di Sempre un po' a disagio
Ho incontrato, in un negozio non tanto distante dalla libreria dove lavoro io, un amico che non rivedevo dai tempi del liceo. Con lui c’era un bambino e poco distante, alla ricerca di un cappotto scontato, la moglie. Niente di meglio per riassumere una parte dei suoi dodici anni che ci hanno separato.
Così, su due piedi, ci siamo raccontati, abbiamo fatto brevissimi riassunti e poi abbiamo lanciato in aria qualche ricordo di quando avevamo più entusiasmo e ci divertivamo. Io e lui, in realtà, non ci siamo mai divertiti e per questo eravamo amici. Ci piacevano i libri, a noi due. Nulla che escludesse il divertimento, certo, ma nella vita o leggi libri o ti diverti.
Insomma, finisce che gli dico che lavoro in una libreria, e finisce che sulla sua faccia sale in superficie un sorriso limpido e loquace. Mi dà anche un colpetto sulla spalla e allora a ridere sono io e riemergono tante cose e momenti e via dicendo. Mi dice che farebbe volentieri cambio con me, che lui di libri ne legge pochi, anzi pochissimi, sai, tra il bambino e il lavoro è dura avere la concentrazione di una volta.
Me lo dice come scusandosi. Ma forse no, è stata una stupida impressione dettata dal fatto che sono io che voglio scusarmi di qualcosa. Al che io tendo a minimizzare, come faccio quando qualcuno vorrebbe fare cambio con me (non capita spesso). Ci siamo promessi di rivederci anzi, una sera passo da te, così mi consigli qualcosa da leggere. Dov’è la libreria? Gli ho detto che stava lì vicino e che non vedevo l’ora di rivederlo sapendo che non l’avrei più rivisto.
All’amico avrei voluto dirgli, invece, che i migliori libri sono stati quelli in clandestinità, quelli che ci spronavano a separarci dal branco e a essere poco collaborativi con il potere. Se avessi avuto un po’ di lucidità gli avrei ricordato, all’amico, che i libri sono come uno strumento (non trovo altra parola,scusate) per vedere ciò che è laterale, ciò che è appena più in là del cono di luce. Conoscere quello che è sconosciuto, imparare a non disprezzare.
All’amico, pateticamente, avrei detto queste cose. Aggiungendo, ecco il punto, che lavorare in una libreria, oggi, è il contrario di questo perché la maggior parte dei libri, oggi, sono il contario di questo. Prodotti da pruomovere, detto rozzamente. Vendere l’ultimo libro di Severgnini con omaggio un poster o una maglietta di Severgnini, questo significa lavorare in una libreria. Niente di più.
Ci sarà pur qualcosa di bello nel lavorare in libreria, no? Altrimenti perché non farsi assumere in una ditta per le pulizie degli uffici o come carrellista nei magazzini?
RispondiEliminaperò tra un Severgnini e una Clerici che vendi hai magari il tempo di scoprire un libro per te (che poi magari non hai il tempo di leggere, ma si sa... non si può essere perfetti), no?
RispondiElimina@ilcomiziante
RispondiEliminaCi sono cose belle, certo, però sai, quando si scrive si scrivono le cose brutte.
@.mau
Nel marasma del commerciabile poi salta fuori sempre qualcosa di buono. Anche se gli amici rimangono sempre le migliori fonti.
"Nella vita o leggi libri o ti diverti". Ho sempre letto libri, poi durante un periodo di disagio esistenziale in cui pensavo di non sforzarmi abbastanza ad inserirmi nel mondo, ho provato a "divertirmi" cosí come lo intendono le masse con il risultato che mi sono annoiata molto, ho perso tempo e mi sono sentita piú ignorante che dopo un pomeriggio a giocare con il Nintendo.
RispondiEliminaHo ripreso a leggere e possibilmente frequentare altri lettori.
Ma davvero vendete il poster di Sevegnini? Inquietante....
Non parlare a me di disagio ;)
RispondiEliminaIl precedente libro era accompagnato da un piccolo poster e per noi commessi una maglietta che lo pubblicizzava.
Io, da collega, stavo pensando che non sarebbe male farsi assumere in una ditta per le pulizie degli uffici.Bisogna dirlo: lavorare in una libreria in franchising e' lavorare in un supermercato.Ti chiamano commessa, signora dei libri,tipa, ei tu che sei qui, a volte bibliotecaria e ti viene da ridere.
RispondiEliminaI migliori libri sono quelli letti nel momento giusto.
Beh, però commessi siamo.
RispondiEliminaE il libro della Casati Modignani con omaggio un ombrello...
RispondiEliminaNei giorni di pioggia il romanzo ha venduto parecchio.
RispondiEliminaSi, siamo commessi, ma potremmo vendere ananas, o sardine che non cambierebbe nulla.Il LIBRAIO non esiste piu', se non nelle piccole realta'.Forse nello scolastico.
RispondiElimina"Io odio la gente".
@sempreunpo'adisagio
RispondiEliminaA costo di snaturare il blog, ce lo fai un post dove ci racconti le cose belle del lavorare in libreria? :-)
Mi metterò di impegno, giuro :)
RispondiEliminaHo cominciato a passare da queste parti ultimamente, ma posso dirla una cosa papale papale?
RispondiElimina"Ma nella vita leggi libri o ti diverti": ecco, questa è la fesseria del secolo.
Ma la maglietta era obbligatorio indossarla?
RispondiEliminaArgh!
(Però io leggendo spesso mi diverto...)
aveva un aria felice?
RispondiEliminavariabile
@LGO
RispondiEliminaNon era obbligatorio indossarla, penso. Nessuno di noi l'ha fatto.
@Variabile
Gli scrittori, a parte Socrate e Vico, hanno sempre l'aria felice. In copertina.
Ho visto in libreria (nel reparto libri di un Autogrill, lo confesso) l'ultimo di Morelli. Questa volta, in copertina, il suo volto.
RispondiEliminaVende?
Variabile
(ps: grazie a chi ha giubilato per il mio ritorno)
Questa volta? Ma c'è sempre in copertina il suo volto. Vende vende.
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