Il corpo che è stato ritrovato recentemente nella parte meridionale della penisola iberica e più precisamente nella zona anticamente chiamata, secondo le scarse testimonianze rimasteci, Andalusia, appartiene a uomo che visse circa 5.000 anni fa e cioè il periodo che oggi usiamo chiamare postindustriale e tecnologico. Accanto al corpo è stato rinvenuto anche del materiale igroscopico, costituito da materie prime fibrose prevalentemente vegetali e a quei tempi detta carta, che ci ha aiutati a comprendere, per mezzo di uno studio approfondito e una decifrazione di quella che si suppone venisse chiamata scrittura, i passaggi di vita e i movimenti sinaptici di questo individuo.
Quel poco che gli esperti sono riusciti a decifrare ci rivela che il corpo in questione appartiene a un uomo che visse tutta la sua vita in Europa occidentale nella seconda metà del Ventesimo secolo e nella prima del Ventunesimo. Perlopiù solo, egli dedicò il suo tempo alla trasmissione di dati e “emozioni” tramite quello che allora veniva chiamato blog o, secondo la nostra scuola Maggiore, internet e che, se i nostri numeri e calcoli sono esatti, oggi noi comunemente chiamiamo esistenza. Cosa indichi il segmento “emozioni” rimane ancora oggi un mistero. Il segmento ricorre, sulla carta reperita, numerose volte accanto ad altre ancora più oscure: amore, disperazione, poesia, sesso, psicoanalisi, disagio. Quest’ultima parola pare avere a che fare con il suo nome che secondo ricostruzione dovrebbe essere “A disagio un po’ ” o “mpre un po’ a disagio”
Una buona parte del suo corpo ha conservato i tessuti molli; dei frammenti di abiti sono attaccati alle membra. E’ un uomo, un maschio, vogliamo dire. La presenza sulla mandibola di tutti i molari, la loro cesura, il grado di sinostosi delle suture craniche indicano che abbiamo a che fare con un adulto di circa 35 anni. Non abbiamo osservato alcun segno di carenze alimentari, di malattia e neppure di traumi, a parte un piccolissimo foro nella parte destra della fronte. Era in buona salute quando è morto. Secondo le nostre ricerche, nel luogo e al posto del deserto 5.000 anni fa c’era una città, luogo d’insediamento umano ove si svolgevano i traffici commerciali e quelli turistici. Ancora oggi abbiamo testimonianze di questi insediamenti. Gruppi di umani, commercianti e allevatori, anticamente potevano vivere insieme, seguendo le leggi e le regole della politica, dell’educazione civica e della tolleranza.
Essenzialmente un uomo solo egli intrattenne tuttavia saltuari rapporti con altri uomini. Visse in un’epoca infelice e travagliata. La nazione che gli diede i natali scivolava lentamente ma inesorabilmente verso la fascia economica delle nazioni di media povertà. Incalzati dal liberalismo e dal liberismo economico, spinti dallo sfaldamento di quello che veniva detto sistema scolastico e dalla decomposizione della cultura umanistica (a questo punto sulla carta ricompare più volte la parola “poesia”) a beneficio di quella tecnica e tecnologica, gli uomini della sua generazione soffrivano un’esistenza solitaria e astiosa. I sentimenti d’amore, di tenerezza e di umana fratellanza erano in gran parte scomparsi; nei loro reciproci e brevi rapporti detti incontri, anche se di natura commerciale o economica, i suoi contemporanei davano assai spesso prova di indifferenza, di razzismo e di crudeltà.
Al momento del suo allontanamento dall'accampamento d'origine, detto Brescia e distante circa 2000 chilometri, il corpo veniva considerato "commesso" o meglio, come possiamo ricavare dalla sua scrittura, “libraio”, cioè colui che trafficava in libri. All’epoca la letteratura e più dettagliatamente la poesia erano sue "fissazioni nevrotiche" e la minaccia della loro scomparsa unita a quello che lui dice essere un “dilagare della cultura capitalistico borghese” furono alla base di accesa passione per i cosiddetti versi che qualcuno di noi suppone facciano parte di "poesia":
Sono queste le giornate bianche,/ senza luci né forme- se uno avesse/un diario, bianca la pagina resterebbe./Narrano altri di notti in cui non si dorme/ ma io qui di giornate per dove il non vivere/ ci iberna, morti guidati ciechi/ ci scosta azzoppati ai bordi del campo.
La religione, la filosofia, la letteratura lanciavano verso il cielo gli ultimi deboli bagliori e da quello che possiamo capire sul viso del corpo che stiamo ora analizzando si impressero rassegnazione, dolore e sconforto. Non sappiamo a cosa si debba la distanza tra il suo originale accampamento e il luogo del ritrovamento. Le sue parole decifrate non sono di speranza. Manca quello che oggi noi chiamiamo neutralità o distacco. Impresso nelle ultime carte rimangono quelle che lui chiama “citazione prima di morire” e che riassumono lapidariamente gli ultimi disperati giorni della sua esistenza:
Riamarrò fino all’ultimo un figlio dell’Europa, dell’ansia e della vergogna; non ho alcun messaggio di speranza da comunicare. Per l’Occidente non nutro odio, tutt’al più un immenso disprezzo. So soltanto che, dal primo all’ultimo, noi occidentali puzziamo di egoismo, di masochismo e di morte. Abbiamo creato un sistema in cui è diventato semplicemente impossibile vivere; e, come se non bastasse, continuiamo a esportarlo.
Non è chiara la fonte e il significato dei segmenti “vergogna”, “speranza” e “disprezzo”. Così come i cristiani potevano rappresentare le civiltà antiche, potevano formarsi un’immagine delle civiltà antiche senza in alcun modo farsi prendere dal dubbio o dall’incertezza, così oggi proviamo noi a comprendre perchè questo individuo cercò la solitudine lasciando la sua gente. Perchè fuggiva? Era un paria? Un bandito? Un criminale? Cercava quelle dimensioni chiamate felicità, semplicità e gioia? Quindi vi invito, nessuno escluso, a riflettere.
E ora la sua anima si e' reincarnata nel corpo di Michel Houellebecq...
RispondiEliminaEsatto.
RispondiElimina