Vi ricordate di quando avevate da fare i compiti? Ecco, io sì, me lo ricordo; e immagino quindi anche voi. E immagino pertanto che vi ricordiate anche piuttosto bene che, generalmente, i compiti non erano una cosa che amavate fare. O almeno io, da ragazzo (e con me tutti i ragazzi che conoscevo), odiavo fare i compiti: odiavo gli esercizi di matematica e le versioni di latino (di più le versioni dai latino, però, lo confesso), odiavo certi disegni e certe relazioni dei libri letti (e di più le relazioni però, confesso anche questo). E, per quanto io mi ricordi, tutti i miei amici compagni di classe e i miei coetanei odiavano, come me, fare i compiti e studiare; e speravamo sempre di non avere compiti da fare; e preferivamo di gran lunga i pomeriggi in cui non c'erano compiti da fare rispetto a quelli in cui c'era un pacco di esercizi di matematica e pure una maledetta versione dal latino. Sì, è ovvio.
Scrivo infatti questa banalissima ovvietà soltanto perché il dibattito centrale della settimana scorsa sulla scuola italiana, non ci crederete, ha riguardato proprio i compiti. Come se non ci fosse altro di cui discutere; e, come se un uomo avesse morso un cane, è venuto fuori che agli studenti non piace fare i compiti.
E, badate bene, questo interessante e originale e imprevedibile dibattito ha coinvolto tutti: i presidi, le associazioni varie e titolate dei genitori e dei cugini, la psicologa dei ricchi e lo psicologo dei poveri, l'esperto di didattica e il pedagogo in pensione, e poi, alla fine, tanto per non farsi mancare nulla, pure il ministro. Quello tecnico, non quello sprovveduto che si chiamava Mariastella: no, proprio il «tecnico», colui che sa bene quello che dice. E che ha detto che sì, in effetti, i compiti sono una cosa noiosa, e poi i ragazzi li copiano dall'internet e allora ci vogliono altri «stimoli» (parola davanti alla quale io in genere vomito, ma ho fatto un'eccezione, per questa volta); benché qualcuno abbia precisato che questo è un discorso che vale per i più piccoli, mentre i grandi (cioè i miei alunni) possono serenamente fare i compiti, noiosi come sempre sono stati, e pazienza.
E però, a leggere bene tutti questi articoli sui compiti a casa (come ho provato a fare io, benché incredulo e del tutto privo di entusiasmo) ci si rendeva subito conto che la parola che più ricorreva in essi non era la parola «compiti» e nemmeno la parola «studenti» (e neppure il termine «stimoli»): bensì, sorprendentemente, la parola «genitori». E si capiva, quasi subito, che il problema «compiti» era in sostanza un problema dei genitori, non degli studenti. I quali continuano a essere come eravamo io e i miei coetanei più di vent'anni fa; vale a dire fancazzisti di primissima categoria, che appena si può risparmiare su qualsiasi sforzo ci provano con tutti i mezzi, leciti e illeciti.
Invece, i genitori: le associazioni dei genitori, quelle laiche come quelle cattoliche, gli psicologi genitori e gli psicologi dei genitori, quelli separati e quelli no, tutti i genitori, sempre e comunque loro: sono i genitori che non vogliono i compiti a casa, ecco il problema. Sono loro che parlano di «troppi compiti» (i ragazzi, quasi in contemporanea, hanno confessato su skuola.net di non fare pressoché nulla, beata ingenuità), sono loro che non li vogliono fare. E perché i genitori?
Perché, almeno fino alle medie, sono proprio i genitori a fare i compiti.
Infatti, da qualche anno in qua, è invalsa e diffusissima la viziosa abitudine che siano i genitori a fare i compiti insieme a i figli, sempre. Ripeto: sempre, non una volta ogni tanto, in casi eccezionali e quindi comprensibili; ma sempre, tutti i giorni. «Altrimenti non li fanno» mi dice mia sorella, che ha due bimbi piccoli. «E tu lascia che non li facciano» le dico io, che sono un insegnante. «E se poi prendono un brutto voto?» mi dice mia sorella, e io starei per dirle che magari, quel brutto voto sarebbe proprio quello che la prossima volta la convincerebbe a fare i compiti da sola, magari... Ma non ho il tempo per dirglielo, perché lei mi sta mettendo giù il telefono, perché deve fare i compiti di quarta elementare con sua figlia, che nel frattempo strilla che non li vuole fare, e quindi lei, la mamma, non può mica perdere il suo tempo con me.
E infatti poi succede che questi ragazzi mi arrivano in prima liceo e almeno una buona metà di loro fa i compiti con la mamma, a quattordici anni; oppure non è in grado (o si rifiuta) di studiare se la mamma non lo ascolta ripetere la lezione. Oppure, visto che la mamma dopo un po' di anni si è scocciata (o non sa il latino), va a fare i compiti da qualche studente universitario vicino di casa che, per 12 o 15 euro all'ora, fa i compiti (frasi di mia invenzione, anche dall'italiano, che dall'Internet mica si possono copiare) al posto del mio alunno che intanto annuisce e sonnecchia. E va a finire che io ho alunni del tutto impreparati ma con quaderni splendidi, con esercizi di latino perfetti (che ogni tanto spero che passino alla storia, tipo codice di Hammurabi); e poi ho mamme che vengono ai colloqui e mi dicono il classico: «Studia tutto il giorno, fa sempre tutti i compiti, non è possibile che abbia 4». È possibile invece, è quasi inevitabile: perché i compiti li fa qualcun altro, per amore o a pagamento.
Ma insomma, avete capito quello che sta succedendo, posso smettere di scrivere e andare a correggere i compiti in classe dei miei alunni: sta succedendo che c'è qualcuno che non vuole fare i compiti, in Italia.
E non sono più solo gli studenti, che da sempre non ne hanno avuto voglia e ci mancherebbe ancora (mi preoccuperei se volessero farli: chiamerei un medico...). No, sono i genitori degli studenti, che testualmente dicono che «non più di mezz'ora», perché sono stanchi, di fare i compiti o di pagare. Perché sono davvero (e li capisco anche) troppo stanchi di lavorare dieci ore e poi tornare a casa e dover fare anche i compiti... E siccome hanno trovato qualche esperto di pedagogia che dà loro ragione (si trova chiunque, di questi tempi) si fanno forti, e lo dicono ad alta voce: Non vogliamo più fare i compiti, ci ribelliamo, abbasso la squola!
Mentre i loro figli e studenti li guardano, beata gioventù, sorridenti e un po' stupiti.
Dubito sempre di chi dice "i MIEI studenti", "MI arrivano"
RispondiEliminaPerché? Dubiti di che cosa, esattamente?
EliminaIo dubito di chi usa le maiuscole, invece.
EliminaIn Italia è ormai qualche decennio che abbiamo deciso di fot*** le nuove generazioni. Abbiamo deciso che bisogna rimuovere tutti gli ostacoli, le difficoltà, i problemi e lasciare i giovani in una bolla asettica fino almeno ai 25 anni.
RispondiEliminaLo hanno fatto con me, che ho passato i 3o, e adesso quelli che hanno la mia età lo fanno con i propri figli.
La scuola deve essere sempre più facile per tutti, l'università deve essere sempre più facile per tutti (personalmente, ho fatto l'università con gente che voleva laurearsi in archeologia e pretendeva di farlo senza sapere il greco e il latino. E ce l'hanno fatta tutti).
Ovviamente prima o poi dalla bolla esci e per forza di cose non sei preparato a quello che c'è fuori dalla bolla. Io bene o male mi sono salvato perché avevo dei genitori all'antica, di quelli che se prendevi un brutto voto si incazzavano perché voleva dire che non avevi studiato abbastanza, che se prendevi una nota raddoppiavano la dose e poi andavano a parlare coi professori per essere sicuri che non avessi omesso niente. Ma se avessi avuto solo l'educazione "scolastica" a quest'ora chissà dove sarei.
Io ho smesso di dare ripetizione di greco quando i genitori hanno cominciato a portarmi i ragazzini perché gli facessi i compiti, anziché aiutarli a imparare. Era la cosa più insensata che potessero fare e per me era anche incredibilmente noiosa (fare versioni da 4 ginnasio non stimola particolarmente l'intelletto).
Ho iniziato a sparare prezzi così alti che alla fine si sono tolti dai piedi. Una semplice tassa sulla stupidità :-) Mi dispiace solo per i ragazzi, che almeno fino ad una certa età non hanno colpe ed hanno il diritto di essere preparati ed educati alla vita che li aspetta.
Li stiamo fot***do e non ce ne rendiamo nemmeno conto.
Tu sai che non sono lontano da questo tuo modo di pensare. Ora non ho tempo (mi scuso con te e con tutti) perché ho un pomeriggio impegnato fino alle 19. Stasera o domattina proverò a rispondere con calma a tutte le sollecitazioni. Grazie.
EliminaLo dicevo già dalla Bionda: sono andata in una scuola che ci ha abituato a fare i compiti da soli, perché il tempo pieno comprendeva del doposcuola (e i quaderni dei compiti 'a casa', tranne il mercoledì che c'era lectio brevis, li lasciavi lì). Proibito lavorare in gruppo. E una educatrice a controllarci. Si impara, a fare da soli, eccome se si impara...! (E qui ritorniamo alla riforma della scuola che dovrebbe passare dall'edilizia e dalla riorganizzazione del tempo... Già).
RispondiEliminaHo un collega che aiuta il figlio a fare i compiti e quest'anno la creatura ha la maturità e il prossimo vuole iscriversi a ingegneria. Sarà un caso che il padre è ingegnere?
RispondiElimina"Papà, vieni al compito di analisi due così mi fai copiare?"
Ciao Scorfano, ricordo mio figlio minore, al quale, in 1a elementare, cercavano di inculcare il "metodo di lettura veloce", al posto della sillabazione. (gli esperti!!!!). Risultato: lui usava il suo vocabolario ridotto per immaginare come potesse finire una parola!!!. Le maestre, (categoria di insegnanti che aborrisco) continuavano ad insistere affinché a casa facessimo leggere, ai bambini. Leggere cosa? testi che non potevano comprendere perché usciva un'accozzaglia di parole senza alcun significato. Infatti mio figlio, con mio grave dispiacere, ha letto pochissimo, in vita sua. Io ho litigato, con le maestre, s'intende, spiegando loro che il mio compito non era fare il boia di mio figlio (testuale), erano loro che dovevano assegnare i compiti.Compito mio era verificare che li facesse. Nella vita ho anche imparato che più si fatica nell'imparare qualcosa, meglio si conosce quel qualcosa, forse perché il cervello fa scattare un meccanismo di comprensione del qualcosa, per fare meno fatica.
RispondiEliminaCiao e complimenti. Falcolibero
Falcolibero
EliminaPosso fare una domanda polemica? (arrivo pure con un po' di ritardo: in casa tua quanto si legge, bambini esclusi?
Uqbal
Be da dove inizio......... Ho due figlie, una ormai già laureata, ma dalla 2 alla 4 superiore mi hà letteralmente fatta dannare (in 3 è riuscita a collezzionare 7 buche nella prima pagellina, "aggiustate" sotto minaccia di sequestro del motorino)....
RispondiEliminaAdesso la piccola è al liceo, premetto che alle medie aveva la media dell' ottimo (dovrebbe essere un 8 ), prima pagellina 6 buche con latino scritto (3) e orale (4)......... In gennaio ci muore la cagnolina di casa (aveva ormai 17 anni), e mia figlia piccola decide di regalare un cane alla sorella (era sua quella morta, e le due sorelle sono attacattissime, quando piange la grande, la piccola le si attacca in maniera spaventosa)......... Naturalmente io per andare sul sicuro dico alla piccola "non c'è problema, le puoi regalare anche due cani, se riesci a prendere 7 nel compito di latino e matematica........."
Adesso mi ritrovo con due cani pastori nuovi................
Questo per dimostrare che i ns. cari angioletti sono dei veri e propri "bastardi".................................
Ciao da Rita
Apprezzata molto la storia, Rita. ;)
EliminaMi ha divertito, questo tuo post. Bella forza, i miei figli ormai hanno più o meno la tua età, ormai nessuna sQuola più li potrà rovinare, e non ho nipoti! Per cui posso divertirmi a ricordare i tempi in cui ero io a non studiare e non fare i compiti (ho sempre letto moltissimo, fino a rovinarmi la vista, purché non fossero libri di scuola). I miei genitori però non mi hanno mai né stimolata né aiutata, tutt'al più firmavano le inevitabili "note". Ricordo che alle elementari (vattelapesca come si chiamano ora) mia nonna mi faceva ripetere la lezione, fin lì ci arrivava, ma dalle medie in poi non avrebbe potuto, ai SUOI tempi una signorina del suo ceto si ricamava il corredo, altro che scuola! solo la sua sorella minore poté completare gli studi (niente università, però). I miei figli sono stati un pochino aiutati e stimolati da me e mio marito, ma neanche parlarne di fare i loro compiti! ricordo di aver aiutato due o tre volte con le traduzioni di latino l'unica figlia che l'ha studiato, e poi basta. Ma hanno superato bene tutti e tre l'esame di maturità, e se solo l'ultima è arrivata a una brillante laurea è perché gli altri hanno preferito lavorare.
RispondiEliminaIl fatto però che il tuo post mi diverta non toglie che io sia pienamente d'accordo con Tommy: stiamo togliendo ai giovani ogni responsabilità e l'impegno a superare da sé gli ostacoli, il che non li prepara certo alla vita che li aspetta, decisamente più difficile di quanto sia stata la nostra (quando avevo venti o trent'anni, per trovare un buon lavoro era sufficiente volerlo cercare...).
Mi ha intenerito vedere che ancora usi il desueto termine di "preside", mio figlio ormai da tempo chiama "dirigente" quello della scuola dove insegna! per me, ex impiegata di segreteria, i presidi rimarranno per sempre presidi.
Sì., hai ragione, dovevo dire "dirigenti"... Non mi abituerò mai, però.
EliminaMa allora ci sta tutta la storia dei bamboccioni.
RispondiEliminaEh, questa è una bella questione. A volte lo penso anch'io, altre volte penso che è una generalizzazione e, come tale, non significa nulla. Però un qualche fondamento (o almeno la necessità di discuterci sopra) quel termine lo trovava.
EliminaProbabilmente hai ragione, anche se io sono un seguace delle teorie di Sir ken Robinson e credo che non sia certo oberare i ragazzi di compiti a casa a renderli migliori.
RispondiEliminaTuttavia avendo una figlia dislessica che frequenta la prima media io e mia moglie siamo comunque obbligati a seguirla costantemente durante i compiti a casa.
Io non credo affatto che sia necessario dare tanti compiti, anzi. Credo che sia importante darne pochi (pochissimi, o niente per le vacanze). Però, allo stesso tempo, credo che sia decisivo che quei pochi vengano fatti dagli studenti, e solo da loro.
EliminaBuona visione
RispondiEliminahttp://youtu.be/SVeNeN4MoNU
Tutto condivisibile. Purtroppo molti non si rendono conto che i figli si troveranno (ma forse già si trovano) in concorrenza con indiani, cinesi, giapponesi, magari anche africani molto motivati, che i compiti li fanno, eccome, ed escono dalle scuole preparatissimi. Come farà il nostro disgraziato paese a reggere sulla scena mondiale se va avanti così?
RispondiEliminaAdriano, un gatto molto spelacchiato
La concorrenze di indiani e cinesi è ormai uno degli argomenti che uso di più a scuola, tutte le mattine. Ma non ottiene grande successo ...
EliminaQuand'ero alle elementari, svolgevo i compiti con precisione e solerzia. Alle medie iniziavo a perdere la voglia. Al liceo pensavo di aver sbagliato ogni cosa.
RispondiEliminaE però, in tutto questo degradare, i miei genitori non mi hanno mai aiutato.
(Alle 7 del mattino, però, mia mamma mi interrogava sulle tabelline. Allora ero piuttosto sveglio. Ora non più. Preferisco leggere il blog del Disagiato e dello Scorfano, scrivere sul mio, e annoiarmi serenamente.)
Una domanda sorge spontanea: perché non istituire un "pagellino" per i genitori? Magari si sentirebbero stimolati... e tornerebbero a fare i compiti! :D
Quel pirla del nomade
Il "pagellino" con i voti più alti per chi non li fa... ;)
EliminaNaturalmente ;)
EliminaAdriano, non occorre andare lontano: io vivo in Germania e qui il sistema formativo, banché non sia più quello - glorioso- dei tempi passati, istruisce i ragazzi e soprattutto non si risparmia i feedback negativi, mette paletti e filtri e, benché l'istruzione sia considerata un diritto universale, non si sognano nemmeno di accettare chiunque in qualunque scuola o facoltà.
RispondiEliminaFino a qualche tempo fa a 14 anni la scuola ti diceva se eri buono per gli studi superiori (università o Fachhochschule) oppure no. Certo era un sistema duro, ma poi si capisce come mai la Germania sia sempre stata una potenza economica, pur essendo una nazione giovane, devastata da due guerre mondiali e tenuta sotto occupazione e spezzata in due 50 anni.
i genitori fanno i compiti a casa coi figli perché sono i docenti a consigliarlo ("faccia lei a casa che a scuola suo figlio non lavora") e perché molto spesso, con l'ansia di fare tutto il "di tutto e di più" che ora si fa (male) nella scuola dell'obbligo, in classe non c'è tempo per astpettare e rispettare i ritmi e i tempi di ognuno.
RispondiEliminail risultato è che questa sta ridiventando una scuola i classe nella quale chi ha genitori disponibili (istruiti a loro volta o almeno capaci di pagare ripetizioni) va avanti e gli altri (tanti altri) no.
Allora sono un'eccezione. Mi stupisco tipo così "ma come, non vi ha dato compiti la tal dei tali?". E poi non glieli faccio, ma lo seguo questo sì. Prima controllavo che li facesse bene e tutti, adesso mi limito a dare un'occhiata: è in seconda media, pian piano diventa autonomo. L'obiettivo è appunto che faccia tutto da solo anche dal punto di vista organizzativo, ci stiamo arrivando.
RispondiEliminaEcco, questo mi sembra un atteggiamento sano: una supervisione, un appoggio, non una sostituzione. E soprattutto l'ìobiettivo dell'autonomia, che è poi, a mio parere, la questione fondamentale.
EliminaP.S. anche a me, quando sento dire che gli alunni vanno "stimolati" viene una certa sensazione di fastidio... :-))
RispondiElimina;)
EliminaGuarda, LS, lo so che già c'è o ci sarà, ma lo condivido anche io su FB! E anche da qualche altra parte!
RispondiEliminag
mamma mia, scorf, sante parole!
RispondiElimina(ti copioincollo il commento che lasciai dalla bionda)
"Io ho fatto la scuola elementare a tempo pieno, quella degli anni ’80: compresenze, uscite, laboratori, piscina, inglese con insegnante madrelingua, due insegnanti meravigliose che mi hanno insegnato buona parte di quello che so, ma che erano convinte della struttura del TP e quindi non ci hanno mai dato neppure mezzo compito.
ebbene, arrivata in I media avevo delle ottime basi ma ero assolutamente incapace di organizzarmi per fare i compiti: nei primi tre mesi mi amadre mi ha seguita passo passo e studiavo fino alle 10 di sera, non perché non fossi in grado di fare i compiti, ma perché non sapevo letteralmente da che parte cominciare (non avevo mai neanche scritto i compiti sul diario!). viste le mie difficoltà (e io ero la più brava della classe e avevo una madre diplomata maestra alle spalle, immaginatevi i miei compagni) e visto che mia sorella iniziava, proprio quell’anno, la I elementare con le stesse maestre, mia madre fece presente la situazione: loro capirono benissimo e cominciarono gradualmente a dare compiti, prima solo nel fine settimana, poi anche durante la settimana. e la vita di mia sorella all’inizio delle medie fu decisamente più semplice della mia.
insomma: prima o poi, bisogna a cominciare a lavorare da soli. cum grano salis, prima si comincia meglio è."
Arrivo, alla fine, ma arrivo...avevo scritto anche io un post.
RispondiEliminahttp://labiondaprof.wordpress.com/2012/03/28/no-ai-compitila-scuola-e-un-villaggio-vacanze-all-inclusive/
In sintesi: sì ai compiti, pochi ma pertinenti. Correggerli sempre a scuola, se no sono inutili. No ai genitori che fanno i compiti con i figli, accanto ai figli, al posto dei figli. No ai genitori che si lamentano dei troppi compiti e poi iscrivono i figli a danza, flauto traverso, tennis, nuoto e scherma. No a chi non capisce che i compiti non nascono come atto sadico dei professori, ma come esercizio per verificare se si è capito cosa si è fatto a scuola, per consolidare conoscenze e sviluppare competenze.
Alle elementari non avevo mai compiti, solo la lezione a casa da studiare.Avevo una delle maestre più severe della scuola, che pensava che si dovesse lavorare in classe, per cui rispetto alle altre classi intervallo brevissimo sempre e solo in aula senza perdere tempo,ovviamnete nessuna gita, ma in compenso schede differenziate, davvero tutte diverse e scritte rigorosamente a mano, di grammatica, ortografia,o con problemi, conticini ed equivalenze, giochini logici, che ci venivano consegnate mentre magari gli altri disegnavano o in tempi diversi e che qualcuno andava spontaneamente a chiedere all'insegnante, credo per portare a casa un bel voto in più.(oggi si parlerebbe di itinerari individualizzati, di stimoli ;)
RispondiEliminaAlle medie ricordo una classe molto solidale e un gran passaggio di quaderni e copiatura di compiti,ben presto scoperta e denuciata ai genitori, il cui arduo compito fu in reltà quello di indurci a desistere, di farci capire che era un falso aiuto quello che ci davamo.
Al ginnasio nessuno osava non fare un compito,ma quelli che potevano contare su una possibile collaborazione dei genitori per studi analoghi credo non fossero poi molti.
Io e la mia compagna di banco oltre a controllarci i compiti al telefono quotidianamente arrivammo ad assegnarci qualche versione in più in vista del compito in classe. (Eravamo abbastanza imbecilli, ma un paio di volte beccamo la versione!)
Vuoi vedere che eravamo una generazione davvero più autonoma!
Mi sa che l'ho scritto anche con una punta di orgoglio, allora mi chiedo cosa ci spinga a essere cosi dannosamente iperprotettivi nei confronti dei nostri figli, al punto da combatterne anche le loro eventuali battaglie.
Forse non abbiamo ben compreso la consegna.
Combattere. ( Scrivo a ore impossibili, dopo che ho cullato. Il "nostri figli" è generazionale)
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