Un cattivo ci vuole per forza, in una storia che deve finire bene. E io credo che Roberto Maroni lo abbia subito capito, ancora prima che la storia leghista prendesse la forma e i contorni precisi che adesso ha preso: che un cattivo ci voleva e che doveva essere proprio uno molto cattivo, perché la storia era, questa volta, buia e pericolosa assai. E perché senza un cattivo che venga sconfitto e umiliato, non c'è redenzione né riscatto, e quindi non ci può nemmeno essere rinascita.
Ma la rinascita ci deve essere, invece: e deve essere al più presto, e quindi ci deve anche essere un cattivo. Lo sa Maroni, ma lo sanno bene anche gli sceneggiatori e i produttori di Hollywood, come lo sapeva Dante Alighieri, autore della Divina Commedia, e come lo sapevano ancora meglio i tragediografi dell'antica Grecia: il male va riconosciuto, esibito in scena e poi scacciato; il male va guardato negli occhi e deve fare un po' paura, prima di essere scacciato. Il male deve avere una faccia e un corpo contro i quali ci si possa, innocentemente, scagliare.
E quindi, capiamoci: la faccia di quella specie di buttafuori di periferia che è il tesoriere Belsito, francamente, non poteva proprio servire a niente. E pure il Trota, mamma mia, non è buono proprio a nulla neanche lui, nemmeno a fare il cattivo. Perché il cattivo deve essere un cattivo astuto e perfido e subdolamente ingannatore: e il Trota, diciamocelo chiaro, non ha dalla sua né l'astuzia né la perfidia. Non ha dalla sua proprio niente in realtà: se non quello sguardo, appunto, da pesce d'acqua dolce già grigliato, un po' stordito, come ben si conviene a chi ancora deve capire cosa sia accaduto.
Lei invece, Rosy Mauro, lei andava benissimo; così deve avere pensato Roberto Maroni, quasi subito. E così ha pensato (o meglio: ha sentito) il «popolo leghista», l'altra sera a Bergamo nella serata dell'«orgoglio padano». Il popolo leghista che, prima ancora di essere «leghista», è proprio «popolo», nel senso più deleterio e avvilente del termine. Nel senso di bue, per capirci. E anche nel senso di popolo che non ragiona, che non sa affatto pensare, che vuole solo avere un colpevole, il prima possibile, e anche un altare su cui sacrificarlo, per allontanare da sé la colpa. E il popolo leghista lo fa da vent'anni, questo rito, ci è abituato e dunque sa bene come farlo: prima infatti erano i terroni, poi sono stati gli extracomunitari, altresì detti «marocchini», altresì detti zingari, altresì detti negri, quand'anche fossero rumeni. E oggi detti Rosy Mauro, che comunque – tanto per capirci – è nata a Brindisi, Puglia: il che qualcosa, pensa il popolo che non sa pensare, vorrà pur dire.
E insomma stiamo assistendo a un gran bel rito, ammettiamolo: un rito di espiazione e di rinascita, un rito che sarebbe bello definire celtico o barbaro, per assonanza, ma che invece è quanto di più mediterraneo si possa conoscere. Ma anche conoscere è una parola grossa: il popolo leghista (che abita qui, a due passi dalla mia casa: nel mio paese sono quindici anni che ad ogni elezione la Lega Nord prende più del 50% dei voti, per dire), il popolo leghista non pensa e non conosce. Il popolo leghista urla e sente, ragiona con il cuore, anche se lo chiama più volentieri «pancia» (il tristo sacco), e sta sul territorio, e basta. E aveva bisogno di un colpevole per ritrovare l'orgoglio, quello padano, e un colpevole gli è stato dato e ora va tutto bene così: «chi ha sbagliato pagherà caro», ha urlato dal microfono Roberto Maroni. E «sì, sì, sì, sì» ha urlato forte il popolo padano, con quel po' di bava alla bocca che è tipica della rabbia degli innocenti, in ogni tempo.
Dunque un po' di orgoglio e un po' di rabbia, come nei bei giorni andati della giornalista toscana: e come a quei tempi anche un nemico su cui concentrare l'odio, per sapere che, abbattuto lui (o lei), tutto sarà come prima, le nostre illusioni non saranno spezzate, i nostri sogni barbari resteranno tali, il nostro cuore popolare (la pancia, il sacco) non cambierà e il sole delle Alpi continuerà a guidarci, nel nostro territorio, sulla strada del riscatto padano, come ha sempre fatto, come è necessario che faccia. E così, semplicemente, non cambierà niente nemmeno questa volta.
Capisco che il 'popolo' leghista non ama pensare, tuttavia non mi capacito di come possa passare la linea 'Bossi vittima' anziché responsabile. Proprio in un partito fortemente basato sulla personalità del suo leader possibile che non sia minimamente responsabile della scelta dei suoi collaboratori: Belsito, Trota, Mauro, ...? Forse devo tornare a leggere 'Massa e Potere'.
RispondiEliminaOttimo complemento al post della Cosenza sull'argomento. Sottoscrivo tutto.
RispondiEliminailcomizietto
Questa volta non sono d'accordo, non completamente. In realtà il "popolo" leghista, è composto da alcune persone: alcune pensano, altre no. Io ci vivo in mezzo ai leghisti, da 20 anni, e so che la maggioranza della cosiddetta base non ha mai potuto digerire il Trota, e lo ha sopportato a denti stretti. Rosy Mauro non è il capro espiatorio dell'ultima ora: da anni la chiamano La Badante, e da anni non la sopportano. Calderoli... beh, a Bergamo non ha parlato, perché se no lo avrebbero fischiato. Non mi piace che si bollino tutti quelli che votano Lega come dei selvaggi con l'anello al naso, perché non è così. Piuttosto, a tutti i leghisti che ci hanno creduto, ok la delusione del Trota, ok i soldi alla scuola Bosina, ok i giri di tangenti (tra l'altro, la Lega non parla più di Davide Boni, chissà perché?...), quello che più fa incavolare, e l'ha detto quella gran faccia di tolla di Matteo Salvini (che parla sempre come se fosse al bar con i suoi amici) è che sono 20 anni che promettono il federalismo (e la secessione, e la devolution e ...) e non portano a casa il risultato.
RispondiEliminaLa Lega dà una soluzione sbagliata ad un problema che esiste, e francamente negare che il problema esista vuol dire evitare la realtà e non capire come, se anche la Lega finisse domani, il malcontento prenderà altre strade. Il problema? questo:
http://bergamo.corriere.it/bergamo/notizie/cronaca/12_aprile_9/20120408BER02_20-2004006174882.shtml
P.s.: nonn voto Lega e porto le mie classi al Museo storico di Bergamo, città dei Mille, per ricordare il Risorgimento. Però di popolo bue non mi piace sentir parlare, scusa Scorfano, davvero.
"popolo bue" è espressione che ho scritto dopo averci molto pensato. Però l'ho scritta e la riscriverei. Perché per quanto sia vero che esistono (nella Lega come ovunque) minoranze che sono tutt'altro che bovine, è secondo me innegabile che solo un popolo cieco si fa trattare come i leghisti si sono fatti trattare (dai loro leader) in questi venti anni. Cedendo a tutte le sollecitazioni razzizste possibili, sempre, contro chiunque: e dinmostrando vcosì quale sia il loro autentico sentimento.
EliminaVivo qui anch'io e so cosa significa vivere qui. Ma non si tratta di negare nessun problema, quanto piuttosto di valutare le soluzioni che vengono proposte. Secondo me, eh ;)