martedì 19 febbraio 2013

Trappole


del Disagiato

Lo so che lo sapete ma è sempre utile ricordare che la copertina, o la quarta di copertina, di un libro è studiata è progettata per acchiappare l’attenzione di chi passeggia tra gli scaffali della libreria e non ha bene in mente cosa acquistare, dove allungare la mano o posare gli occhi. Un piccola trappola che si può evitare con il buon senso. Basta saperlo, insomma. Le copertine belle non per forza fasciano un buon libro e una copertina brutta non per forza contiene un pessimo libro, anche questo è utile saperlo. Come sarebbe utile metterci d’accordo su cosa intendiamo con "bella" e "brutta". Facciamo così, stabiliamo che una copertina non ha nessun significato, non vuole dire o annunciare niente: il contenuto è slegato dalla forma. Sempre? Magari sempre no, però quasi sempre. Le copertine progettate dalla casa editrice Einaudi spesso sono belle ed eleganti ma immagino che non tutti i libri Einaudi siano belli o anche solo leggibili. Le copertine Adelphi forse seguono lo stesso sentiero, i libri Newton hanno tecnici, selezionatori e progettisti sia per le copertine sia per ciò che le copertine abbracciano e i libri Mondadori a volte si presentano, nel contenuto e nella forma, con coerenza e a volte no. A questo punto, vi sembra di avere le idee chiare? Vi sembra che alcune case editrici siano più sincere e corrette di altre? Sì, può darsi, ma non abbiamo presente tutte le copertine in commercio e tanto meno possiamo aver letto tutti i libri che stanno in una libreria, quindi l’unica cosa, secondo me, è fare un piccolo passo indietro e guardare tutto questo con un po’ di serenità, poche certezze e qualche impressione in tasca. Quando se ne presenta l’occasione, ai miei clienti ho deciso di dire: le copertine non vogliono dire niente; a volte ingannano, a volte non ingannano. L’ideale sarebbe non guardarle nemmeno, le copertine, ma il nostro mondo non è ideale. Anzi. 


Non so voi, ma io i miei vicini di casa non li vedo più. Saranno i miei orari di lavoro, sarà che esco pochissimo, sarà che loro escono poco, vai a sapere, sta di fatto che difficilmente ci si incrocia. Le facce dei condomini di questa piccola palazzina che mi ospita stanno diventando trasparenti, come capita con le facce sognate quando di mattina apriamo gli occhi. D’estate, quando le giornate hanno qualche ora di luce in più, ci riscopriamo, ma per il resto dell’anno ci si dimentica. Sento le loro voci ma non vedo i loro corpi. Le uniche facce che vedo, a parte qualche amico, sono quelle dei clienti e quelle degli scrittori che stanno sulle copertine dei libri. I clienti sono di passaggio, gli scrittori sulle copertine (o quarta di copertina) sono fissi, immobili, prigionieri. Stanno lì e ci guardiamo, tutti i giorni, per lunghi periodi. Ora che ci penso vedo più loro che i miei vicini di casa, anzi, se mi permettete una forzatura, gli scrittori sono diventati i miei vicini di casa, ben visibili sui libri o sui cartelloni pubblicitari che esponiamo fuori dal negozio o in vetrina. Loro parlano di me (i libri parlano di noi o sbaglio?) e non vedo perché io non dovrei parlare di loro per come li conosco, senza, magari, aver letto il libro che hanno scritto. Facciamo così anche con i vicini di casa, no? Li giudichiamo senza conoscerli veramente, li guardiamo dalla finestra, li osserviamo mentre loro sono di spalle e stanno aprendo il cancello giù in cortile o stanno salendo in macchina. Però, come vi ho detto, è accaduto che i miei vicini di casa ho smesso di guardarli e di incontrarli. Dalla mia finestra, allora, guardo passare scrittori. C’è chi ha una faccia intelligente e c’è chi ha una faccia stupida; c’è chi mi sta fregando e chi invece non sa nemmeno dove sto di casa, come mi chiamo, che faccia ho, come la penso, per chi voto.




In questa fotografia qui sopra ci sono due persone che sanno molte cose sulla ‘ndrangheta. Quello a sinistra è il procuratore aggiunto Nicola Gratteri mentre quello a destra è Antonio Nicaso, scrittore, giornalista e ricercatore. Se non li conoscete e volete saperne di più, ci sono le loro biografie in rete oppure ci sono i loro libri sulla mafia calabrese che si sta infiltrando là dove la mafia calabrese non dovrebbe infiltrarsi: La mafia fa schifo. Lettere di ragazzi da un paese che non si rassegna; La giustizia è una cosa seria; Fratelli di sangue. Gratteri scrive che un buon modo per combattere la mafia è la prevenzione: educate i giovani, sostiene lui. Nicaso, invece, ha così tante informazioni sulla ‘ndrangheta, che tiene dei corsi anche negli Stati Uniti, oltre che in Italia. Wikipedia riporta che Nicaso “tiene corsi estivi di storia della questione meridionale e storia delle organizzazioni criminali per post laureati al Middlebury College (Vermont, Usa)”. Quando ho letto “corsi estivi” ho sorriso e non so il perché. Ma questo è solo una piccola curiosità che mi sono fatto scappare osservando Nicaso dalla mia finestra. 

Insomma, Gratteri e Nicaso hanno scritto dei libri insieme, a quattro mani, e sulla quarta di copertina di tutti i loro libri c’è questa fotografia, in bianco e nero. Essendo sul retro, Gratteri e Nicaso non li vedo tutti i giorni ma quasi. Li ho visti anche l’altro giorno mentre pulivo il pavimento del negozio. Uno dei loro libri era su uno scaffale, di costa, e alzando la testa dal pavimento ho visto queste due facce in avvicinamento, o già vicine. Scusate il pettegolezzo, ma secondo me è Nicaso, sulla destra, che sta parlando a Gratteri, sulla sinistra. Cosa si stiano dicendo, non lo so e non posso saperlo; dove si trovavano in quel momento, neppure questo so. Li vedo in libreria e questo mi basta per capire che la fotografia è efficace, che l’immagine funziona bene per rappresentare la complicità tra un procuratore e un giornalista impegnati a combattere la criminalità organizzata. Così tanta complicità che hanno scritto dei libri insieme. Però il loro editore, Mondadori, ha usato questa fotografia non solo per la complicità ma anche perché questa fotografia ricorda tanto quella fotografia scattata dal reporter Tony Gentile nel rione della Kalsa, a Palermo, nel marzo 1992, nella quale Falcone e Borsellino stanno nella stessa posizione di Gratteri e Nicaso: fotografia in bianco e nero, due visi vicini, uno dei due che dice qualcosa all'altro, intimità, complicità, competenza, credibilità.



Già, la credibilità. Non per essere maligno, ma sembra che Gratteri e Nicaso, quelli immortalati intendo, traggano forza non dalla loro fotografia ma da quello che la loro fotografia prende da Falcone e Borsellino in quel lontano 1992, prima di cadere nel baratro e nel mito. Posso dire che Falcone e Borsellino sono dei miti? O forse è più opportuno dire simboli? La bocca sorridente di Borsellino accanto ai baffi di Falcone ha generato non solo una fotografia ma anche striscioni, bandiere e copertine. Capita ai grandi, questo, non ai mediocri.

Mondadori ha utilizzato una trappola, piccola e non sofisticata, per i libri di Gratteri e Nicaso? Non so proprio che dire. Mi sentirei un vicino di casa maligno a dire che sì, che quella fotografia rappresenta due persone competenti che giocano a fare i Falcone e i Borsellino. Basterebbe accostare le due fotografie per pensarlo. Ma né io e né voi siamo vicini di casa maligni. Siamo solo gente che osserva fuori dalla finestra e si fa venire qualche sospetto, qualche impressione. A volte facciamo pettegolezzi, ci mancherebbe, ma siccome non abbiamo nessuna certezza, è meglio, certe cose, tenercele per noi. Perché potremmo anche sbagliarci. 

4 commenti:

  1. Bel post, però alla frase "gli scrittori sono diventati i miei vicini di casa" ho pensato che dovresti chiamare qualcuno e uscire più spesso ;^)

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  2. Dovrei farlo a prescindere dalla frase ;)

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  3. Nicola Gratteri da anni si fa un culo quadrato per parlare in tutte le scuole del regno di 'ndrangheta. Chiunque l'abbia sentito anche solo mezza volta non può che pensare che quella 'trappola' sia solo benemerita, se mai c'è stata.

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  4. E' un messaggio subliminale. Guardando la prima foto ho immediatamente pensato: "sono Falcone e Borsellino? No, e chi sono?".
    La foto ti fa pensare a qualcosa anche se, nel momento in cui la guardi, magari non riesci a cogliere qual è il riferimento che la tua mente, a tua insaputa ha fatto.
    Chi ha scelto la fotografia secondo me sa fare il suo mestiere. Ora io in generale apprezzo le persone competenti nel loro lavoro, perché non mi sembra che siano molte.
    Ha fatto una citazione se vogliamo, che è sempre meglio che scrivere quelle orrende frasi finte sulla quarte di copertina: "Un libro sensazionale che vi lascerà senza fiato. New York Times"


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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)