martedì 28 giugno 2011

il gelo che è sceso

di lo Scorfano

 
Vorrei che qualcuno, tra quelli che passano per caso di qui, leggesse bene questa lettera firmata «signora Elena». Vorrei che per favore la leggesse con attenzione, cogliendone i toni e le sfumature, riuscendo a penetrare anche solo leggermente in tutto il “non detto” che sta sotto queste righe. Le quali sono all’apparenza molto normali e sensate, in parte anche condivisibili; ed è proprio per questo che sono invece utili e singolarissime. Perché è la proprio loro presunta e sensata “normalità” a farne un preciso documento della tensione irrisolta che c’è tra chi lavora a scuola e chi a scuola invece manda i figli, con amore allevati.

La signora Elena è infatti una mamma. Una mamma che si prende la briga di scrivere a un quotidiano, perché ritiene quello che ha da dire importante. La signora Elena, possiamo dedurlo da ciò che scrive, è la mamma di un figlio maleducato (o comunque molto molto scalmanato).
   O forse no: forse è solo la mamma di un ragazzo di terza media che ha compagni molto maleducati e scalmanati, di cui gli insegnanti si lamentano.

Chi li ha così male educati questi ragazzi? La signora Elena medesima, evidentemente. Oppure, visto che lei è rappresentante di classe, le mamme e i papà che lei rappresenta, sia quando partecipa alle riunioni, sia quando scrive la lettera al quotidiano qualificandosi come rappresentante di classe. Ebbene la signora Elena, in qualità di genitrice di figli maleducati, scrive:
Per tre anni sono stata rappresentante di classe e per tre anni mi sono sentita dire dal collegio docenti [non può essere il collegio docenti: sarà piuttosto il consiglio di classe; errore veniale (n.d.b.)] che «la classe era scalmanata e ingestibile». Chissà come mai lo era con alcuni professori e non certamente con l’insegnante di inglese, di lettere e di matematica. A metà terza media i genitori vengono tutti convocati con urgenza dalla preside. Solita storia… Sono confusionari, casinisti, ecc.
Ecco, fermiamoci qui solo un attimo: essere tutti «convocati con urgenza dalla preside» non è normale, no? Voglio dire: non a tutti càpita (ai miei genitori non capitò mai, per esempio). Se qualcuno di voi ha avuto figli alle medie, immagino non gli sia capitato di «essere convocato con urgenza dalla preside» insieme a tutti gli altri genitori. E poi quella strana espressione: «solita storia…» Anche quel «solita storia» lascia trasparire un messaggio evidente: se la preside e gli insegnanti si lamentano della maleducazione dei ragazzi, il problema non devono risolverlo i ragazzi (o i loro genitori): deve risolverlo la preside; e gli insegnanti, ovviamente. E così ribadisce quell’«ecc.» finale, che taglia corto con le «solite storie». Ma il racconto, intanto, prosegue:
Una mamma si alza, incavolata nera
Per cosa è incavolata nera, questa mamma? Con chi è incavolata nera? Con il figlio, c’è da immaginarsi... Con il figlio che si comporta da maleducato. E invece no, vi sbagliate, ella è «incavolata nera» con qualcun altro. E infatti:
… e chiede alla prof di lettere: «Scusi professoressa, ma la classe con lei come si comporta?»
Ora, la domanda della mamma incavolata nera è ovviamente retorica. Perché già ci è stato detto, poche righe prima, che con la prof di lettere i ragazzi non sono così terribili. Però, dico io, forse una mamma dovrebbe preoccuparsi del contrario:e cioè di come il figlio si comporta con l’insegnante di musica, o con quello di religione, o di scienze. Sta lì il problema. Perché se il vigile mi ferma per eccesso di velocità, io non gli chiedo di andare a controllare a quale velocità andavo dieci chilometri prima: perché il problema è adesso, non dieci chilometri prima. Cambiare discorso è divertente, ma non aiuta. E non educa, soprattutto. Leggo ancora:
Che doveva rispondere, questa, se non la verità? [La verità sua, non quella dell’insegnante di musica, però]. Disse che lei non aveva non aveva grossi problemi, che i momenti di confusione c’erano ma non erano insostenibili… Erano ragazzini quindi… sì, un po’ agitati, ma nella norma. Ricordo che la docente era molto in difficoltà nel rispondere a quella mamma, cercava le parole giuste, voleva evitare di tirare la croce addosso ai colleghi, ma nello stesso tempo non poteva esimersi dal dire una verità di cui tutti noi genitori eravamo al corrente.
La «verità» è che con la prof di lettere i ragazzi non sono così maleducati. Ma la «verità» resta anche un’altra, e la signora Elena non lo scrive: che i ragazzi sono molto maleducati con tutti gli altri insegnanti. Talmente maleducati da obbligare la preside a indire una riunione con tutti i genitori (cosa di cui qualunque preside fa volentieri a meno, potete immaginarlo) e questa è una «solita storia». E arriviamo quindi alla conclusione:
La mamma, a quel punto, si è alzata in piedi e ha detto a brutto muso (sul serio) agli altri professori: «E adesso chiedetevi se è la classe a non essere gestibile o se siete voi che non siete capaci di gestirla». È sceso il gelo.
E qui, di fronte alla sua così apodittica conclusione, io rido. Rido, signora Elena. Ma lei (che ha pensato che questo finale fosse, per la sua lettera,  perfettamente perentorio) lei lo sa perché è «sceso il gelo»? Riesce a immaginarselo, signora Elena? Ha davvero creduto di aver evidenziato con una domanda sola tutte le difficoltà della scuola italiana e la verginale innocenza di suo figlio e dei suoi compagni? Invece no, signora Elena. È «sceso il gelo» perché i professori hanno capito che non c’era niente da fare.

Perché se un genitore, davanti all’evidenza della maleducazione del figlio, riesce solo ad accusare gli insegnanti («a brutto muso», tra l’altro, «sul serio» «a brutto muso») di non essere capaci a gestire la maleducazione dei suoi figli, significa che non c’è più niente da fare se non forse ridere. Significa che quella maleducazione è definitiva, senza possibilità di riscatto. Significa che abbiamo capito da dove viene, quella maleducazione, e sappiamo (noi insegnanti) che non potremo mai farci nulla, se non sopportare i vostri figli e aspettare che si levino di torno e ne arrivino altri un po’ meno maleducati dei vostri.

Perché è giusto che un insegnante sappia gestire una classe, è il suo mestiere anche (badi bene: anche) quello. Ma davanti al grido di allarme sulla maleducazione di un gruppo di ragazzini, il genitore che non si fa carico della sua personale responsabilità non ha molto da pretendere dagli insegnanti. Anzi, non ha proprio nulla da pretendere. Dovrebbe tacere e riflettere. Lei invece, signora Elena, ha deciso di scrivere al giornale raccontando di come quest’altra mamma ha saputo farsi valere. Ecco, mi perdoni, questo suo gesto la qualifica in modo limpido e inequivocabile: aver scritto la lettera invece di preoccuparsi è esattamente l’atto che la definisce. E forse, mi dispiace per lui, definisce anche suo figlio.

24 commenti:

  1. Il Bastardo OFH non mi fa leggere la lettera, ma ne ho colto il senso dal post.
    E' questo, credo, uno di quei casi in cui la ragione sta nel mezzo, come peraltro spesso succede.
    Da una parte, infatti, è inaccettabile che i ragazzi che compongono un'intera classe abbiano un livello di irresponsabilità e maleducazione tale da impedire lo svolgimento delle lezioni.
    D'altro cnato, peraltro, non possiamo fare a meno di notare che tale comportamento sembra non essere quello assunto con gli insegnanti (lettere, matematica, inglese), che passano la massima parte parte del tempo scolastico con gli allievi stessi.
    Non mi sembra di scrivere una corbelleria se affermo che il problema della mancata educazione al rispetto per chi lavora si affianca, in questo caso, a una scarsa capacità di guadagnare il rispetto degli allievi da parte di che, insegnando materie ancillari, ha più bisogno di entrare in una relazione che non sia solo quella discendente dalla minaccia del brutto voto: anche perché il quattordicenne a un certo punto lo capisce, che non ripeterà certo l'anno per il quattro in musica, e se ne approfitta.
    Che questo sia in parte colpa dei genitori è sicuro; ma altrettanto sicuro è che non si tratti di una colpa esclusiva dei genitori.
    I quali certo sbagliano a non riconoscere la loro parte di responsabilità, ributtando tutto in faccia agli insegnanti.
    Ma questi insegnanti che, a metà della terza media, convocano un consiglio di classe, e per di più urgente, è possibile che siano stati folgorati sulla via di Moncalieri dopo soli due anni e mezzo di scuola, e abbiano cercato di mettere in campo tutti i mezzi possibili per risolvere il problema che fino ad allora avevano (colpevolmente?) ignorato, o magari hanno inteso solo scaricare la coscienza e le correlative responsabilità, una volta giunti al punto di non ritorno dell'ultimo quadrimestre dell'ultimo anno?

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  2. Sono perfettamente d'accordo: non si puo' pretendere che la scuola rieduchi un ragazzo maleducato, gia' cresciuto, mentre si fa lezione e insieme a tanti altri ragazzi. Questo e' un concetto che purtroppo non e' chiaro nell'opinione pubblica e invece sarebbe importantissimo che lo fosse. I figlioli in genere nascono uno alla volta, con due genitori e restano da loro dipendenti per diversi anni, proprio perche' ci sia tutto il tempo di educarli al meglio. Il ragazzo deve arrivare a scuola educato. Alla scuola si deve delegare il compito di istruire, mentre quello di educare non spetta alla scuola. La confusione nasce dal fatto che frequentare una classe con altri ragazzi della proria eta' e studiare varie materie ha pure una funzione educativa, ma si tratta di tutta un'altra cosa. E potrei continuare a lungo su questo argomento.

    Susanna

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  3. Oggi posso dire di avere 21 anni, anche se non è passato molto dalla mia uscita dalle scuole medie ( inferiori o superiori che siano ) posso dire che la scuola è veramente un altro mondo. Tra banchi di scuola ho sempre portato, o credo di averlo quasi sempre fatto, impartitomi dalla mia famiglia. Credo che i nostri genitori, in quel caso, probabilmente, sarebbero stati zitti, avrebbero incassato il colpo, cosa che un genitore DEVE saper fare per il bene di un figlio e non spingendo avanti il proprio orgoglio; Poi però non sarei voluto essere nella stessa macchina di mia madre tornando a casa, ma in fondo sarebbe stato giusto così.
    Ritengo opportuno ricordare, però, che il genitore "modello" era uno, in piedi, credendo di farsi carico del pensiero di tutti. In quelle situazioni c'è sempre qualcuno più forte caratterialmente che pensa di essere il leader dell'assemblea, forse gli stessi genitori che stando zitti hanno dato ragione al genitore "modello", sarebbero stati zitti anche dopo le parole di un genitore modello (per davvero stavolta..). Forse mi piace solo pensare che sia ancora un po' così, che non tutti aprono la porta alla maleducazione quando bussa.

    Michele Z

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  4. Mah. Sarebbe bene sentire anche l'altra campana su questa vicenda.

    Comunque hai ragione da vendere su un punto: la Sig.ra Elena non ci fa una bella figura con questa lettera. A dirla tutta, i genitori ci fanno una pessima figura quasi sempre. Io ho un figlio alle *elementari* (dicasi *elementari*), e già mi sembra di essere entrato in un mondo surreale e che gli altri genitori siano tutti da manicomio. Non oso pensare cosa succederà alle medie o (orrore) al liceo.

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  5. @mfisk
    Mi permetto di dissentire, questa volta, caro Avvocato. E' vero che bisognerebbe conoscere tutta la storia; ma è anche vero che non stiamo parlando di questa storia in particolare, ma di un paradigma, che questa lettera ci consegna (la lettera è comunque riportata esattamente e per intero nel post; so che ti fidi) e che è un paradigma ormai valido su scala nazionale.
    E' vero, come dici tu, che il comportamento dei ragazzi cambia a seconda dei voti e del peso di questi voti. Ma è prorpio questo il punto che a me pare molto dolente: e mi pare grave che un genitore non si renda conto che è di questo che stiamo parlando.
    Io, per mia buona sorte, ho sempre insegnato italiano e latino nei licei scientifici: cioè sono sempre stato dalla parte degli insegnanti "forti", i cui voti erano temuti dai ragazzi, e che non avevano questo tipo di problemi. Ma ho visto tanti colleghi di altre materie giungere allo sfinimento, non tanto per la maleducazione dei ragazzi, ma propio per l'impossibilità di mutare questo tipo di realtà e di trovare collaborazione da chi, in effetti, dovrebbe darla: la famiglia, appunto. Io, lo sai, non credo che la scuola debba educare un ragazzo: c'è la sua famiglia per questo.
    Io credo che sia normale che un ragazzo si approfitti della debolezza di una disciplina: non riesco però a pensare che sia normale che un genitore ne condivida l'atteggiamento. E che, almeno in parte, se ne bulli.

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  6. @Susanna
    Condivido la tua precisazione, sull'educare e l'istruire e sulla confusione che si fa sul tipo di educazione che può essere impartita a scuola.

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  7. Io non so bene cosa pensare: a scuola, negli anni (non troppi) finora svolti di carriera, ho visto sia genitori protervi sia professori palesemente incapaci di tenere una classe (lo dico pur dispiacendomi dare giudizi sui colleghi).

    Mi e' capitato di vedere salire in cattedra certi "morti in piedi" che un altro po' diventavo io casinista per liberarmi dalla noia che comunicavano soltanto entrando in classe...

    Tra l'altro, spesso e' con questi professori che i genitori si "prendono l'abuso" (come si dice a bari), cominciando ad avanzare pretese assurde di fronte ad una controparte non in grado di gestirli. Il che, peraltro, non giustifica un infantilismo degno dei figli...

    uqbal

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  8. So che sai che non ho mai pensato che sia giusto o accettabile che un ragazzo si approfitti della debolezza di una disciplina (quanto al fatto che ciò possa essere normale è altro discorso).
    Purtuttavia, come tu stesso dici, gli insegnanti debbono trovare la collaborazione dei genitori, ma non possono riversare su di essi tutte le colpe. Vero è che a scuola non ci vado da molto tempo, ma rammento bene che anche ai miei tempi, come pure ai tempi di Giannino Stoppani, gli insegnanti che non trasmettono non dico l'amore, ma quantomeno il rispetto per la materia che insegnano sono gli insegnanti che vengono sistematicamente perculati dagli allievi.
    Francamente, parlo come genitore ma anche come socialcosaro, non credo di essere in grado di insegnare il rispetto verso chi non fa uno sforzo per guadagnarselo e magari è del tutto incompatente nella propria materia.
    Stiamo parlando, come sottolinei di un paradigma, ma nel paradigma ci possono stare, con eguale diritto di cittadinanza, insegnanti bravi, volenterosi ed esasperati in quanto ostaggi di una classe composta da mezzi criminali spalleggiati dai genitori (come spesso succede), come pure insegnanti disincantati, inadeguati e fancazzisti il cui unico contributo all'apprendimento si limita ad indicare le pagine del libro da studiare e a distribuire sei più o meno politici per garantirsi una vita tranquilla fino alle vacenze estive. E pure questo succede, magari altrettanto spesso.
    Se mi è ben chiaro cosa deve fare un genitore di fronte a un ragazzo che non ascolta l'insegnante che spiega l'elevamento a potenza e impedisce alla classe di ascoltare la lezione, non mi è altrettanto chiaro cosa dovrebbe fare un genitore di fronte a un insegnante che non è in grado di spiegare l'elevamento a potenza.
    Non sarà il caso di cui parla la lettera, ma se lo fosse? Si può pretendere che di fronte a un professionista incapace di svolgere il proprio lavoro l'allievo (o l'utente, se preferisci) non abbia un moto di ribellione?
    Posso insegnare che il rispetto è comunque dovuto quando chiunque di noi si indigna, e giustamente, di fronte all'impiegato delle poste o del catasto che anziché timbrare buste e mappe si ripassa le unghie?
    Diciamo allora che di paradigmi ce ne sono due, e che non abbiamo il modo per decidere in quale dei due ricade il caso della lettera citata: io riconosco che nel primo caso hai pienamente ragione (e, ripeto, non credo neppure ci sia bisogno di dirlo); ma anche tu riconosci a tua volta che purtroppo esistono, nell'ampia messe di dipendenti del Ministero di Viale Trastevere, anche svariati esempi del secondo caso.

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  9. Se non riconoscessi che esistono nella scuola un bel po' di insegnanti fancazzisti, impreparati (e spesso anche supponenti), sarei un pirla (cosa che magari sono, ma non per questo motivo): per cui lo riconosco, non ho scelta. E credo dche la loro presenza sia quasi pià insopportabile per me che per te: visto che come dice Uriel (in un post che proprio tu hai linkato ieri, mi pare) la presenza di uno di loro squalifica tutti, me compreso. Anzi me prima di chiunque altro.
    E a questo punto vorrei mettere un "però", ma non lo metto, perché ricadrei nel primo paradigma, sul quale non c'è bisogno di aggiungere altro, se ho capito bene.

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  10. Mi sembra di poter quindi concludere che siamo come sempre d'amore e d'accordo. Che noia!, che barba!!

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  11. Fino a un paio d'anni fa insegnavo in un istituto tecnico. Avevo un biennio finale in cui insegnavo con grande soddisfazione la materia d'indirizzo e un biennio inziale in cui la stessa materia contava come il due di picche. E la fatica era enormemente maggiore. Eppure io ero la stessa, ed anche molti dei ragazzi.
    Ci sono situazioni, alchimie perverse che si producono da un'ora all'altra per cui non c'è passione che tenga. O meglio: la passione incanta per dieci minuti, per ottenere i quali devi combattere allo sfinimento. E quando li hai ottenuti, li vedi svanire in un soffio.
    Provare per credere.

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  12. caro Scorf, condivido dalla prima all'ultima riga quello che hai scritto, sia nel post che ne commenti.
    aggiungerò anche che talvolta i ragazzi stanno buoni e zitti con i professori che li terrorizzano e poi "esplodono" con gli altri (ho ben presente un caso concreto di una classe, angelica con la collega di lettere e pestifera con tutti gli altri). questo però non significa esser educati, perché la regola non è stata introiettata e compresa, ma viene rispettata solo per paura.

    quello che è difficile far capire ai genitori è che non è la stessa educazione quella che serve per vivere in 3/4 persone, legate da vincoli d'affetto, e quella che serve per stare in classe con altre 25 persone e legami di "ruolo" e "potere" - oserei dire che nelle attuali famiglie italiane, di ruolo e potere genitoriale ce ne sia pochino...

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  13. lanoisette descrive molto bene la dialettica che avviene in molte classi al cambio dell'ora: mezza classe che deve andare in bagno soltanto perche' nelle due ore precedenti non ci si poteva neanche muovere.

    Cio' detto: non e' soltanto una questione di severita': ci sono professori che sanno mantenere la disciplina senza diventare tiranni, e altri che non ci riescono pur provandoci.

    Io ho visto inoltre studenti che accantonavano latino per quell'unica ora di Storia dell'Arte che al classico non si fila mai nessuno...

    uqbal

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  14. @LGO
    Anche a me capita di vivere la situazione che descrivi tu. Mi capitò due anni, quando avevo in una prima liceo soltanto due ore di geografia. Fu difficile.

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  15. Condivido pienamente le tue osservazioni.
    A scuola come altrove - dovrei dire ovunque - tutti o quasi pensano che i problemi siano causati dagli altri e pretendono che li risolvano gli altri.

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  16. Da genitore, mi vergogno quasi sempre dei miei colleghi genitori.

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  17. l'ultima osservazione di plus la condivido appieno, lo si sappia

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  18. Per favore, guardatevi attorno: i figli cafoni sono già tra noi. In tutta onestà, se una persona è educata lo è a prescindere dalle circostanze, altrimenti è un parvenù.

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  19. aggiungo che non sono tanto d'accordo con chi pensa che il docente si deve guadagnare il rispetto dei propri alunni... il rispetto in questo caso è un atto dovuto, così come per me è un atto dovuto rispettare il mio DS, anche se non condivido le sue idee e magari non lo stimo nemmeno tanto... purtroppo sono i genitori i primi a non rispettarci (e per tacere dei nostri ministri).

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  20. Tutto questo ha un solo nome, un solo scopo:delegittimazione.
    Non vedo un futuro roseo.
    Ciao

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  21. E' vero: il problema nasce all'interno del nucleo familiare, ma questo è il risultato di un inevitabile processo di "sviluppo" socio-economico-culturale.
    Molte famiglie non possono dedicare tempo all'educazione dei propri figli, non per mancanza d'amore, ma per le impossibilità dettate dai frenetici e necessari ritmi lavorativi. Ciò non è una scusante, è ciò che accade.
    Dall'altro lato, sono cambiate anche le priorità dei target d'insegnamento: oggi se si ha del tempo da dedicare al proprio bambino lo si impegna in modo che un innocente creatura a tre anni sappia leggere e scrivere. Perché? Non so se sia esibizionismo da ammaestratori o se si pensi che i bambini possano essere un'alternativa al navigatore nel caos delle indicazioni stradali?
    Fatto sta, che ciò va a discapito delle regole comportamentali: da quelle prassiche, come soffiarsi il naso delicatamente o spostare una sedia senza far rumore, a quelle più complesse che interessano i rapporti interumani.
    Penso sia questa la tessera del domino che innesca la cascata rovinosa.
    La scuola, sebbene di suo scricchioli, subisce le conseguenze e, posta di fronte alle sue responsabilità di funzione educativa, deve trovare soluzioni dimenandosi sotto il peso della delegittimazione.
    GFMD

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  22. Non è una frase fatta, ma anni di Berlusconismo, di edonismo esasperato, di obnubilazione mentale da parte dei media, di scarso e/o nullo rispetto dell'altro, delle Istituzioni, di tutto ciò che è pubblico, hanno portato a questa deriva senza ritorno! Scusate il disturbo...Me ne vado da questa Italia vituperata da Peones e Veline e torno in Norvegia, non per vigliaccheria ma per buon senso.

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  23. alle superiori ero in una classe "maleducata", nel senso che c'erano criminali in erba, tossicodipendenti e molti border line. ne abbiamo combinate tante ma la nostra rappresentante di classe per i genitori ci difendeva sempre a spada tratta (suo figlio era uno dei criminali in erba).

    ogni tanto, quando la sentivo discutere con i prof, mi vergognavo.

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  24. @GFMD: io non lo vedo come il risultato di un inevitabile processo di "sviluppo" socio-economico-culturale, mi sembra più mancanza di umiltà

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)