Caro Ludovico, mi dispiace.
Mi dispiace molto, ma mi sa che non ne sono mica capace. Tutti gli anni, ogni volta che so che mi capiterai tu, con le tue ottave e le tue storie incredibili (castelli magici, cavalli alati, anelli prodigiosi, furie improvvise), tutti gli anni mi dico che questa volta sarà diverso e ce la farò. E invece poi, passano le mattine, io ci provo, io ci metto davvero tutta la mia energia e la mia attenzione, ma del tuo poema, ogni volta, mi pare che non resti niente. E che ai ragazzi, nel complesso, faccia schifo.
Eppure io, il tuo poema, l'Orlando furioso, caro Ludovico Ariosto, io l'ho sempre amato tantissimo, fin dalla prima volta che l'ho letto, a vent'anni. E poi ho continuato ad amarlo e a pensarlo come uno dei massimi vertici delle letteratura di sempre e di ovunque, senza dubbio, senza mai esitare. Perché questa tua idea della realtà che è un labirinto insensato, e quindi di un poema che la racconta facendosi esso stesso labirinto insensato di storie e di amori e di follia, e quindi del primo canto del tuo poema che è anch'esso un labirinto che rispecchia tutto il poema e quindi tutta la realtà, e di quella selva che è il luogo in cui già nel primo canto si incontrano tutti i personaggi del poema, selva che a sua volta è un labirinto in cui si incrociano le vicende di uomini e donne che vagano tutti alla ricerca di qualcosa che non troveranno...
E questa ricerca insensata, infatti, questo ossessivo rincorrere un desiderio, che è tipica dei tuoi personaggi ma è anche nostra, questo affannarsi continuo, credendo di avere una meta senza mai, in realtà, averla, pensando di avere uno scopo mentre lo scopo alla fine è soltanto l'affanno, la rincorsa, la guerra per avere qualcosa che non ci farà felici, finché non ci accorgiamo che siamo felici di quello che già abbiamo, ma poi lo perdiamo e ricominciamo, quei tuoi personaggi come burattini, marionette mosse dai fili di un prestigiatore visibile e straordinario come sei stato tu, i tuoi personaggi come noi, bruciati dal desiderio, resi folli dalla brama di qualcosa che continuiamo a non sapere cosa sia...
Ecco, tutto questo io provo a dirlo: ma, mi dispiace, caro Ludovico, non ci riesco mai.
I ragazzi stanno bravi e silenziosi, ascoltano, forse ci provano anche. Ma non passa niente, caro Ludovico. Restano pezzi di canto antologizzati sulla storia della letteratura, interminabili analisi di testo di cui alla fine non so che farmi, resta il senso di vuoto di un'opera che non sono mai capace a far parlare e a rendere viva; o almeno questo mi sembra sempre che resti, niente altro che questo. Del tuo Orlando furioso, di un'opera che ho amato (e che amo) così tanto.
È colpa mia, Ludovico? Penso di sì. E però è anche colpa tua e del tuo poema, caro Ludovico. Che è bellissimo, ma che non si può leggere a pezzi, ecco qual è il guaio. Vale anche per gli altri, lo so: vale anche per Dante e per Tasso, per esempio. Ma per il tuo poema, per questo capolavoro di equilibrismo tra l'ironia e la disperazione, vale ancora di più. Bisognerebbe forse soltanto prenderlo tutto, aprire la prima pagina e cominciare a leggere, senza fare nient'altro. Leggerlo, e basta. E seguire il ritmo della tua ottava, seguire l'onda delle vicende prodigiose e dei personaggi sempre di corsa, abbandonarsi soltanto al racconto mirabolante e caleidoscopico. Bisognerebbe fare questo, caro Ludovico: ma a scuola non si può, non c'è il tempo, non si fa. Si leggono pezzi e analisi di pezzi. E poi si passa ad altro, e ci si dimentica.
Mi dispiace molto, caro Ludovico: ma tu e il tuo poema siete la letteratura meno adatta alla scuola che io conosca, in assoluto. Mi dispiace per te, che non lo meriti; per me, che faccio tanta inutile fatica; mi dispiace per i ragazzi, che non apprezzeranno mai la tua inimitabile scrittura. Ma forse, ed è questo che mi illudo che tu stia per dirmi, forse questo fallimento di cui mi dispiaccio è la cosa che più assomiglia al tuo poema e ai suoi lunghi inseguimenti senza senso. Forse anche il mio inutile e piccolo fallimento è nient'altro che uno specchio del labirinto che è il tuo poema che è nient'altro che uno specchio della realtà. Forse è così. E, caro Ludovico, non so se sperare di no, o di sì.
ebbè, guarda italo calvino, che per raccontarlo ce ne ha fatto un altro libro
RispondiElimina"Eppure io, il tuo poema, l'Orlando furioso, caro Ludovico Ariosto, io l'ho sempre amato tantissimo, fin dalla prima volta che l'ho letto, a vent'anni." Forse l'inghippo sta qui. Tu l'hai letto per la prima volta a vent'anni, lungo un percorso che avevi scelto perchè ti piaceva la letteratura. Non a 16 mentre sognavi di fare l'ingegnere.
RispondiEliminaPer il resto sono sicura che chi, tra i tuoi studenti, sceglierà di approfondire proprio la letteratura, saprà ripescare le tue lezioni che adesso ti sembrano tanto inutili.
Credo che si chiami seminare.
(oggi sto parlando decisamente troppo, la smetto subito, eh)
Carmelo Bene, contrario all'istruzione obbligatoria, diceva che, a scuola, il primo verso della poesia "L'infinito" di Leopardi è
RispondiElimina"Questa collina mi è sempre piaciuta". E diceva anche bisogna essere all'altezza dei capolavori. lavoro duro, soprattutto lungo, ancor di più per adolescenti, cui la cultura pop propone i cinepanettoni o "I soliti idioti", quando una volta anche le masse illetterate ridevano con la crudeltà e la finezza di Monicelli, Scola, Risi. La condizione del bravo insegnante sembra aporetica: in due ore devo riuscire a sintetizzare (farci star dentro, dice qualcuno!) tutto Ariosto. Un lavoro blasfemo. Non è colpa del docente, ma della cornice all'interno della quale è costretto a schematizzare, facilitare, spezzettare (senza mai banalizzare). Ma occorre accettare la sfida, dare a tutti la possibilità di fare quel cammino arduo dal semplice al complesso, senza far mai dimenticare che il bello della scalata sta nell'arrivare in cima, nel respirare l'ossigeno puro della conoscenza.
@frank
RispondiEliminaLo so; e mi consolo di quella ottima compagnia, infatti. ;)
Poi magari parti dalla fine, perché il bello del Furioso è che sappiamo già come va a finire. Sappiamo che a un matrimonio da "happy ending" succederà una morte tragica. Sappiamo che Orlando tornerà ad essere un eroe di carta, sappiamo da Rinaldo (e quella parte, ti prego, falla) che alle imprese bisogna anche saper rinunciare e che la ricerca della verità non deve essere manichea e che saper vivere vuol dire anche non essere sempre perfetti.
RispondiEliminaIo partirei dalla fine...
@francaB e pisacane
RispondiEliminaDite cose non dissimili e so cheavete del tutto ragione voi... (me continuo a illudermi ogni anno, che volete farci...) ;)
stai scherzando, vero scorf? io ricordo la lettura (super-antologica, naturalmente) dell'OF come uno dei miei più grandi successi in una terribile seconda media di qualche anno fa: i ragazzi erano incantati dall'ottava ("prof, questo è meglio del rap!" disse uno) e entusiasti della follìa di Orlando!
RispondiElimina@lanoisette
RispondiEliminaNon scherzo affatto: vedi è che sono proprio io, che non ci riesco...
stesso problema. l'anno scorso ho insistito un po'. stavolta no. un pizzichino di Angelica, Astolfo sulla luna e via di corsa verso la razionalità del Principe. tutti più contenti (tranne me). ma vorrei un perché.
RispondiEliminaNon lo so, forse non c'è un perché. Oggi i miei alunni mi hanno detto che è "troppo vicino" a loro, che non gli sembra che dica "novità". Ma è una spiegazione che non mi basta...
RispondiEliminap.s. il tuo perché è splendido, leggerti, te lo voglio ripetere è già un perché
RispondiEliminaQuanto amore in questo post!
RispondiElimina@Farfy*
RispondiEliminaSì, amore per Ariosto, devo ammetterlo, sì.
Ci tengo a precisare che ho solamente la seconda Elementare
RispondiEliminaE poca dimestichezza con le parole
scrivo quello che penso senza pretese
cercando di raccontare esperienze fatte
nell'arco della vita
giuste ho sbagliate che siano
ripudiando ogni forma di violenza
in quanto alla Storia io lo appresa dal libro della vita
Cercando di descriverla con le parole di un ignorante di 73 anni
verità semplici non le verità taroccate dei Politologi
che scrivendo falsità nascondono i fatti realmente accaduti
creando ignoranza.
Come possono raccontare la realtà che in gran parte non anno vissuto col sentito dire ?
come avveniva nei racconti degli Eroi della Mitologia man mano che venivano raccontate
si amplificavano tanto da sembrare novelle più che Storia da tramandare ai posteri.
Per quanto riguarda la Storia più recente potreste chiedere ai sopravissuti del ( ventennio fascista e della seconda ( Guerra Mondiale )
confrontando lo scritto col raccontato
conoscereste la vera Storia vissuta dal Popolo
un consiglio ricercatela nel basso ceto sarà la più vicina alla realtà .
Altrimenti dalle Falsità verrà scritta una nuova ODISSEA
per questo io bandisco la falsità ,, crea solo ignoranza,, l’ignoranza crea violenza,, e danni al Popolo.
ho lavorato per 18 anni alla stazione di ( S .M .N) e ciò che descrivo nel post è verità
Anime sospese
le ho viste aggirarsi in tutte le stazioni
in cerca della loro identità perduta
vita vissuta ai margini della dignità imposta da una società malata
Priva di amore verso i più umili che stanchi di lottare si sono arresi
assistendo impassibili alla vita che non gli appartiene più
Vita ricercata nella folla frettolosa schiava del tempo che passa veloce
come fossero automi taluni offrono una moneta
tenendo in vita queste anime sospese condannate a fare da specchio a tutta l’umanità.
( A. VITTORIO)