mercoledì 27 febbraio 2013

Come un cane in chiesa

del Disagiato

Don Andrea Gallo non è un uomo di chiesa come gli altri. Già, ma come sono gli altri? Gli altri non sono come lui, e cioè un prete che sin dall’inizio della sua carriera si è fatto voler bene per i suoi metodi educativi originali, per la sua pedagogia non repressiva che lo spingeranno presto ad esser chiamato "prete comunista", un presbitero che preferisce alla chiesa la strada perché solo per strada si possono incontrare gli ultimi, i poveri, gli emarginati. Per questa condotta da prete diverso e originale, la sua biografia ci racconta di spostamenti e allontanamenti “forzati”, o comunque con motivazioni poco chiare, da parte dei suoi superiori, fino al suo arrivo alla parrocchia di San Benedetto al Porto dove fonda una comunità. Sta tra gli ultimi e i poveri, è vero, ma poi? Perché qualcuno, forse per offenderlo, l’ha definito un uomo di chiesa comunista? Perché è per la liberalizzazione delle droghe leggere, perché è stato amico di De André e di Fernanda Pivano, perché ha compiuto un atto di disobbedienza civile fumando uno spinello dentro il palazzo del Comune di Genova, perché ha partecipato al Genova Pride 2009, perché ha cantato "Bella ciao" nella chiesa di San Benedetto al Porto? Sì, questi, molto probabilmente, i motivi che l’hanno reso un prete da marciapiede, come ama definirsi lui. 

“I miei vangeli non sono quattro. Noi seguiamo da anni e anni il vangelo secondo De André, un cammino cioè in direzione ostinata e contraria. E possiamo confermarlo, constatarlo: dai diamanti non nasce niente, dal letame sbocciano i fiori”, ha dichiarato anni fa e con quel "noi" molto probabilmente intende lui e la sua comunità di fedeli altrettanto diversi e rivoluzionari. “Comunque è vero, sono comunista. Non dimentico mai la Bibbia e il Vangelo. E non dimentico mai quello che ha scritto Marx”, scrive, invece, in uno dei suoi libri. Perché di libri di, e su, Don Andrea Gallo ce ne sono tantissimi sugli scaffali delle librerie: Le preghiere di un utopista; Osare la speranza; Io non taccio. Prediche di Girolamo Savonarola; Se non ora adesso; Come un cane in chiesa. Il Vangelo respira solo nelle strade; Io cammino con gli ultimi; E io continuo a camminare con gli ultimi; Di sana e robusta costituzione; La buona novella. Perché non dobbiamo avere paura e poi tanti altri.

Una volta, quando ero più ingenuo, pensavo che ad andare in direzione ostinata e contraria si andasse in direzione ostinata e contraria. E invece no, capita, a essere diversi, che ci si ritrova negli stessi ambienti di quelli che sono non ostinati e non contrari, con lo stesso sguardo e la stessa posizione di tutti quanti. Come un cane in chiesa, s’intitola un libro di Andrea Gallo. Ecco, pensavo che ad essere come cani in chiesa, e cioè come esseri viventi sgraditi, si finisse per essere, appunto, sgraditi e scomodi e per questo allontanati. E invece i cani in chiesa fanno gola alle case editrici e così di libri di Don Andrea Gallo ne escono tanti, un giorno sì e un giorno no, con la sua faccia resa vendibile in copertina, il sigaro in bocca, magari il cappello in testa, l’aria dell’intellettuale che vuole arrivare al nocciolo della questione. E così si scopre che anche la direzione ostinata e contraria non è poi così ostinata e contraria e che il punto di vista del prete da marciapiede diventa vendibile come quello di Fabrizio Corona o di Barbara D’Urso. Sicuramente, il suo, è uno sguardo più sofisticato e meditato, però mai caustico e rivoluzionario, mai così "vicino agli ultimi", come recita un titolo di uno dei suoi libri. 

Ho scritto questo post perché ogni giorno, per tante ore, ho sulla retina la faccia di Don Andrea Gallo con il sigaro in bocca. Sono le mie ore di lavoro in libreria, ovviamente, e non posso spostare lo sguardo, distrarmi, fare altre considerazioni se non che quella faccia mi sembra una faccia che viene usata e imbellettata dagli editori per un buon tornaconto. Magari le parole e le belle considerazioni che stanno in quelle copie cambiano la vita di qualcuno, spostano voti, danno conferme e conforto, non lo so proprio, però, da libraio, la mia sensazione è che più libri di Don Gallo escono (e ne usciranno ancora e poi ancora) meno il cane sarà di disturbo in chiesa. Non per colpa, se di colpa si può parlare, di Andrea Gallo, ma delle case editrici che gli chiedono di pubblicare. Uriel, nel suo blog Kein Pfunsch, ha scritto non ricordo più dove e quando che le persone fortemente critiche si dividono in due: i rivoluzionari e i rompicoglioni. Ecco, ho paura che l’eccesso o l’abuso di critica, di “direzione ostinata e contraria”, rischi di svuotarsi di contenuto, di non rinnovare o cambiare nulla, di allontanarsi dalla piccola o grande rivoluzione che stava nei progetti e nelle tattiche. Temo che dentro questa bulimia intellettuale editoriale letteraria, Don Andrea Gallo, il prete comunista, stia facendo la pace con il potere, e le sue logiche, che tanto vorrebbe combattere.

6 commenti:

  1. Uno dei migliori post di questo blog :-)

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  2. boh. (Avrei dovuto scriverlo ieri, lo scrivo oggi).
    A me non è che don Gallo stia poi così simpatico, ma questo è un problema mio. Magari è colpa del sigaro.

    Però sono anche convinto che non si sia una risposta univoca a cosa fare. Perché sputtanarsi con un iperpresenzialismo - ricordo a novembre 2011: ero in una libreria a Genova e ci saranno stati almeno cinque libri di don Gallo - è pur sempre una direzione ostinata e contraria a quella che ci si potrebbe aspettare dai benpensanti (non sto parlando di te, Disagiato: il mio è un discorso generale). Uno deve scegliere quanto e come vendersi: perché se il guadagno (non per lui direttamente ma per quello che lui vuole) è maggiore della perdita per sé allora il tutto può avere senso.

    Credo che B16 abbia dovuto fare un ragionamento del genere all'ennesima potenza. Io invece non riuscirei mai a farlo: vado in direzione ostinata (che non significa non cambiare mai idea, ma farlo solo dopo aver deciso che quella vecchia era sbagliata), ma vado in direzione "indifferente", nel senso che non mi importa sia uguale o contraria a quella degli altri. È molto più semplice, ma anche molto egoista.

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  3. Trovo le tue ultime righe bellissime, davvero. Per il resto, c'è da stabilire, appunto, se si cerca un tornaconto generale, collettivo o un tornaconto personale. La mia impressione è che Don Gallo si stia facendo spolpare a tal punto da mettere nei propri libri parole già disinnescate in partenza. La quantità va a toccare la qualità, non saprei dirlo meglio.

    Magari l'ho già scritto, ma in questi post che parlano di copertine (come quello precedente su Gratteri e Nicaso) cerco di fare un processo alle case editrici e non agli scrittori. O almeno ci provo.

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  4. Ma fai un processo alle case editrici per le copertine o per i contenuti? Che la mia risposta è diversa nei due casi. La copertina è per l'appunto un acchiappalettori, e nel caso di don Gallo la sua faccia è più che altro un marchio di fabbrica: almeno in teoria puoi avere libri con contenuto diverso. Quindi non è che la cosa mi dia fastidio. Sui contenuti... beh, gli editori hanno soprattutto in questi ultimi due-tre anni assoluto bisogno di bestseller per sopravvivere. È triste ma è così. Io la vedo un po' come la pubblicità: almeno fino a una certa soglia la considero il male necessario per poter leggere (e nel mio caso scrivere :-) ) qualcosa di meglio.

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  5. Cerco di farlo per le copertine, con il rischio, inevitabile, di toccare anche i contenuti. Sul fatto che le copertine siano furbe, ho qualche perplessità, davvero. Penso che i contenuti comincino ad essere più ingannevoli e, come dici tu, acchiappalettori. Penso che le copertine meritino qualche considerazione più approfondita, soprattutto quelle dei libri più importanti e sinceri.

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