Si dice: i quarantenni. E io, che dovrei sentirmi coinvolto e chiamato in causa, perché ho appunto poco più di quarant'anni, faccio parecchia fatica a sentirmi tale. Storco la bocca e digrigno i denti, anche se piano: perché so di non avere niente in comune con il quarantenne che abita di fronte a me e tutte le sere torna a casa e bacia la moglie e i suoi due figli, io che non ho né moglie né figli; e non ho niente in comune nemmeno con quell'altro quarantenne, che abita un po' più in là e che invece, mentre il primo quarantenne rientra in casa e bacia i figli, esce di casa e va sulle strade di periferia, ad affittarsi in macchina, per mezz'ora, una prostituta, la prima che trova che trova ai bordi della città.
Si dice: i quarantenni, e io penso che no, non si sta parlando di me. E quando si dice i settantenni, io, che conosco bene mio padre, la sua vitalità, le sue passioni immutate, so che no, non si sta parlando di lui. E poi si dice, ovviamente, i quattordicenni e io allora penso che no, non si sta parlando dei miei alunni. I quali sono venti quattordicenni, ma non sono i. Sono esattamente loro venti, invece, con quei nomi e quei sorrisi e quelle parole e quegli sguardi che a volte (ma solo a volte) vorresti quasi alzarti e abbracciarli; mentre altre volte (la maggior parte delle volte) vorresti prenderli a sberle in faccia, ma per fortuna hai imparato a restare seduto.
E quindi si dice: i quattordicenni, e io già faccio fatica a continuare ad ascoltare, perché non so se quello che ascolto io sia quello che intendono loro. E poi, è inevitabile, si dice anche: il futuro dei quattordicenni, la mentalità dei quattordicenni, la sessualità dei quattordicenni, e io allora (sul serio) non capisco più di cosa si stia parlando, davvero, purtroppo non lo capisco più. Perché io, per esempio, posso parlarvi della mia sessualità di quando ero un quattordicenne: ma sarebbe sbagliato, non avrebbe senso. Io, a 14 anni, ero un cretino, un ingenuo, non immaginavo nemmeno che davvero ci si baciasse con la lingua, pensavo fosse solo un modo di dire, ve lo giuro. E non mi rendevo conto che intorno a me, invece, c'erano altri quattordicenni (altri come me, con cui io scambiavo le figurine, con cui giocavo a pallone, con cui andavo a nuotare e scherzavo e passavo il tempo) altri che già, con la loro ragazza di 14 anni, scopavano per esempio. L'ho saputo dopo, molti anni dopo e ne ho sorriso. Ma avevamo quattordici anni tutti e due, sia io, con i miei pensieri ingenui, sia lui, con il suo sesso adolescente. E dunque? Qual è la sessualità dei quattordicenni? La mia o la sua, così diverse?
E poi c'erano tutti gli altri, alcuni più simili a me e altri più simili a lui. E ognuno degli altri, oggi, immagino si ricordi cose diverse dalle mie, e mi immagino (anzi: lo so, per certo) che ognuno degli altri quando dice i quattordicenni pensa a come era lui a 14 anni (anzi, a come si ricorda di essere stato lui, a 14 anni: che non è affatto la stessa cosa) e non pensa a come ero io. E avevo 14 anni anch'io, però.
E poi, ancora, sempre sulla sessualità dei quattordicenni: la pornografia. Io ci penso sempre, quando guardo i miei alunni quattordicenni in classe, mentre mi parlano delle invasioni barbariche o della rinascita carolingia. Loro hanno la pornografia sul web, io non l'ho mai avuta; io avevo giornalini misteriosi guardati di soppiatto negli spogliatoi della palestra o della piscina, senza capirci niente; loro hanno il web, con tutto il repertorio possibile degli atti sessuali di ogni genere e numero e qualità, tutto quello che io ci ho messo 25 anni a scoprire che esisteva. E voi pensate che io possa parlare di loro? Cosa ne so io della sessualità quattordicenne ai tempi della pornografia? Io non ne so niente, perché ne ho 40, di anni (purtroppo); perché, per fare solo un esempio, la pornografia ha cambiato tutto, ha cambiato l'immaginario, e l'immaginario cambia l'idea che ci si fa del futuro e della felicità, e l'idea che ci si fa della felicità cambia la realtà e quindi cambia la vita. E non solo quella sessuale, tra l'altro.
Io vedo i miei quattordicenni, quelli che ho davanti e so che non so nulla di loro. Ho imparato che non sono né miei né quattordicenni, ho imparato (ci ho messo molto tempo, perché è cosa difficile assai da imparare bene) che loro sono Marco, Mattia, Silvia, Ilaria, Elena, Giacomo e altri, che se gli dici «ecco i quattordicenni» si girano per vedere se c'è qualcuno che sbuca alle loro spalle, ho imparato che loro hanno un nome, un cognome, una storia, una famiglia, una casa, una stanza tutta loro: che nessuno di loro è il pezzo di una classe ma che sono soltanto piccole (nemmeno tanto, alcuni) persone. Persone con una storia individuale irriducibile alla storia degli altri. Come la mia storia è irriducibile alla vostra storia, anche se avete 40 anni come me. Abbiamo qualcosa in comune? Sì, lo abbiamo (qualche ricordo televisivo, per esempio, di quelli che piacciono tanto a Fabio Fazio: Sandokan, Orzowei, Furia cavallo del West...) Ma non basta per essere uguali, non basta nemmeno per essere simili.
È questo che i miei quattordicenni mi gridano silenziosamente ogni mattina, mentre li guardo: mi urlano «non siamo i tuoi quattordicenni», non siamo quattordicenni, non abbiamo la sessualità dei quattordicenni, non sappiamo cosa sia, non la vogliamo avere, tientela tu, la tua sessualità dei quattordicenni. E io, con gli anni, ho un po' imparato ad ascoltare questo grido silenzioso. Cerco di non dire più la sessualità dei quattordicenni, perché non la conosco e non li conosco. Perché, per esempio, quando parlo con i loro genitori mi rendo conto che stiamo parlando di due persone diverse, che hanno, che strano, lo stesso nome e cognome. Perché mi sembra di parlare di qualcosa che non so, che non esiste, che è solo un mio ricordo della quattordicennità, deformato da tutti i giorni i mesi gli anni che nel frattempo sono passati.
Questo mi chiede un quattordicenne che viene per caso a parlare con me della sua squadra del cuore, delle sue difficoltà a scuola, del suo rapporto con il padre o della sua sessualità: mi chiede di essere lui e non uno con la sessualità quattordicenne, mi chiede di parlare con lui e di non infilarlo dentro un questionario sulla soddisfazione, qualsiasi genere di soddisfazione sia. Mi chiede in sostanza di parlare con lui e di ascoltare lui. E di rispondergli solo se ho qualcosa da dire a lui, qualcosa che magari a tutti gli altri a cui è capitato in sorte di avere la stessa età che ha lui, qualcosa che a loro non andrebbe affatto bene. E, altrimenti, di stare zitto.
Splendido post. Ti ammiro e ti ritwitto.
RispondiEliminaCondivido. Sin dalle prime righe "ho sentito" che era uno di "quei" post. Mannaggia lo Scorfano, con quel suo non so che (e ammetto di rosicare di non aver ancora decifrato di cosa è composto sto quid poetico scorfanesco...non so, deve essere quel suo ritmo lento e riflessivo, che sale piano piano, senza eccessi...quell'aurea mediocritas raffinatissima...), che ogni tanto dal cappello tira fuori una forma e una sostanza autentiche, e al tempo stesso accurate, e liriche...mah!
EliminaComplimenti, e buona giornata Sco'.
La tua prosa ci allieta, e ci emoziona. Contemporaneamente.
Laura.
Troppo gentili, entrambe. E molte grazie. :-)
EliminaC'è questa tendenza a uniformare le persone, come un unico target di marketing strategy.
RispondiElimina(C'è anche la tendenza a usare termini anglofoni perché fa figo, dicono.)
Se dovessi pensare a "I quattordicenni", "I quarantenni", ecc. mi ritroverei senz'altro fuori da queste categorie e dovrei suicidarmi. E' normale che l'appartenenza a un gruppo dia sicurezza, a discapito della personalità e dalla capacità di stare da soli per rispetto di sé stessi. Per dire, leggere è una cosa che mi fa sentire parecchio "estraneo"; non che me ne crucci particolarmente, intendiamoci.
Grazie per il post.
RispondiEliminailcomizietto
Mi viene da dire che già fatico ad inserirmi nella categoria "Commenti" che qui dentro non trovo dove si clicchi su "commenta" e non "Rispondi" ad altrui commenti, pensa come sono messa.
EliminaSarei una quarantaseienne con un figlio ventenne e due gemelli diciottenni. Sarei, dico, perchè mi sono ritrovata disegnata nitidamente nelle tue parole. Ai tempi dei quindicianni-miei avevo la mia amica quindicenne-a-modo-suo che era una finestra su un mondo diverso, io ancora stavo alla teoria (tipo: ma insomma che significano quei segni che hai sul collo? come si fa?), lei stava alla iper-pratica. Stessi anni, amiche strettissime ma due quindicenni assai differenti. Ti dico solo che una volta parlando degli spinelli e di quanto sia diffuso fumare (e di quanto sia difficile far passare il messaggio ai figli e relativi amici che va bene tutto, va bene faresperienza, va bene nondemonizzare ma bisogna sapersi dare dei limiti e non fumarsi il cervello perchè per andare "fuori" ci sono anche modi piu' belli e sani-tipo l'amore!-)vabè, dicevo, parlando di questo dicevo alla mia amica che "ai nostri tempi" a scuola non girava tutto sto fumo e che io neanche mai avevo visto "in faccia" uno spinello e lei mi dice "ma Quentin, non li vedevi tu che vivevi nel tuo mondo, guarda che giu' dalle scale dell'aula magna davanti ai bagni ci si trovava a farsi gli spinelli!"...COME?! Ma io dove stavo?!
Ecco, per dire che è come dici. Che non esiste categoria che tenga davanti alla nostra complessità ed al nostro multicolore modo di stare-al-mondo.
Applausi poi per quanto dici dei quattordicenni, in questi anni da "mamma" ne ho incontrati di maestri e di professori e le persone piu' belle e appassionate, quelle che riuscivano ad acchiapparsi l'attenzione e i cuori dei ragazzi erano sempre quelli che sapevano prescindere dalla propria quattordicenni(quindici-sedicietc)tà, quelli che stavano lì per mettere in circolo la conoscenza...
Ho parlato troppo...mi scusi Prof!
Mrs QT
PS: è sempre un piacere leggerla!
PSbis: non ho tempo di rileggere ergo chiedo perdono per i periodi confusi (sintatticamente e pure non...)
Grazie di tutto, Mrs QT. Dei tuoi racconti e dei tuoi complimenti, in generale.
EliminaCondivido appieno la tua idea (se posso darti del tu),
RispondiEliminapenso che oggi non siamo in grado di accorgerci di ciò che stà oltre ai nostri pensieri, alle nostre emozioni, od oltre i nostri stati d'animo attuali, e che ognuno sia diverso dall'altro, per questo, noi uomini e donne di quarant'anni non possiamo realmente immedesimarci in ciò che non abbiamo passato e non abbiamo provato sulla nostra pelle, per quanto possibile da immaginare.
Ci sarà sempre un qualcosa di "diverso" di cui ci accorgeremo in futuro, che ci insegni che siamo tutti diverso, per quanto simili ed appartenenti alla stessa razza umana, ci sarà sempre qualcuno che con il suo essere sarà "diverso" da noi.
Concludo dicendo che questo è un bene ed un male, tutto dipende da ciò che scegliamo.
Ciao.
P.S: Davvero bello questo post.
Ti ringrazio di avermi dato del tu, oltre che della tua puntualizzazione. Hai ragione, credo anch'io.
EliminaQuello che scrivi è anche una delle idee più affascinanti per me:
RispondiElimina"E' bene, quando una persona contraddice le nostre aspettative, quando è diversa dall'immagine che ce ne siamo fatta. Appartenere a un tipo significa la fine dell'uomo, la sua condanna. Se invece non si sa come catalogarlo, se non è caratteristico, allora possiede già metà dei requisiti desiderabili, è libero da se stesso, con un granello in sè di assoluto" (B.Pasternak, Dottor Zivago).
Resta poi intatto il problema di come questi essere assoluti e non catalogabili possano incontrarsi, e capirsi, e stimarsi; e cambiare per amore di qualcun altro (credo fosse questo anche il contenuto di un tuo post di qualche tempo fa: "la vita generale"... Giusto?)
Sì, credo anche io. In fondo è un argomento attorno al quale giro sempre, giorno dopo giorno: e credo di averci dedicato più di un post, in realtà...
EliminaBellissimo post. Ho sempre odiato le generalizzazioni, le stesse che fanno di un orfano un bambino buono e di un figlio unico un viziato (nella mia vita ho avuto modo di vedere l'assurdità della prima quanto della seconda convinzione)... io per esempio ho quasi quarant'anni e dentro sono di 14!
RispondiEliminaio invece volevo dirti, i tuoi alunni non vogliono fare da campione, anche tu non vuoi fare il campione.
RispondiEliminaperò ecco con questo post, lo sei, un campione ;-)
Grazie anche a te e a Palmy, chevvelodicoaffare... ;)
EliminaOra mi sento un po' imbarazzata perché stamattina, quasi in simultanea con te, ho postato qualcosa sui bambini in cui, marginalmente ma esplicitamente, ho parlato non troppo bene della fascia 13-18, generalizzando proprio come tu invece ci esorti a non fare. Io però un po' scherzavo :-)
RispondiEliminaLa verità, a ben vedere,m è che io faccio tutti i giorni, sul blog, quello che mi esorto a non fare. Ed è anche per questo che mi esorto (quasi tutti i giorni) a non farlo... ;)
EliminaSplendidamente d'accordo, con tutto. E soprattutto quando dici "come si ricorda di essere stato lui: che non è affatto la stessa cosa". Di questo ci si dimentica spessissimo, sì.
RispondiEliminaSì, la sottolinetaura era volontaria, infatti...
EliminaGrazie per questa sana analisi.
RispondiEliminaIn particolare, ho gioito nel saperla cosciente "che se gli dici «ecco i quattordicenni» si girano per vedere se c'è qualcuno che sbuca alle loro spalle". Personalmente, è una reazione che ho istintivamente ogni qualvolta qualcuno attacca con il canonico "i la-mia-fascia-d'età" accompanato dallo sfoggio di un - irritantissimo - sorriso complice.
Mi preoccupo. Io spesso mi sento più quattordicenne che quarantenne, pur avendo superato i quaranta...! ...sempre e comunque distante da ogni possibile categorizzazione. Concordo su tutto. solo che a volte c'è una distanza tale che non si riesce a colmare con niente... Ho trovato qualche settimana fa un mio diario di terza media, cinque mesi scritti fitti ogni giorno. L'ho riletto sorridendo, e ci ho ritrovato me, a cui non mi importava poi così tanto della scuola, ma mi importava degli amici, di scoprire, di sentirmi apprezzata per qualcosa, mi importava di vivere intensamente i giorni, e se non avevo niente da raccontare mi sembrava un giorno sprecato. Poi il giorno dopo sono entrata in classe e ho visto quelle facce a cui non importava un gran che della scuola, ma gli amici, le scoperte, sentirsi apprezzati, questo sì che importava. Non siamo poi così distanti, ho pensato.
RispondiEliminaQuesto post è fantastico, questo blog è fantastico! L'ho scoperto ieri per caso cercando l'immagine di un portariviste...credo sia chiaro e non un segreto che io e google abbiamo litigato ancor prima di conoscerci.
RispondiEliminaNon bisognerebbe dimenticarsi che tutti abbiamo avuto quattordici anni, ognuno a modo suo, con i propri sogni, paure e curiosità. Son d'accordo, non esiste una categoria nella quale infilarci dentro i quattordicenni piuttosto che i quarantenni, ma generalizzare fa più effetto di solito, dire "tutti" al posto di "alcuni" cambia del tutto.
Ancora complimenti per il vostro blog
Molte grazie, Lidia ;)
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