e chiudono il libro. Esercizio fatto, analisi logica imparata: trenta secondi netti.

Ma c’è l’inganno: perché l’autore del libro si è sbagliato e non in tutte le frasi c’è il complemento: c’è solo in otto frasi, per un totale di 9 complementi, non 11. Gli altri due li ha sbagliati lui, l’autore del libro: non erano complementi d’agente. Ed ecco che la caccia all’errore diventa il gioco preferito dei miei studenti, i quali a volte non mi lasciano nemmeno entrare in classe per dirmi: «Prof, c’è un errore pazzesco nel libro!» Io controllo e hanno ragione loro: c’è un errore pazzesco.         

Sono pasticci davvero incredibili, certe volte. Ma così, tra un errore e l’altro, l’autore del libro di grammatica italiana è diventato un vero e proprio personaggio delle mie lezioni: dopo qualche settimana ho cominciato a chiamarlo per nome (facciamo finta che si chiami Marcello) e a inventarmi storie sulla sua vita personale, che giustifichino i suoi errori. Per esempio dico: «Ragazzi, bisogna avere pazienza: quando ha scritto questo esercizio, Marcello era ubriaco, perché aveva litigato con la moglie che non voleva mettersi il burqa e allora gli è scappato questo rofolone». Oppure dico: «Vabbè, bisogna capirlo, povero Marcello: quella sera il cane gli aveva mangiato il cinghiale di peluche, quello con cui lui va sempre a dormire…» I ragazzi sono piccoli e basta poco per farli ridere (però "rofolone" fa ridere a prescindere, ammettiamolo) e infatti loro ridono e Marcello diventa un personaggio simpatico, su cui si può fare qualunque battuta. Perché non è presente.

Ma succede anche un’altra cosa, ben più importante: i ragazzi, esercizio dopo esercizio, cominciano a dubitare dei libri di testo in generale, non solo di quello di grammatica. Per esempio cominciano a mettere in dubbio quello che c’è scritto sul libro di storia (che invece è molto ben scritto e organizzato) perché hanno capito che si può. Cioè, hanno capito che non esiste autorità indiscutibile, che anche un libro può essere sbagliato, che tutto deve essere verificato.

A me piace tantissimo questa cosa, questa specie di minimo fact checking scolastico da pochi soldi. Magari a voi sembra poco, perché siete adulti e sapete che c’è il mondo pieno di libri stupidi che era meglio non fossero mai stati scritti; e di articoli di giornale ancora più stupidi che non si sa da dove prendano le loro informazioni. Ma un ragazzo di prima, lui ancora non lo sa: tende a pensare che tutto ciò che è stampato sia vero, soprattutto se si tratta di un libro scolastico, soprattutto se poi lo deve studiare. E io invece gli voglio insegnare che tutto può anche (forse) essere falso, che bisogna prima di tutto pensarci e costruirsi gli strumenti per verificare e poi, alla fine, valutare.

E allora, per finire, c’è un altro aspetto della questione per cui sarò sempre grato a Marcello e ai suoi spaventosi errori di grammatica: e quest’ultimo punto, che è anche il più importante, si chiama «web». Perché quello che i ragazzini tendono a fare con i loro libri di testo, lo fanno con ancora maggior convinzione con il web. «L’ho letto su Internet» è una delle frasi con cui cercano di troncare qualunque discussione: se l’ho letto «su Internet» significa che è vero, punto. Sono «nativi digitali», c’è poco da fare: internet è il tutto, il vero, il santo, l'unico.

Ecco, ultimamente ho notato che  i ragazzi di prima cominciano a dirmi, per esempio: «L’ho trovato su Internet, ma non c’era il nome di chi lo ha scritto»; e io mi sento felice. Oppure, l’altro giorno, uno di loro mi ha chiesto: «Ma quello che c’è scritto su Wikipedia è sempre vero?» E io sono stato felice della domanda e gli ho detto che no, non è sempre vero, che bisogna comunque valutare e stare attenti; che è molto meglio Wikipedia di un sito anonimo, ma che la verità non è scritta da nessuna parte, nemmeno su Wikipedia. E che Wikipedia è scritta da altri Marcelli, magari un po’ meno ubriachi, ma comunque Marcelli anche loro.

Insomma, a me piace questo loro imparare che tutto può, con cautela, essere messo in discussione, che ci sono gli errori, che esistono, che fanno parte della nostra vita: e penso che sia il primo passo verso uno studio efficace, uno studio che metta anche un po’ in dubbio il testo su cui si studia, con cautela; uno studio attivo. E mi sento abbastanza soddisfatto di quello che li sento dirmi e chiedermi ultimamente (e non è così frequente che io sia soddisfatto, qualcuno di voi lo sa).

E poi, ieri mattina, uno di loro mi ha detto, a proposito di un lavoro che stiamo facendo in geografia: «Guardi, prof, io questa cosa l’ho trovata su Internet… Però non l’ho scritta nella ricerca, perché mi sa che l’autore è un amico di Marcello e che quella sera erano usciti a bere insieme e hanno un po’ esagerato; e forse il cinghiale di peluche l’avrebbe scritta meglio di tutti e due…» Io gli ho sorriso e mi è spiaciuto che il vero Marcello non fosse lì con noi in quel momento: perché così lo avrei abbracciato e avrei potuto anche dirgli un grazie, che a questo punto, tutto sommato, glielo devo.

26 commenti:

  1. Bello. Nel senso bello il post e bella questa esaltazione dell'errore che poi in realtà è esaltare la conoscenza e l'unica via tramite cui ci si arriva: la ricerca. Facendo l'educatrice, quindi dovendo aiutare i ragazzi nello svolgere i compiti, mi rendo conto spessissimo che non vengo loro forniti gli strumenti per potere conoscere, vengono semplicemente date delle nozioni, è come se si cercasse di annichilire il loro cervello, ho come la sensazione che professori e i libri di testo li sottovalutassero: esercizi meccanici, troppo facili etc. etc. Personalmente quando mi ritrovo a spiegare delle cose spesso uso la "tattica" del dubbio, dire cose false, o solo in parte vere, per fare in modo che stiano attenti e che acquisiscano lo strumento del discernere.

    Bello, cavolo, c'è davvero bisogno di professori, di gente che insegna e non di impiegati.

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  2. Grazie. Quello che tu scrivi nel tuo commento è esattamente quello che provo (provo) a fare io. Ogni tanto ho la sensazione di riuscirci e torno a casa un po' più contento.

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  3. che meraviglia!
    credo di conoscerlo bene, sai, quel Marcello (e secondo me non è un nome d'invenzione... :P)...

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  4. Marcellino errori e vino. Mi sa che è proprio lui. ;)

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  5. A questo punto, però, vorrei sapere chi è costui.
    Vorrei abbracciarlo anche io, se non vi spiace.

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  6. Eh, non posso mica rivelare le mie fonti... ;)

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  7. Mah, se questo articolo rimane senza fonte, potrei iniziare a dubitare della sua correttezza.
    Oh! Me l'hai insegnato tu! :P

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  8. @darknomad: di indizi, ce ne sono davvero parecchi... Anche questo penso sia un insegnamento dello Scorfano: non dare risposte pronte, ma abituare a leggere tra le righe! ;)

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  9. Grazie, Monica: avevo bisogno di una risposta così.

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  10. Va bene, la prossima volta starò più attento e dirò allo scorfano di non inviare risposte trasversali.
    Via mail, ad esempio. :P

    Il Nomade

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  11. Perdonate, è OT ma non avendo sotto mano nemmeno il testo di Marcello, mi rivolgo allo scorfano e agli altri dotti frequentatori di questo piacevolissimo blog per un parere dirimente di analisi logica.

    Allora: "Le matite colorate sono sul banco di Luca".

    Dunque, ipotesi A: "Le matite": soggetto.
    "colorate": predicato verbale.
    "sono sul banco": complemento.
    "di Luca": complemento.

    Ipotesi B:
    "Le matite colorate": soggetto.
    "sono": predicato verbale.
    "sul banco" e "di Luca": complementi.

    Il dissidio è tra me (laureato) e mia figlia (8 anni).
    Mi dite per favore che ho ragione io?

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  12. Ha ragione l'ipotesi B (che immagino sia la mabina di 8 anni... ;P )

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  13. bambina... a fare lo spiritoso finisce che mi mangio i tasti.

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  14. Yeeeeee, no no, l'ipotesi B era la mia, avevo solo un dubbio sul "sono sul banco" perché quel "sono" poteva indurre a riconoscervi un predicato nominale.
    Invece mia figlia si è lasciata ingannare dal modo in cui le è stato insegnato a distinguere il predicato nominale, secondo il quale il predicato nominale risponde alla domanda "Com'è?".
    Allora lei ha pensato: le matite, soggetto. "Come sono?", colorate. Allora predicato nominale.

    Vabbé scusate tutti e grazie al professore. I miei primi due "4" consecutivi sono stati in due compiti in classe di grammatica in seconda media.
    Poi ne ho fatto tesoro. Però sono un po' arrugginito...

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  15. Caro Scorfano, non noti (magari ne hai già parlato in qualche altro post, nel caso segnalamelo) un vertiginoso aumento di refusi, sia nei libri di testo (trovo refusi ed esercizi errati nei testi di seconda elementare di mia figlia) che nell'editoria in genere? Che fine hanno fatto gli editor e i correttori di bozze?

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  16. @LELE: nooo!!! il Predicato Nominale che risponde alla domanda "come" NOOO!!! errore gravissimo "di concetto", che poi porta a confondere con il complemento di modo o con i predicativi.
    allora, potrei farti un lungo discorso sulla valenza verbale, ma lascio perdere, diciamo che una bambina di 8 anni può capire un discorso del genere
    - il verbo ESSERE non può mai stare da solo, ha sempre bisogno di un "compagno", che può essere:
    1) il participio passato di un altro verbo ---> il v. essere è ausiliare di quel verbo e insieme formano un tempo composto o una forma passiva ---> PREDICATO VERBALE (es: sono+andato, saremo+tornati, fossimo+visti...)
    2) un nome, un aggettivo, un pronome ---> PREDICATO NOMINALE (sono+una bambina, erano+stanchi, sarà+lui...)
    3) un complemento (introdotto SEMPRE da una preposizione - o sotto forma di avverbio, ma non credo che tua figlia li abbia già fatti) che indica (di solito) il LUOGO (domanda: dove?) ---> PREDICATO VERBALE + COMPLEMENTO (siamo+IN casa, saremo+DAL dottore, è+SUL tetto)

    regola semplificata generale: dove c'è una PREPOSIZIONE inizia un nuovo complemento.

    spero di esserti stata utile.

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  17. @Lele
    Non per aumentare la già notevole pedanteria di questo blog, ma la lezione di lanoisette è preziosa assai (starei per dire: decisiva).
    Il rilievo che ti fa lei è in qualche modo responsabile della metà circa degli errori che vedo io in prima liceo... Per non parlare del latino, che di quegli errori si nutre e li trasforma in tragedie scolastiche.
    La prima cosa che io insegnerei a un alunno piccolo (se lo avessi) sarebbe che: i complementi non rispondono alle domande. E' più difficile, lo so, ma garantisce un successo a lungo termine.
    E scusa ancora la pedanteria dellla categoria tutta.

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  18. @plus1
    E' vero, hai totalmente ragione. Ho letto in questi giorni il libro di Alessandro Trocino sulle popstar della cultura, per esempio; l'ho trovato interessante e piacevole, ma pieno zeppo di refusi, di nomi scritti con la grafia sbagliata, di tante distrazioni che sono dovute principalmente a due ragioni: 1. la necessità di risparmiare (redattori e correttori sono senz'altro tra i costi maggiori di una casa editrice); 2. dalla fretta, perché i libri sono ormai diventati usa e getta (molti libri) e quindi devono uscire come articoli di giornale, quando la materia è "calda".
    E te lo scrivo da collaboratore dell'editoria da oltre quindici anni.

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  19. Mah, io ho un atteggiamento ambivalente sulla questione del mettere in discussione tutto (e già la mia scelta dei termini è diversa, e un filo più connotata).

    Ovviamente non amo l'idea che i miei studenti ripetano a pappagallo, però ci sono delle cose, nella mia vita, cui posso credere soltanto perché mi fido della fonte: scienza, medicina, legge sono cose a me note, ma con dei limiti. Oltre quelli credo perché mi fido della mia fonte.

    Questo non mi impedisce di metterle in discussione, le mie fonti, laddove noto discrasie o contraddizioni. Ma finché non le noto, nn le metto in discussione.

    Ovviamente le mie fonti cerco di scegliermele con un certo raziocinio.

    Dove voglio andare a parare? La mia impressione è che un eccesso di dubbio metodologico, piegato poi alla tipica capziosità italica, ci porti a volte ad uno scetticismo globale filosofico: tutto diventa opinione.

    Io dico che l'evoluzionismo esiste. Il vicepresidente del CNR (veramente, non è un exemplum fictum) dice che sono un pappagallo che non sa vedere oltre le menzogne di Darwin cui io credo supinamente. Risultato? Tutto vero, tutto falso, tutto opinione (e finanziamo tanto scienziati quanto creazionisti...).

    Qual è il giusto mezzo? Da quel che scrivi, Scorfano, dal tipo di reazioni dei tuoi studenti, mi pare che hai raggiunto un bell'equilibrio.

    Io vado ancora in difficoltà, a volte. E mi sembra che esista una "retorica dello spirito critico" che sia ormai abusata. Si esortano i ragazzi a mettere in discussione tutto a prescindere, e certe volte mi sembra si faccia soltanto anarchismo facile. Infatti di questo slogan si sono appropriati anche gruppuscoli di destra, medici alternativi, eliocentristi, creazionisti, complottisti dell' 11/09, ecc. ecc.

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  20. non c'entra nulla, ma te lo volevo chiedere in un altro post e non ricordo quale, quindi te lo chiedo qui. Che ne dici della Mastrocola? Leggo o non leggo il suo libro?

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  21. @lanoisette

    Grazie della lezione (detto, davvero, senza ironia).

    Rubo ancora spazio elettronico ai tenutari per chiedere due ulteriori chiarimenti, visto che la mia copia di "Sole nuovo", la splendida grammatica di Dino Provenzal che mi ha accompagnato per i 3 anni delle medie devo averla venduta quarant'anni fa, quando evidentemente non mi sembrava così splendida (però peccato...).

    Tema della prima domanda: "Il predicato nominale che risponde alla domanda 'Com'è'".
    Esempio: "Le matite sono colorate".
    Bene, io so (credo di sapere) che si rientra nel tuo caso 2: predicato nominale formato da verbo essere + aggettivo.
    Mi figlia risponde alla domanda: "Le matite"/soggetto come sono? Risposta: "sono colorate". Allora predicato nominale.
    Prima domanda: è sbagliato questo? Ossia: l'aggettivo non è quella parte del discorso che definisce "com'è" un determinato sostantivo? Ossia: dire che il predicato nominale risponde alla domanda "come" è un errore sempre?

    Altro esempio: "Le matite sono sul tavolo".
    Direi che siamo nel tuo caso 3: ossia il verbo essere, in questo caso, ha la valenza del verbo "stare", "giacere", quindi è predicato verbale.
    Seconda domanda: è sbagliato questo?

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  22. @scorfano

    Sopporto benissimo la pedanteria della categoria tutta, visto che mi sento ancora più pedante.
    Se hai un minuto vorresti contribuire alla mia formazione grammaticale approfondendo per me l'affermazione "i complementi non rispondono alle domande".
    Esempio: "Le matite sono sul tavolo di Luca".
    "Le matite", soggetto; "Sono", predicato verbale; e fin qui ci siamo, no?
    Beh, 'ste benedette matite dove sono? "Sul tavolo", complemento di stato in luogo.
    E ancora, le matite sul tavolo si può sapere di chi sono?, "Di Luca", complemento di specificazione.
    Perché dici che questi complementi non
    rispondono a domande? Dove sbaglio?

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  23. Non so se Lanoisette sarebbe d'accordo, ma la banalizzazione propria del metodo delle domande si presta a fraintendimenti gravi.

    L'esempio che mi viene in mente ora è già sufficiente per lasciar perdere tutto: il complemento oggetto risponde alla domanda "Che cosa?".

    "Che cosa mangia Mario? Mario mangia la mela"

    è splendidamente lineare. Peccato che lo sia anche:

    "Che cos'è una lucertola? La lucertola è un animale"

    E una volta che imparano a considerare "complemento oggetto" il compl. pred., è la fine. Diventa difficile riprenderli.

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  24. @Lele
    Ti ha già risposto molto bene Francesco, per cui non mi dilungo. Il metodo del "risponde alla domanda" è fallace. Non sempre: gli esempi che porti tu dimostrano che a volte funziona. Però non funziona sempre. Un esempio (quello più terribile e frequente) te lo ha portato Francesco.
    Un altro può essere questo:
    "uno dei ragazzi ha vinto una scarpa da tennis", in cui "dei ragazzi" è compl.partitivo e "da tennis" è compl. di fine. Benché rispondano a domande che potrebbero far pensare ad altri complementi.
    Insomma, il criterio del "risponde alla domanda", pure utile in qualche caso, non è un criterio che funziona sempre. E quindi va preso con circospezione.

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  25. @Francesco
    In riferimento al tuo primo commento, invece, non credere che io lo abbia davvero raggiunto questo benedetto equilibrio. Come te, un po' annaspo un po' ci riesco.
    D'altronde credo che nel nostro mestiere l'errore peggiore lo compie proprio chi crede di non compiere mai errori. Dobbiamo in qualche modo saperlo che ne faremo molti: non per rassegnarci, secondo me, ma proprio per stare sempre all'erta. Perché non c'è un metodo che funziona sempre, ma ci sono momenti, circostanze e soprattutto persone diverse.
    In questo senso, il dubbio, mi pare, è salutare soprattutto per chi insegna.

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  26. @scorfano (e @Francesco)

    Grazie.

    Però scusa, chi è quel burlone che ha deciso come suddividere il montepremi del torneo a cui hanno partecipato i ragazzi? ;-)

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)