venerdì 5 aprile 2013

L'impatto


del Disagiato

Qualche settimana fa la mia responsabile si è accorta che in libreria, chissà quando, hanno rubato dei libri. Nascosti dietro uno scaffale, ha trovato una decina di antitaccheggio, che sono adesivi quadrati che noi librai incolliamo sull’ultima pagina di tutti i volumi che entrano in negozio per essere venduti. Gli antitaccheggio accartocciati e nascosti dimostravano che qualcuno li aveva tolti per poi uscire dal negozio con i libri. Senza pagare, naturalmente. Dopo la sgradevole scoperta, la responsabile è venuta da  me e mi ha detto che non è possibile che un ladro sia riuscito a fregarci in questo modo. Io, sorpreso quanto lei ma anche un pochino toccato dal suo nervosismo, le ho risposto che da quel momento in poi saremmo stati tutti quanti più attenti ma che comunque gli occhi che abbiamo in faccia sono due e non mille. La domanda era implicita: come possiamo nello stesso istante sistemare libri, vendere libri e controllare che nessuno rubi libri? E allora la mia responsabile mi ha detto una cosa che mi ha offeso molto: “A me non me ne frega niente. Un modo per non farvi fregare i libri lo dovete trovare”. Ecco, sì, mi sono offeso. E la rabbia che è seguita all’offesa è svanita solo dopo un paio di giorni, come capita spesso con certi umori, che decantano o svaniscono da soli. E siccome sono una persona che cerca di essere razionale e non solo impulsiva, me ne sono fatto anche una ragione e cioè ho pensato che la mia responsabile non aveva torto ad essere così irritata. 


Lei, come il proprietario della libreria in cui lavoriamo, deve giudicare se il fatto che io venga pagato serva a qualcosa. Deve giudicare, in parole povere, il mio rendimento. Questo, per entrare un po’ più in profondità nel discorso, si chiama impatto. L’impatto è un influsso, un’influenza. Se parliamo di impatto ambientale, ad esempio, parliamo “di un complesso di modificazioni o alterazioni dell’ambiente naturale in conseguenza di nuove costruzioni, opere pubbliche, insediamenti industriali” (lo Zingarelli). L’impatto, per fare un ultimo esempio, è anche un’impressione: il film ha avuto un certo impatto. Insomma, il mio titolare mi paga e io, in cambio, devo esporre libri, vendere libri e non farmi fregare, come un pollo, libri sotto il naso. La mia responsabile è pagata dal mio titolare per far sì che io e i miei colleghi facciamo tutto questo, sia che siamo di buon umore sia che siamo di cattivo umore. Gli antitaccheggi ritrovati hanno dimostrato che nella libreria x i librai ultimamente hanno la testa fra le nuvole. Qui, ha pensato la mia responsabile, bisogna cambiare atteggiamento. 


Si guarda l’impatto – e come nel mio caso, parlo di impatto economico e non certo ecologico -  in tutti quei posti in cui qualcuno paga per avere dei servizi o per vedere delle conseguenze che siano, diciamo così, positive, gradevoli. Come detto prima, esistono tanti tipi di impatto. Un presidente di una squadra di calcio paga un allenatore perché questo vinca, dia risultati confortanti o secondo quanto stabilito in precedenza (vincere un campionato o anche solo la salvezza sono obiettivi di un presidente). In caso di impatto negativo, l’allenatore viene allontanato e sostituito. Recentemente, anche la scuola ha dimostrato di guardare all’impatto. In Inghilterra, ad esempio, ci sono stati grossi tagli alla ricerca e inedite soluzioni ai disagi creati dalla crisi economica che hanno scatenato nel 2010 le violente proteste degli studenti. Il Research Excellence Framework, Ref, è un “piano di eccellenza per la ricerca” ideato negli anni scorsi dal partito laburista e fatto proprio da David Cameron e che decreta che il 25% del valore di una proposta di ricerca o laboratorio nelle facoltà umanistiche dipenderà dal suo impatto e cioè dal guadagno più o meno immediato che se ne ricava. Una volta, invece, la ricerca era sovvenzionata pensando che i risultati ottenuti non fossero un punto d'arrivo ma un inizio. Si dava per scontato, ad esempio, che i risultati di uno studio su John Milton non fossero immediatamente quantificabili, in quanto Milton contribuisce in altro modo – per vie intime, lunghe e indirette – al progresso dell’umanità. Invece no, si deve badare esclusivamente all’impatto. “Da intendere nel seguente senso: i benefici quantificabili che l’economia e la società possono aspettarsi da esso”. In futuro sapremo se il Ref ideato in Inghilterra dal partito laburista saprà dare buoni risultati. Vedremo l’impatto, appunto

Un paio di giorni fa Matteo Renzi ha sostenuto, come sostiene da sempre Beppe Grillo, che si può fare politica anche senza denaro pubblico. Sì può fare grazie al denaro dei privati, e infatti così lui ha fatto per mandare avanti la sua campagna elettorale durante le primarie di qualche mese fa, raggranellando la cifra di 814.502 euro. Quando ho letto, grazie alla trasparenza del sindaco di Firenze, la lista dei finanziatori, ho pensato che una politica senza soldi pubblici farebbe comodo a me, libraio tartassato dalle tasse e che vorrebbe vedere meno trattenute in busta paga, e a molti altri cittadini più o meno come me. Però ho pensato anche al concetto di impatto: chi mi dice che in un mondo come questo, dove i librai non devono avere la testa tra le nuvole, dove anche nelle università si guarda alle conseguenze immediate di uno studio, laboratorio o ricerca, in un mondo dove anche la scuola viene trattata (magari giustamente, non lo so) come una azienda, chi mi dice, dicevo, che anche in politica non si arriverà a guardare con urgenza all’impatto? Chi mi dice che il signore che ha dato un euro o centomila euro al partito che io ho votato, non chieda un risultato e non guardi alle conseguenze, impressioni e benefici? Se il finanziatore costruisce macchine, chi mi dice che lui non pretende strade? Chi mi assicura che il concetto di impatto in politica non gli sia totalmente estraneo e quindi non faccia pressioni perché le cose vadano in un modo e non in un altro? Vorrei tanto che lo Stato non mi chiedesse soldi per finanziare scuola, partiti, giornali, infrastrutture pubbliche e via dicendo, perché quei soldi li terrei volentieri nel portafogli. Sì, mi piacerebbe tanto. Però, siccome i cittadini sono uguali ma alcuni sono più uguali degli altri, ho paura che qualcuno di questi finanziatori poi, a un certo punto, chieda un favore. E poi un altro. E poi ancora. Come puoi dirgli di no, a questo punto?

9 commenti:

  1. E' quello che è sempre successo con le elezioni negli USA: lobby che influenzano il presidente eletto grazie ai finanziamenti in campagna elettorale.

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  2. Giustissimo, però è così che funziona la politica sia che ci siano le lobby ufficiali sia che non ci siano.

    Quando gli elettori votano il candidato x così da ottenere un posto di lavoro, fanno la stessa cosa. E così ci troviamo a tenere in piedi aziende in perdita coi soldi di tutti, salvo alla fine trovarsi con un po' di disoccupati in più e con pochi soliti arricchiti.

    Quando gli elettori votano il candidato y così da avere la casa condonata, fanno la stessa cosa. Salvo poi piangere lacrime amare quando, al successivo terremoto, la casa gli cade in testa.

    E via dicendo. I soldi o il voto si danno a chi fa i propri interessi, e per prendere il voto bisogna fare gli interessi di qualcuno.

    Benvenuti in democrazia :-)

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  3. Il problema è che l'impatto esiste, oggi, a queste condizioni e c'è *anche* il finanziamento pubblico ai partiti. il che vuol dire che il finanziamento pubblico ai partiti non evita l'impatto, il che vuol dire che quello che chiami impatto non è un buon motivo per continuare a finanziare i partiti. Il partito di cui sono in direzione regionale toscana - il PD - usa i soldi che gli arrivano in modo del tutto arbitrario, pagando per esempio stipendi faraonici (alcuni dirigenti guadagnano - per loro stessa ammissione - 3000 euro netti al mese, la direttrice di Youdem guadagna - per sua stessa ammissione 6000 - seimila - euro netti al mese). E io che sono un dirigente, non ci posso fare *niente*. Molti soldi, gestiti da poche persone. troviamo una soluzione, ma tenendo presente che questo modello non funziona.

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  4. Magari sbaglio, ma con il finanziamento pubblico l'impatto riguarda la collettività o, per non usare questo termine, i suoi elettori. Gli interessi in ballo sono di molti e non di pochi. Che poi i finanziamenti pubblici vadano rivisti e regolamentati (con regole che poi vengano rispettate), io sono più che d'accordo. Aggiungo che il finanziamento privato ai partiti politici per me significa costruire un primo anello che porta al finanziamento privato delle scuole e degli ospedali (e altro ancora). Anche in questo caso, l'istruzione e la sanità dovrebbe badare all'interesse di alcuni signori.

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  5. Sbagli a mettere tutto in un calderone. Il finanziamento pubblico/privato ai partiti è una storia, scuole, ospedali, altra storia. Ma non hai risposto: tu dici finanziamento privato = corruzione. io dico: la realtà attuale è finanziamento pubblico E corruzione. Quindi?

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  6. No, io non ho mai parlato di corruzione (e, credimi, non ho fatto alcuna allusione alla corruzione). Ho parlato di pressioni da parte di pochi ricchi signori. Con i finanziamenti privati, ripeto, il rischio è che la politica non sia fatta più dai cittadini, ma da alcuni cittadini. Io voglio finanziare i partiti, non un partito. Poi, ovvio, voterò un partito. Sia chiaro che in questo post mi sono fatto delle domande, quindi ascolto con curiosità e interesse anche quello che hai da dire tu.

    Che lo spreco e le storture vadano fermate e corrette, mi sembra più che giusto. Ma la via di Renzi mi sembra pericolosa e sbagliata. Mi sembra. Forse.

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  7. Sono d'accordo con tommy angelo. In democrazia succede comunque che i desiderata dei pochi prevalgono su quelli dei molti (un solo esempio: Alitalia). Almeno si avrebbe una maggiore trasparenza

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  8. Il post mi è piaciuto molto, e condivido quando scritto.
    Il finanziamento pubblico non è in sé generatore di corruzione, lo è se ci sono pochi controlli. In Italia poi i soldi dei "rimborsi" sono oggettivamente troppi.
    Il finanziamento privato porta necessariamente con sé i pericoli che tu scrivi.
    In Italia oggi, tuttavia, prevale questo "nuovismo" per cui il solo atto di cancellare ciò che è vecchio è il bene. La qualità del nuovo con cui lo sostituisce non viene presa in considerazione.

    Saluti

    Tommaso

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  9. Tommaso perdonami ma l'abrogazione del finanziamento pubblico ai partiti è del 1993 , altro che nuovismo , poi il sistema di rimborsi elettorali va rivisto è ovvio. Il privato è portatore di interessi, che il finanziamento ci sia e sia bene in vista, quantomeno uno può scegliere (voto l'amico dell Enel o quello della IP?)
    Per quanto riguarda l'impatto riguarda solo la miopia dell'approccio della responsabile che scarica la responsabilità sul libraio con la testa sulle nuvole . intendiamoci un richiamo ad una maggiore attenzione , non contando solo sul sistema elettronico anti taccheggio ci può stare ma non risolve il problema.
    Un gestore dovrebbe analizzare il problema , monitorarlo e adottare o modificare le strategie per la riduzione del danno( o adottare un altro qualsivoglia metodo di gestione efficace). Questo per dire che la soluzione di impatto ( richiama il dipendente) può servire nell'immediato ma non è la soluzione nel lungo periodo alla falla del sistema di sicurezza. Così come in politica si cerca la soluzione di impatto sottovalutando la complessità dei problemi, complessità data anche dal nostro sistema bizantino di approccio ai problemi (codici,leggi,commi,appendici,allegati , allegati di allegati ) che io chiamo iper regolamentazione disarmonica.

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)