giovedì 24 marzo 2011

è breve sogno

di lo Scorfano
Mi ferma nell’intervallo Valentina, una mia ex alunna che adesso è in terza. Ha un sorriso bello e gentile (Valentina ha sempre un sorriso bello e gentile) ma i suoi occhi azzurri sono tristi. Mi dice che si è lasciata con il suo ragazzo, dopo due anni: aveva quattordici anni quando si sono messi insieme. E ora, nell’intervallo sotto il sole di primavera, con lo sguardo azzurro e triste, mi dice che è finita. Io le chiedo come si sente. «Abbastanza bene» mi dice lei. «È stata una decisione tua?» le chiedo io. «Più o meno» mi dice lei.

E mi racconta, con quell’azzurro opaco negli occhi, che non si sentiva più amata, che si sentiva data per scontata, che non le pareva che questo potesse essere l’amore che aveva sognato. «Allora, hai fatto bene» le dico io, «ti riprenderai». Ma lei mi dice che si aspettava una reazione, almeno; che lui provasse a fermarla, a farle cambiare idea, un gesto, un qualcosa: e invece niente, lui non ha detto niente. E lei ora è dispiaciuta, perché ha scoperto di avere ragione: lui non era più innamorato di lei.

Io la guardo e non so cosa dirle. Provo a dirle che si sopravvive, sempre; che ne arriveranno altri più importanti di lui; che l’amore è un oggetto (se è un oggetto) sfuggente e misterioso, non possiamo farci niente. Intanto vicino a lei c’è Alessia, un’altra mia ex alunna, anche lei in terza. Alessia invece è felice, perché sta con Giovanni, che invece è proprio un alunno della mia terza. Stanno molto bene, mi ha detto giusto ieri Giovanni, tra un’ora e l’altra; è una fortuna averla trovata, una fortuna e una gioia.          
       Eh già, penso io, perché Giovanni l’anno scorso si era perdutamente innamorato di Lara, che è una ragazza di quarta, sua ex compagna di classe, e lei lo aveva trattato male e lui ha sofferto e (anche per questo) è stato bocciato e ora è un mio alunno.

Ma anche Alessia, che ora sta felicemente con lui, anche Alessia l’anno scorso, quando era mia alunna, ha sofferto. Perché Alessia stava con Giacomo, che ora è mio alunno ma l’anno scorso non lo era, ed era stata una storia difficile, piena di malintesi, una fatica quotidiana che io vedevo tutti i giorni negli occhi di Alessia. E invece oggi la vedo negli occhi di Giacomo, che nel frattempo è diventato un mio alunno ed è compagno di scuola di Giovanni, che sta attualmente con Alessia, e io vedo che adesso soffre, anche se lui lo nega. Lo vedo bene che è geloso, che forse vorrebbe tornare indietro, all’anno scorso, quando stava con Alessia.

Ma io non posso dimenticarmi che l’anno scorso, quando Alessia stava con Giacomo e stava male, c’era Leonardo, che era mio alunno anche lui, che era innamorato di Alessia da non so quanto e che non riusciva più a pensare ad altro che a lei; e che aveva smesso di studiare, Leonardo, completamente, e io provavo a incitarlo e a parlargli, ma non c’era niente da fare, e sua madre veniva preoccupata a dirmi che non sapeva più cosa fare, a chiedermi cosa si poteva fare, ma nemmeno io sapevo che cosa si potesse fare. E la guardavo e non dicevo niente.

E allora, dopo che ho salutato Valentina e le ho anche dato una carezza sui capelli, mentre è finito l’intervallo e devo andare in terza a parlare di Petrarca, mi muovo nei corridoi dell’istituto e mi pare che queste infinite storie d’amore giovanile che si incrociano, e che incrociano desiderio gioia e sofferenza, siano un po’ come dei fili di ragno che si incrociano e che io spezzo camminando nei corridoi dell’istituto, ma che subito dopo il mio cammino si ricompongono alle mie spalle, una ragnatela invisibile di amori che passano e che però in qualche modo restano, impigliati ai muri della scuola e anche al mio impermeabile di stamattina.

E poi entro in classe, in terza, e ho davanti Giovanni e Giacomo, e anche Veronica, che è innamorata di un ragazzo della mia quinta, e Barbara, che ha avuto un fidanzato molto più grande di lei e ora è finita e i suoi genitori sono preoccupati, e davanti a questi occhi giovani, io parlo di Petrarca. E dei «capei d’oro a l’aura sparsi» e delle «notti vaneggiando spese» e del «solo e pensoso i più deserti campi» e del «giovanil errore» e del «quanto piace al mondo è breve sogno», è breve sogno, e di un sacco di parole come queste, parole d’amore scritte sette secoli fa da un uomo che aveva provato, senza mai riuscirci, a capire l’amore.

E vorrei dire loro che, ragazzi, non è solo letteratura; lo so che i baci e i sussurri e i sospiri e gli abbracci sembrano una cosa e la letteratura ne sembra un’altra, così diversa. Ma non è vero, non è vero. Sto parlando di voi, leggendo questi versi, sto parlando dell’amore di Giovanni e della sofferenza di Giacomo e di Barbara e di Valentina, che pure è adesso in un’altra aula seduta vicino ad Alessia ad ascoltare qualcun altro che parla di qualcos’altro. È di voi che sto parlando, di voi che parlano queste parole scritte tanto tempo fa da un uomo che sentiva il suo tempo che gli sfuggiva di mano come voi oggi sentite il vostro, che vi scivola via, insieme ai baci e alle carezze e ai sussurri con cui vi dite: «Ti amo».

E non so se sono capace di dirla questa cosa. Non so se riesco a fare parlare la poesia, non lo so. Ma mi dico che finché poi vengono da me, nell’intervallo, a raccontarmi il loro amore, è perché forse qualche volta, una volta su cento, una volte su mille, ne sono stato capace. Forse è successo, non lo so; forse non me ne sono nemmeno accorto: ma la poesia ha detto parole che sono rimaste.

Me lo dico mentre torno a casa e provo a confortarmi così. Che ogni tanto, tra tutto questo amore, questi fili di ragnatela che mi avvolgono e io che non so come a fare a raccontarli a loro e a me stesso, mentre cerco di confortare Valentina  e  i suoi occhi azzurri e tristi, nell’intervallo, mentre dalla bocca mi scivolano via il mio tempo e le parole di un poeta che ha cercato di spiegare l’amore e che io ho imparato ad amare, ogni tanto ho bisogno anche di credere che ce la faccio.

10 commenti:

  1. Quante intersezioni, professo'.
    L'amore, il ricordo, il ricordo di essere stati amati e l'amore, a volte inconfessato, per i ricordi.
    Ma poi, inevitabilmente, qualcuno lo confessa, qualcun altro lo scrive e lo scorfano lo legge.
    E se i fili restano attaccati al tuo impermeabile, tra l'altro, vuol dire che non è proprio vero che non serve a niente...

    Anche questo fa parte della bellezza che può salvare il mondo e non lo scrivo solo perché sono un inguaribile romantico, sia chiaro.
    Grazie, mi allieti la giornata; insieme al mio pensiero felice, naturalmente. :)

    Ce la fai, professo', ce la fai ;)

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  2. Meno chiacchiere e più fatti!

    Facci sapere come evolve la situazione, e se c'è qualche bella scenata madre riferiscicela.

    Voglio corna, pianti e vendette. Tanto per animare la cosa, fai'Shakespeare, così magari accendi i loro animi e gli metti i grilli in testa.

    La dodicesima notte può essere un buon inizio...

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  3. Non siate così buoni. Io so che ce la faccio ogni tanto, quando sono un po' più fortunato. La maggior parte dell'amore va sprecato, quasi sempre. E' una legge della termodinamica o giu di lì... ;)

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  4. Trovo molto realistica la faccenda dei fili di ragnatela :-)
    Davvero. Storie in cui tendono a invischiarti, e, detto tra noi, molto meglio di biutiful ;-)

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  5. @LGO
    Una delle cose che più mi inquieta è che dopo cinque (massimo sei) anni passano e vanno via. E invece le loro storie (come fili di ragnatela) restano sempre un po' e si incarnano in quelli che arrivano dopo di loro. Che tutto sommato sono uguali a loro (e a noi, quando fu il nostro turno).

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  6. "..perché noi siamo amore." Questo post rappresenta una delle cose che mi mancava dello Scorfano.

    MZ

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  7. Scorfano, sei il prof che avrei sempre voluto avere.. ora ho 28 anni e leggendo i tuoi post mi fai venire voglia di riprendere in mano quei libri che tanto detestavo e disdegnavo 10-15 anni fa.. grazie!
    Giorgio

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  8. Caro Giorgio, mi permetto un consiglio: riprendi in mano quei libri, lascia perdere i miei post, se è un problema di tempo. Ora forse sono libri che potrebbero parlarti molto più chiaramente di quanto abbiano fatto 10 anni fa.
    (E grazie)

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)