giovedì 20 gennaio 2011

Tentazioni

di lo Scorfano
 
Oggi, in prima, interrogo Giulia in storia. Niente di eccezionale, naturalmente, se non fosse che Giulia, da settembre a oggi, non ha mai preso nemmeno un voto sufficiente, né in italiano orale, né in italiano scritto e nemmeno, appunto, in storia. Per cui so che deve essere un’interrogazione pacata, senza fretta, attenta.

Inizio chiedendole l’ultimo argomento che abbiamo studiato: i Fenici. Le dico: «Prova a spiegarmi chi sono e perché sono importanti». Lei comincia a parlare ma capisco subito che si confonde: forse sta parlando degli Assiri. La correggo, le chiedo di ricominciare: lei parla di nuovo degli Assiri. Le dico: «Giulia, i Fenici: quelli della porpora». Allora lei si riprende un po’: «Erano commercianti», mi dice. E io: «E dove abitavano?» E lei: «A Occidente». Io mi fermo: so che la risposta è sbagliata, perché noi siamo in provincia di Brescia, Lombardia, e i Fenici, rispetto alla Lombardia, stavano a Oriente. Ma provo a fare in modo che si corregga da sola. Le chiedo: «A Occidente rispetto a cosa?» (magari mi dice rispetto agli Assiri, penso: andrebbe anche bene). Ma lei non risponde. Allora mi ricordo che durante le due lezioni che ho fatto sui Fenici ho indicato sulla cartina che abbiamo in classe dove stavano i Fenici; e so che anche sul loro libro c’è una mappa abbastanza precisa. Le chiedo di alzarsi e di andare alla cartina e di farmi vedere dove abitavano i Fenici. Lei si alza, va alla cartina, indica una zona ampia, vagamente compresa tra l’Indocina e la Malesia. Poi torna a posto.     
              E io allora le faccio la domanda che potrebbe anche chiudere il discorso pacificamente. Le chiedo: «Giulia, hai studiato?» Ma lei mi risponde: «Sì. Ho studiato tutto il pomeriggio».

Ecco, a questo punto io, insegnante di storia, comincio ad avere davanti una serie di opzioni. Non ve le spiego, perché ve le immaginate tutte da soli. L’opzione che scelgo è quella della conversazione pacata e comprensiva (è Giulia, non ha mai preso una sufficienza). Le dico: «E come mai fai tutta questa confusione?» Giulia risponde: «Perché non posso mai studiare in pace... Perché mia mamma continua a disturbarmi… Perché non posso mai stare tranquilla in camera mia…» «Quindi è colpa di tua mamma se non sai la lezione?» Ma Giulia, a questo punto, si mette a piangere. A dirotto.

Tutti gli altri alunni guardano le sue lacrime, poi me, poi le sue lacrime, poi di nuovo me. Io mi avvicino al banco di Giulia, le faccio una piccola carezza sulla testa, le dico: «Cosa c’è, Giulia?» Lei, piangendo: «Io non ce la faccio, qui sono tutti dei “cervelli”, sono tutti intelligenti, io invece non capisco niente, non sarò mai brava come loro…»

Allora, con calma, provo a parlare un’altra volta con Giulia. Le dico che nessuno dei suoi compagni è un “cervello” (è vero, tra l’altro: la peggior prima che abbia mai avuto), anzi. Gli altri ridono un po’. E soprattutto le dico che lei è assolutamente capace come tutti i suoi compagni, altro che. Insisto: nessuno è qui in qualità di cervello, nessuno è qui per giudicare i cervelli, stiamo tutti cercando di fare una cosa meglio che possiamo, studiare: tu puoi farlo come tutti loro, a volte meglio di loro a volte peggio. Ma, credimi, non sei affatto meno degli altri. Hai solo bisogno di stare un po’ più serena e di studiare meglio e di più. Lei continua a piangere e a insistere: «Non è vero, io non sono capace, non sarò mai capace…» Io non demordo, sempre con una mano sulla sua testa: «Vedrai che invece ce la farai benissimo, fidati. È solo questione di tempo, dammi retta. Tu prova a studiare con più attenzione, a stare attenta in classe, prova a evidenziare i concetti come vi ho insegnato, vedrai che piano piano migliorerai.» «Non è vero, non sono capace!» E giù altre lacrime. Lacrime di ragazzina indifesa di fronte alla feroce brutalità della scuola…

Ma, d’improvviso, io ho capito.

E ormai so senza incertezze che questo «Non sono capace», urlato in faccia a me e ai suoi compagni muti, è solo una scusa, una maschera, un nascondiglio. Un pretesto per non provarci, per non studiare, per non sapere dove stanno i Fenici, anche se c’è scritto grosso così sulla cartina e chiunque è capace di farlo… E so cosa devo fare, so che non ci sono altre opzioni. Devo dirle che ora basta: che non si accampano scuse quando non si è preparati; che lo si ammette e che si studia per la prossima volta e poi per la prossima volta ancora. Perché è facile dire «non sono capace» e poi non combinare nulla: l’ho fatto anch’io tante volte. È facile ma è solo una scusa, Giulia: impara dove abitavano i Fenici e falla finita. Non occorre essere un “cervello” per farlo, basta averne un po’ di voglia e mettersi lì e farlo. Poi se i temi andranno male, ne parleremo, quello è un altro discorso. Ma due misere conoscenze di storia, quelle è in grado chiunque, nessuno «non è capace». Quindi, piantala. È solo che non ne ha voglia: le tua lacrime non mi commuovono, Giulia, usale con qualcun altro…

E mentre sono lì che sto per dirlo, pronto a fare come al solito la parte del prof cattivo, mi viene in mente che potrei benissimo non farlo. Potrei, sarebbe facile. E nessuno, oltre a Giulia, lo saprebbe mai. Potrei dirle: «Non importa, Giulia». Potrei anche suggerirle «Orien…?» e aspettare che lei dica «…te!» e dirle: «Brava! Hai visto che lo sai!». Potrei dirle: «Studia dove stanno i Fenici e domani te lo chiedo: se me lo indicherai bene sulla cartina, ti darò 6». Potrei farlo benissimo: conosco tanta gente che lo fa. Ed è gente (sono insegnanti) più felice di me. Tanto cosa importa se poi non saprai mai dove stavano i Fenici, no? Non è un argomento che ricorre nelle conversazioni normali, non te lo domandano ai colloqui di lavoro, non serve per fare la spesa e nemmeno per diventare un avvocato o un ingegnere. E mi trovo in una frazione di secondo a pensare: Ora lo faccio, chissenefrega. Ora le dico che va bene lo stesso e che le chiedo domani una cosa e che le do 6. Ora sono stanco di fare sempre la parte dello stronzo a cui non va bene niente e che bisogna studiare e impegnarsi e fare fatica. Ora me ne frego di Giulia e di tutti quelli come lei e le do 6 lo stesso e tutti saranno più felici e io anche e chi se ne importa di Tiro di Sidone e di Cartagine e della porpora…

Ma, intanto, mentre ancora penso che non me ne frega niente e che sono stanco, sto già facendo l’altro discorso: quello per cui non ci si nasconde dietro i «non sono capace» e si prova a fare quel che si deve fare, punto. Quello per cui oggi Giulia si prende un altro 3 in storia. Le lacrime scivolano piano sulle guance della giovane innocente, gli altri ragazzi mi guardano spaventati, io mi sento il professore cattivo e senza pietà. Ma non so fino a quando resisterò alla tentazione di non esserlo più.

23 commenti:

  1. ecco un'ottima spiegazione del perché non mi è mai venuto in mente di fare l'insegnante.

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  2. ti capisco non bene, benissimo.
    e il fatto che in 1° scientifico confonadano ancora Occidente e Oriente mi consola un po' delle stragi dei miei. anche se, mi domando, perché Giulia si è iscritta ad una scuola così impegnativa?

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  3. Resisti professore, resisti. Giulia tra dieci anni ti ricordera' come un grande insegnante(che come tale le ha insegnato qualcosa)e te ne sara' grata.

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  4. Scusa se come mio solito la butto in politica (anche se scolastica). Non conosco quella ragazza e magari per lei non vale (ma vale certamente per centinaia di altre Giulia in giro per lo Stivale), ma hai preso in considerazione che quel "non sono capace" non sia invece un "non mi sento adeguata"?

    Perché tra tutte le scuse possibili, perché è una scusa concordo, tra tutte (da "ho il ciclo" fino "la mucca mi ha mangiato i libri") lei sceglie "non sono capace"? Forse un po' inadeguata si sente.

    Perché Giulia ha scelto lo Scientifico se non fa per lei? Dov'era la sua famiglia quando Giulia ha scelto, dov'erano i suoi insegnanti delle medie (e non tiratemi fuori il consiglio orientativo per favore), dove il sistema scolastico nel suo complesso?

    Perché l'Istituzione scuola lo scopre il 20 gennaio che lei si sente inadeguata e probabilmente lo è?

    Le domande sono tante e tante quindi le risposte (anche più di una per domanda, tra l'altro): c'è una classe dirigente che pensa e una società che percepisce (soprattutto in provincia, credo) che che l'unica scuola sia il Liceo, il resto è fuffa; c'è un sistema che non fa orientamento e non prevede meccanismi di correzione degli eventuali errori (riorientamento, "passerelle"... ci sono scuole che lo fanno, certo, ma con risorse proprie e quindi come possono e quando possono) e via enucleando.

    E poi ci domandiamo perché nel primo biennio delle superiori (scuola dell'obbligo, lo ricordo ai non addetti) si boccia con tassi che arrivano al 50%

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  5. Non puo' essere semplicemente che a questa ragazza non piaccia la storia?. Magari in matematica ha 8. Magari ha solo bisogno di un po' di coraggio!. Il passaggio medie/superiori non e' affatto semplice: e' il tuo mondo che cambia. Credo che siano i genitori ("la mamma"), piu' che le strutture scolastiche, a dover sostenere emotivamente i propri figli in questi passaggi. Purtroppo molti genitori sono superficiali. Vengono a comprare i libri di lettura per i figli scegliendo quello "con poche pagine" tra quelli della lista.

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  6. Io invece trovo molta compassione per Giulia, non tanto perché ha pianto, ma perché ha perso ogni gioia nello studiare. E' tutta concentrata sulla prestazione e si è dimenticataa dell'amore.

    Caro Scorfano, tu hai una grande responsabilità e non vorrei essere nei tuoi panni, eppure è tuo dovere far qualcosa. Non prediche o scenate, che non hanno mai convinto nessuno, ma un qualsiasi cosa che possa far capire a Giulia che sapere dove sono i Fenici e cosa fecero è bello, e quando avrà 40 anni (o anche solo 26) non se lo ricorderà più, ma lo vorrà sapere ancora e ripasserà il libro di storia e le verrà voglia di ricordare tutto quello che ha studiato, perché i Fenici fecero cose straordinarie, e poi vennero i Romani, e poi lì accanto c'è il capitolo dei Greci, e poi cosa facevano nel frattempo in America? Come? Il prof non ne parlò? Dove posso trovare un libro di storia che ne parli? E così via.

    No, vabbè, questa cosa dei 40 anni lasciala stare, che a 16 anni i suoi 40 sono inimmaginabili. Però se qualche lettore ha una qualche idea per far vedere a Giuglia che è bello sapere dove sono i Fenici, ce lo dica.

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  7. @ste: l'ho scritto, magari non vale per Giulia, ma vale certamente per centinaia, migliaia di Giulia. E poi "la mamma" e "la scuola" non sono in contrapposizione: una non esclude l'altra

    @tutti, sul mio blog ho scritto le stesse cose un po' meglio (spero)

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  8. io ormai di anni ne ho quasi cinquanta e i miei figli sono unenni, quindi ho dei problemi a pensare come può pensare una quattordicenne. Poi a differenza della filosofia io la storia l'ho sempre studiata :-)

    Partendo dal principio che abbia effettivamente passato il pomeriggio sui libri è chiaro che Giulia ha dei problemi nel comprendere le cose e distinguere le nozioni fondamentali dalle altre che comunque le servirebbero per avere dei voti decenti. Mettere i Fenici tra Malesia e Indonesia, immaginando che non abbia mai letto Salgari :-), significa che non le è mai venuto in mente di associare i fenici *al nostro mondo*; ha scelto semplicemente un punto dove si poteva navigare bene, senza pensare al percorso che le loro navi avrebbero dovuto fare per venire in Italia...

    Insomma, a mio parere Giulia prima dovrebbe capire perché sta studiando quelle cose, e solo dopo cercare il come studiarle (e non riesce a capire come studiarle allora può dire che non è capace)

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  9. Qualche considerazione sparsa, nella speranza che possa funzionare come risposta per alcuni (o per quasi tutti).
    Ovviamente, parlare di Giulia non significa parlare di una ragazza che è in generale in difficoltà; le considerazione generiche, che per esempio fa Marco, sono valide in generale, ma non è detto che lo siano nel caso di Giulia. D’altronde il discorso è un po’ pregiudicato dal fatto che solo io conosco Giulia (esiste davvero, la scena è avvenuta davvero, martedì): quindi non ha molto senso che io ora mi metta a spiegare perché Giulia secondo me non ha studiato eccetera. Ed è altrettanto ovvio che ognuno parli di una sua Giulia teorica.
    Resta una considerazione puntuale, da fare: Giulia non doveva essere qui, al liceo. Ha scelto il liceo perché sua mamma (anche suo padre, forse, ma non lo conosco) vuole che lei faccia il liceo; e l’ha iscritta al tecnologico perché «non c’è il latino» e quindi «è più facile». Insomma, i presupposti sono sbagliati (lei dice di voler fare l’estetista, per esempio: questo è ciò che mi basta a sostenere che non dovrebbe essere qui).
    Ma anche a partire da questi presupposti, ha ragione il comiziante, è necessario fare qualcosa: io non posso né inventarmi un balletto sui fenici né suggerirle le risposte e fare finta che vada bene (cioè, potrei fare entrambe le cose, ma non credo sia il mio mestiere). Io posso incoraggiarla, spiegarle che ce la può fare (è vero, ce la può fare: il liceo è diventato molto facile negli ultimi 15 anni, basta avere voglia di studiare un po’ – purtroppo, dico io) e aiutarla a studiare. Ma non posso studiare al posto suo, tutto qui. Né andare a casa sua e redarguire i suoi genitori.
    Io provo a farle capire che la storia è importante. Ma il punto del post, se permettete, è anche un altro: i ragazzi non sono angeli innocenti, privi di qualunque malizia. I ragazzi si difendono, e lo fanno anche con molta malizia; danno le colpe agli altri, pèer esempio (a scuola dà la colpa a sua mamma, a casa darà senz’altro la colpa a me): e Giulia si difende con quel «Non sono capace» e con le sue lacrime.
    Io (secondo me e la mia esperienza) devo prima di tutto non accettare questa difesa, altrimenti salta tutto. Altrimenti accetto i suoi presupposti e aspetto solo di bocciarla a giugno. Non vorrei farlo. Vorrei, al limite, che lei potesse alla fine dell’anno, con una promozione in mano, cambiare indirizzo e finalmente scegliere. Ma ovviamente deve studiare i fenici, almeno un po’; questo ho cercato di dirle.

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  10. in questo caso non lo devi dire a lei ma ai suoi genitori.

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  11. Aggiungo un postilla, soprattutto per .mau.: i suoi genitori sono ovviamente molto meno disposti all'ascolto di lei. E, tenetelo presente altrimenti si fatica a uscirne, qundo io dirò loro che la figlia potrebbe pensare a un altro percorso (ha 4 o 5 in quasi tutte le materie), penserannno che la colpa è mia e dei miei colleghi. Fidatevi.

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  12. io mi fido, ma non è questo il punto. Se i genitori sono convinti che la loro figlia DEBBA fare il liceo (e tralascio di approfondire il concetto 'però il teNNoloGGico, ché non ci ha il latino quindi è più facile') come fa Giulia a fare valere le proprie ragioni?

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  13. Non può, almeno per ora. Ecco perché cerca nascondigli. That's the question.

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  14. Professo', che cosa combini? Lanci un grido d'aiuto o cosa?

    Mi permetto di dirti: non cedere. Non è quello il tuo compito (lo sai da te e lo hai pure scritto).

    Ho avuto insegnanti come te ed insegnanti felici. Oggi ringrazio quelli "cattivi" e non quelli che mi hanno reso la vita facile.

    Giulia, all'ennesimo tre, potrà reagire in svariati modi: potrà farsene una ragione, potrà mettersi a studiare, potrà iniziare a protestare, oppure potrà fermarsi per capire quale sia la sua vocazione di piccola ragazza di quattordici anni.
    E tante altre cose ancora.

    Alla famiglia di Giulia spetta il compito di intepretare i desideri e le aspettative della figlia, non quello di assecondarla.

    A te, ripeto, spetta il compito di svolgere il tuo lavoro nel modo che ritieni più opportuno, non nel modo più facile o felice.

    Mi spiace per Giulia, ma di tre ne ho presi pure io, proprio perché non studiavo. E la frase "non sono capace" mi fa parecchio incazzare.

    Il mondo del lavoro ti aiuta a comprendere che "non sono capace" è un modo educato per dire: costa fatica, fallo tu al posto mio.
    E tante altre cose ancora.

    No, caro Davide: sacrifica la felicità, ch'è improvvisa scossa e non è imperitura. È davvero meglio che tu sia severo e che tu faccia l'insegnante e non la mamma.

    P.s.
    Tra le altre cose, dato che "qualcuno non è capace", oggi mi tocca andare in trasferta e, ti assicuro, ne avrei fatto volentieri a meno.
    Buona giornata. Io vado a preparare la valigia.

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  15. scorfano, non si fosse capito la penso esattamente come te. anche sul fatto che nelle condizioni date tu non devi assolutamente cedere

    con un'aggiunta, anzi due: se si riuscisse ad intervenire prima non rischierebbe la bocciatura e che se ci fosse un percorso "istituzionalizzato" per casi come questo per le famiglie sarebbe tutto più facile da accettare.

    più in generale deve mutare il rapporto scuola famiglia (ma qui allargheremmo troppo)

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  16. 1) Eh no, caro Scorfano. Il balletto sui Fenici te lo devi inventare, eccome.

    La didattica non è uno scherzo: in una prima superiore raccogli gente da scuole diverse, con storie, possibilità e aspettative diverse.

    Tu devi saper fare in modo che i tuoi studenti allunghino le dita sulla storia antica e ne imparino qualcosa di utile. La lezione frontale (che mi pare sia quella che hai fatto nella lezione prima dell'interrogazione) è una scelta comoda soltanto per il docente, non per gli studenti.

    2) Una che ti dice che vuole fare l'estetista (che è un mestiere dignitosissimo, terrei a precisare) è una che non ha mai messo il naso fuori dal suo piccolo mondo. Indovina a chi tocca il compito di prenderla per mano e farle scoprire che il mondo è più grande e vario di quel che sembra a lei?

    A te.

    Ma tu ce lo avresti visto un Don Milani che se ne usciva con qualcosa del genere sui suoi studenti? Tu invece l'hai marchiata con l'idea che se vuole fare l'estetista non è da Scientifico. Bravo. L'ennesimo professore classista (e se mai riterrai di rispondermi non la buttare sulla protervia dei genitori, sulla furbizia dei 14enni...).

    3) Non è questione di Scientifico o Liceo vs professionale o commerciale. Imparare dove è la Fenicia non richiede particolari abilità intellettuali, e comunque Storia si studia ovunque. Se G. ha problemi con questo, li avrà in qualsiasi scuola, a prescindere dal tipo. Allora, la abbandoniamo?

    4)"Eh, ma è insincera!". Ma va'? Hai scoperto oggi che gli studenti fanno i furbetti, DA SEMPRE? E non hai nessuna strategia al riguardo? E' praticamente finito il quadrimestre e ancora non sapete nulla di questa ragazzina? Racconta balle? E il perché ve lo siete chiesto? Questa ragazza dice di sentirsi inferiori ai compagni. Si può capire se mente strumentalmente o fa sul serio (ma a 14 anni questa differenza è netta?). Ci hai fatto caso o no a come sta in classe? Interagisce alla pari con i coetanei? Sta da sola o scherza? Viene presa in giro o prende in giro? I maschi la trattano bene o male? Litiga, è tranquilla, segue fa confusione? Perché non ci racconti un po' di tutto questo prima di arrivare a dire che mala tempora currunt?

    Infine: trovo particolarmente superficiale e presuntuosa l'idea che gli insegnanti felici siano tali perché se ne fregano. Non è dall'avere pose alla Jacopo Ortis che vedi un professore. Quello lo vedi dal coraggio, dall'altruismo, dalla fantasia.

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  17. Io volevo fare l'estetista, ma non me l'hanno permesso, volevano facessi altro.

    Mia figlia voleva fare la scuola X, io, nonostante pensassi non l'avrebbe portata in alcun luogo, l'ho lasciata fare.
    Ora dice che avrei dovuto insistere perché facesse altro.

    Come ti muovi, fai una cazzata.
    (Sì, anche tu ;) )




    [E continuo a non capire perché questo blog pubblica i miei commenti solo al terzo "posta"]

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  18. Le lacrime di una futura estetista che non vuole studiare i fenici.. Dovra' perdere l'hanno,qindi, per fare capire ai suoi genitori che dalla vita vuole altro? Credo di si. Anche se e' triste. E' triste anche il fatto che l'insegnante, forse a causa di quelli che imboccano le risposte, non e' piu' rispettato, nel senso piu' nobile della parola, dai genitori. Magari al prossimo incontro con la madre di Giulia mettiti un po' di quel profumo muschiato..

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  19. Ma pure non dovesse fregarle nulla dei Fenici, anche da estetista avrà diritto di votare, e a me piacerebbe che tutte le persone adulte sapessero leggere un testo, e magari capirci qualcosa. E pure trovare un paese su una cartina. La scuola dovrebbe prepararli a questo, Fenici o non Fenici. Se non le piacciono i Fenici, che i Fenici siano solo la scusa per imparare a leggere, capire e raccontare.
    Magari lo scientifico è una scuola più dura di altre - non lo so: credo che ormai funzioni al contrario: allo scientifico si iscrivono i "migliori" quindi in media si riesce a fare di più e con maggiore cura - ma questo c'entra solo marginalmente.
    Di fronte alle lacrime degli studenti (vabbe', sono studentesse di solito, ma pazienza) a me scatta l'istinto materno. Il che è un male, perché quando i miei figli la buttano sul patetico mi viene solo il nervoso :-/
    Insomma, non cedere.

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  20. Infatti, proprio questo è il mio punto. A me non importa granché dei fenici, onestamente. Se alla fine dell'anno Giulia saprà poco dei fenici ma avrà imparato, almeno un po', a leggere e comprendere e a studiare un testo (di storia, ma anche di cronaca, di politica e, al limite di gossip) io sarò contento. Questo le chiedo: di provarci, mentre io provo ad aiutarla. Anche perché credo che, una volta che avrà imparato a leggere un testo o una mappa, potrà scegliere con ben più consapevolezza se fare o no l'estetista; e sarà pure un'estetista più brava.
    Poi, marginalmente, è vero quel che dici dello Scientifico: infatti le percentuali di bocciati sono molto (ma molto) più alte nelle altre scuole.

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  21. Lo fanno anche al Professionale, piangere affermando che non ce la fanno. E' da tempo che autocertificarsi cretini non è più umiliante, per i ragazzi.
    E tu la devi smettere di raccontare cose uguali a quelle che succedono a me. :)

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  22. Racconterò qualcosa di bello, allora. ;)

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)