sabato 4 giugno 2011

Perché con Franzen non ci berrei una birra

del Disagiato

Ho provato a leggere Libertà di Jonathan Franzen ma mi sono fermato a pagina dieci. Le correzioni, invece, lo lessi quasi tutto quattro anni fa, con qualche perplessità e un grosso punto interrogativo sulla mia testa. Cosa non mi era piaciuto della scrittura o della trama delle Correzioni? Cosa mi sfinì così tanto da fermarmi cento pagine prima della fine? Perché non ho letto Libertà? In questi anni ho incontrato parecchi buoni lettori che hanno definito Franzen un genio, al che io me ne sono stato zitto, rintanato in me stesso perché non capace di esprimere la mia perplessità nei confronti di uno scrittore che viene osannato, che in libreria, da me, si vende tanto e che Fazio ha pure invitato recentemente nel suo salotto televisivo aumentandone di tanto le vendite. Non si può, in effetti, non amare uno scrittore che fa partire il suo romanzo, Le correzioni, così:

Un fronte freddo e autunnale arrivava rabbioso dalla prateria. Qualcosa di terribile stava per accadere, lo si sentiva nell’aria. Il sole era basso nel cielo, una stella minore, un astro morente. Raffiche su raffiche di entropia. Alberi irrequieti, temperature in diminuzione, l’intera religione settentrionale delle cose era giunto al termine. Neanche un bambino nei giardini. Ombre e luce sulle zoysie ingiallite. Querce rosse e querce di palude e querce di bicolori riversavano una pioggia di ghiande sulle case senza ipoteca.
Inizio potentissimo, non c’è dubbio. Qui si tratta di uno che sa scrivere, anche se non ho ben capito cosa sia la “religione settentrionale delle cose” (non faccio ironia, proprio non l’ho capito). Però, nonostante l’inizio del libro faccia scintille, io del resto non ricordo proprio nulla. Non mi è rimasta un’immagine, una parola, un sentimento residuo, di quelli che ci aiutano a un certo punto di una nostra giornata qualsiasi dell’anno, di quelle che ti fanno capire come si incastrano le cose. Ho solo capito che Franzen scrive sui borghesi che, nonostante le apparenze, soffrono. Parla di una ricerca delle felicità che non arriva mai e parla di tensioni famigliari, lacrime più o meno trattenute e di dolore. Me lo dice lui già dall’inizio che ci sarà parecchia tensione, mi prende per mano sin da subito, Franzen, dicendomi che racconterà cose tristi: “rabbioso”, “terribile”, “astro morente”, “raffiche di entropia”. E siamo solo all’inizio: qualcosa di terribile stava per accadere.

Nonostante ci sia tanta tristezza borghese a me Franzen non convice e solo qualche giorno fa ho capito il perché. Ho visto il film Di Susanne Bier Noi due sconosciuti. Brian e sua moglie si amano tanto, sono ricchi, hanno due bambini bellissimi, una bella casa con piscina e un cane. L’unica macchia è un amico di lui, Jerry (interpretato da un Benicio del Toro che buca lo schermo), tossicodipendente che non è gradito da lei. Però Brian e Jerry, che tutto sommato è un vero amico, continuano a vedersi, un po’ di nascosto e in fretta. La regista rimane distante con la macchina da presa per darci una panoramica fredda della differenza tra i due, ma anche della loro amicizia. La regista rallenta la trama solo quando Brian prova ad insegnare a suo figlio a stare nell’acqua, ad andare sotto l’acqua: “Provaci Dory, devi affrontare le tue paure, tutti dobbiamo farlo nella vita”, ma il figlio, nonostante le parole del padre, in acqua non ci va. Per una paura infantile che la Bier non sta ad analizzare. Quello che conta è che la regista ci dice che il figlio ha paura dell’acqua e che il padre lo aiuta, con un’insistenza che la madre a bordo piscina sta ad osservare, ad affrontare.

Poi Brian muore fuori da una gelateria (era andato a prendere i gelati per i bambini) accoltellato per sedare una rissa. La moglie viene a saperlo, piange, cade (moralmente), si rialza e, tra una cosa e l’altra, si ritrova a condividere il proprio dolore con Jerry, l’amico tossicodipendente in difficoltà e senza casa che va pure a vive da lei, in un garage riordinato. La regista racconta con molta leggerezza questo lento affiancarsi, questa condivisone del lutto. La macchina da presa non è mai invadente, mantiene sempre le giuste distanze. Non esiste mai nel film un “freddo fronte autunnale che arriva dalla prateria”, per dire. Non c’è mai rabbia, non c’è alcun “astro morente”, o “religione settentrionale delle cose”. Quindi io, spettatore, rimango comodo in poltrona, aspetto la svolta, il giro di boa, il dramma, lo scontro. Che non arriva o non so riconoscere nemmeno quando in piscina Brian riesce a far mettere la testa sotto l’acqua al bambino: “Prima un orecchio, poi l’altro e poi il mento, solo che devi farlo nello stesso momento”. E il bambino va sotto acqua mentre la madre (anche qui non c’è alcun primissimo piano, nessun dettaglio sentimentale e espressivo) sta a guardare. Io, in poltrona, lo pensavo un momento bellissimo.

Quando più tardi lei bussa alla porta del garage, ho pensato “adesso lo ringrazia per aver insegnato al bambino a non aver paura dell’acqua”. Lui apre la porta, lei entra e gli dice “Oggi mi hai spezzato il cuore”. Bene, ora lo ringrazia penso io, e anche lui in effetti fa la faccia di quello che si aspetta un ringraziamento. Allora nella penombra della stanza lei dice: “Quella conquista, oggi, di fargli mettere la testa sotto acqua non avrebbe dovuto essere tua. Non dovevi vivere tu quel momento. E per me, guardarti, è stata un specie di…di…” Di? È stata una specie di che cosa? E allora io mi sono chiesto di che cazzo stesse parlando lei, e mi sono alzato dalla poltrona un po’ scocciato di quella reazione che non riuscivo a capire. Perché lei non l’ha ringraziato? Perché ha detto a una persona fragile e vulnerarabile, che potrebbe ricominciare da un momento all’altro a fare uso di eroina, quelle parole cattive? Che razza di sentimento è quello?

Allora, finito il film, ho capito questa cosa e cioè che la frase “E per me guardarti è stata una specie di…” è il film stesso della regista, che ha solo messo davanti allo spettatore una situazione senza prenderlo per mano, senza dirgli cosa c’è dopo il “di”. Ancora non so perché lei era arrabbiata con lui. Proprio non lo so. Ma so che presto, a un certo punto di una giornata qualsiasi, lo capirò e il capirlo sarà per me una conquista. Sarà, per me, come mettere un orecchio, poi l’altro e il mento sotto l’acqua. C’è anche un altro scrittore (il più bravo secondo me in questo) che dà degli spunti senza dirci quello che dobbiamo sentire e come dobbiamo sentire ed è Raymond Carver. Si parla di matrimonio falliti e di amori tragici senza mai abusare della parola “falliti” o della parola ”tragici”. Ci fa conquistare i sentimenti e i sentimenti conquistati e non propinati rimangono, si fanno forti, si possono mettere in discussione e curarli.

Non come Franzen, ecco il punto, che mi dice già tutto. Che mi dice sin dall’inizio che dovrò essere teso perché nell’aria lo si sente che qualcosa di terribile sta accadendo. Franzen ci vizia, non ci fa conquistare un bel nulla ed è questo che mi ha fermato ancora una volta dal leggere un suo libro. Io non voglio sentirmi dire quali sentimenti devo mettere in gioco; preferisco sbagliare e interpretare. Andare a naso o navigare senza mappa, se proprio è il caso. Che dell’aria non bisogna mai fidarsi. Che nell’aria non si sente mai nulla e magari bastasse quella per capire quel che accade e quel che ci accade. È una palla bella e grossa che le cose le si sentono nell’aria.

20 commenti:

  1. Io non ho letto alcunché di Franzen: prima di lui devo leggere Pastorale Americana, prima ancora qualcosa di Safran Foer, prima ancora devo finire The Infinite Jest che giace iniziato e mai continuato sul mio comodino da parecchi anni, e prima ancora devo finire Proust. E prima ancora, credo, morirò di vecchiaia.
    In ogni modo, volevo solo dire una cosa: ma solo a me l'incipit de Le correzioni mi ricorda "Era una notte buia e tempestosa" di Snoopy? Scherzi a parte, mi chiedo e ti chiedo: il romanzo riesce a reggere questa tensione spaventosa che crea fin dalla primissima pagina? Da quello che scrivi, sembra proprio di no (esattamente quel che accade a Snoopy).
    Invece, mi hai fatto venire una voglia matta di andare a vedere "Noi due sconosciuti"!

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  2. Cavolo, io non ci avevo pensato all'incipit di Snoopy. Ecco, penso che Snoopy metterebbe tra i luoghi comuni anche l'inizio delle Correzioni.

    La tensione regge a seconda del lettore, come in tutti libri. Tu rafforzi la dimensione dell'amore nel mondo e nell'universo leggendo Coelho? Io no, ma c'è un sacco di gente che sì. Questo perchè la mia educazione è diversa dalla loro. Solo che volevo far notare in quest post che Franzen, come Coelho, utilizza le tecniche più basse, più istintive. E questo ci mette comodi, non ci fa faticare e quindi comprendere. Rymond Carver spostando un bicchiere o scrivendo una poesia sui crackers è più profondo. Secondo me perchè non ci dà la soluzione (perchè forse non esiste una soluzione). Perchè ci responsabilizza (ecco, vedi, faccio fatica anche a spiegarlo perchè mi piace tanto Carver).

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  3. Accidenti, io che mi ero così divertita con le Correzioni ora mi sento un po' una merdina... ma la genialità del tuo post a parer mio sta proprio nell'aver distinto tra i libri (e i film) che portano il lettore per mano, e quelli che invece ti fanno solo assaggiare qualche ingrediente, senza darti da mangiare la torta finita. A me, che leggo saggi e articoli e cose comunque in cui è necessaria una certa riflessione da mattina a sera, a me piacciono i Franzen: mi piacciono perché mi sembrano un film comico in bianco e nero, un "a qualcuno piace caldo" senza pretese, da sorseggiare come una bibita a bordo piscina. I film dove le sensazioni non vengono spiegate invece mi fanno incazzare. Eh sì, sono un po' superficiale!

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  4. Tinni, guarda che stiamo sempre parlando di Franzen e non di Alberoni o Moccia. Le mie sono considerazioni personali e che ho deciso di fare per il semplice motivo che con me, ripeto con me, Franzen non funziona e non lascia il segno. Magari mi sbaglio o magari, semplicemente, siamo tutti diversi e tu avresti invece qualcosa di geniale da dire su Franzn.. Sicuramente qualcosa mi sfugge.

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  5. Non ho letto Franzen (mi sta pensiero farlo, per le stesse ragioni sopraesposte da Ipazia). Ma ho letto questo post e ne sono rimasto incantato.

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  6. Ma il mio commento non era risentito, eh, intendiamoci! Che ho dei gusti un po' superficiali in merito a film e libri è un dato di fatto che mi caratterizza!

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  7. @Luca Massaro
    Grazie, esageri ;)

    @Tinni
    Scusa, la mia risposta, a rileggerla ora, sembra risentita ;) Quello che volevo dire è che sto dalla tua parte e che se mi dici che Franzen ti piace allora significa che mi sono perso qualcosa per strada. Era, insomma, per dirti che tu non sei per niente superficiale.

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  8. Su Carver ho qualcosina da ridire (ecco perché i suoi racconti, pure parcheggiati sul mio comodino, non sono finiti tra le priorità): a volte non solo non dà la soluzione, ma nemmeno la continuazione, solo un inizio: se gente come Franzen ti porta in limousine attraverso la narrazione, ho la sensazione che Carver a volte ti molli in mezzo ad un punto cruciale e se ne scappi sgommando a tutta velocità.

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  9. Alla domanda "Cosa ne pensi del libro di Carver che ti ho prestato?", la maggior parte degli amici o conoscenti (o ragazze) mi rispondeva: "Boh, non succede niente". Io ne ero dispiaciuto.

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  10. Questo film l'ho visto, ma non ricordo assolutamente la scena che ti ha fatto capire perche' non ti piace Franzen.Mi ricordo invece di come Benicio doveva toccare l'orecchio di lei, per farla addormentare.Ognuno si ricorda quello di cui ha bisogno? Un grazie, un sonno tranquillo, un padre, un uomo, una donna.
    Mi piace tanto come scrivi, mi piace come osservi le persone, come le capisci, come metti in gioco i tuoi sentimenti, come metti in gioco chi ti legge.

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  11. Io cominciai a leggere "Le correzioni" e dopo poco tempo smisi.

    Di Carver ho letto "Cattedrale" e ho finito con il pensiero "Mah."

    Un altro che ho fatto fatica a leggere è Don De Lillo, soprattutto "Underworld" (ho trovato invece "Rumore bianco" più godibile, soprattutto nella prima parte - la seconda sembra scritta da una persona diversa, o meglio in condizioni diverse, con differente atteggiamento).

    Non so. Certe volte mi sembra sufficiente a uno scrittore scrivere un tomo per potergli dare il titolo di "grande scrittore". "Pastorale americana" descrive la società americana con le sue nevrosi, quasi insegna a condurre una fabbrica di guanti, ma la lettura si trascina, e alla fine rimane un punto interrogativo "Non sapeva come finirlo?" ('Aspita come sono acido.)

    Di DFW non mi sono piaciute un po' di cose, ma ho insistito e ho scoperto di adorare i saggi "Considera l'aragosta" e "Tennis, TV ecc." (che sto leggendo in questi giorni).

    Quando non mi piace qualcosa riconosciuto dalla critica come "figo", penso semplicemente che non ho la sensibilità per apprezzarle. Tipo la Corazzata Potemkin.

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  12. @Ste
    Bella quella scena dell'orecchio, è piaciuta tanto anche a me.
    Per il resto...ti ringrazio ;)

    @SpeakerMuto
    Ci sono anche dei compromessi anagrafici. Don De Lillo piacque tanto anche a me, una decina di anni fa, ora invece fatico a leggerlo. Questo vale anche per Hemingway e altri autori.
    La Corazzata Potemkin sarà pure una cagata pazzesca (novantadue minuti di applausi)però è un gran film cacchio.

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  13. "Ci sono anche dei compromessi anagrafici. Don De Lillo piacque tanto anche a me, una decina di anni fa, ora invece fatico a leggerlo"

    Magari a volte certe opere sono lette nel momento sbagliato. La letteratura post-moderna poteva essere affascinante quando cominciò a svilupparsi, ma adesso comprenderne il valore è più difficile. Tanti oggetti, marche, slang, a noi sembrano scontati perché siamo nati con essi attorno, ma all'epoca si trattava di novità che stavano penetrando nella società.

    "La Corazzata Potemkin sarà pure una cagata pazzesca (novantadue minuti di applausi)però è un gran film cacchio"

    Dimmi almeno che "L'enfant" non ti è piaciuto. Ti prego.

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  14. Non l'ho visto, però dei registi mi era piaciuto assai Rosetta. Anche questo fa di me uomo assai palloso.

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  15. Propongo la visione di "Giovannona coscialunga", "L'esorciccio" e "La polizia s'incazza".

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  16. L'enfant a me è piacuito tanto. E ancora di più Le fils (sempre dei Dardenne). Sarà che anche io sono una donna pallosa!
    Però mi è piaciuto anche Le correzioni, devo ammettere. Forse per il dolore borghese che c'è. Anzi, sicuramente per quello. Anche con una certa superficialità, chè mica mi ero accorta dell'inizio tipo "era una notte buia e tempestosa"!
    Agota

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  17. Magari i pallosi fossero quelli che guardano i film dei Dardenne. C'è di peggio.

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  18. Caro Disagiato, mi astengo dal commentare il tuo post, sappi solo che, terminata l'ultima riga di Libertà ho pianto. Mi limito quindi a sottolineare il fatto che ho terminato il libro qualche settimana fa, e ho visto una quindicina di giorni fa "Noi due sconosciuti", che al di là dell'aver interrotto la visione che già mi lasciava perplesso nel momento in cui il bel Benicio viene pregato di stimolare il sonno della vedova, è straordinaria la coincidenza degli eventi nostri comuni, non trovi? Trovo infine superlativo il commento di Ipazia "se gente come Franzen ti porta in limousine attraverso la narrazione, ho la sensazione che Carver a volte ti molli in mezzo ad un punto cruciale e se ne scappi sgommando a tutta velocità." Io adoro Carver e i suoi "fuoristrada" narrativi, e Ipazia ha colto nel segno l'essenza di un grande scrittore. Brava.

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  19. Io ti aspettavo al varco, carco Plus e, senza alcuna volonta di andare contro di te, sapevo che avresti scritto tutto ciò ;)

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  20. Nessuno potrà torgliermi dalla testa che l'incipit de "le Correzioni" sia un calco di quello de L'uomo senza qualità di Musil :

    "Sull'Atlantico un minimo barometrico avanzava in direzione orientale incontro a un massimo incombente sulla Russia, e non mostrava per il momento alcuna tendenza a schivarlo spostandosi verso nord. Le isoterme e le isòtere si comportavano a dovere. La temperatura dell'aria era in rapporto normale con la temperatura media annua, con la temperatura del mese più caldo come con quella del mese più freddo, e con l'oscillazione mensile aperiodica. Il sorgere e il tramontare del sole e della luna, le fasi della luna, di Venere, dell'anello di Saturno e molti altri importanti fenomeni si succedevano conforme alle previsioni degli annuari astronomici. Il vapore acqueo nell'aria aveva la tensione massima, e l'umidità atmosferica era scarsa. Insomma, con una frase che quantunque un po' antiquata riassume benissimo i fatti: era una bella giornata d'agosto dell'anno 1913."

    Uno scrittore di mestiere per dei romanzi a tesi: questo la mia conclusione dopo Le correzioni, e Libertà, che sto per finire. E con Franzen ho dato.

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)