Tanto tempo fa decisi di non fare il militare e di fare, invece, l’obiettore di coscienza non perché fossi contro la guerra o perché non mi piacesse impugnare le armi (chissà, poi, se avrebbero mai ucciso un altro essere umano quelle armi), no, non per questo, ma per altri motivi altrettanto validi. Decisi di non fare il militare per non dover stare in una caserma, per non stare con altri militari, per non marciare in una caserma con altri militari, per non parlare di guerra e donne con altri militari, per non vedere la disciplinata stanchezza sul volto del mio compagno di branda e poi, ammetto anche questo, decisi di non fare il militare soprattutto per non dover bere birra nelle ore libere con gente come me. Ecco, evitai di fare tutte queste cose non perché non mi piacessero o le giudicassi orrende ma perché temevo che poi mi sarebbero piaciute. Temevo di fare gruppo, di condividere idee e valori, di sentirmi una parte di un corpo, il braccio, la testa o la gamba, fate voi. Avevo paura di sentirmi realizzato a fare quelle cose. Ancora adesso, di notte, mi capita di sognare di far parte di un gruppo affiatato che vince su altri gruppi (proprio stanotte ho fatto questo sogno).
Sogno di stare bene in modo acritico con gli altri. E allora mi sveglio tutto sudato. Perché so che quando si sta tutti assieme e la disciplina è la stessa e gli ideali sono gli stessi e la zuppa è la stessa e il passo della marcia è lo stesso, finisce che ci si trova un nemico, un altro corpo fatto da piccole parti, che ha idee diverse dalle nostre, che ha un passo di marcia diverso, che ha divise diverse, che preferisce bere birre diverse. E allora la disciplina, la rigidità, l’educazione imposta, la regola calata dall’alto trovano, solo per un momento, un ostacolo. E si uccide.
Ecco, decisi di non fare il militare non per non dover uccidere ma per paura di imparare ad amare troppo i miei compagni soldati. Che io già mi affeziono molto ai colleghi di lavoro, figuratevi voi i soldati che condividono con me la paura di morire e i litri di birra bevuti in libera uscita. Ecco, non ho fatto il militare per paura di un sentimento. Che stupido che sono, vero?
Non ho fatto il militare per paura di ritrovarmi a pisciare addosso al cadavere del nemico. Quel nemico che non è come noi e che ha provato a sparare al mio compagno di branda che voi non immaginate neppure quanto è simpatico. La guerra, per me, è questa cosa: non è l'ordine di sparare ma è l'ordine di condividere così intensamente sentimenti e metri quadrati di terra da arrivare a pensare di poter pisciare sul corpo di chi tutto questo vuole togliercelo. E guardate che io al cadavere del nemico gli piscerei addosso e gli farei anche di peggio, in guerra. Perché è questa la logica della guerra e non credo a chi mi dice che è invece un’aberrazione della logica di guerra. Insomma, siccome avevo paura di ritrovarmi a fare cose sgradevoli ho deciso di fare l’obbiettore di coscienza e di stare distante dalla caserma, che la caserma e lo spirito di gruppo ti cambiano. Basta poco.
Ecco, decisi di non fare il militare non per non dover uccidere ma per paura di imparare ad amare troppo i miei compagni soldati. Che io già mi affeziono molto ai colleghi di lavoro, figuratevi voi i soldati che condividono con me la paura di morire e i litri di birra bevuti in libera uscita. Ecco, non ho fatto il militare per paura di un sentimento. Che stupido che sono, vero?
Non ho fatto il militare per paura di ritrovarmi a pisciare addosso al cadavere del nemico. Quel nemico che non è come noi e che ha provato a sparare al mio compagno di branda che voi non immaginate neppure quanto è simpatico. La guerra, per me, è questa cosa: non è l'ordine di sparare ma è l'ordine di condividere così intensamente sentimenti e metri quadrati di terra da arrivare a pensare di poter pisciare sul corpo di chi tutto questo vuole togliercelo. E guardate che io al cadavere del nemico gli piscerei addosso e gli farei anche di peggio, in guerra. Perché è questa la logica della guerra e non credo a chi mi dice che è invece un’aberrazione della logica di guerra. Insomma, siccome avevo paura di ritrovarmi a fare cose sgradevoli ho deciso di fare l’obbiettore di coscienza e di stare distante dalla caserma, che la caserma e lo spirito di gruppo ti cambiano. Basta poco.
Perchè poi rispettare il corpo morto, di una persona che hai ucciso tu, è più onorevole che rispettare il corpo vivo della stessa persona?. Non è aberrante il fatto stesso di uccidere? Certo, uccidere e poi pisciare sul cadavere è proprio cattiveria, vero? Meglio uccidere e poi dire una preghiera, così i peccati verranno assolti ed il paradiso garantito.
RispondiEliminaNon ho niente da dire, se non che questi sono i tuoi pezzi migliori. Personalmente credo che questo di oggi sia un pezzo che parla anche di "maschi", di un punto di vista sincero di cosa prova un uomo, in un contesto del genere. e non che una donna non abbia la paura di stare insieme in modo "acritico", mi riferisco ai pezzi successivi, a quell'eventualità di autocompiacimento, di cinico distacco e al tempo stesso di sentimentale adesione a qualcosa di sbagliato, ma aggregante. forse dovrei essere più chiara. non sto facendo il discorso sempliciotto che le donne sono buone e portatrici di pace; sto dicendo che mi sono trovata a fare questo discorso con uomini molto di spessore umano e morale, e laddove io mi dimostravo sostanzialmente pacifista non ideologicamente, ma, come dire, naturalmente, perchè totalmente disinteressata dalle dinamiche e da ciò che rappresenta quel tipo di contesto, le persone con cui interloquivo avevano tutte questa strana coscienza di prender le distanze come se dentro ci fosse qualcosa che avrebbe potuto farli combaciare con quel contesto là. che è un po' come dire la tanto emblematica situazione in cui da adolescenti, in certi luoghi, ci si muove in gruppo dalle prostitute, e c'è sempre il ragazzetto in disparte, che non per timidezza, non per paura, ma già per coscienza, per sapienza che "potrebbe" ma non vuole, decide di dissociarsi. Non so. credo che gli uomini facciano meno delle cose questioni morali. gli uomini si rispettano di più, tra gli altri uomini, in un certo senso. riconoscono nell'altro la spietatezza e la forza e l'ottusità malvage che potrebbero prendere in loro il sopravvento. per questo io amo davvero l'uomo che davanti ad un uccellino è pienamente cosciente di poterlo uccidere, ma sceglie di non farlo. credo che la forza sia quella, e non la mancanza di forza.
RispondiEliminail tuo pezzo di oggi mi piace molto perchè mi parla di queste mie sensazioni, intuzioni, consapevolezze mancate sugli uomini; mi affascina e mi fa capire che sono nella direzione giusta nel voler capire davvero in cosa consiste la bellezza autentica di un uomo "diverso". (ti sto prendendo a modello disagia', :). è un pezzo però pure che mi infastidisce in qualche modo, che mi risulta, in qualche modo, maschilista. più che il pezzo, proprio la posizione che sostieni, mi tradisce un certo maschilismo. questo franco ammettere le proprio spinte più "disumane", questa intima e più profonda condivisione pasoliniana con i "bruti", fatti delle nostre stesse viscere. non so, mi perplime. basta questo, mi chiedo, questa continenza, per stare dall'altra parte della barricata? e allora mi chiedo perchè siamo disagiati? non avremmo forse voluto davvero essere come loro, avere il coraggio di essere quel qualcosa di viscerale che ci portiamo dentro, e che rinneghiamo? a volte la posizione più poetica è la posizione più ambigua. io sono d'accordo con il convivere con chi si è in fondo veramente: non si possono sopprimere degli istinti. ma fare una scelta sì, e non per paura, ovvero per vigliaccheria. bensì proprio una scelta. un dire sì ok, sarò anche così, ma è una minima parte. la parte che voglio essere è l'altra.
mi rendo conto di essere stata molto ellittica, e magmatica. ma io scrivo così, con urgenza, quando leggo cose come questa.
Laura.
Laura,
RispondiEliminagrazie per le parole spese su questo post, davvero. Per il resto ribadisco quanto ho già scritto e cioè che il male lo si evita non con difese ideologiche, che spesso sono vulnerabili,corruttibili e sostituibili, ma semplicemente evitandolo, standone alla larga. O almeno io sono fatto così. Volevo dire che una volta che si è in guerra quasi tutto è, diciamo tra virgolette, giustificabile.
che i marines siano dei bastardi,purtroppo,non e' una novita'.si credono un corpo d'elite'.di bastardi ovviamente
RispondiEliminaCapisco quel che vuoi dire, e sottoscrivo.
RispondiEliminaDavvero questi sono i tuoi pezzi migliori. Quelli sul sentirsi sempre con un pezzo di coda fuori da qualunque porta. (Difficile, comunque porca vacca se è difficile, ma forse a te viene più naturale che a me, chissà).
RispondiEliminasì, io ho l'impressione quando vedo i ragazzi che fanno i militari, che siano tutti un po' invasati... è una specie di lavaggio del cervello... ti costringe a tutto quello che hai detto tu... e poi perchè? perchè qualcuno da qualche parte vuole più soldi? la guerra fa schifo.
RispondiEliminacomunque ti capisco in pieno, c'è qualcosa di affascinante nell'impugnare un arma, stare in divisa, vivere in un mondo ristretto, visitare posti diversi, perchè no, guadagnare anche soldi... e poi il patriottismo, e sparare, e la disciplina... capisco che possa essere estremamente allettante per chi si trova in difficoltà nella società... ma anche secondo me non è la via d'uscita...
Mi sveli un altro ed interessante punto di vista sulla scelta che ho fatto anch'io, ormai diverso tempo fa.
RispondiEliminaGrazie, pezzo davvero bello.
Dario
Post ineccepibile. Complimenti e ammirazione.
RispondiEliminami associo ai complimenti, condivido appieno il concetto.
RispondiEliminaMi complimento anch'io, approdata da poco in questo blog. Molto profonda e vera l'osservazione che la guerra "non è l'ordine di sparare ma è l'ordine di condividere così intensamente sentimenti e metri quadrati di terra da arrivare a pensare di poter pisciare sul corpo di chi tutto questo vuole togliercelo". Molto vero il timore - la consapevolezza (che non sempre abbiamo) - che non solo i marines, non solo gli "altri", ma ciascuno di noi potrebbe, una volta entrato in quello che a volte si definisce lo "spirito di corpo", arrivare a trovarsi il nemico e a uccidere e fare di tutto e di peggio.
RispondiEliminaMi piace inoltre come scrivi: stile leggero per un pensiero penetrante, libero da ogni banalità.
eppure a distanza di venticinque anni la naja è forse l'unica cosa che non cambierei della mia vita: non perchè fosse stato il periodo migliore (e non lo era proprio), ma perchè è stata l'unica vera occasione di convivere alla pari con persone tanto diverse da me per esperienze, istruzione, lavoro, comportamenti, cultura ...
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