Quando arriva il bidello e pronuncia la sigla che identifica la classe in cui sono chiamato a fare un'ora imprevista di supplenza (indirizzo professionale, sedici anni in teoria, ma molti pluribocciati, in realtà), quella sigla provoca in me sensazioni sinistre. Acuite, peraltro, dallo sguardo malvagio del bidello medesimo, che infatti, dopo qualche secondo, passandomi il registro di classe, mi dice: «Ah, professore, che bella classe che le è capitata! Dei veri energumeni! Come si divertirà, vedrà...» E se ne va.
Io percorro i corridoi che mi separano dall'aula a cui sono destinato sbirciando il suddetto registro di classe. Le note coprono tutto, anche lo spazio per le assenze e le attività svolte. «Il tale ha sputato dalla finestra»; «Il talaltro ha ruttato durante la lezione»; «Il tal terzo ha risposto "fatti i cazzi tuoi" all'insegnante»; «Il tal quarto è uscito dall'aula alle ore 9.30 e dopo due ore non è ancora rientrato»; e via così, di settimana in settimana, di sospensione in sospensione, senza sosta. E quindi, mentre cammino lungo i tenebrosi corridoi, sento le braccia che mi tremano un po' e provo a respirare con calma e penso che i primi sessanta secondi saranno quelli decisivi. E, a quel punto, entro nella tanto spaventosa classe.
La prima cosa che vedo è un ragazzo che parla al telefono. Vado verso di lui. Allungo la mano, senza dire una parola, lui mi guarda con occhi interrogativi. A quel punto gli dico: «Consegnami il cellulare, per cortesia». Lui tira indietro la mano che impugna il telefono. Io insisto: «È la legge: non si telefona dall'aula scolastica. Consegnami il cellulare, per favore, se non vuoi che ti denunci» (sto mentendo, ovviamente). Lui, a quel punto, mi dà il cellulare, dicendo : «Cosa ne fa?» Io non gli rispondo. Smonto il cellulare, gli restituisco la scheda Sim, e solo dopo gli dico: «Lo porto in presidenza. Saranno i tuoi genitori che dovranno venire a prenderlo. Ora siediti».
Poi ne richiamo un altro paio: uno perché non si siede, l'altro perché è seduto ma con i piedi appoggiati al banco. Ho un cellulare smontato in mano e questo, me ne rendo conto, mi conferisce una certa autorità. Poi mi siedo anch'io. Compilo il registro mentre loro parlottano. Poi li guardo e dico: «Non avete niente da studiare?» Loro mi dicono «No». «Bene» dico io «allora vi parlo di un libro che vi piacerà moltissimo, se lo leggerete». Uno di loro mi dice: «A noi leggere fa schifo». Io dico: «È perché non avete mai letto questo libro... Lui vi farà cambiare idea».
E poi li guardo e sto zitto. Per circa un minuto, direi. Li guardo, giro tra i banchi, faccio segno a chi è stravaccato sulla sedia di mettersi composto, non dico niente. Finché uno di loro mi chiede: «E come si intitola questo libro?» Allora dico: «Nessuno qui regala niente a nessuno, cosa credete? Per sapere il titolo del libro, dovete risolvere un indovinello.». E quindi vado alla lavagna e disegno questa cosa qui (non so disegnare, lo ammetto subito):
[C'è un muro e ci sono quattro uomini, disposti così: uno da solo, gli altri tre dall'altra parte del muro. Il muro non ha finestre né buchi né specchi. Gli uomini hanno in testa due cappelli rossi e due neri. Tutti guardano verso il muro e sono immobilizzati. Non possono parlare né muovere gli occhi. Sanno che hanno in testa un cappello e sanno che i cappelli sono quattro, due rossi e due neri. Sanno che chi indovina il colore del suo proprio cappello avrà salva la vita (se dà una spiegazione razionale), mentre gli altri saranno uccisi. Chi di loro, dopo qualche secondo, può con certezza salvarsi?] [Valgono solo le soluzioni date dopo le 15.00; chi ci prova prima, e rovina il gioco, è un amico della Gelmini.]
I ragazzi hanno ascoltato l'indovinello. Qualcuno dice risposte a caso. Io dico che ci vuole una spiegazione motivata. Loro esitano. Poi a un certo punto, uno di loro mi dice: «Prof, questo indovinello è troppo difficile, è una cosa da liceo, non va bene per noi...»
E allora, figuratevi un po', davanti a quegli energumeni che stanno facendo impazzire tutto un istituto comprensivo di 1200 alunni e 150 docenti, io mi intenerisco. Li guardo e mi fanno tenerezza; li guardo e sorrido, per la prima volta da quando sono entrato. Mi sono simpatici. E poi dico: «Perché, credete che quelli del liceo siano più intelligenti di voi?» E loro non mi dicono niente. E io vado avanti: «Lasciatevelo dire da uno che li conosce bene: non sono più intelligenti di voi. Senz'altro studiano di più. Forse sono anche più determinati di voi. Ma è una scelta, no? Siete voi che avete scelto e scegliete tutti i giorni di non studiare, no?»
E poi non lo so, poi non mi ricordo bene cos'è successo. Abbiamo parlato del latino e delle altre materie del liceo. Loro mi hanno chiesto tante cose, io ho provato a rispondere. E poi, in questi giorni, ogni volta che ci incrociamo nell'intervallo mi salutano con entusiasmo, anche se a me continuano a fare un po' di paura, lo confesso. E intanto, mentre parlavamo d'altro, e il disegno degli uomini e dei cappelli era rimasto lì sulla lavagna, uno di loro ha dato un pugno sul banco e ha detto: «Ho capito la soluzione, prof». E me l'ha detta, ed era quella giusta. Io mi sono complimentato; ho detto il titolo del libro. Ho anche restituito il cellulare al ragazzo che telefonava quando ero entrato. Gli ho detto: «Rispetta le regole, dammi retta. È questo che distingue le persone perbene dalle altre, non il fatto di sapere il latino». E poi sono uscito e sono andato in quarta a spiegare Ariosto.
E mi è restato per voi il secondo indovinello: sbagliano dunque i miei colleghi, a considerarli degli energumeni senza speranza? Mentre in realtà sono bravi ragazzi, educati e pieni di potenzialità?
No, vi do subito la soluzione questa volta: non sbagliano per niente i miei colleghi. Perché un conto è un'ora di supplenza, un conto è un anno di lezioni. Un'ora in cui si entra e si fa un po' il duro e un po' il brillante non significa nulla. Non è lavoro, non è scuola: that's entertainment, altroché. E non ha nessun tipo di valore. E fatelo dunque sapere agli "esperti" che ogni tanto entrano nelle classi e poi raccontano di ragazzi attenti e disponibili e capaci di porre questioni intelligenti eccetera, mentre con i loro insegnanti si annoiano e sbadigliano. Fate loro sapere che quella non è scuola, è un'altra cosa: e che il fatto che loro, «esperti», non lo capiscano è un problema loro, non degli insegnanti. Ed è solo questo in realtà che, oggi, volevo dirvi.
(Ah certo, il libro...! Ecco, io non avevo assolutamente idea di quale titolo dire, onestamente. Per quello ho usato il trucco dell'indovinello: per prendere tempo. Poi, quando mi è toccato, ho citato un libro che forse farà sorridere qualcuno tra voi che ha buona memoria: ho detto loro che potevano, se volevano, leggere un libro di Michael Ende, che si intitola La storia infinita.)
(Se c'è del buono nelle cattedre a 18 ore è che diventa molto difficile fare supplenza ;-))
RispondiEliminaProf, sei un grande.
E mi hai ricordato di prendere un libro che mi servirà oggi in prima.
Qual è il titolo di questo libro?
Prof, sei un grande. :-)
RispondiEliminag
La storia infinita??? Quello che alla tua prof ricordava i tuoi temi?
RispondiEliminaP.S.: Prof mi hai fatto paura.
Perché un conto è un'ora di supplenza, un conto è un anno di lezioni.
RispondiEliminaSe tu non avessi aggiunto quella frase, avrei mandato qualche energumeno a picchiarti.
(ma gli omini non possono neppure googlare?)
@.mau. apposta il prof è un grande ! :-)
RispondiEliminag
E spiegami: perché la stessa classe con alcuni professori non si sente volare una mosca e con altre non si sente il proprio vicino di banco che urla qualcosa? Perché se è vero che fare i brillanti in una supplenza è facile, è anche vero che chi si ha davanti durante l'anno fa la differenza.
RispondiEliminaIn realtà mi dà fastidio che dici che è *solo* intrattenimento. Non è *solo* intrattenimento.
ilcomizietto
ma poi, alla fine, qualcuno l'avrà letto il libro?
RispondiElimina@ellegio
RispondiEliminaIn realtà, da noi, la situazione è un po' più complessa di così (delle 18 ore, intendo). Noi abbiamo tutti la cattdra di 18 ore; ma ne facciamo una diciannovesima, non pagata, in quanto le ore durano 55 minuti e recuperiamo così i 5 minuti regalati ogni volta. E a volte capita questo, quindi.
@mau
RispondiEliminaTutto il post l'ho scritto solo per arrivare a quella frase, naturalmente. Il resto pertiene al mio gusto un po' eccessivo per la narrazione...
(no, non possono googlare)
@speaker
RispondiEliminaIl libro è infatti quello. E perché ti farei un po' paura?
@frank
RispondiEliminaSicuramente no. ;)
Be' perché anche io in classe era un po' rumoroso (ma mai irrispettoso, sia chiaro). Mi sono visto al posto del "telefonatore".
RispondiEliminaMeno male che eri tu a temere loro, eh! ;^)
@il comizietto
RispondiEliminaDue questioni diverse.
La prima, più complessa: è vero che con alcuni prof c'è un comportamente e con altri un comportamento diverso. In realtà, se chiedi a me, ti rispondo che, in genere, è solo la paura che fa la differenza. I ragazzi stanno tranquilli se hanno paura di te, almeno all'inizio. Poi può anche subentrare ciò che qualcuno chiama il rispetto. Ma è una strada lunga, che richiede più di un anno di scuola.
La secopnda questione, più facile: nel caso di una supplenza con indovinello è solo intrattenimento. Nel caso di una classe a cui si fa lezione per un anno intero, be', non è più solo quello, naturalmente.
Io vado a dormire, vengo a leggere dopo le 15
RispondiElimina@Speaker
RispondiEliminaLa paura fa detta gesti estremi, spesso ;)
beh, chi ha letto il mio libro, anche se non trova esattamente quell'indovinello, sa come si risolve.
RispondiElimina@Thu'
RispondiEliminaMancano pochi minuti. Dormirai poco...
aggiungo un altro indovinello. Immaginiamo che chi sa il colore del proprio cappello lo dica ad alta voce, e poi sussurri al Demiurgo il suo ragionamento logico (per essere certi che il ragionamento sia effettivamente logico); quindi man mano gli omini hanno informazioni in più. In quanti possono salvarsi?
RispondiEliminaVabbè, dai: aspettiamo intanto la soluzione del primo. E io comincio a pensare anche al secondo...
RispondiEliminaLa prima e la seconda persona da sinistra non possono indovinare il colore del proprio cappello; la quarta persona da sinistra, se vedesse due cappelli uguali davanti a sè, direbbe "Il mio cappello è del colore opposto dei due cappelli che ho di fronte"; la terza persona da sinistra, poichè dopo poco pochissimo tempo non sente nessuno che parla, fa esattamente il ragionamento appena esposto, e pensa: "Se la persona che ho dietro non parla, significa che il colore del mio cappello è diverso da quello della persona che ho davanti. Percioò il colore del mio cappello è opposto a quello della persona che sta davanti a me." La terza persona da sinistra quindi indovina il colore del suo cappello.
RispondiEliminaBe', pattadesu, soluzione perfetta... Grazie.
RispondiEliminaIn quanto al corollario aggiunto da .mau., la mia risposta , dopo ampia riflessione, è: nessuno. (ma è ben noto che io sbaglio tutte queste cosa qua)
ho un consiglio di classe e purtroppo devo scappare, ma dopo un paio di cose te le dico...
RispondiEliminaadesso solo una: sei grande sco'!
l'omino col cappello rosso in mezzo agli altri due a destra del muro, per i motivi detti da pattadesu che è arrvato prima accidentaccio ma io lo sapevo, ecco
RispondiEliminabeh, se i due omini agli estremi avessero il loro cappello scambiato la situazione sarebbe esattamente la stessa per tutti, quindi evidentemente loro non potranno indovinare il colore del loro cappello.
RispondiEliminaResta da capire se il secondo omino da sinistra può avere sufficienti informazioni, sapendo che quello più a destra non ha saputo rispondere e il terzo da sinistra ha in seguito detto qual è il colore del proprio cappello.
Io sono d'accordo con il comizietto, anzi mi spingerei oltre.
RispondiEliminaSe con gli indovinelli si tiene viva l'attenzione dei ragazzi, allora la scuola deve essere fatta di indovinelli (il primo che non capisce il paradosso lo vengo a menare).
I nostri studenti sono disattivati per la maggior parte del tempo perche' la nostra e' una scuola piatta, mnemonica e, ancora, nozionistica. Quando i ragazzi vedranno del senso in quello che si fa, allora avremo la loro (almeno parziale) attenzione.
Pero' e' vero che l'ora di supplenza e' privilegiata (cmq tanto di cappello, Scorfano: non essere penitenziale). Solo una cosa mi chiedo (a costo di sembrare uno che fa le pulci ai colleghi): che senso ha mettere una nota ad uno che fa i rutti in classe o ha detto "fatti i cazzi tuoi" all'insegnante?
Anche presumendo che quello sia un cafone naturale (e che non sia stato provocato dai nostri perenni incazzamenti), uno cosi' lo smonti con un po' di ironia o in qualche altro modo.
Con la nota invece, soprattutto se lo strumento e' abusato, ti ritrovi con uno incazzato che ti risponde peggio e la prossima ti fa l'intera interrogazione con un solo singolo rutto (e gli devi pure mettere sette).
Noi invece cerchiamo lo scontro: non ci basta che non ruttino o siano volgari. Noi vogliamo che si sottomettano a noi. Neanche alla nostra autorita' (che e' giusto): a noi proprio.
La nota a quello che sputa e' sacrosanta, quella all'assente da due ore pura auto-tutela, invece...
Uqbal
Ah per la soluzione: se la quarta persona da sinistra e' un po' scemo, gli altri sono tutti morti...
RispondiEliminaUqbal
@.mau.
RispondiEliminaUn attimo, un attimo. Il secondo da sinistra può pensare che ha parlato il terzo e non il quarto. Se avesse parlato il quarto, evidentementre, era perché vedeva due cappelli dello stesso colore. Avendo parlato il terzo, i cappelli dovevano essere di due colori diversi. Per cui, se ho ben capito, anche lui (il secondo da sinistra) potrebbe avere informazioni sufficienti per dire: Nero! (visto che l'altro ha detto: Rosso).
Però, se è giusto, è perché sei bravo tu come maieutico, non io come allievo...
@uqbal ;)
RispondiEliminaEssendo lì a guardare un muro, mi sa che tutti sono un po' scemi... E quindi tutti morti...
@Uqbal
RispondiEliminaCerte note (come quelle a cui ti riferisci tu) servono in sostanza solo a motivare le sospensioni; in caso di ricorsi. E sono naturalmente frutto dell'esasperazione, questo è ovvio.
@scorfano: gli indovinelli mantengono sempre viva l'attenzione, vero?
RispondiElimina(sì, il tuo ragionamento è corretto)
p.s.: la parte più complicata da scoprire credo sia la dimostrazione che i due agli estremi non possono sapere nulla: o meglio, non è affatto difficile quando vedi la soluzione, ma richiede una certa forma mentis per arrivarci. Questo giusto per curiosità degli amanti degli indovinelli.
@.mau.
RispondiEliminaSì, gli indovinelli hanno il potere speciale di attrarre quasi tutti. E poi hanno il merito di costringere a guadare i problemi da un altro lato, da dietro, starei per dire. Il che serve assai anche in letteratura.
(E grazie per avermi portato alla soluzione)
l'indovinello stava su DICERIA DELL'UNTORE di Gesualdo Bufalino è vero?
RispondiEliminaOnestamente non ricordo: a me lo ha raccontato un amico. E l'ho risolto perché, appunto, avevo letto il libro di .mau. (nessun merito, neanche in questo ;) )
RispondiEliminano, stanne certo, il libro è quello, la mia era una domanda retorica.
RispondiElimina(la maieutica non funziona se uno non ha già la soluzione dentro di sé)
RispondiEliminael=jj
RispondiEliminaLeggervi è un vero piacere (prof e commentatori tutti).
RispondiEliminanon c'entra nulla (forse) ma di dodici anni passati al liceo e di quattro mesi passati all'Itis (dove il registro somigliava proprio a quello del post) (sì, e quattro mesi sono ancora del resto entertainment) dicevo, fuori parentesi che io prima di Natale solo una volta ho avuto un regalino da parte di tutta una classe. Indovinate quale. Anche se è un indovinello più facile e il tuo non l'ho mica risolto.
RispondiElimina@minnelisapolis
RispondiEliminaDirei un libro di Michael Ende, per restare in argomento...
io sono morta certa. non fiori ma opere di bene, grazie...
RispondiEliminaallora, posto che sono molto contenta di arrivare ora così mi sono letta la soluzione dell'indovinello 1 e buona così, dico che condivido ciò che suggerisci sull'intrattenimento con un però. io credo che ci sia una questione, sempre, di sguardi. e, per quanto *solo* per una supplenza, i ragazzi, tutti quanti, si accorgono se li guardi in un modo o in un altro (quello per mettere note per tutelarsi, per capirsi).
RispondiEliminae non ho mai visto un collega mettere tante note e essere rispettato, mai (in questo sono d'accordo con Uqbal).
ps. comunque siete buoni: noi il cellulare lo ritiriamo con dentro la sim!
L'indovinello non è credibile. Molti ucciderebbero un uomo solo perchè non risponde a un indovinello. Questo è possibile, e forse è anche successo. Ma nessuno lo farebbe, se fosse in grado di formularne di così intelligenti.
RispondiEliminaComunque la soluzione era per sé abbastanza facile, anche se io non avrei parlato per un bel po', pensando di avere alle spalle o uno stronzo o un deficiente. Sapete com'è, coi tempi che corrono...
Peccato, al mio di indovinello non ha risposto nessuno.
RispondiEliminaBuona notte
sul secondo indovinello: ho insegnato tanti anni nei professionali. e i ragazzi mi facevano tenerezza e tristezza, oltre che farmi incazzare come una iena. cani perduti senza collare... pronti a ringhiare se li guardi storto ma pronti a scodinzolare se appena gli fai un sorriso, una battuta, cerchi di stare dalla loro parte invece di prenderli di petto. ma stare con loro sul filo dell'equilibrio è così difficile che la pazienza se ne va presto. e allora alzare la voce o mettere le note è l'unica arma che hai, anche se sai che non concludi nulla e ti maledici mentre lo fai... la scuola è stare lì tutti i giorni, tutti i momenti. esserci dentro non guardare di sfuggita da fuori. e sapere che dovresti dargli un'istruzione e che non ci riuscirai mai. e loro ci rimetteranno sempre.
RispondiEliminasulla storia infinita, libro bellissimo che ho letto e riletto (i film fanno schifo, non guardateli): sta tutto nel "fa' ciò che vuoi". che non è fa' quel cazzo che ti pare, ma pensa a quello che vuoi fare, vuoi quello che fai... spero che lo leggano.
@Alan
RispondiEliminaLei fa indovinelli troppo difficili, per noi anime semplici ;)
@lucia
RispondiEliminaSo che è come dici tu. Lo sento tante volte raccontare da molti colleghi.
Non credo sia importante dare un parere. Preferisco dirti che questo tipo di atteggiamento mi piaceva da studentessa, mi piace da collega.
RispondiElimina...e che al punto finale mi è unscito un "bello", di cuore.
SAPETE RISOLVERE QUESTO INDOVINELLO GRAZIE:anche al buio è sempre attraente....... come la persona amata. cos'è
RispondiElimina