Lo Scorfano, che è pesce dalle frequentazioni impensabili, ha deciso di scrivere di letteratura per un sito di medici e cardiologi. Niente di che, a dire il vero: ché il pubblico è quello che è, cardiologi appunto (siate spiritosi, ve ne prego, non offendetevi, che non c'è tempo...). E siccome lo Scorfano è anche un pesce pesante e noioso, ha cominciato subito con un post pesante e noioso, di quelli che a lui si addicono. Il quale post, se ne avete voglia, trovate qui: http://www.atbvsim.org/?page_i d=319&preview=true
domenica 21 aprile 2013
mercoledì 17 aprile 2013
Forse basterebbe solo questo
del Disagiato
Un paio di sere fa, girando canale, in televisione mi è capitato di vedere un pezzettino di un film che stava già per concludersi. Uno psicoterapeuta va dal suo supervisore per dirgli una cosa che in quei giorni non lo fa dormire e cioè che lui si sta innamorando di una sua paziente che a sua volta è innamorata di lui. Al di fuori della terapia, non dovresti aver alcun rapporto con lei, gli dice il supervisore. Adesso che lei è una mia paziente non posso, ma tra qualche mese o tra qualche anno, quando lei non sarà una mia paziente, le cose saranno diverse, ribatte lui. No, risponde il supervisore, lei sarà sempre una tua paziente, sarà sempre un qualcosa che avrai dentro di te, quindi devi fermarti. Ma questa è una legge inventata da chissà quale avvocato, sragiona ancora lui. Non è una legge: non è permesso da un codice etico che è fondamentale per noi analisti rispettare. E poi aggiunge: "sono tutte cose che tu già sai, ma che vuoi ignorare perché vuoi essere desiderato. Tutti lo vogliamo". Bene, a questo punto lo psicoterapeuta innamorato, e ora molto nervoso, si alza dalla sedia e, puntando il dito verso il suo dottore, gli dice che lui invece sarà in grado di gestire questo transfert erotico e che la paziente di cui è innamorato la sta trattando bene come tratta bene tutti i suoi altri pazienti perché – e queste sono, più o meno, le parole che mi hanno colpito – "io tratto tutti con la stessa integrità, la stessa partecipazione e lo stesso rigore. A me piacciono i miei pazienti, io mi preoccupo per loro, mi identifico con loro, mi metto a nudo davanti a loro. Tu invece li analizzi. Anch’io li analizzo, ma provo empatia. Io non riesco a fare a meno di entrare in sintonia con la persona. Ecco, questo è il mio modo di lavorare, la mia ricompensa”.
Ovviamente c’è un codice etico da rispettare. Uno psicoterapeuta, se non sbaglio, non dovrebbe mai innamorarsi del suo paziente, e mai dovrebbe lavorare provando empatia, amore. Lo psicoterapeuta innamorato ha torto, oppure il regista ce lo mostra come una persona che ha ragione nel torto o viceversa.
lunedì 15 aprile 2013
Con la coda dell'occhio
del Disagiato
Ogni tanto, quando è notte e il cielo è pulito, mi capita di
riuscire a vedere una stella in cielo solo con la coda dell’occhio. Se la
guardo per bene, stando di fronte a lei, invece niente, non la vedo. E allora
mi rimetto di profilo, e con la coda dell’occhio la vedo riapparire, luccicare.
Mi rendo conto che in questi ultimi mesi - o forse, chissà, in questi ultimi
anni - guardo la libreria nella quale lavoro con la coda dell’occhio, per
vederla bene. E anche i libri e anche i nomi degli scrittori e anche i clienti
e anche gli amici li osservo di sbieco, di profilo, con il poco margine che la vista
mi consente. Non fare lo stupido, mi dico a volte, guarda le cose negl’occhi, non farti scappare il grosso della vita, i contorni netti. E allora guardo ben composto e dritto la
libreria, i nomi degli scrittori, i clienti, i colleghi, gli amici e il
sentimento che mi lega alle cose del mondo. Ma niente, non li vedo più. E
allora continuo, insisto, nella mia posizione sgangherata a guardare con la
coda dell’occhio. Come faccio a volte con una stella tra le stelle che sta in
cielo, sopra di me, nel cielo pulito, quando sono sul balcone di casa mia.
mercoledì 10 aprile 2013
Ancora una notte imbrogliona
del Disagiato
Giovedì 11 aprile (cioè domani), più o meno alle 21, a Provaglio d’Iseo,
proprio dove c’è la stazione dei treni ma anche il circolo culturale (state tranquilli, è anche un bar ristorante) Andata e ritorno, si terrà la quarta edizione dello story slam La notte degli imbrogli. Di
questa manifestazione, che gli organizzatori simpaticamente dicono essere assolutamente
inutile, ne avevo già parlato a febbraio. Sarà una serata un po' all'incontrario rispetto al cinema muto e cioè dove non ci sono parole ma succedono tante cose: ecco, domani sera ci saranno tante parole ma non succederà assolutamente niente. Siete quindi invitati a passare una
bella serata in un bellissimo posto. Io sarò lì. Questa volta protagoniste saranno le
stelle.
lunedì 8 aprile 2013
Stasera
del Disagiato
Non ho trovato una fotografia in cui Cesare Pavese e Italo Calvino siano insieme, nella stessa inquadratura, ma i due sono stati amici, e questo lo possiamo affermare perché lo dice la loro biografia e perché, a parole, lo dice lo stesso Italo Calvino in una breve saggio-intervista del 1984 che s’intitola La mia città è New York: “In un primo momento, comunque, ero un provinciale; vivevo a Sanremo e non avevo una cultura letteraria, visto che ero studente in Agraria. Poi sono diventato amico di Pavese…”. Anzi, altrove ha detto che Pavese per lui oltre ad essere un amico era anche una guida, un maestro, un grande scrittore e lettore di riferimento: “Quando morì mi pareva che non sarei più stato buono a scrivere, senza il punto di riferimento di quel lettore ideale”. Infatti non appena il giovane Calvino scriveva qualcosa, andava dal suo amico per sentirsi dire se il racconto era bello oppure no. E per Pavese i racconti di Calvino erano belli. Poi, un giorno, Pavese gli dice: abbiamo capito che sei capace a scrivere racconti, ora è arrivato il momento di scrivere un romanzo. E Calvino, allora, scrive un romanzo sui partigiani che s’intitola Il sentiero dei nidi di ragno, che è un romanzo importante non tanto perché è il suo primo romanzo ma perché è una storia che potremmo dire realista o, meglio, neorealista. E cosa c’era di strano nello scrivere un libro neorealista in un periodo in cui il neorealismo lo "facevano" molti intellettuali?
Adesso provo a spiegarlo, sperando di non andare fuori dai binari. I sentieri dei nidi di ragno, a guardar bene, non è un romanzo neorealista ma è un romanzo che prende molte altre direzioni, quasi fiabesche, come tutte le altre pagine di Calvino che verranno. I fatti vengono raccontati seguendo il punto di vista di un bambino (“Sono due razze speciali: quanto i tedeschi sono rossicci, carnosi e imberbi, tanto i fascisti sono neri, ossuti, con le facce bluastre e i baffi da topo”) e forse per questo la storia non ha proprio l'umore del neorealismo. Di questo romanzo non bisognerebbe dire che è un romanzo neorealista con un tocco fiabesco ma un romanzo fiabesco con un tocco neorealista e questo tocco esiste anche grazie a Pavese, che Calvino ammira come scrittore. Poi, ad essere precisi, ad influenzare il giovane Calvino fu anche Elio Vittorini, che insieme a Pavese portò un pezzo di letteratura americana in Italia. Ma questa è un’altra storia. Insomma, Calvino è talmente vicino a Pavese - che per lui rappresenta un certo modo di fare letteratura - che scrive un romanzo sui partigiani non secondo le sue regole, non con quelle correnti fantastiche che caratterizzano i racconti di quel periodo (Ultimo viene il corvo, 1949) e di altri periodi.
venerdì 5 aprile 2013
L'impatto
del Disagiato
Qualche settimana fa la mia responsabile
si è accorta che in libreria, chissà quando, hanno rubato dei libri. Nascosti
dietro uno scaffale, ha trovato una decina di antitaccheggio, che sono adesivi
quadrati che noi librai incolliamo sull’ultima pagina di tutti i volumi che
entrano in negozio per essere venduti. Gli antitaccheggio accartocciati e
nascosti dimostravano che qualcuno li aveva tolti per poi uscire dal negozio
con i libri. Senza pagare, naturalmente. Dopo la sgradevole scoperta, la
responsabile è venuta da me e mi ha
detto che non è possibile che un ladro sia riuscito a fregarci in questo modo.
Io, sorpreso quanto lei ma anche un pochino toccato dal suo nervosismo, le ho
risposto che da quel momento in poi saremmo stati tutti quanti più attenti ma
che comunque gli occhi che abbiamo in faccia sono due e non mille. La domanda
era implicita: come possiamo nello stesso istante sistemare libri, vendere
libri e controllare che nessuno rubi libri? E allora la mia responsabile mi ha
detto una cosa che mi ha offeso molto: “A me non me ne frega niente. Un modo
per non farvi fregare i libri lo dovete trovare”. Ecco, sì, mi sono offeso. E
la rabbia che è seguita all’offesa è svanita solo dopo un paio di giorni, come
capita spesso con certi umori, che decantano o svaniscono da soli. E siccome
sono una persona che cerca di essere razionale e non solo impulsiva, me ne sono fatto anche una ragione
e cioè ho pensato che la mia responsabile non aveva torto ad essere così
irritata.
Lei, come il proprietario della libreria in cui lavoriamo, deve giudicare se il fatto che io venga pagato serva a qualcosa. Deve giudicare, in parole povere, il mio rendimento. Questo, per entrare un po’ più in
profondità nel discorso, si chiama impatto. L’impatto è un influsso, un’influenza.
Se parliamo di impatto ambientale, ad esempio, parliamo “di un complesso di modificazioni o
alterazioni dell’ambiente naturale in conseguenza di nuove costruzioni, opere
pubbliche, insediamenti industriali” (lo Zingarelli). L’impatto, per fare un ultimo
esempio, è anche un’impressione: il film ha avuto un certo impatto. Insomma, il
mio titolare mi paga e io, in cambio, devo esporre libri, vendere libri e non
farmi fregare, come un pollo, libri sotto il naso. La mia responsabile è pagata
dal mio titolare per far sì che io e i miei colleghi facciamo tutto questo, sia
che siamo di buon umore sia che siamo di cattivo umore. Gli antitaccheggi
ritrovati hanno dimostrato che nella libreria x i librai ultimamente hanno la testa fra le nuvole. Qui, ha pensato la mia responsabile, bisogna cambiare
atteggiamento.
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