lunedì 14 novembre 2011

Sabbia

del Disagiato

Non so da quanti anni è che vorrei mettere in ordine i miei dischi. Ogni mese mi dico: “Adesso metto a terra tutti i cd e poi decido un ordine, una sistemazione decente”. Ordine alfabetico. Ecco, sì, mi sembra la cosa migliore. E invece i dischi se ne rimangono figli di nessuno, soli e dispersi, scollegati e vestiti di polvere o graffi. Rimando. Rimando come rimando tante altre cose ad altro mese o ad altra stagione. Non è così per i libri, invece. I libri tendo a difenderli e proteggerli, perché intimamente so che questi libri addormentati su scaffali Ikea senza di me non possono farcela a sopravvivere, a esistere vita dignitosa. E poi chissà perché questa strana idea. Chissà perché reputo i dischi più forti dei libri, assai più indipendenti e meno vulnerabili. Deformazione professionale, vorrei dire. Ma invece non penso che la professione c’entri qualcosa. È solo che le pagine ingialliscono, le copertine si piegano, i titoli degli stessi autori si allontanano nei mesi, durante le piogge di primavera, dopo le cene d’inverno, quando si aspetta che il caffè venga a galla e intanto si danno rapide letture, si strappano frasi da questo libro e poi da quello. E poi si ripone il libro negli spazi sbagliati e si beve il caffè, si fa una telefonata, si esce e il tapis roulant che è la vita scorre e noi dimentichiamo di sistemare e risistemare. Non solo i libri, ovviamente, ci si dimentica di risistemare.

Allora l’altra sera mi sono messo davanti alla libreria e ho rimesso a posto un Tondelli con altri Tondelli, Conrad insieme ai Conrad, Primo Levi insieme a tutti i Primo Levi e poi mi sono fermato con l’occhio, paziente, di fronte a Calvino. Io guardavo lui e lui guardava me, in ordine, senza nessun volume mancante. E da quanto tempo è che non leggo una pagina di Italo Calvino? Da quanto tempo è che non mi rivolgo a lui? E li ho fatti scorrere tutti, i suoi titoli, e mentre li scorrevo sapevo che il mio amore, su tutti, andava a un libro rilegato e consumato anni prima: I libri degli altri. E come è possibile, mi sono chiesto l’altra sera, che tra tutti ami proprio quella raccolta di lettere scritte da Calvino? Il barone rampante non è forse un romanzo eccezionale? E sui Sentieri dei nidi di ragno non ho forse mosso tante volte i muscoli della faccia? 


Sì, grandi libri, ma I libri degli altri è il libro che mi sembra di avere sempre in tasca, il volume che mi ha insegnato a stare in fila, a tenere la schiena dritta, a saper prendere le giuste distanze dalle cose del mondo, a dare giudizi nella maniera meno sgangherata possibile. In camera mia, accanto alla scrivania, ho attaccata al muro una piccola bacheca, dove appiccico fotografie, appunti, frasi e altre cose. Da anni c’è, fissato con una puntina, un foglietto e sul foglietto tratto da I libri degli altri, una breve risposta di Italo Calvino a Franco Fortini:

A Franco Fortini, Milano

15 gennaio 1953

Caro Fortini,
allora va bene 250.000. Einaudi è d’accordo.
Attendiamo il giudizio su Hauser.
Quanto all’intelligenza, io non diffido d’essa, sta’ tranquillo, diffido del suo alienarsi e girare a vuoto, dell’intelligenza parziale (che è altra cosa da quella specializzata). Dove trovo intelligenza integrata, allora tocco i miei rari e fugaci momenti d’entusiasmo. Ciao,

Calvino

Ecco, una risposta, breve, a una lettera di Franco Fortini su questioni editoriali. E ce ne sono tante di risposte così. Insomma, nel libro c’è tutta l’intelligenza dello scrittore senza artifici retorici, senza strategie letterarie. Per questo ho amato quel libro. Così l’altra sera ho preso il libro e l’ho aperto. E ho trovato sabbia. Ho guardato fuori dalla finestra la luce residua che se ne stava andando dal quartiere e mi sono ricordato che quel libro di Calvino lo lessi tutto in Sicilia, ospite di un amico, in una piccola casa vicino a una spiaggia del sud dell’isola. E ho ripensato, in piedi, con il libro squadernato in mano, al sole, al mare, alla sabbia, alla pelle abbronzata, agli amici che non vedo oramai da anni, alle serate d’agosto che non mi appartengono più. 

C’era tanta sabbia, in quel libro. Sabbia finita lì tra una lettura e un bagno in mare. Ho richiuso il libro e l’ho rimesso tra gli altri. “Questo libro è quello che preferisco per l’intelligenza e l’arguzia dello scrittore”, ho pensato. Non per il mare, non per il sole, non per i mesi calpestati con l’energia di chi pensava che ci sarebbero stati altri mari, altri soli, altri amici, altri mesi d’abbracciare con furia ed entusiasmo. Non per questo. Non per la sabbia. Sabbia rimasta tra le pagine di un libro e ora un poco sulle dita. Sabbia che ritorna.

3 commenti:

  1. Questo post ha un profumo stagionale che insieme al ricordo di un' insperata felicità mi chiude lo stomaco. Calvino s' intreccia così anche con la mia vita, un' intelligenza ordinata, felice e preziosa. Post molto bello ed emozionante. Stefano.

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  2. Scrivi post meravigliosi, per la sensibilità, la passione e anche la grande abilità nella scrittura stessa.
    Complimenti vivissimi: alcuni tuoi post sono vere e proprie poesie, belle naturalmente.

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)