sabato 26 novembre 2011

Sei anni più o meno

del Disagiato

Una mia collega non c'è più, cioè nel senso che ha presentato le dimissioni, che ci ha salutati tutti quanti e che è andata a guadagnarsi la pagnotta in altro modo. Nei negozi del centro commerciale tutti i giorni c’è gente che riempie gli scatoloni e che se ne va lontano. Per sempre. Allora arrivano facce e atteggiamenti nuovi e via che la giostra ricomincia a girare con i suoi arrivi e con le sue partenze. In tutti i posti di lavoro è così o sbaglio? Quando sei anni fa circa pure io cominciai a vendere libri pensavo che presto me ne sarei andato. “Lavoro per pagarmi gli studi”, pensai il giorno in cui feci il colloquio di lavoro. “Guadagno qualche soldo mentre cerco la strategia giusta da utilizzare là fuori, nel mondo”. Poi il tempo e la pigrizia mi hanno fatto dimenticare che stavo cercando una strategia (e cosa diavolo è una strategia?), poi sono andato a vivere da solo, poi ho smesso di studiare, poi ho cominciato a spingere carrelli all’Esselunga ed eccomi qua a contare gli anni che mi stanno alle spalle: sei anni, più o meno. E intanto molti altri, che erano entrati con me nella mischia del centro commerciale, se ne sono andati per mettere in pratica teorie che avevano in mente da anni.

E questi a volte (ultimamente moltissime volte) passano davanti alla libreria per farmi ciao ciao con la manina o entrano per dirmi che alla fine si sono laureati, che viaggiano molto, che guadagnano più di prima, che si sono sposati e per dirmi che, insomma, là fuori il mondo non è proprio così bello ma comunque meglio del centro commerciale. “Madonna”, mi dicono, “tu è da sei anni che sei qua”. “Più o meno”, rispondo io. E questa cosa me la dicono, non so se avete presente, alzando il labbro superiore, digrignando un po’ i denti, spalancando gli occhi, come se mi stessero dicendo “guarda che hai una spaventosa cacca di uccello sulla spalla”. Ecco, me lo dicono in questo modo. E io allora faccio la faccia acquosa, priva di espressione e dico “Eh, sai com’è…”. Già, sai com’è, non ricordo più quale strategia avevo in mente. Ero venuto qui per attaccare la vita a morsi e invece mi sono ritrovato a nascondermi dietro i pali.

L’altro ieri un’amica ha cominciato a lavorare in uno dei tanti centri commerciali di Brescia e mentre attorno a noi c’era gente che rideva e si divertiva (eravamo in un locale davvero troppo elegante per i miei gusti) e aveva moltissime cose da dirsi, lei mi ha detto: “Che tristezza il centro commerciale. Anche tu è da tanto che lavori in libreria o sbaglio?”. E dopo avermi chiesto questa cosa si è messa a fissare tutta quella gente che rideva e si divertiva. “Eh, sai com’è”, le ho detto incapace di aggiungere altro. Allora, come una piccola ossessione, mi sono messo ancora a pensare alle strategie perse per strada, ai buchi nella rete che è da tanto di quel tempo che ho smesso di cercare. E intanto io e lei guardavamo tutta quella gente scappata dal recinto, allegra, sorridente, pettinata bene. Da sei anni più o meno che sono lì, mi sono detto di nuovo. E ho dimenticato le mie strategie, ho perso di vista i buchi attraverso i quali si può andare di là. Di là dove? Cosa c’è di là? Boh, non lo so cosa c’è di là.

Adesso però devo spegnere il computer, vestirmi e andare, come faccio da sei più o meno, in negozio, altrimenti mi telefonano per chiedere il motivo del mio ritardo. E a me non piace arrivare in ritardo.

14 commenti:

  1. eppure a me l'idea di fare il libraio piacerebbe: essere circondato di libri, consigliare e parlare di scrittori e racconti, avere contatto con molte persone capitate in libreria per i più svariati motivi ... infine, il libraio è forse il negoziante di cui mi fido di più :)

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  2. Magari la tua visione è un po' troppo idealizzata, credimi, ma diciamo che fortunatamente anche a me il lavoro piace.

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  3. Beh, se il lavoro ti piace, è già un passo verso la serenità .
    Poi (per quello che vale la mia opinione) io credo che tu abbia ottimi motivi per non sentirti parte di quella folla fintosorridente che ti circonda.
    E poi (anche se sono sicuro che non lo vuoi ammettere perchè sei troppo gentile con il resto dell'umanità) in fondo in fondo sentirsi migliore di tanti altri aiuta....

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  4. A me è piaciuta molto l'idea della faccia acquosa. Anche io vorrei imparare a farla; mi insegni?

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  5. Ecco, a volte, nonostante gli sforzi e il fair play, si resta a guardare la vita dal di fuori, da uno di quei buchi, mentre gli altri la vivono. (A volte senza neanche un lavoro)
    Mi piacerebbe dirti che se ti va di fare altro, sei vuoi inseguire altri sogni, ti bastano coraggio, ambizione, tenacia per mettere a frutto le doti che certamente hai... ma la verità è che credo che ci voglia soprattutto tanta fortuna, chè senza di questa non si va molto lontano.
    (La gente però dice che un po' la fortuna va aiutata: cominciare a chiedersi cosa si vorrebbe fare e come poterlo fare è un inizio... Altrimenti restiamo "gente di Dublino" che guarda dai buchi gli altri che magari a Dublino ci vanno e vivono)
    Buona fortuna!
    'ana
    ohana

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  6. sapessi, arrivati alla mia, età che rete piena di buchi...
    ma ci si convive. :-))

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  7. Alle sei di sera è buio pesto ed io lo vedo.
    Alle sette di sera non c'è più in giro nessuno, figurati alle sette e trenta.
    Non mi capacito del fatto che il Lunedì i negozi del paese restano chiusi.
    Sono ancora disorientata.
    Lavoravo nel centro commerciale da nove anni, o poco più.

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  8. Però devi considerare che il tuo è un lavoro. E un lavoro non è solo quello che ti realizza o, almeno, ti piace. Un lavoro è anche qualcosa che fai per avere la tranquillità per poter fare altro, per coltivare le tue passioni. E non è poco.

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  9. Probabilmente, se anche riuscissi a ritrovare le vecchie "straegie", non ti soddisferebbe più riuscire ad attuarle. Cerca di costruirne di nuove: i sogni -o meglio- gli obiettivi, non hanno un limite d'età oltre il quale non si possono realizzare. E poi, anche se non riuscissi nel tuo intento, magari non avresti un nuovo lavoro, ma la faccia sorridente di chi svolge un lavoro abbastanza soddisfacente e una bella passione da coltivare.

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  10. "...i buchi attraverso i quali si può andare di là. Di là dove? Cosa c’è di là?..."
    Ci sono i locali troppo eleganti per i tuoi gusti. Gente che rideva e si divertiva. Ma si divertiva davvero? O rispondeva solo allo status che quei posti troppo eleganti, pieni solo di sorrisi stampati richiede?
    Secondo me ti sei risposto da solo.
    E solo perchè quella gente sorrideva ed era pettinata bene ti sembra più libera? Se tu ti sentivi poco ordinato in un posto così ti immagino molto più libero di loro.
    Elin

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  11. elin, io capisco bene il tuo commento e, non so perché, un poco mi viene da ringraziarti. Però più passa il tempo più mi viene da pensare che quelli (li chiamo così, visto che non so i loro nomi) si divertono più di me. Magari sono meno libri, non lo so, ma si divertono di più.

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  12. Per tirarti un po' su di morale, leggi cosa dice
    questa mia amica:

    http://letteredalucca.wordpress.com/2011/11/28/darwinismo-libresco/

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  13. è successo anche a me, ho cominciato un lavoro un po' per caso, mentre ancora volevo guardarmi un po' intorno. mi dissi che era temporaneo, che anche se non era per quello che mi ero laureata, se guadagnavo poco, mi aiutava a saltare il fosso della ricerca del primo impiego. poi il lavoro è durato nove anni. poi sono stata licenziata. e ora mi accorgo che tutto quel tempo è stato solo sprecato, perchè oggi non sono più quella che ero e non sono diventata niente nel frattempo. e la faccia acquosa è quella che faccio anche io, molto molto spesso.

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)