venerdì 4 novembre 2011

Di chi è la colpa? Mia, tua o sua?

del Disagiato

Riassumo brevemente. Romano Montroni più di un mese fa ha scritto un articolo (che non trovo, per incapacità mia, su Repubblica ma qui) dicendo che le librerie rischiano di marcire non per colpa degli sconti ma per colpa dei librai incompetenti. Il blog le memorie di un libraio qualche giorno fa ha risposto a questo articolo sottolineando invece che di libri se ne vendono pochi non per l’incapacità del libraio ma per la pessima qualità dei libri. “Quindi né sconti né bravi librai, semplicemente buoni libri. E forse qualche editore dovrebbe farsi un esame di coscienza”, conclude il post.

Di libri belli ne vorrei anch’io, vista la grande quantità di prodotti editoriali studiati a tavolino. Però c’è da dire che le librerie, oggi, vivono essenzialmente grazie ai prodotti editoriali studiati a tavolino. Ci sono delle eccezioni, ne sono sicuro, ma l’andazzo nella libraria dove lavoro è quello che vi ho appena detto. Quali sono in questo momento i libri programmati per vendere e non per scuotere le coscienze? Il libro (libri) di Benedetta Parodi, di Bruno Vespa, di Sophie Kinsella, di Paolo Fox e, vi sembrerà strano, anche quello di Federico Rampini e di Alessandro Baricco. Come certi film, anche questo sono libri studiati per il periodo prenatalizio e natalizio. Sono libri da comprare e impacchettare. Fabio Volo invece no? Fabio Volo invece no, per me. In questo caso dovremmo fare un discorso sociologico ben diverso (temo che vi parlerò di Fabio Volo fino a febbraio e temo che per questo perderò parecchi lettori). Se gli editori dovessero farsi un esame di coscienza, inizierebbero a pubblicare buoni libri? A proposito, quali sono i buoni libri? No, perché secondo un mio amico abbastanza critico verso la civiltà dei consumi, la globalizzazione e verso la narrativa, per intenderci, alla Kinsella, buoni libri sono quelli di Chuck Palahniuk. Ecco, per me no, invece. Ma per lui sì. Quindi su questo concetto potremmo scendere in strada e fare a cazzotti.

A proposito dei librai, invece, vorrei fare un esempio. La settimana scorsa un signore mi ha chiesto “Gioventù Cannibale”. Gli ho risposto che il libro non c’era. Ma gli ho anche detto che quel libro è un’antologia di parecchi anni fa (1996) e che in negozio avevamo i libri di quegli autori che compaiono nella antologia. Così gli ho indicato un libro di Aldo Nove, che anni fa lessi tantissimo, e uno di Nicolò Ammaniti, che ho letto pochissimo. Ho indicato questi autori perché li conosco, perché li ho letti, perché la mia curiosità, anni fa, li ha toccati o sfiorati. Per modestia non dico che questa è competenza, ma quasi. Insomma, il cliente è uscito dal negozio spendendo venti euro più o meno. Non è finita qua. L’altro ieri il signore è tornato dicendomi che il libro di Nicolò Ammaniti gli è piaciuto mentre quello di Aldo Nove no. E mi ha chiesto ancora un dritta, un consiglio. E io, dopo aver confrontato un pochino i nostri gusti, gli ho consigliato un romanzo di Tiziano Sclavi. E lui ha comprato il romanzo Tiziano Sclavi dicendomi “Ti farò sapere”. Magari, per delusione o per altri motivi, il cliente non tornerà più, ma questo fa parte del mestiere.

Ecco, questo per dirvi che un libraio che in vita sua ha letto un numero anche discreto di libri o anche un libraio che sa muoversi tra i libri (scusate la brutta espressione ma era per intenderci) può raddrizzare la schiena di una libreria. Può fare qualcosa, insomma. A differenza di Romano Montroni io sostengo che i librai, soprattutto nei centri commerciali, non sono incompetenti (formazione per i librai?) ma inconcludenti. I librai devono fare talmente tante cose all’interno di una libreria, che non hanno più la forza per consigliare, dire, segnalare, sottolineare e sconsigliare. E vendere libri significa anche consigliare, dire, sconsigliare e segnalare.

Ma non basta. Anche se tutti i librai fossero bravi librai (competenti e acculturati e curiosi e spigliati e brillanti) le librerie dovrebbero comunque affrontare altri mille ostacoli (gli sconti bassi, internet, la gente che legge poco e guarda il Grande Fratello, il traffico per arrivare in libreria). Quello che penso io è che il libraio che conosce gli autori che stanno immobili sugli scaffali è un bravo libraio. E un bravo libraio, che deve vendere libri e basta, vende più libri di un cattivo libraio. Per me.

                                                                 ***

Ci sono tanti libri belli o leggibili, in commercio, solo che sono sommersi. Basta saperli scovare. Basta leggere i libri.

23 commenti:

  1. A proposito, quali sono i buoni libri? No, perché secondo un mio amico abbastanza critico verso la civiltà dei consumi, la globalizzazione e verso la narrativa, per intenderci, alla Kinsella, buoni libri sono quelli di Chuck Palahniuk. Ecco, per me no, invece. Ma per lui sì. Quindi su questo concetto potemmo scendere in strada e fare a cazzotti. clap clap :)(non solo a 'sta frase, ovviamente)

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  2. "libri se ne vendono pochi [...] per la pessima qualità dei libri."

    Tipica frase per scatenare un flame. Io non sono molto d'accordo. Però questa affermazione è simile a quanto dichiarato da David Foster Wallace. Era convinto infatti che si leggesse meno (anche) per responsabilità degli autori che non riescono ad avvicinare i lettori. Secondo lui ci sarebbe voluto un impegno in tal senso da parte della nuova generazione di scrittori.

    Chuck Palahniuk? OK, forse si va nel campo del de gustibus, ma i primi romanzi colpivano ("Invisible monsters", "Fight club", "Survivor" e magari "Soffocare"), come una sorta di Don De Lillo più cattivo (e accattivante). Poi ritengo abbia perso originalità e idee, non so.

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  3. qual è il problema dei libri programmati per vendere e non per scuotere le coscienze? (che poi nemmeno I Promessi Sposi scuotono le coscienze)

    Per quel che mi riguarda, se uno compra i libri programmati per vendere non è che se non ci fossero allora comprerebbe altri libri, quindi non vedo un grosso problema.

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  4. "se uno compra i libri programmati per vendere non è che se non ci fossero allora comprerebbe altri libri"

    Quoto .mau.

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  5. Io penso che il lettore abbia il diritto di leggere anche libri brutti. Anche quelli di Fabio Volo e di Vespa. Anche quelli noiosi, come qualche grande classico. Anche quelli scritti male.

    I tuoi clienti, invece, mi sembra che in genere non leggano nulla, non parlano di libri con i loro simili, nemmeno a scuola, e non facciano nessun tipo di ricerca o scelta. Non siano interessati a quello che leggono. Stendhal lo si trova in ogni antologia dopo le elementari. Il Vangelo è best seller mondiale dall'epoca dell'invenzione della stampa. Non è possibile che si chiedano certe cose al libraio. Vuol dire che nelle case di questi tipi di clienti i libri fanno da soprammobile o siano gli unici letti. Con questi clienti non si può creare nessun tipo di mercato. Anche con i clienti monoautorali è impossibile creare un mercato sostenibile. A parte qualche grafomane, in genere il più ispirato e aiutato degli autori sforna un libro all'anno. Può vivere una libreria vendendo un autore all'anno? Non credo. (Infatti gli autori che vanno di moda stanno tutti su un piccolo scaffale di un qualsiasi supermercato) Forse fa qualche affare un centro commerciale che vende anche altro, non una libreria.

    I clienti che tengono in piedi la tua libreria sono quelli che leggono tanto e leggono tutto. Che parlano di quello che leggono. Che non ti chiedono nessun consiglio, perché si sono già informati prima o perché stanno cusiosando e non hanno bisogno di consigli.

    I clienti di libri sono molto particolari. Non basta il libro scritto a tavolino, lo sconto, il parcheggio, l'e-book o il libraio bravo e bello. Ci vuole il cliente curioso: è l'unico che legge sempre e legge tutto.

    Quanto sia difficile crescere un cliente curioso di libri te lo può raccontare lo Scorfano.
    ilcomizietto

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  6. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  7. Io considero i libri compagni di viaggio quotidiani.
    Quando vado in libreria non sempre ho le idee chiare. Spesso mi aggiro tra i vari corridoi e leggo titoli e autori. Mi documento un pò sulla storia e poi scelgo quello che il mio stato d'animo mi consiglia. Non scelgo in base allo spessore di un autore, ma alla storia che può toccarmi o meno. Quando so che emozioni e che argomenti voglio toccare con la mente, le espongo al mio libraio di fiducia e lui sa quasi sempre indicarmi il libro ideale.
    Seppur un libro sia scritto male e abbia una storia banale, potrebbe farmi compagnia più di uno che affronta tematiche di un certo livello e scritte in modo impeccabile.
    I libri sono come gli amici. A volte usciamo con gente che ci fa semplicemente ridere e non ci da altro, perchè sentiamo il bisogno di passare del tempo così; altre volte si ha voglia di una serata con gente che sa trasmetterci valori, cultura e alto stile...
    Per tale ragione non mi sento di criticare chi sceglie libri della Kinsella o di Volo, critico il lettore che non compra un libro seguendo le proprie emozioni o il consiglio di chi sa indicarci il libro che meglio le rappresenti, ma si lascia condizionare dalla pubblicità del momento.
    Pensiero personale :)

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  8. Ci sta tutto, come ho scritto anche nel post che avevate segnalato qualche tempo fa. Ed è tutto ineccepibile. Resta il fatto che, come ricordava anche qualche commento prima di me, ci sono lettori che sanno scegliere, e che amerebbero avere tutto, perché sanno che da tutto traggono soddisfazione e giovamento: i buoni libri, i bravi librari, Amazon e gli sconti, la carta e gli e-book. Eliminare per legge una di queste possibilità perché si rivela concorrenziale significa drogare il mercato con un calmiere al contrario. E non colpisce chi non legge, o legge a cazzo, ma chi legge, e usava Amazon e continuava ad andare dai librai.
    Poi, per carità, chi legge se la cava lo stesso. E sicuramente si può vivere splendidamente macinando lo stesso numero di pagine di sempre, e senza per questo comprare più un solo volume in Italia o italiano...

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  9. Credo sia un problema complesso. Immagino che il libraio sia l'ultimo anello di una catena assai più lunga ed articolata. E anelli ne sono la famiglia, la scuola, i media, la politica di un paese, la capacità di fare cultura in senso lato, insomma tutto quello che nel corso della nostra vita contribuisce a fare di noi dei lettori consapevoli, critici, capaci di scegliere ai limiti anche di leggere "cagate". Concordo in parte con Ayame, sebbene Volo o Kinsella non potrei farcela, tanto quanto i cinepanettoni. Ma magari è solo una posizione radical chic. Non credo. Saluti :)

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  10. SpeakeeMuto
    La mia era un'opinione personalissima, ovviamente. Era per dire che il concetto di "buon libro" è assai elastico e discutibile.

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  11. .mau.
    Se non ci fossero i libri vendutissimi, magari un cliente chiederebbe consiglio o proverebbe altre strade. Ripeto: magari.

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  12. ilcomizietto
    I clienti o i lettori hanno tutti i diritti di questo mondo, ci mancherebbe.

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  13. a me garba moltissimo quando il mio amico libraio mi suggerisce qualche titolo. è un servizio, uno scambio, se i gusti non coincidono non fa nulla si crea comunque una complicità, una confidenza. e la volta successiva io sceglierò di certo quella libreria anzichè un'altra. p.s. il mio amico libraio sicuramente mi ama per il considerevole apporto finanziario con cui contribuisco a finanziare i suoi datori di lavoro, ciononostante una volta beccandomi con una kinsella alla cassa ha sbarrato gli occhi e con una punta di orrore nella voce mi ha detto "ma leggi anche la kinsella??" io ho sorriso e mi sono costituita.

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  14. A me manca, invece, un negozio di dischi della mia città. E capisco benissimo cosa intendi.

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  15. ma dici a me? (cit.)
    col libraio di cui sopra si discute più di musica che di libri, tu pensa te.

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  16. “Quello che penso io è che il libraio che conosce gli autori che stanno immobili sugli scaffali è un bravo libraio. E un bravo libraio, che deve vendere libri e basta, vende più libri di un cattivo libraio. Per me.”

    Ed anche per me. Ho iniziato a comprare su IBS un paio di anni fa, spostandomi poi su Amazon perché gli sconti erano migliori. Ho smesso di comprare in libreria anche quando la Feltrinelli proponeva sconti interessanti. Perché? Perché per motivi “logistici” non ho mai avuto una libreria di riferimento. Ho sempre acquistato un po’ dove capitava. Quindi non posso attribuire colpe al cattivo libraio. Certo però che se nella microlibreria del centro commerciale a 100 metri dal mio ufficio ci fosse un buon libraio al posto delle due ragazzette che ti guardano imbambolate ogni volta che chiedi loro qualcosa, forse qualche libro in più l’avrei acquistato. Forse il lettore che legge un blog come questo, scritto da chi ama i libri, ha l’istinto di acquistare subito il libro proposto, aprendo una nuova finestra e cliccando su Amazon, Bol, Abebooks… e riempire il carrello. E in fondo è un po’ come acquistare in libreria su suggerimento del buon libraio, solo che guadagna qualcun altro…

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  17. no no no valigiesogni! e poi no. è vero, io sò antica, però rifuggo l'acquisto onlain. le librerie per me sono posti sacri, ci si va quando sono quasi vuote, non si parla ad alta voce, nè al cell (OBBROBRIO!), si vaga e si sfoglia, si guarda, si leggono i risvolti, si valutano le copertine. e quando alfine si è scelto, dopo un gran bel tempo, si prende il secondo o il terzo libro della pila, mai il primo. perchè esso potrebbe avere una righetta, una piegolina, una ciancicatura.
    si, ce lo so, sono malata.

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  18. pochi giorni fa, montroni ha presentato fabio volo all'ambasciatori, era in brodo di giuggiole,basta vedere le foto qui:
    http://corrieredibologna.corriere.it/bologna/notizie/cultura/2011/20-ottobre-2011/fabio-volo-sold-out-pubblico-femminile-ambasciatori-1901883539008.shtml
    ecco, pensare che uno con la storia di montroni esclami un "fantastico!" di giubilo dopo aver letto un paragrafo del romanzo di fabiovolo fa accapponare la pelle. Che sia la sua visione del libraio competente?
    Huckleberry Finn

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  19. Stefania: se tu sei malata, allora hai descritto alla perfezione anche la mia patologia: e soprattutto, mai prenderei il primo libro della pila per le tue medesime motivazioni. E guardo malissimo quelli che mi girano intorno parlando al cellulare ad alta voce (che strana forma poco investigata, quella che obbliga chi conversa al cellulare a passeggiare compulsivamente seguendo traiettorie spezzettate) :-)
    robxyz

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  20. disagiato, non sapevo bene dove postare il commento-richiesta, quindi l'ho scritto qui. Ecco:oggi ero in libreria e tra i libri messi piu in evidenza c' erano "le ricette di benedetta","le prime luci del mattino" di fabio volo, "i pesci non chiudono gli occhi" di erri de luca e poi mi ha suscitato molta curiosità "bianca come il latte, rossa come il sangue", di non ricordo quale autore, sebbene non fosse ben esposto. quello che volevo chiederti, se puoi, è un parere sugli ultimi due titoli, visto che dei primi due immagino quale sia la tua opinione :) grazie in anticipo

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  21. Non ho letto i due libri che mi chiedi, però Erri De Luca è, secondo me , il narratore italiano più bravo del momento (di lui ho letto quasi tutto il resto).

    Dei primi due io non penso niente, davvero. Non penso male né di Fabio Volo, né di Benedetta Parodi (che non vedo perchè dovrei detestare). Mi infastidisce il clima da stadio davanti a questi due autori. Ecco, questo sì.

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  22. certo intendevo questo, anche perchè non penso che benedetta parodi abbia la pretesa di fare un bel libro, al massimo un bel ricettario. grazie

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)