mercoledì 7 marzo 2012

calci

di lo Scorfano


Sono fuori a pranzo con un mio ex alunno e parliamo un po' di scuola e della sua università. Tra le tante cose che lui racconta e le poche che gli racconto io, due mi rimangono ben impresse, mentre torno a casa dopo averlo salutato.

La prima riguarda alcuni suoi amici, ragazzi che studiano con lui in un'università che non è molto vicina a dove abito io ora. Lui studia fisica, loro studiano lettere o filosofia. Lui mi dice: «Sono ragazzi in gamba, ma alcune cose non le capisco: a volte studiano solo tre giorni, per un intero esame, e poi prendono 30 e lode. E io davvero non capisco come si possa... Anche lei studiava così poco?» «No, io studiavo molto, moltissimo, pure troppo. Probabilmente ero un cretino, infatti.»

La seconda cosa che mi racconta, e che non riesco a togliermi dalla testa, è questa.
  C'è un professore, nel corso più importante del primo anno di Fisica (e di Matematica) in quella università, che consegna i compiti scritti (in sostanza gli esiti dell'esame) nell'aula affollata dagli studenti, chiamando gli esaminati uno per uno e insultandoli quasi tutti. Quando uno studente ha preso un punteggio vicino allo zero, il professore gli dice: «Ecco qui un ottimo giurista». Quando il punteggio scende di molto sotto lo zero, il professore gli dice: «In fondo al corridoio, a destra, c'è la segreteria. Mi raccomando, ci vada subito: è lì che ci si iscrive a Lettere e filosofia».

Mentre lui mi racconta, io rido. Lui ha preso 30, in quello scritto, ma mi racconta di essere stato insultato lo stesso. A un certo punto, mentre alla fine del relativo e brevissimo orale il professore gli scriveva sul libretto l'esito finale di 30 e lode, lo ha chiamato «testa di cazzo», perché aveva esitato su un'ultima risposta (non sbagliato: esitato). Io rido anche in questo caso, benché mi renda conto che è davvero un'esagerazione. Ma rido lo stesso. E soprattutto rido per quelli che allo scritto hanno preso un punteggio negativo e che sono stati invitati a iscriversi a Lettere. E rido molto perché so che il prof, per quanto maleducato e bastardo, ha ragione.

Totalmente ragione. E che bisognerebbe prenderli, quegli amici del mio ex alunno che studiano in tre giorni un esame di filosofia e poi prendono 30 e lode e cacciarli via dall'università a calci in culo. Perché uno che si iscrive in una facoltà del genere e poi non ha nemmeno la voglia di studiare sul serio, be', uno così è solo un pirla, non c'è niente da aggiungere. E tra qualche anno sarà pure un pirla con la laurea triennale in Filosofia (o in Lettere, o Lingue, o Scienze della Comunicazione, o anche molto altro) e poi magari ce lo troveremo a lamentarsi in qualche programma televisivo, perché non trova un buon lavoro, all'altezza delle sue aspettative e capacità.

E poi, naturalmente, bisognerebbe prendere e mandare via a calci in culo anche tutti i professori che nelle facoltà di Lettere, di Filosofia e in tutte le facoltà loro sorelle, permettono che studenti preparati così male arrivino all'esame e se ne escano con un 30 e lode (esattamente come quelli preparati bene: perché, lo so, esistono anche quelli), quando dovrebbero semplicemente essere bocciati (e magari pure con qualche insulto, come a Fisica), altro che voto.

E poi, una volta mandati via a calci tutti costoro, bisognerebbe cominciare a proibire per legge che studenti che hanno fatto una scuola superiore tirando a campare, magari senza aver capito nulla di cosa sia la matematica o la chimica, si iscrivano poi in facoltà come quelle: lettere filosofia e tutte le scienze inutili di questo mondo. E poi bisognerebbe imporre il numero chiuso, a tutte le scienze vane di questo genere; e imporre un esame di ammissione talmente duro e selettivo da scoraggiare praticamente tutti, evitando che a lettere si iscriva, per esempio, la gente che una volta ha letto un libro di chissà chi (ma era Paulo Coelho, ci potrei scommettere) e gli è piaciuto e ha pensato che quella potesse essere la sua strada, perché la chimica invece era noiosa. E ha pensato che Dante, mamma mia, che palle; e anche il latino, che palle ancora più grosse; senza rendersi conto che la letteratura è Dante ed è il latino, e non è affatto il libro di chissà chi (ma noi sappiamo chi) che lui ha letto per caso quel giorno quando non aveva voglia di studiare...

Ecco, quando ci saremo liberati di tutti gli studenti di Lettere e di Filosofia che studiano in questo modo, tra un Erasmus a Barcellona e un esame tentato senza quasi aprire i libri, e poi quando ci saremo liberati anche di tutti i docenti universitari (non ho il coraggio, scusatemi, di chiamarli «professori») che permettono questo andazzo e lo ripagano con voti sempre superiori al 27, ecco a quel punto chiamatemi che devo andare all'università da quel professore del mio ex alunno che dice quelle cose agli studenti che vanno male ai suoi test. Chiamatemi, perché a quel punto, ma solo a quel punto, mi divertirò a prendere a calci in culo anche lui, proprio io di persona, e per un paio di chilometri circa lungo le vie della pianura Padana.

23 commenti:

  1. Quando feci io fisica a Milano (inizio '90) se non eri più che preparato non uscivi certo promosso, neanche 18 prendevi. Certo, l'eccezione, la fortuna di passare anche senza aver capito un piffero, c'era, e per fortuna capitò anche a me, altrimenti sarei ancora lì, ma era appunto l'eccezione.

    Un anno abbiamo avuto anche il professore di analisi 2 "artista", che si inventava esercizi e teoremi tutti suoi, che capivano in pochissimi e pochissimi passavano l'esame. Per fortuna fu trasferito alla sede distaccata di Como.

    Non sono d'accordo con l'esame di ingresso, ma con la dura selezione durante il corso sì.

    Trattare male le persone no. Quello non l'accetto.
    ilcomizietto

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  2. Questo post mi ha strappato parecchi sorrisi...anzi risate, però hai davvero ragione.
    Ricordo il mio primo anno di Architettura, il prof di matematica era uno di quelli che insultavano i ragazzi...ma poi il suo esame (strutturato come un test) era il più facile di tutti...
    Una mattina a lezione incominciata da 10 secondi, entrò trafelata una ragazza in lievissimo ritardo, nel silenzio generale il prof. le disse: "non si permetta più di arrivare tardi alla mia lezione...almeno fosse una bella ragazza!"

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  3. Post eccellente! Condivido tutto.

    Il numero chiuso in tutte le facoltà è l'unico modo per dare un valore alla laurea. Numero chiuso basato sulle possibilità di sbocco professionale magari.
    Cosa se ne fa il Paese di tanti fancazzisti che si fregiano della laurea in Scienza dei Barbaciuffoli (con 110 e lode)?

    Saluti

    Tommaso

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  4. ma quanti culi in questo post...io sono laureato in scienza dei barbaciuffoli con 110 e lode, e non mi permetto di replicare agli sdegni, più o meno giustificati. dico solo che in tutte le facoltà ci sono personaggi come questo professore maleducato e la loro presenza, spesso, è indice di scarsa qualità generale dell'insegnamento. rispettare, non dico "amare", le menti che si dovrebbero formare mi pare la base di ogni buona didattica...ma già: all'università non si fa didattica, si seleziona la classe dirigente di un paese che vive all'interno di un sistema che alla fine, chissà mai perché, si sorprende ogni giorno a lucrare sui disvalori, le sperequazioni e l'avidità.

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  5. Ciao,
    il problema sono sicuramente i professori ma anche le leggi con cui vengono assegnati i finanziamenti alle università, basati sul numero degli studenti e non sulla coerenza tra risultati universitari e risultati "là fuori" n anni dopo, come esempio.
    Il che non giustifica i professori che regalano il 30 e lode a destra e a manca, ovviamente, ma spiega perchè questo sia l'andazzo generale.

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    1. Ecco, sì. Questo è un elemento che avevo mancato di sottolineare. Bene hai fatto tu a ricordarlo.

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  6. Una volta, durante un esame universitario per me particolarmente difficoltoso (si trattava di anatomia umana, e la difficoltà non derivava dalla scarsa preparazione personale ma dal fatto che all'epoca, purtroppo, non ero ancora un balbuziente corretto che insegna e parla in giro per congressi), il professore disse che avrei fatto molto prima ad andare a zappare. Disse proprio così: a zappare, con l'espressione di disgusto che probabilmente a certe persone deriva dalla scarsa attitudine con la terra. Ho un solo rimpianto: siccome era già anziano, all'epoca dell'esame, non ho fatto in tempo a mostrargli che oltre a essere stronzo era stato anche abbastanza poco lungimirante (probabilmente non glielo avrei mostrato anche se fosse stato ancora vivo, ma mi piace pensare ugualmente a una scena tipo mezzogiorno di fuoco). Insomma, tutto questo per dire che se nel mentre ti si consumano le scarpe o ti viene male al piede, avvisami che vengo a darti il cambio.

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  7. Da laureata in lettere (tra venti giorni è un anno) sottoscrivo ogni singola parola.


    Niculet

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    1. Anch'io ho scritto il post da laureato in lettere. Spero che tutti lo sapessero.

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  8. Stavo per scriverti che, con la riforma, i crediti, un esame di fisica vale spesso tre esami di lettere, che ha il triplo degli esami, ed è per quello che si studia meno per il singolo, o che il cursus honorum per prendere 30 senza fatica è dato da una striscia di una quindicina di professori che tutti conoscono, ma gli altri non sono così.
    Ma invece no, hai ragione e basta.

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  9. anche io laureata in lettere e sottoscrivo tutto. ho una domanda, però. come devo rispondere a tutti quello che mi dicono: eh bè, però se tu sei d'accordo, "chi sei tu", ovvero come facciamo noi a sapere e ad avere la certezza che tu sia una "diversa", ovvero che tu sia una che ha studiato sul serio? può apparire polemica, la domanda. però, come al solito, qualche sera fa (oramai siamo all'esasperazione) a cena con amici mi lamentavo della situazione e della mancanza di lavoro e il discorso, come al solito, è finito di nuovo sul tema insegnamento. io sostenevo che fosse un mio diritto quello di poter almeno ottenere l'abilitazione, loro (alcuni di loro) dicevano siete tanti siete troppi troppi laureati devi rassegnarti non ci sperare. (erano tutti insegnanti...). e io tornando a casa pensavo, tra me e me: forse è il caso che io smetta questi panni modesti e mi incazzi con chi ha permesso che a studiare andassero anche cani e porci e gente senza mezzi intellettuali e morali ed è bene che io mi trovi il coraggio di ammettere a me stessa che io valgo di PIU' di tanti altri che hanno la laurea come me? e se sì, però, come faccio a dimostrarlo, se non me ne danno la possibilità?. Come se ne esce? Boh.

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  10. (c'è qualche errore, sorry, è che uno scrive de corsa, tanta la voglia de esprimese, e la stanchezza dell'attesa incerta...)

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    1. E' l'angoscia dell'esistenza che passa, cara mia... ;)

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  11. @Laura, perdonami, vorrei chiederti una cosa senza ombra di polemica. Solo per capire il meccanismo logico: perchè "hai il diritto di avere l'abilitazione"? Te lo chiedo perchè da laureato in Giurisprudenza non mi è mai passata nenache per l'anticamera del cervello l'idea di avere "il diritto" di fare l'avvocato, il notaio o il magistrato. Sapevo che c'erano delle procedure, più o meno selettive, che avrei dovuto affrontare, e non mi sono mai posto nell'ottica che qualcosa mi fosse dovuto. Ripeto, non voglio essere polemico, solo capire.
    (A proposito: l'"ottimo giurista" che prenderebbe zero in fisica sono io, senza dubbio.)

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  12. diego, io non conosco le procedure nel tuo ambito. il discorso sull'abilitazione per l'insegnamento è un discorso lunghissimo e annoso, e qui se ne è già parlato, in un post neanche troppo vecchio di ipazia. cmq, brevissimamente, il senso è: quando un laureato in lettere dice: l'abilitazione è un diritto, intende dire: io ho il diritto di poter partecipare a un esame e poi a un corso che POI, ALLA FINE, SE LA MERITO, mi dia l'abilitazione. il problema è che da tanti anni questa opportunità proprio NON C'E'. ecco spiegata la frustrazione e il senso di ingiustizia. capito? non è mio diritto averla, ottenerla, è assolutamente mio diritto ambire a, ovvero che ci sia la possibilità. altrimenti devo escludere e procrastinare ad libitum l'idea di insegnare. e sinceramente, mi rode. perchè insegnare, tra le tante cose, è un lavoro ben pagato. e io sono stanca di fare lavori che con quello che ho studiato non c'entrano nulla (e pagata poco, male, con le mie competenze sottovalutate e sfruttate, e bla bla bla).
    spero di essermi spiegata.

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  13. ok. il diritto a partecipare ad un esame, non all'abilitazione in quanto tale. avevo capito male, sorry.

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  14. Scorfano, io all'università ci insegno; e insegno le materie che conosco; i.e. letterarie. E boccio (quanto è giusto: dunque alcune volte di più, altre meno; sicuramente più al primo anno che con i triennalisti; sicuramente più con i pedagogisti che fanno un esame solo di letteratura che con gli storici, che sono i migliori in assoluto - questo per improvvisare una statistica al volo). Anzi: ho uno dei tassi di bocciatura più alti della Facoltà; e se a questo ci aggiungiamo i votacci, il più alto in assoluto. Detto questo, te lo dico: l'università che hai fatto tu non è quella che fa chi prende 30 e lode ora. Perché io - che pure metto circa 1/4 delle pagine in più del tetto massimo (e mi faccio sgridare ogni anno dal presidente di corso di laurea e poi vengo salvata dai questionari) - un esame come il mio, da frequentante, lo preparavo non ti dico in 3 giorni, ma in una settimana sì. Perché sono da 3 crediti, delle volte. E per quanto tu metta 1/4 dei testi più del tetto massimo, arrivi al massimo a due testi integrali (brevi, e in traduzione, per forza) e due, massimo tre saggi. Più gli appunti e i testi fatti a lezione (che sono sempre 30 ore al massimo e dalle due alle quattro le devi usare per i test di valutazione e la simulazione della prova in itinere). Vedi tu.

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  15. Scorfano, così mi piaci: incazzoso!

    Sono fondamentalmente d'accordo, come ero d'accordo con un tuo posto di diverso tempo fa in cui dicevi che i laureati in lettere sono troppi.

    Laura, in pratica tu non chiedi che tutti passino l'equivalente dell'Esame di Stato perché è un diritto, ma che questo Esame ci sia. Ed è sacrosanto: l'Italia non sta formando insegnanti (a meno che non mi sia perso qualcosa per strada). Peraltro è anche legittimo che qualcuno diventi insegnante nonostante la possibile (o quasi certa) disoccupazione: sono fatti suoi. Tanto per dirne una, potrebbe voler insegnare in Europa, dove le nostre abilitazioni sono riconosciute. O potrebbe volersi prendere un titolo per aspettare tempi migliori mentre fa un altro mestiere. Solo che questo ha senso laddove ci sia un mercato del lavoro meno tardoantico del nostro (ho trovato analogie impressionanti tra il nostro sistema di reclutamento e quello dei funzionari di corte di Giustiniano -che però erano pagati meglio).

    Poi: l'università produce tutti i testi e gli strumenti che servono agli umanisti (che siano prof o altro), però secondo me il luogo d'elezione dell'umanesimo sono le scuole: più libere, meno accamiche, più universali.

    Infine: Scorfano, dico che hai ragione solo perché tu non possa dire che non sono mai d'accordo, spero sia chiaro!

    Uqbal

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  16. ho partecipato di recente a una conferenza in inglese dall'incantevole titolo "Utopia and Distopia".
    Se accade tutto quello che Scorfano dice, venitemi a prendere a calci pure a me, ché i pizzicotti non basterebbero

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  17. D'accordo su tutto, meno che i test di ammissione. Sono una grandissima cazzata, dato che l'ambiente universitario è ultraselettivo di suo. A matematica gli iscritti si dimezzano alla fine del primo anno, e una seconda volta alla fine del secondo. Poi che sia pieno di "fuffacoltà" sono d'accordo, a partire dalle varie cagate tipo Scienze per la Pace o Ingegneria Gestionale.

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  18. Sottoscrivo. Al mio secondo esame, mentre rispondevo alla domanda, il professore mi diede le spalle e si mise a fumare. In quelle condizioni, la mia ingenua incapacità di continuare l'argomentazione mi frutto' un 20 sul libretto. Anche lui merito' un calcio nel sedere, ma la mia priorità va all'orda di fancazzisti che inquinano l'Ateneo. E sono pure cosi' stupidi da immortalarsi su youtube .

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  19. Ho assistito coi miei occhi a professori di Scienze Politiche che regalavano 27 a studenti che manco sapevano dove fosse avvenuta la rivoluzione bolscevica o quando fosse avvenuta quella francese, questo non mi toglie dalla testa che quel professore che si permette di insultare qualunque studente non faccia parte dello stesso sistema malato e contribuisca allo stesso modo a renderlo quello che è.

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  20. Io anche se laureata in chimica sinceramente credo che il corso di lettere sia molto importante visto che la letteratura e la filosofia sono beni culturali da conservare e da rispettare. Detto ciò posso affermare senza paura di sbagliare che tutto quello che ho imparato è stato merito mio perché ho avuto dei pessimi professori che credevano di essere dei premi nobel ma non sapevano insegnare manco se li pestassero a sangue, quindi per loro un bel 18 scarso in didattica, e merito di quei quattro professori bravi ed educati.

    Io personalmente ho un pessimo ricordo dei miei anni di università italiana e ottimi ricordi dei miei anni di specialistica a Londra. Purtroppo in Italia i professori si permettono di offendere gli studenti perché viviamo in un paese in cui la servitù e il feudalismo sono la regola. Il professore non è visto come uno che guadagna per fare il suo mestiere (visto che non fa mica il volontariato), ma come una specie di Dio che non può essere contestato.

    A Londra un professore che si permette di offendere un studente può beccarsi una bella causa in tribunale. Comunque li uno prova a dare un esame, se va male il professore semplicemente dice che non è andata bene e che magari sarebbe il caso di cercare un tutor visto che li ci sono e come..... Però va bene è un'altra società evoluta anni luce rispetto alla povera Italia.

    Miriam

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)