lunedì 5 maggio 2014

L'alto e il basso

del Disagiato




Sono una persona pigra, lo ammetto, anche se questa pigrizia riguarda principalmente il movimento, l’attività fisica. Nella mia pigrizia faccio rientrare altre attività che hanno a che fare meno con l’avventura ma più con l’”impegno” intellettuale (messo tra virgolette, perché non so esattamente se il mio sia davvero un impegno). Ho bisogno, insomma, di stimoli interiori e non esteriori. È banale sottolinearlo, lo so, ma ognuno è fatto a proprio modo: c’è chi per stare bene ha bisogno di uscire e fare qualcosa e chi preferisce invece stare in casa e fare qualcosa. Non amo fare paracadutismo ma leggere un libro o guardare un film. Cerco quindi di fare quello che faccio al meglio, e cioè di guardare buoni film e di leggere buoni libri, che nella mia pigrizia, detto terra terra, mi facciano crescere interiormente o che mi diano una rotta. 

Ho notato, però, di avere un problema: faccio fatica a capire quali sono i libri che vale la pena leggere e quali no; quali film meritano il mio tempo (che passa e diminuisce sempre di più) e quali invece sono da tralasciare. Colpa mia, che non ho ancora l’intuito spontaneo e la giusta attrazione verso la qualità e il giusto. Ma colpa anche dei giornali, delle riviste e dei siti che quotidianamente leggo, che con la stessa professionalità, e a volte lo stesso entusiasmo, discutono di film o libri di qualità e di film o libri adatti solo al divertimento e all’intrattenimento. È come se vivessi nello spazio, dove l’alto e il basso, infiniti, hanno poco valore, perché manca un soffitto, un pavimento: le cose ti girano attorno e basta. Mi fido solo degli amici, della loro parola, perché grosso modo sono come me. 

Per il resto navigo a vista. Il sito Il post, come ha detto giustamente Giuseppe Lipari ieri, “si è ritagliato una funzione che non fa nessun altro giornale ormai: spiegare come sono andate le cose”, argomentando con lucidità e competenza, evitando titoli ruffiani e truffaldini. Ma Il post, solo per fare un esempio, parla dei Simpson e di Bergman allo stesso modo, come se fossero degni dello stesso scaffale. Uguale uguale a Matteo Renzi che mesi fa ha dichiarato che i Simpson “sono più significativi di mille trattati di sociologia”. E allora, in modo confuso (perché sono confuso) mi chiedo se tutto è adatto a spiegare e interpretare il mio mondo. Quando leggo l’Unità, il Corriere, Il Giornale di Brescia vedo la stessa chiarezza e la stessa mancanza di gerarchia del Post. Mi sembra che ovunque, al di là del mio davanzale, ci sia un unico scaffale, dove c’è tutto. L’altra sera, all’Olimpico, il tifoso che dettava i ritmi del dramma calcistico era tatuato (solo di più) come chi, poi, ha cantato l’inno nazionale. E questo è quello che mi ha stupito della vicenda, nella rigidità della mia riflessione. Fatico a capire cosa è bene e cosa è male, cosa sta sopra e cosa sotto, cosa vale la pena prendere dalla rete e cosa invece rimettere in mare.