mercoledì 11 aprile 2012

Dovremmo leggere i suoi libri

del Disagiato

Ma io mi chiedo: ma voi, Pier Paolo Pasolini, l’avete mai letto? Cioè, voglio dire, voi, oltre alle "Lettere luterane", agli "Scritti corsari" e alle solite due o tre poesie che oramai sono stampate anche sulle scatole per le pizze d’asporto, avete mai messo il naso tra le pagine di altri suoi libri? E avete mai visto un suo film? Io sì, io ho letto tutto e ho visto tutto. Spendendo un sacco di soldi ho comprato i Meridiani che raccolgono i saggi politici, i saggi sulla letteratura e sull’arte e poi ho comprato tre volumi Garzanti che raccolgono tutte le sue opere teatrali e poi ho anche un cofanetto con una buona parte dei suoi film in dvd e poi ho altro materiale da persona un po’ malata, noiosa, fissata e anche un po’ squilibrata. Vi dico questo non per vanto, ci mancherebbe, anche perché alla fine non è che abbia apprezzato tutto e poi non è che in testa mi siano rimaste tutte le sue pagine e tutte le scene dei suoi film. Però, com’è che a me non me ne frega niente delle circostanze che hanno portato alla morte dello scrittore?

Cioè, mi dispiace, vorrei tanto che fosse ancora vivo per dire la sua, ogni tanto mi ritrovo a chiedermi “chissà Pasolini cosa direbbe su tal dei tali o su questo fatto”, però devo ammettere che preferisco leggere i libri di Pasolini che star qua a discutere di Pasolini. Bordone, l’altro giorno, ha scritto un post bellissimo che parla non di Pasolini ma di un fenomeno bizzarro che si chiama “pasolinismo”. Questo fenomeno vuole che certa gente reputi Pier Paolo Pasolini un profeta. Ecco, Bordone dimostra un certo fastidio per questa atmosfera magica e religiosa che circonda lo scrittore e le sue parole. Parole, e questo lo dico io, sempre strappate da un contesto, mozzate, amputate, musicate.


Ecco, io, che sono un grandissimo appassionato di Pasolini, sono d’accordo con Bordone. Sono d’accordo con lui anche se alla fin fine sono fatto come sono fatti i lettori fanatici di Pasolini che lo stesso Bordone critica. Mi piace guardare Pasolini mentre gioca a pallone e se vedo una lucciola fingo di non vederla per poi poter dire: Non ci sono più le lucciole. (Le lucciole, però, non le vedo più per davvero. Non esco quasi più, rimango sempre a casa a guardare Bordone in televisione o a passare il mio tempo prezioso sull’internet e poi saranno dieci anni che non faccio più una passeggiata in campagna. Colpa di questa società malata. Aveva ragione Pasolini).

La mia domanda iniziale era per dire che si parla più di Pasolini che dei libri (e dei film) di Pasolini. Ma com’è potuto accadere? Anche ieri ho letto sul Corriere l’ennesimo articolo sulla morte di Pasolini. Anche questo è un bellissimo articolo (una recensione, più che altro), però, insomma, quando incominceremo a parlare delle opere di Pasolini? È da quando sono nato (1979) che sento dire le stesse cose: Pasolini era un profeta, Pasolini non era un profeta, Pasolini era un frocio, Pasolini era un pederasta, bisognerebbe riaprire il processo, bisognerebbe fare un film sulla morte di Pasolini, bisognerebbe fare un film sulla vita di Pasolini.

Meno male che c’è qualcuno che ricorda questo grandissimo scrittore, ma non sarebbe meglio giudicare le sue opere come facciamo con tutti gli scrittori (e magari leggere non i soliti due o tre libri bellissimi)? Non sarebbe il caso di valutarlo per quello che ha scritto per il teatro? Insomma, invece di star qua a pensare se riaprire o meno il processo, invece di decorare i localini alternativi con suggestive gigantografie di Pasolini, potremmo, magari, leggere i suoi libri.

E sono sicuro che così facendo i Fabio Volo e quelli che ritengono Pasolini un profeta si dimezzerebbero. Perché Pasolini è uno scrittore difficile e noioso come tutti i grandi scrittori e là dove sta la letteratura noiosa e difficile, sta poca gente: le cose prendono un altro andazzo, le pagine diventano meno citabili e musicabili. Poi, sia chiaro, Fabio Volo magari Pier Paolo Pasolini l’ha letto tutto quanto e non soltanto i versi più orecchiabili e ruffiani.

Era solo per dire che mi sembra (è una sensazione da telespettatore, da lettore e da libraio) che in molti facciano finta di aver letto Pasolini ma ugualmente ne parlano, ugualmente si riempiono la bocca di citazioni (sempre le stesse citazioni). Hanno letto i soliti due o tre versi, le solite due o tre interviste, i soliti due o tre memorabili saggi. Ecco, secondo me Pasolini è molto di più.

5 commenti:

  1. Confesso che non ho letto una riga di Pasolini, ma nemmeno mezza. Non me ne faccio un vanto, non è capitato ecco. E cmq non sarei in grado di citarlo.
    Dirò che non mi è mai nemmeno capitato qualcuno che me l'abbia spassionatamente consigliato né qualcuno che mi abbia regalato un suo libro.
    Mi hanno regalato invece un libro del buon fabio volo e mi ricordo bene chi è stato.

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  2. Di Pasolini non so praticamente nulla. Di Darwin qualcosa e posso assicurare che molti che parlano di quest'ultimo non hanno letto neppure L'origine delle specie. È il destino di molti essere ricordati solo di seconda mano e non attraverso la lettura dei propri scritti.
    Non so dove abiti, ma se tu fossi vicino ti inviterei alla serata che organizziamo ogni anno per ascoltare i gracidii delle rane e osservare le lucciole. Se sai dove cercare ne trovi ancora.

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  3. Sono completamente d' accordo. Poi, citi quel tal Volo che l' ha citato (? non lo so, te lo chiedo: io non conosco Volo) ed in merito non mi esprimo.
    I profeti non hanno dubbi: sanno.
    Pasolini era un uomo, un poeta, un intellettuale lacerato dal senso intimo della contraddizione.
    Appioppare etichette è lo sport nazionale, comunque sia, ed è appannaggio del pensiero mediocre.

    Un' osservazione, però, sul suo assassinio: la sua è una morte anche politica. Questa sarebbe una ragione per non smettere affatto di parlarne, ma non certo a fini celebrativi. Anzi: è un dovere, giacché è stata ed è rimasta oscura.
    Quando è stato ammazzato stava scrivendo "Petrolio", con precise denunce, nomi e cognomi della classe dirigente e politica corrotta e collusa.
    Certamente non ne sapremo mai nulla di più, ne convengo.
    Ma se le morti eccellenti servissero almeno al cittadino per imparare a dubitare, a controllare, a porsi sempre domande e pungolare il Potere esigendo giustizia e verità, sarebbero meno perdutamente inutili e tragiche.

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  4. Ecco, volevo dire che le morti eccellenti potrebbero servire a far leggere i libri del morto.

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  5. Dovremmo anche avere il tempo (non solo la voglia) di insegnarlo a scuola. Ricordo che di tutto un programma di quinta liceo, tre anni fa, chiesi ai ragazzi cosa fosse loro piaciuto di più. Risposero: Pasolini (tempo dedicato: due ore più una conferenza, per fortuna, dell'attore Carlo Mega). Quest'anno ci riprovo con una classe meno brillante: dovrebbero aver letto ragazzi di vita durante le vacanze di Pasqua, ne ho approfittato per rileggerlo anche io.

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)