giovedì 10 ottobre 2013

Cosa dovremmo festeggiare

del Disagiato

In sintesi (molto in sintesi): Paolo Peluffo su Il Sole 24 Ore ha scritto un articolo sulla fiera del Libro di Francoforte, Buchmesse, e dice che bisogna difendere e sostenere le librerie fisiche e i librai per salvare le case editrici e la nostra lingua, che rischia, tra qualche decennio, di scomparire. La mia sintesi, ovviamente, sommerge cifre e altri argomenti che rendono il discorso più complesso e forse più interessante. Quello che a me qui interessa, però, è ciò che gira attorno proprio alle case editrici, alle librerie e ai librai. Come ho già scritto in passato, le librerie fisiche chiudono o soffrono non solo per la presenza di altri canali (vendita di libri on line ed ebook) ma proprio per la condotta delle case editrici e dei librai. Le case editrici pubblicano tanto e male: le librerie vengono letteralmente sommerse, così tanto che la libreria, oggi, è diventato un magazzino ingestibile. L’orientamento del lettore è quasi impossibile. Invece di chiedere alle nostre case editrici di resistere e di pubblicare, dovremmo chiedere agli editori di pubblicare meno e meglio: io lettore difendo le case editrici (non acquisto su Amazon, non leggo ebook) se le case editrici scelgono e selezionano per me. Chiedo a loro di essere un’ottima alternativa all’editoria digitale. Peluffo consiglia di festeggiare i nuovi titoli e i nuovi autori che gli editori italiani presentano a Francoforte: questi nuovi volumi contribuiscono a tenere in vita la nostra lingua e quindi la nostra letteratura. Ecco, quello che penso io è che dovremmo festeggiare i nuovi titoli e i nuovi autori che le case editrici non presenteranno non tanto alle fiere dei libri ma alle librerie. Selezionare, insomma. E a selezionare sarebbe bello ci fossero letterati, non esperti di mercato o pubblicitari. Una volta, mi sembra, funzionava così. 

Se vogliono rimanere luoghi frequentati, le librerie dovrebbero fare solo una cosa: assumere librai. Librai che conoscono i libri e magari – e questo, davvero, sarebbe il massimo – un poco di letteratura. Le librerie in questi anni hanno assunto personale alla cazzo di cane. È vero, oggi la libreria è ancora l’unico posto che più assomiglia ad una libreria, ma tra poco – domani? dopodomani? – non sarà più così. Ad un colloquio di lavoro il padrone o il responsabile dovrebbe chiedere al candidato: ti piace leggere? Lo so che è una domanda troppo semplice ma ritengo - e lo sostengo con l'autorità del fallimento - che questa sia la domanda fondamentale da fare prima di assumere una persona che dovrà vendere, sistemare, consigliare e maneggiare libri. Che dovrà convincere i clienti rimasti della “validità” di una libreria. Oggi, invece, è come se nella cucina di un ristorante ci fosse un idraulico che di cucina non sa niente. Forse una frittatina riesce a farvela. Non c’è niente da festeggiare.