mercoledì 16 ottobre 2013

Non aver paura di avere un cuore

del Disagiato

Ieri Italo Calvino avrebbe compiuto novant'anni, e Sandra Petrignani ha scritto per l’occasione un articolo sull’autore raccontando le sue virtù letterarie e umane. Nell’articolo, e di questo vorrei parlare, si racconta anche del contrasto tutto intellettuale che Calvino ebbe con Pier Paolo Pasolini: 
Pasolini si era messo contro e attaccò anche l’ex amico Calvino per certe simpatie, che giudicava ipocrite, verso gli studenti in rivolta. Anche se poi di simpatie, veramente, Calvino ne aveva pochissime e certamente i sessantottini dovevano apparirgli troppo ignoranti per riconoscersi loro compagno di strada. Forse gli piaceva tutto ciò che si muoveva di nuovo nel mondo e nella vita culturale, salvo ritrarsi subito deluso il più delle volte, e quanto al ’68 a Pasolini rispose così: «Verso le nuove politiche le riserve e le allergie da mia parte sono più forti delle spinta a contrastare le vecchie politiche». 

Ovviamente il dibattito nato tra i due scrittori è più fitto e meno, come dice giustamente Petrignani, manicheo ma non per questo dobbiamo allontanarci dalla vera scintilla che condusse i due ad essere “ex amici”. Volevo solo dire che questa scintilla è davvero importante e attualissima e che la possiamo trovare ben visibile in un articolo, primo marzo del 1975, di Pasolini, che s’intitola Non aver paura di avere un cuore. Il titolo, ora, sarebbe bello e utile prenderlo così, in questa sua forma, invece di accettare il semplice Cuore apparso poi su Scritti corsari. Non aver paura di avere un cuore, quindi. Si parlava di aborto e del diritto, che la sinistra sosteneva, di abortire. Pasolini nell'articolo scrive: “Ho detto che l’essere incondizionatamente abortisti garantisce a chi lo è una patente di razionalità, illuminismo, modernità ecc. Garantisce, nel caso specifico, una certa superiore mancanza di sentimento: cosa che riempie di soddisfazione gli intellettuali (chiamiamoli così) pseudo-progressisti…” Il discorso, a questo punto, intensifica il dibattito, e lo scrittore sottolinea che solo un intervento è stato civile e razionale, ed è quello di Calvino (Corriere della sera 9-2-1975) che “rimprovera” Pasolini “un certo sentimentalismo irrazionalistico, e una certa tendenza, altrettanto irrazionalistica, a sentire una ingiustificata sacralità nella vita”. E qui, secondo me, possiamo vedere bene quale fu la vera differenza tra i due intellettuali. Pasolini continua così: 

Il potere non è più clerico fascista, non è più repressivo. Non possiamo più usare contro di esso gli argomenti - a cui ci eravamo tanto abituati e quasi affezionati – che tanto abbiamo adoperato contro il potere clerico fascista, contro il potere repressivo. Il nuovo potere consumistico e permissivo si è valso proprio delle nostre conquiste mentali di laici, di illuministi, di razionalisti, per costruire la propria impalcatura di falso laicismo, di falso illuminismo, di falsa razionalità. Si è valso delle nostre sconsacrazioni per liberarsi di un passato che, con tutte le sue atroci e idiote consacrazioni, non gli serviva più … In questo contesto, i nostri vecchi argomenti da laici, illuministi, razionalisti, non solo sono spuntati e inutili, ma, anzi, fanno il gioco del potere. Dire che la vita non è sacra, e che il sentimento è stupido, è fare un immenso favore ai produttori … i nuovi italiani non sanno che farsene della sacralità, sono tutti, pragmaticamente se non ancora nella coscienza, modernissimi”. 

L’articolo continua, ma sono queste righe che contengono lo sfaglio. Un serio e documentato servizio sui preti pedofili della trasmissione Le Iene di Italia 1 (l’ho visto l’altra sera) è un momento televisivo che utilizza serietà e competenza per aumentare il proprio potere (come dire: un potere che non ha nessuna voglia di mettere nella giusta prospettiva, e su un terreno adeguato, il difficile e complesso argomento pedofilia). Il mio è solo un esempio, tra i tanti, che potevo fare. Pasolini è meno razionale di Calvino e proprio per questo lo è di più. Secondo me, questo argomento (sacro e non sacro, razionalità e irrazionalità) rende tanto diversi i due scrittori. È un argomento che vale ancora oggi - da leggere, rileggere e approfondire - quando parliamo di noi e della società in cui viviamo.