giovedì 9 giugno 2011

un taglio classico

di lo Scorfano

Ah, i classici! Immortali e sempre facondi, in ogni dove e in ogni quando. Ah, i classici! E ci sarebbe anche quella famosa frase di Italo Calvino, sempre citata, che dovrei avere voglia di andare a ripescare, quella che dice che un classico è un libro che non ha mai finito di dire quello che ha da dire, o qualcosa del genere, quella lì insomma… Solo che io adesso non ho mica voglia di andare a ripescarla, che ho tante cose da fare oggi pomeriggio. Ma, insomma, la sostanza resta pur sempre quella, immutabile e perenne: ah, i classici!

Tra i quali classici, va da sé, c’è, imperitura, l’opera del padre Dante. La quale ha molti meriti (tra cui quello di avermi rovinato la vita), ma purtroppo anche molte colpe (tra cui quella di avermi rovinato la vita per esempio). E tra le quali colpe c’è anche quella (imperdonabile, lo dico con franchezza) di avere suscitato una sterminata bibliografia critica ed esegetica, un pullulare verminoso di commenti e glosse e rivisitazioni e riletture.

Ecco, le rivisitazioni e le riletture dei classici, per esempio: avreste voi mai pensato che la Divina Commedia del padre Dante sarebbe potuta anche diventare un cammino sapienziale per acconciatori?            
          No, voi no, perché siete privi di fantasia… Altri invece ci hanno pensato. E si sono detti che era necessario ispirarsi:
al percorso che Dante compie per il suo miglioramento interiore, un percorso indispensabile ad ogni individuo ma soprattutto a chi, come l’acconciatore, lavora con le molteplici esigenze della cliente.
E siccome voi non avete fantasia, ma altri ce l’hanno eccome («molteplici esigenze della cliente», per esempio: e io che mi pensavo che potesse essere soltanto una, l’esigenza di una cliente che va dal parrucchiere, che ingenuo…), questi altri che hanno molta fantasia hanno anche deciso che si poteva mettere una mano tra i poetici capelli danteschi e arruffarli un bel po’, per vedere che cosa sarebbe successo. E ci hanno sopra scritto un libro di:
importanti suggerimenti per aiutare a dare delle risposte ad un mercato che si basa sempre di più sull’emotività e sul benessere.
Un libro che è anche (si badi bene):
un saggio introspettivo cultural-formativo unico nel suo genere.
Vabbè, mi direte voi, lo hai letto questo libro o stai solo facendo il furbo senza nemmeno sapere di cosa stai parlando? Sto solo facendo il furbo, lo confesso. E non ho affatto voglia né intenzione di leggerlo, questo libro: e anzi, mi dispiace perfino che esista, questo libro, che qualcuno magari ci creda, che qualcuno possa anche solo pensare di, supporre che.

Sei uno snob noioso e pesante, dirà qualcuno. Sì, infatti, sono uno snob noioso e pesante. Penso che Dante sia una cosa seria, penso che esistano cose serie e pesanti, penso che i classici (ah, i classici!) siano cose serie e che lo siano anche i percorsi «cultural-formativi», qualunque cosa essi effettivamente siano. Penso che si debba anche (mica sempre) essere seri e pesanti e noiosi. E che si debba ribellarsi alle «molteplici esigenze» e alle piccole corruzioni intellettuali, che rovinano le teste (non i capelli, che stanno fuori, ma quello che ci sta dentro, alle teste: il cervello). E che, quando uno la spara grossa, sia importante dirgli che no, che stia zitto, che non è così. E che certe cose non si debbano scrivere né leggere. E che se ognuno facesse davvero il suo mestiere sarebbe meglio per tutti: basterebbe poco.

E poi però penso che «le molteplici esigenze della cliente» sia un’espressione che fa veramente troppo ridere per essere pronunciata con tono serio. E penso al coraggio che ci vuole per pronunciarla con lo sguardo serio. E allora mi metto davvero a ridere forte, fortissimo, sperando che anche il padre Dante, nella sua infinita e leggendaria cattiveria, si faccia nella tomba la sua bella, sarcasticamente classica, risata.

6 commenti:

  1. chissà in quale girone li caccerebbe stì qua, il sommo poeta...

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  2. Ecco, questo è un quesito interessante assai. Vale la pena di dedicarci qualche riflessione...

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  3. Vabbè, è un velleitarismo talmente ingenuo che, appunto, basta una risata.

    Colgo l'occasione invece per segnalare una sorta di parallelo, un video, in cui i bronzi di Riace fanno da testimonial turistico alla Calabria:

    http://www.youtube.com/watch?v=Y8fwf6RFWK8

    Salvatore Settis e altri si sono incazzati come bisce. A me invece è piaciuto, e non è balordo come il dante acconciatore.

    FR

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  4. No, vabbè, i bronzi di Riace che fanno la pubblicità alla Calabria sono assolutamente accettabili. Anzi, io l'ho trovata pure un'idea gradevole.
    Questo del Dante acconciatore (o acconciato, non ho capito) è un livello decisamente più basso, imparagonabile.

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  5. quella dei bronzi di riace è una pubblicità: deve attirare l'attenzione, incuriosire... per cui, la trovata è razionale rispetto allo scopo (direbbe il vecchio max weber).
    il libro che spettina dante è tutta un'altra cosa...

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  6. Il libro che spettina Dante non si sa quale sciopo possa avere (a parte mettermi un po' di cattivo umore)

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)