di lo Scorfano
Poco lontano dalla mia casa savonese, sulla strada che tutti i giorni, da bambino, facevo per andare a scuola, c’era un grande muro grigio. E sopra quel muro grigio c’era una grande scritta a caratteri cubitali, che non so più dimenticare: STRONZI TUTTI. In quegli anni, in una città di provincia, le scritte sui muri erano ancora poche (e per lo più di natura politica o amorosa) e quindi quella scritta colpiva sempre l’attenzione, mia e dei miei amici. Più di una volta accadde che qualcuno (immagino pagato dal comune) si adoperò per cancellare la scritta, ma ogni volta, dopo pochi giorni, l’anonimo autore tornava e replicava, beffardo: STRONZI TUTTI.
Io, mentre tornavo a casa da scuola, controllavo sempre: e quando l’anonimo mi dava la soddisfazione di non mollare e replicare all’autoritaria censura comunale, salivo le scale di corsa per dire a mia madre: «Mamma mamma, hanno rifatto la scritta STRONZI TUTTI…!» Mia madre, donna morigeratissima a cui non ho mai sentito pronunciare nemmeno una parolaccia in tutta la sua vita, mi diceva: «Chi la scrive è un gran maleducato, però forse non ha tutti i torti». E io mi stupivo, perché pensavo che mia madre si sarebbe arrabbiata molto di più per quella parolaccia.
Ma intanto la scritta stava lì, imperterrita; e nel giro di qualche anno divenne parte integrante del nostro panorama urbano di periferia ligure. La si usava serenamente per fornire indicazioni stradali: «Quando arrivi a stronzitutti, gira a destra e dopo trecento metri sei arrivato»; oppure anche per darsi un appuntamento: «Ci vediamo tutti domani mattina a stronzitutti».
Poi, un giorno, qualcuno la cancellò per l’ennesima volta e l’anonimo autore, forse sfinito, non replicò più. La delusione fu terribile, per tutto il quartiere, ma nel frattempo io mi ero già trasferito in Lombardia, nell’operosa Milano a studiare l’inoperosa letteratura, e quindi mi ci ero già un po’ disabituato a quello «stronzitutti»; per me non fu, in quel momento, un grave lutto. E forse, chissà, l’anonimo autore si era nel frattempo ammalato, o magari era morto, non l’ho mai saputo. E non ho nemmeno mai saputo chi potesse essere.
Però, se si possono cancellare le scritte sui muri, vent’anni di infanzia e di adolescenza con quella scritta poco lontano da casa non si cancellano. E a volte ho l’impressione di portarmela sempre dietro, quella scritta, come una specie di tatuaggio, come un piercing infilato sotto la pelle, che nessuno vede ma che io so: STRONZI TUTTI. Una cosa da maleducati, senz’altro, ma anche un ligure marchio indelebile, un segno distintivo che mi fa essere me.
Un me che, nel frattempo, è diventato lombardo (quasi) ed è anche (un po’) cresciuto e sa bene che l’anonimo aveva torto e che non tutti sono proprio esattamente come lui sosteneva che fossero. Lo sono alcuni senz’altro, a volte lo siamo anche noi per gli altri. Ma tutti tutti no, quella era un’esagerazione, perché il mondo è fatto anche di persone splendide.
Eppure quella scritta mi manca e mi dispiace non sapere che ne sia stato l’autore. Vorrei un giorno incontrarlo per dirgli almeno le parole di mia madre: «Guardi, signore, ei è un gran maleducato ma forse non ha proprio tutti i torti»; e poi dargli una pacca sulla spalla, come a un amico che si è, dopo tanto tempo, ritrovato. E immagino già che cosa mi risponderebbe lui, fedele alla sua linea in saecula saeculorum: mi risponderebbe che io sono uno stronzo, come tutti, nient’altro che uno stronzo come sono STRONZI TUTTI. Ma giuro che sarei, almeno per una volta, felice di essere così maleducatamente apostrofato.
Sarei uno stronzo felice: il che onestamente, oggi che sono cresciuto e lontano, non mi pare poco.
Il suo post è bello, perfino ispirato. Quasi quasi l’interpretazione spetterebbe a un semiologo, poiché a noi che la leggiamo credo lei voglia inviare il messaggio e non solo la dolcezza del ricordo. Personalmente, liberatomi dal piacere del testo, vien voglia di dirle che ‘stronzitutti’ sia per lei come per me è sempre stato il ‘enoitireremodritti’ scritto sul muro del curvone che collega il mio paese al lago di Iseo. Cogliamo, insomma, nelle parole degli altri, buoni o cattivi che essi siano, qualcosa che ci aiuti a elaborare i nostri lutti, grandi o piccoli che pur loro saranno. Le frasi semplici, ironiche sarcastiche o addirittura stupide (i fascisti del mio paese lo furono allora come lo sono adesso), fanno uscire la rabbia che ci portiamo dentro. E noi, che stupidi non siamo, della rabbia teniamo buono soltanto l’impeto che la parola nasconde in sé. Perché, come lei dice, non proprio tutti sono stronzi e, come penso io, qualcuno ogni tanto potrà pur cambiar parere.
RispondiEliminaProvo ad immaginarlo, lo sconosciuto autore: con molta probabilità un filantropo dall' anima bella e fragile, forse incorrotta, irrimediabilmente ferita dal narcisismo del mondo.
RispondiEliminaForse qualcuno che, molto pateticamente, aveva dato troppo ed a vuoto, e per questo tra le fila degli "stronzitutti" sentiva di dover schierare, in testa, sé stesso, per la sua testarda ostinazione ad idealizzare gli uomini. Poi s'è perdonato. Ed arreso.
@Sirio59
RispondiEliminaUn ritratto davvero suadente, il tuo. Con quel "perdonato e arreso" che quasi mi ha commosso...
in realtà questa è una confessione: andato via tu nessuno ha più rifatto la scritta... non crederete mica alle coincidenze, vero?
RispondiElimina(scherzo)
Quoto marcocampione, ad eccezione della parentesi ;)
RispondiEliminacasa savonese? sta a vedere che ci conosciamo pure...
RispondiEliminaNato e vissuto per vent'anni a Savona, in effetti.
RispondiEliminaToc Toc
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