sabato 29 gennaio 2011

l'infelicità

di lo Scorfano

In terza, inizio finalmente a leggere il canto V dell’Inferno. Sono contento, perché c’è Francesca da Rimini, perché c’è il discorso sull’amore, nucleo incandescente del poema, perché è questo il momento in cui posso far cogliere loro il senso di quello che sta avvenendo nella storia dantesca, il punto decisivo, l’attimo in cui tutto cambia.

Ma il canto V inizia lentamente, non c’è subito Francesca. Prima c’è altro, c’è Minosse che ringhia, la bufera infernale e anche un piccolo elenco di altri dannati, tutti morti per amore. Io leggo. Poi mi fermo e provo a spiegare qualcosa. Ci sono due terzine che potrei anche saltare; parlano di un’antica regina assira, Semiramide, e dicono che era famosa per la sua lussuria.  
          Le terzine suonano così:

A vizio di lussuria fu sì rotta,
che libito fé licito in sua legge,
per tòrre il biasmo in che era condotta.
Ell' è Semiramìs, di cui si legge
che succedette a Nino e fu sua sposa

Spiego il senso di quel verso che incrocia «libito» e «licito», lussuria e legge, peccato e liceità; provo a evidenziarne il contorcersi anche verbale, che ripercuote nei suoni la contorsione etica e interiore, il male che si avvita su se stesso. Dico che Semiramide aveva modificato le leggi pur di poter continuare a comportarsi come credeva e voleva. Dico che aveva in questo modo convinto i suoi sudditi che tutto fosse lecito.

Poi mi fermo. Perché mi rendo conto, improvvisamente, quasi a mia insaputa, che non sto più parlando di Semiramide. E anche loro mi guardano e stanno zitti e fermi. Tutti, alunni e insegnante, sappiamo che non stiamo più parlando di Semiramide ma di qualcosa d’altro, di oggi, di contorcimenti di oggi;  e per un attimo ci prende quasi una vertigine, perché era imprevedibile che succedesse proprio ora, mentre leggiamo un testo di settecento anni fa.

Li guardo negli occhi e li vedo spaesati; e nei loro occhi vedo i miei occhi, spaesati anche i miei. Spaesati come non mi era capitato prima di sapere di averli. E penso che quello che sta succedendo oggi non dovrebbe affatto succedere, soprattutto per loro, che hanno sedici anni. Gli dico: «L’inferno dantesco è l’infelicità, l’infelicità, l’infelicità»; e spero con tutto il cuore che abbiano capito e che mi credano.

8 commenti:

  1. Il nostro mondo, e i lider minimi che lo governano, non meritano una critica tanto elegante. E noi, cioè lei -che pur si definisce scorfano-, ci si vergogna così tanto da mantenere anche 'distanze verbali'.

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  2. Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

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  3. @Alan
    la ringrazio per l'eleganza. Le distanze sono tra le poche armi che so portare.
    (il commento precedente è stato cancellato dallo scorfano medesimo, che si vergognava di essersi dimenticato l'italiano)

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  4. Caro Scorfano, da Divina da te commentata è quello che mi manca di più del tuo vecchio blog.

    Per quanto riguarda Dante, la grandezza degli scrittori bravi sta nel fatto che passano i secoli e le loro opere hanno ancora qualcosa da dire, una passione da raccontare, una verità da rivelare.

    ilcomiziante

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  5. Mi fa molto piacere questo tuo commento, comiziante. (Succede sempre così: quando io penso di avere scritto un post riuscito, perché sobrio ed efficace, nessuno lo commenta; non ho mai capito perché)

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  6. se il post è perfettamente riuscito, cosa c'è da aggiungerci? Nulla.
    (In effetti il tastino like ha questo grande vantaggio, di dare una segnalazione di positività quando non c'è nient'altro da dire)

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  7. E lo che hai ragione, lo so. Mi tengo i miei piccoli dispiaceri irrazionali, così, per passare la domenica fredda e inospitale.

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  8. mi piace Dante e la Divina Commedia spiegata cosi è ancora più attraente grazie
    monica

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)