sabato 4 giugno 2011

una cicatrice mia

di lo Scorfano

Ci sono alcune persone che da sempre  invidio un po’: sono quelle che hanno idee buone e originali. In questo gruppo di persone che invidio un po’, quindi, è inevitabile che ci sia anche Marco detto il Many, che di idee buone e originali ne ha avute molte in questi anni. E in particolare le ha avute a proposito di ebook e editoria digitale.

L’ultima idea del Many è stata un ebook sulle cicatrici ("Dateci un taglio"), nato quasi per caso, come nascono tutte le idee buone. Io avevo già scritto il mio pezzo, quando lui ha deciso che l’idea sarebbe diventata un ebook. Lo avevo già scritto ma non glielo avevo mai inviato, perché pensavo a chissà quali miglioramenti: quando ho letto le righe di quel breve post ho preso di scatto l’indirizzo e l’ho mandato senza nemmeno rileggerlo, per evitare di avere ripensamenti. Il pezzo è quello che segue, dopo il cambio di pagina, in anteprima (mah…). E così magari viene voglia anche a voi di scriverne uno, sarebbe bello.         


(posizione)
Qualche centimetro sopra la nuca, sul cuoio ex capelluto.
(cause)
Cause parentali, direi.
La mia mamma, anche se lei lo nega da sempre, io credo che sia nata e cresciuta nell’antica Sparta. Pertanto, fedele alla tradizione degli antenati suoi, ha impartito a me e alla mia povera sorellina un’educazione che i più benevoli definiscono «asburgica», mentre gli altri, meno benevoli, non esitano a chiamare «nazista». Sta di fatto che io e la mia sorellina eravamo terrorizzati dalla mia mamma e le obbedivamo ciecamente, come a un dio dell’antico testamento. Soltanto una sera, mentre eravamo al buio nella nostra cameretta, io di otto anni lei di cinque, chissà come mai, disubbidimmo maldestramente al coprifuoco che ci veniva imposto ogni giorno alle otto e mezza. E ci mettemmo a giocare nell’oscurità, saltando ognuno nel suo lettino, felici di esistere.
Ma ecco, d’improvviso, il rumore dei passi temuti: la madre spartano-nazista si avvicinava. Entrambi con un rapido balzo all’indietro ci risistemammo nel nostro lettino, sotto le coperte, facendo finta che nulla fosse mai avvenuto. Io, credo, sbagliai un po’ la misura e sentii uno strano bruciore alla testa, poco sopra la nuca, sulla scatola cranica. Ma troppo forte era la paura delle feroci ritorsioni perché potessi fare qualcosa che non fosse rintanarmi sotto le coperte e attendere la bufera. La quale bufera naturalmente arrivò: la porta si aprì di scatto, la luce si accese, la figura materna si stagliò minacciosa sulla soglia: furono urla e tremendi rimproveri, che io ascoltavo da sotto le coperte, paralizzato dal sacro terrore materno e con uno strano persistente dolorino alla testa.
Poi, a un certo punto, mentre già confidavo che il peggio fosse passato, un urlo diverso dagli altri uscì dalle fauci della spietata genitrice: ma non era un rimprovero, questa volta. Semplicemente ella aveva visto il mio cuscino inzuppato di sangue e si era spaventata. Perché, nascondendomi con un balzo sotto le coperte, io avevo preso in pieno, e con la testa, lo spigolo acuto che si trovava proprio dietro la testiera del mio letto.
Fui da lei e da mio padre portato all’ospedale: mi ero praticamente rotto il cranio. Da quella sera non giocai più a fare lo stupido con mia sorella.
(conseguenze)
La storia fu narrata per anni, nella mia famiglia. Io credevo di non averne mai riportato conseguenze visibili (a parte una certa propensione alla stupidità). Poi, intorno ai trent’anni, ho cominciato mio malgrado a perdere i capelli; e come molti ho deciso di rasarmi a zero, fingendo di seguire una moda. Quel giorno, mentre con una macchinetta il barbiere mi diserbava una volta per sempre, mi è rispuntata come un fiore quella lontana cicatrice, di cui rimanevano solo ricordi narrati in famiglia. Sono tornato a a casa e me la sono guardata nello specchio, contorcendomi. Ho sorriso. E ancora oggi, ogni tanto, la guardo. E so che è difficile da capire, so che è difficile da spiegare, ma quel segno resta per me un ineguagliabile segno d’amore: l’amore di mia madre, l’immenso amore con cui mia madre mi ha cresciuto, l’immenso e straziante suo amore, che non potrò mai del tutto ricambiare.

2 commenti:

(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)