Siamo nell'anno 2030 e voi avete un figlio di 14 anni. È un bravo ragazzino, sveglio, fa sport, studia senza entusiasmo (come molti altri), ha grandi progetti per il futuro o forse li avete voi per il suo futuro, ché lui pensa più che altro a giocare alla Playstation del 2030, è normale. Visto che avete grandi progetti per il suo futuro ed è all'ultimo anno di medie, cercate una buona scuola superiore, diciamo una scuola che possa garantirgli una preparazione adeguata per affrontare, tra qualche anno, il mondo del lavoro o dell'università. La cercate e la trovate: è una meravigliosa scuola pubblica.
Siamo infatti nel 2030 e il progetto di mettere in competizione tra di loro le strutture pubbliche è diventato realtà. E quindi voi sapete che, nella città in cui abitate, quella scuola è la migliore di tutte: e ci volete mandare vostro figlio, perché pensate che se lo meriti e che sia giusto che il vostro ragazzo goda delle migliori opportunità di formazione e istruzione. Ed è giusto, infatti.
In quella scuola le classi non sono affollate e quindi l'attenzione al percorso scolastico è individualizzata. Gli insegnanti sono reclutati con attenzione dal dirigente scolastico e quindi sono motivati, preparati e aggiornati. E anche pagati molto meglio di quelli delle altre scuole.
Ci sono laboratori di tutti i tipi, si svolgono molte lezioni in inglese e tante attività pomeridiane, di tutti le specie e utilità. L'uso degli e-reader di dodicesima generazione è alla portata di tutti: i docenti hanno dimestichezza con gli strumenti informatici, i ragazzi ne beneficiano in molti modi e direttamente in classe. La struttura è nuova e funzionale, c'è la carta igienica nei bagni (unico argomento in grado di suscitare il nostro interesse, quando si parla di scuola), gli esiti degli studenti sono invidiabili e riconosciuti eccellenti anche dai test Invalsi.
Tutto bene quindi, ma c'è un problema: che anche gli altri genitori, come voi, ritengono che il loro figlio debba godere della migliore scuola possibile, che se la meriti, che gli sia giustamente dovuta. Ma la scuola è una sola. Ed è anche un edificio fisico, con delle aule e dei laboratori. Le quali aule, giocoforza, sono in numero limitato: sono muri, non si possono espandere a piacimento vostro e dei vostri figli. E quindi succede che le aule sono fatte per ospitare, diciamo così, 100 ragazzi divisi in cinque classi prime da venti alunni ciascuna (un sogno); mentre le richieste di iscrizione sono 500. Cosa succede?
Succede che 400 ragazzi devono rinunciare e andare in una scuola peggiore, in cui magari con cento alunni si fanno tre classi prime e la carta igienica nei bagni non c'è. È la legge della competizione tra le scuole. E chi decide quali sono questi 400 ragazzi? Non lo so: immagino sia il dirigente della scuola migliore di tutte. Che è pubblica naturalmente, ma a questo punto diventa un po' meno pubblica delle altre. Perché il dirigente può decidere se ammettere vostro figlio nella sua scuola sulla base di alcuni criteri ed è probabile che sia lui a decidere quali siano i criteri, visto che siamo nel 2030.
Può usare il sorteggio, per esempio, che a me pare un pessimo metodo (e anche a lui). Oppure può usare il proverbiale e immortale principio del «chi tardi arriva male alloggia», e prendere i primi 100 che ne hanno fatto richiesta; il che mi sembra un criterio ancora peggiore (e anche a lui). O ancora può prendere i figli dei suoi amici, e degli amici dei suoi amici, e dei consiglieri comunali, e degli avvocati di sua moglie, e della moglie del suo avvocato, e del panettiere sotto casa sua; e voi non appartenete a nessuna di queste categorie, perché siete semplicemente impiegato in una filiale di banca di periferia... Ma non andrà così, invece: potete tirare un bel sospiro di sollievo.
Perché il dirigente di quella scuola è un ottimo dirigente, scelto secondo criteri meritocratici, uno che sa fare il suo mestiere: altrimenti la scuola non sarebbe quell'ottima scuola che è, anche grazie a lui. E quindi l'ottimo dirigente farà l'unica ottima scelta possibile, quella che consentirà a lui e alla sua scuola di continuare a essere un ottimo dirigente e un'ottima scuola. E quindi prenderà soltanto i ragazzi che siano usciti dalla scuola media (dalle migliori scuole medie, anche loro in competizione) con votazioni alte, molto alte: con 10 o 10 e lode. Questo è un buon criterio, pensa l'ottimo dirigente (e lo penserei anch'io, se fossi nei suoi panni). Anche voi, sotto sotto, lo pensate: peccato che vostro figlio sia uscito con 8, maledetto lui.
Il dirigente, quindi, farà così e prenderà quelli, i figli degli altri. Prenderà quelli «bravi». E lascerà che quelli meno «bravi», tra cui vostro figlio, se ne vadano nelle scuole peggiori, dove con tutta probabilità diventeranno ancora meno «bravi». D'altronde se la sono voluta: se a 13-14 anni non hanno saputo dare il meglio di sé, è giusto che siano tenuti fuori dai luoghi in cui si hanno maggiori opportunità. È la legge della competizione: e produce ottime classi dirigenti (e anche ottime classi subordinate: tali da godere di una loro piacevole e utilissima ignoranza).
E, in più, chi pensate che saranno, per la gran parte, quelli bravi a 13-14 anni? I ragazzi che hanno alle spalle un contesto familiare colto e pieno di opportunità, o piuttosto quelli nelle cui case non c'è nemmeno un libro, e i cui genitori, magari, non sanno nemmeno parlare bene l'italiano (perché parlano dialetto, o una lingua africana)? È una domanda retorica, non c'è bisogno di rispondere. Lo chiedevo così, prima che se lo chiedesse qualcun altro. Prima che a qualcun altro venisse in mente che le conseguenze di una politica del genere sono quanto di più classista io riesca a immaginare; e che nei 19 anni che ancora ci separano dal 2030 deve essere successo qualcosa di davvero orribile perché la scuola italiana si sia ridotta così.
Sì, infatti: è successo qualcosa di orribile. È andata al governo la sinistra, per esempio.
E la sinistra ha messo in pratica, con rigida determinazione, uno dei pochi punti, tra quelli ideati dall'iniziativa della Leopolda di Matteo Renzi, che parlino esplicitamente di scuole primaria o secondaria; è il punto 31, quello in cui si dice per la scuola si deve fare questo: «Mettere in competizione il pubblico con il pubblico. L’alternativa nella gestione di servizi non può essere solo o pubblica o privatizzata; è possibile creare una competizione fra una scuola e l’altra». Ed era questa la competizione tra scuole, infatti. Fondata tra l'altro anche sugli altri punti presenti in quelle medesime 100 proposte della Leopolda: l'inglese per tutti, fin da piccoli (punto 86); il nuovo reclutamento degli insegnanti, pagati di più se sono più bravi (punto 83); le nuove tecnologie dentro l'aula (punto 85).
Tutte cose giuste, badate bene. Ma il punto non è che siano giuste o apprezzabili o no. Il punto è che sono slogan e da soli non bastano. Anzi, detti così e applicate così, ci portano dritti dritti a un 2030 in cui i vostri figli saranno sbattuti via dalla scuola migliore, perché hanno preso soltanto 8 all'esame delle medie. Anche se hanno solo 13 anni. Mi direte: la tua è solo fantascienza. Può darsi: infatti è una visione paradossale che non esaurisce il tema e nemmeno vuole farlo. Ma, per quanto paradossale, non è molto lontana da quello che potrebbe accadere nel 2030 se decidessimo che questo è quanto va fatto alle scuole italiane: «Mettere in competizione il pubblico con il pubblico», semplicemente, senza altre misure, senza altri accorgimenti, con l'aggiunta di qualche iPad perché fa piuttosto figo...
Insomma, è un paradosso ma forse nemmeno troppo. E, in ogni caso, come si dice negli immortali e insuperati proverbi della saggezza popolare: «Meglio un paradosso oggi che una gallina domani». Anche se poi, forse, non si tratta tanto di una gallina, quanto di uno che ha solo voglia di fare un po' il galletto. Già oggi.
All'inizio pensavo che stessi parlando del sistema scolastico statunitense, pensa un po', altro che fantascienza...
RispondiEliminaquando ero bambino, io abitavo nel quartiere bene della mia città. in classe mia ero uno dei pochi figli di operai: con me c'erano il figlio del professore universitario, il figlio di un assessore, il figlio di un banchiere...
RispondiEliminail quartiere vicino al nostro, invece, era un po' il bronx della città.
ovviamente, tra le scuole elementari di questi due quartieri non c'era proprio competizione. e non per colpa dei direttori o degli insegnanti, è che da una parte c'erano situazioni difficili e dall'altra situazioni facili. nel sistema immaginato da renzi, chi è alle prese con le situazioni difficili rischia di avere una penalizzazione nello stipendio e, viceversa, chi è nel contesto facile di avere dei bonus. la domanda è: l'insegnante può rifiutare l'incarico in una scuola?
@nonunacosaseria
RispondiEliminaNel 2030 non lo so. ;)
Oggi è praticamente impossibile rifiutare qualsiasi nuovo incarico e (quasi) anche chiedere un trasferimento, visto che tutto è completamente bloccato. Ed è anche per questo che valutare le scuole è impresa difficile. Forse sarebbe meglio concentrarsi sulla valutazione dell'operato dei singoli in un contesto dato, senza troppe classifiche..
Su Renzi, sottoscrivo. Sono cose giuste la cui giustezza al di là dell'elegante banalità è determinata dal contesto. Come poi vengano applicate, se mai saranno dipanate è altra storia che non lascerei alle scelte di Renzi nemmeno per errore.
RispondiEliminaSul resto, però, no. Perché selezionare in base ai capaci e ai meritevoli è un criterio. Un buon criterio. Perché la scuola migliore può fare lei una selezione invece di basarsi sui voti in uscita diversa da sé medesima. Perché il quadro che dipingi è a tinte volutamente fosche (non è detto che ci debba essere una scuola migliore con la carta igienica di seta e in tutte le altre ci si pulisce con le mani). Ci può essere una scuola migliore e diverse scuole comunque buone. E in un'ottica in cui questo avviene a tutti i livelli, e sono pubbliche, la scuola ti fornisce tutti i mezzi per poterti costruire una cultura. E perché, in ultima analisi, io quella scuola migliore che seleziona in base al merito l'ho vista in atto. E la percentuale di studenti selezionati che vengono da famiglie culturalmente forti è una esigua minoranza, mentre viceversa alta (maggioritaria) è la percentuale di persone per le quali questa, in base al loro merito, è una vera occasione di diritto allo studio.
Se poi vogliamo dire che questa non è la visione di Renzi, siamo d'accordo. Ma che l'idea di poter andare in una scuola di eccellenza sulla base di quanto si vale mi pare lapalissiano.
Assomiglia davvero molto al sistema scolastico giapponese, fatto salvo che lì uno dei criteri di selezione è un durissimo test d'ingresso prima di iniziare a frequentare (sì, anche prima delle scuole elementari/medie).
RispondiEliminaGrande post, caro Scorfano. Grandissimo post. Ciao!
RispondiElimina@'povna
RispondiEliminaChe si trattasse di un paradosso, ne ero consapevole già mentre scrivevo, e l'ho sottolineato. Che ci sia bisogno, a livello di scuola dell'obbligo, di scuole di eccellenza, è un dato su cui le mie perplessità rimangono invece fortissime.
@'povna, di nuovo
RispondiElimina(io non credo a una valutazione delle scuole: credo invece a una flessibile e variegata valutazione dell'operato dei singoli insegnanti allinterno di tutte le scuole. Questo mi pare che potrebbe essere uno stimolo al miglioramento della qualità complessiva dell'istruzione. Ma l'ho già detto e scritto, in affetti. Perdona la ridondanza)
@Giovanna
RispondiEliminaGrazie: detto da te, è un complimento che mi lusinga. Ciao
Nelle università il principio della competizione funziona, anche perché nel mondo della ricerca ci sono i brevetti, e devi arrivare primo, sennò t'attacchi.
RispondiEliminaPer quanto riguarda il mondo della scuola, non sono d'accordo a valutare i singoli insegnanti e non la scuola: la scuola è un organismo che va oltre la somma dei singoli.
Due premi nobel che agiscono ignorandosi a vicenda sono peggio di due onesti professori non altrettanto rinomati che però collaborano e creano un bell'ambiente.
Per il resto, la rappresentazione è fuorviante. Ci può anche essere una supermegascuola supereccellente, ma da questo non discende che le altre fanno schifo. Neanche nei sistemi scolastici più competitivi (come quello UK o olandese o svedese, quest'ultimi due peraltro molto buoni) c'è l'idea che le scuole peggiori debbano essere punite con tagli di carta igienica o scarsi fondi. I fondi vengono anzi aumentati, ma se vengono sprecati, la scuola viene guidata, prima con le buone, poi meno, sulla via del miglioramento (se necessario copiando le buone pratiche delle scuole migliori).
Le scuole italiane peraltro sono già abbondantemente in competizione, visto che ricevono fondi in base al numero di iscritti. E ho visto collegi docenti che sembravano consigli di guerra, al riguardo.
Tutto il discrimine passa nella selezione all'ingresso, che in Italia non c'è e va bene così e nessuno vuole fare alcunché.
La testimonianza di Nonunacosaseria peraltro ci dice che la differenza tra scuole già esiste, ed è feroce.
Questo idea del 2030 è fantasiosa: presuppone cose non dette da alcuno: la selezione all'ingresso, l'idea che lo Stato privilegi una scuola e trascuri le altre, che gli insegnanti meglio pagati siano quelli con studenti migliori (in UK Teachfirst va nella direzione opposta: sei un buon insegnanti se sai aiutare gli studenti più difficili).
Tutta questa rappresentazione (coerente con quella della meritocrazia) è costruita sull'idea che là fuori ci siano dei cattivoni che vogliano fare del male alle masse oppresse che tendono le loro mani verso di noi, e che noi siamo il loro baluardo. Peccato che la realtà sia altrove.
Uqbal
Nell'università dalla quale provengo io per iscriverti ad un corso di laurea magistrale devi aver conseguito un punteggio di 90 alla triennale, 98 per gli studenti che provengono da altri atenei. Il risultato è un elevato prestigio fra gli atenei scientifici in Italia e un maggior riconoscimento a livello internazionale.
RispondiEliminaE non abbiamo tutti nobili origini (io per primo), alcuni degli studenti più bravi hanno situazioni familiari come quelle di cui parli tu.
Comunque Renzi alla Leopolda ha proposto anche di eliminare il valore legale della laurea, tu che ne pensi?
Saluti!
@Lorenzo
RispondiEliminaA livello universitario è molto diverso, direi. Nel senso che abbiamo bisogno di università di eccellenza, senza dubbio: ed è giusto che ci siano certi parametri come quelli che hai indicato tu. La scuola dell'obbligo dovrebbe invece, a mio parere, garantire una qualità maggiore più generalizzata: anche per fare in modo che le università di eccellenza siano accessibili a tutti quelli che abbiano voglia di provarci sul serio.
Sulla questione del valore legale del titolo di studio, ti do una delusione: non so cosa pensare. Non ho ancora le idee chiare, anche se ho letto molti pareri in giro. Non riesco ancora a farmi un'opinione mia consolidata. E' per questo che non ne parlo...
Just a footnote: non bisognerebbe mai scrivere quando si sta per prendere un treno. Solo per dire che il giudizio sull'elegante banalità ovviamente era riferito a Renzi (ciò che dice è giusto perché è banale) non al tuo post! Su Renzi ho meditato tutto il viaggio. Se riesco, ci scrivo sopra anche io (ma non necessariamente di scuola).
RispondiEliminaNel 2030, ma spero prima, potrebbe invece succedere che: 1) lo Stato detti finalmente regole semplici e sagge 2) verifichi che siano rispettate 3) definisca le necessità formative sulla base della popolazione, dell' area che l'accoglie e del meglio delle risorse disponibili 4) renda agevoli e accessibili i trasporti 5) obblighi i formatori ad essere ben formati da formatori altrettanto seri e capaci 6) deleghi la gestione delle scuole, di tutte le scuole (e degli ospedali, delle caserme, etc) a enti terzi, no-profit, su cui veglierà, sentendone il carico della responsabilità 7)e così via.
RispondiEliminaNon ci sarà più competizione, quindi, ma soltanto libera scelta tra chi vorrà crescere, faticando, e chi no. Libera perchè accessibile e sostenibile: nessun alibi, e per nessuno.
No?
Eh, caro Alan, già solo i punti 1 e 2 basterebbero a me. Ma non bastano i 19 anni che ci semparano dal 2030, mi sa.
RispondiEliminaNella mia scuola questa della selezione in ingresso in base al merito è una questione che si ripresenta ogni anno, dato che ci sono molte richieste di iscrizione. Finora sono sempre stati seguiti altri criteri (per fortuna, penso io, anche se è per scelta). Perché in fondo, non so come spiegarlo, ma per sostenere molto di quello che facciamo in questa scuolabasta l'idea. Basta l'idea che sia una *buona* scuola, una di quelle dove *bisogna studiare*, e poi magari si fa anche altro. Già solo l'idea serve a selezionare chi ci si vuole iscrivere, e anche in buona parte chi ci vuole lavorare. A me piacerebbe che questa fosse l'idea di scuola che abbiamo tutti: vorrebbe dire che piano piano, magari entro il 2030, riusciremo ad abituarci, a crederci. Però, ecco, aprire la scuola anche a quelli che fino alle medie hanno stentato mi sembra una cosa positiva. A tredici, quattordici anni, uno ha il diritto di provare ancora, e in fondo ha ancora tempo per farlo.
RispondiEliminaQui in Austria si entra in una buona scuola superiore solo se si hanno voti buoni. Non ci sono stragi al primo anno, tra l'altro. Viene considerato normale.
RispondiEliminaIeri, mentre leggevo il punto 31 sentivo anch'io che qualcosa stonava. Erano idee sensate ma... Non c'era un seguito al mio ma. Ecco, il seguito è proprio quello che hai scritto nel tuo post. Non sono ancora riuscita a trovare un'idea che mi convinca sulla valutazione, anche se ,come te, la ritengo importante e comunque da effettuare prima o poi.
RispondiElimina"Che ci sia bisogno, a livello di scuola dell'obbligo, di scuole di eccellenza, è un dato su cui le mie perplessità rimangono invece fortissime."
Di nuovo, bel post.
"Eccellenza " è una parola che, applicata alla scuola dell'obbligo, mi fa venire l'orticaria.
Opss, Si sono invertite le ultime due righe
RispondiElimina@scorfano
RispondiEliminaPremesso che 1) potrei pensare delle castronerie, e 2) traslascio ogni considerazione sul discorso "Renzi", sottoscrivo il tuo pensiero per cui la scuola dell'obbligo dovrebbe garantire "una qualità maggiore più generalizzata".
E qui mi chiedo: non pensi che una maggiore "uniformità", sia degli alunni sia degli insegnanti, in ciascuna scuola possa favorire questo aumento di qualità in ciascun - come dire - livello di scuola?
Va bene, chiamiamole scuole di serie A, di serie B e di serie C. Le scuole di serie A valorizzaranno le eccellenze, ma anche in quelle di serie B e di serie C si lavorerà "meglio" perché il capitale umano è più "omogeneo". Certo, il programma svolto, alla fine dell'anno non sarà lo stesso.
Ma ho come l'impressione che oggi, in una scuola - come dire - uguale per tutti, siano costretti a convivere alunni con doti e talenti che non possono sviluppare (perché l'insegnante non ha tempo ed energie da dedicare a questo) insieme con altri alunni che "faticano" e in qualche modo "rallentano" l'attività didattica.
Non c'è molto spreco di intelligenze nella scuola di oggi?
Scusate la terminologia un po' ruspante.
@Lele
RispondiEliminaCapisco perfettamente il tuo ragionamento e non riesco a contraddirti del tutto, perché mi restano molti dubbi, e perché so bene anch'io quante energie mi costano gli alunni che fanno più fatica a seguirmi. E quindi, inevitablmente, quante energie dedico a loro piuttosto che a quelli più "bravi".
Però, e anche questa è esperienza, so anche che tante volte (tantissime) è proprio l'alunno meno bravo in prima quello che saprà costruirsi un buon percorso formativo. Perché, non dimentichiamolo, stiamo ipoteticamente parlando di ragazzi che si iscrivono al pirmo anno di superiori, non all'università. Cioè stiamo parlando di ragazzi di 13 o 14 anni.
A quell'età è molto difficile stabilire chi si meriti una cosa, chi un'altra. Spesso, anzi, sono i genitori che lo stabiliscono, in base alle proprie ambizioni e tradizioni familiari. Ed è questo che mi spaventa: che potremmo rinunciare a quella piccola funzione di riscatto sociale che la scuola (seppure con molti limiti, i dati parlano chiaro) ancora oggi esercita. 14 anni sono troppo pochi, secondo me, Lele: io penso che un simile ragionamento si possa fare dopo, a 17 o 18 anni. Farlo prima mi lascia davvero molto perplesso.
L'equivoco di fondo è pensare che una scuola di riconosciuta eccellenza sia una scuola con studenti eccellenti.
RispondiEliminaNon è così. Una scuola eccellente è quella che sa tirar fuori il meglio dai suoi studenti, chiunque essi siano, e se ci riesce è giusto che venga considerata tale.
E non è strano che una scuola eccellente possa fornire buone pratiche ad altre scuole, o che altre scuole, nello sforzo di migliorare ne inventino altre che permettano loro di migliorarsi.
L'immagine qui proposta invece è quella di una scuola tiranna che si tiene la ciccia e lascia agli altri le ossa spolpate. Ma non è affatto necessario che sia così.
Scorfano, io ti ho proposto un modello competitivo per le scuole ma non punitivo per gli studenti. Che mi dici? Ti va di confrontarti con gli spunti che ho lanciato?
uqbal
@Uqbal
RispondiEliminaA me pare (quasi sempre) che le tue teorie si fondino sul presupposto di un mondo perfetto, che però fuori non c'è.
E' chiaro che una scuola eccellente non è una scuola con studenti eccellenti ma è quella che dici tu (che è la stessa che volgio io, almeno questo sia chiaro): ma rischia di diventarlo molto facilmente, se si applica un modello teorico che non tiene affatto conto della realtà e delle normali pulsioni umane. Non che nella realtà gli uomini siano tutti quanto brutti, ladri e cattivi e in malafede: non tutti. Ma parecchi sì, insomma.
(Quanto al resto: io mi confronto scrivendo post e offrendo spunti di riflessione, condivisibili o meno, naturalmente. Leggo tutti i commenti con molta attenzione ma mi esimo dal discutere troppo, per scelta: un po' perché la mia l'ho già detta più chiaramente che potevo, un po' perché devo anche - ogni tanto - lavorare... Senza offesa per nessuno, ça va sans dire.)
In effetti mi chiedo se i blogger di cui commento i post di tanto in tanto si domandino dove trovo tanto tempo libero...(nella fattispecie, non riesco a trovare la voglia e l'idea giusta per le due lezioni di domani, in questo momento, e quindi cazzeggio).
RispondiEliminaCapisco la critica sull' "astrazione" ma mi chiedo rilanciando: e se per timore del peggio ci tarpassimo le ali?
O la nostra visione è troppo pessimista (come se andassimo al mare con talmente tanti braccioli che poi alla fine ci passa la voglia di nuotare) oppure il mondo fa davvero così schifo. Ma allora devo trovare non un passo di marcia che tra mille giravolte mi permetta di non pestare una merda, quanto qualcosa per pulire il marciapiede.
Uqbal
Il blog porta via tanto tempo, almeno due o tre ore al giorno. A cui va aggiunto che tra ieri e oggi (giorni liberi da lezioni) ho corretto 40 temi e preparato un po' di lezioni per le settimane prossime. E poi ci sono i consigli di classe nei prossimi giorni. (Ed è un periodo in cui ho poco lavoro editoriale per fortuna). Insomma, una rincorsa, come capisci anche tu.
RispondiEliminaNon credo che il mondo faccia così schifo: io, a volte deliberatamente provocando, mi limito a far notare che ci sono implicite contraddizioni anche nei modelli teorici migliori.
Non credo che in questo momento la scuola italiana sia il massimo a cui possiamo ambire, non sono cieco; e non ho intenzione di tarpare nessuna ala, ci mancherebbe. Vorrei che i passi fossero meditati e meno ideologici possibile, però. Mi chiedo perché la valutazione dell'operato didattico debba essere valutazione delle scuole e non possa essere valutazione del mio (nostro) operato di insegnante, prima di tutto. Perché è da quello che io ho la necessità di partire: da qualcuno che mi dica dove posso fare meglio e cosa si può fare meglio. Di competizione tra la mia scuola e quella del paese vicino, detto francamente, in questo momento, non capisco cosa farmene e ho solo paura che sia pericolosa, per come siamo fatti in questo paese. Ma sono, appunto, tutte cose che già ho scritto nel post.
Ora vado: abbiamo ospiti a cena e la mia compagna (esiste anche lei) richiama, giustamente, la mia collaborazione domestica. La vita è faticosa. ;)
nella mia città d'origine il problema della "selezione in ingresso" esiste già, almeno per alcune scuole superiori, le quali sono costrette a fare una specie di "graduatoria". criteri? consiglio orientativo, voto di uscita dalle medie, comune di residenza.
RispondiEliminase ci pensi, la situazione immaginata da te è simile a quella che già oggi esiste in Cina, dove la selezione viene fatta in ingresso in tutti i livelli di scuola: per accedere alla migliore università devi arrivare dal tal liceo, al quale dà accesso solo la tal scuola media... e via così, giù giù fino all'asilo.
risultato: fortissima competitività ed eccellenza, ma studenti stressatissimi fin dalla più tenera età.
PS: per una che da 2 mesi e mezzo è senza connessione flat, le 2 ore da dedicare al blog sono una specie di miraggio...