venerdì 18 gennaio 2013

Usate la carrozza, non l'automobile

del Disagiato

Vi dico una cosa ma, per favore, poi tenetela per voi: la libreria in cui lavoro presto chiuderà. Vi dico di non spargere la voce solo perché il mio titolare ci ha detto di non spargere la voce. Certe trattative potrebbero saltare, dice lui. E cosa intenda, io non l’ho proprio capito. Di sicuro, però, lui vuole chiudere. Tra due o tre mesi, forse. Magari tra un anno. Ci sono contratti d’affitto da rispettare. E poi, magari, al suo posto arriverà un’altra libreria che deciderà di tenerci tutti quanti, senza licenziamenti e nuove assunzioni. Come può un centro commerciale, oggi, stare senza una libreria? La notizia della chiusura naturalmente mi ha messo in corpo un intenso brivido. Però, ripeto, c’è ancora tempo da qua alla saracinesca da abbassare. E poi, ci diciamo noi commessi (o librai), arriverà un altro titolare con un’altra libreria. Non fasciamoci la testa, ci diciamo ancora in negozio, per non piangere. Rischiamo noi, come stanno rischiando altre librerie a Brescia, a Milano e in tante altre città del nostro paese. Le librerie storiche chiudono a Firenze. Hoepli per il momento manda in cassa integrazione 60 dipendenti. Poi si vedrà. 


Volevo dire, a proposito, che io non so se la colpa o il motivo di queste chiusure sia della crisi economica. Non ne sono sicuro. Sicuramente la gente non spende i soldi come prima, come due o tre anni fa. I libri non stanno nella lista delle priorità. Ci sono le biblioteche, ci sono anche i siti internet che vendono romanzi a prezzi interessantissimi e quindi perché mai prendere la macchina e venire in libreria? Tempo, benzina e soldi che se ne vanno. Poi ci stanno i libri elettronici. In questi ultimi mesi in negozio ne ho venduti tanti. “Vendiamo il nemico”, dico solitamente ai clienti. E i clienti ridono, mi trovano simpatico per questa bella battuta. Ma non è una battuta. È la tragedia che si traveste da barzelletta. 


Allora sì, facciamo che le librerie chiudono per colpa della crisi economica. Anche per colpa della crisi economica. Marino Buzzi scrive che questa crisi economica è, prima di tutto, una crisi culturale: “la crisi culturale ha imposto un ridimensionamento del mercato del libro. Quello che è successo è che per vendere, per non chiudere i battenti, si è preferito puntare sull'aspetto più semplice, quello dei libri facili, molto pubblicizzati o di personaggi famosi”. Ha scritto tutto e bene: questa è una delle tante facce della crisi della cultura. Adesso però vi dico una cosa timidamente, non guardandovi negli occhi: secondo me questa non è una crisi della cultura. 

Cioè, lo è, ma non lo è. Io, intimamente, la vivo drammaticamente come una crisi, ma non è una crisi. Penso che oggi, dentro il nostro bel mondo, sia giusto e coerente che le librerie chiudano. Penso anche che il mio titolare faccia bene a chiudere la libreria e aprire un negozio che vende mutandine (dovreste vedere quanta gente da Yamamay). Farebbe più soldi e, penso, si sentirebbe più realizzato. Vi giuro che sto dicendo ciò senza ironia e rabbia, credetemi. Quando dico, penso e sostengo che i libri sono importanti, ecco, in quel momento mi sento sempre di più come un uomo che consiglia di andare a spasso con una carrozza trainata dai cavalli. Ma perché la gente invece di usare la macchina non usa la carrozza? Tutti i giorni mi sveglio e mi faccio questa domanda. E qualcuno mi risponde che la macchina, per vari motivi, è più comoda e più veloce. Nonostante questo, ogni giorno mi ostino ad andare in negozio per sostenere che bisognerebbe andare in carrozza. Anche avere un blog che parla di libri e librerie è come avere un blog che parla dell’immensa utilità delle carrozze per spostarsi e viaggiare. “Guarda che esistono le macchine”, mi dice, ogni tanto, qualcuno di voi. E allora io mi arrabbio. E dico che il mondo è in crisi, che tutto è marcio (lo penso anche adesso, mentre scrivo). 

Non servo più e mi arrendo. Le cose sono cambiate. Anche la mia faccia è diventata la faccia di un pazzo che parla a vanvera. La mia pazzia, il mio dramma, ormai si sposta con me, è dimensione folle che non ha a che fare solo con la libreria. Mi sento un pazzo anche con le persone che frequento, con gli amici e i parenti.  Non vi capisco più. Per attenuare il dolore ho solo due rimedi, due modi antalgici di stare al mondo. Il primo è non parlare. Il secondo è parlare di altro. Ogni tanto spacco la mia rigidità e mi lascio andare, come uno stolto. E allora sostengo che i libri e i librai sono importanti, che potrebbero, forse (forse), cambiarci la vita. Sostengo, quando bevo un po’ troppo, che la cultura ha potere di dettarci, non senza fatica, una grammatica del dolore, quella grammatica che non ha la pretesa di renderci esseri umani felici ma esseri umani che soffrono bene, in modo disciplinato e intelligente. A volte mi scopro anche a sostenere che la cultura, i libri, le parole dovrebbero essere un’alternativa a Kate Moss e Messi, e che non esiste solo una cultura, ma una cultura colta e una cultura popolare. Non capisco, insomma, perché mai la gente usi l’automobile invece della carrozza trainata dai cavalli.

10 commenti:

  1. più che di carrozze parlerei di treni, cosa che in Italia non è proprio il massimo però ha un senso in genere.

    RispondiElimina
  2. La gente usa la macchina (e non la carrozza, il treno o il pullman) perchè poi fa "strani" incontri, come il tuo...
    In macchina invece non si incontra nessuno. Ecco perchè.

    RispondiElimina
  3. Il post più bello che abbia mai letto da mesi. Non ho parole. E sicuramente non ho soluzioni "facili" per quello che stai vivendo. Cerca di andare avanti e cerca conforto tra le persone care e, perchè no?, in questo blog. Fatti forza. Vedrai che le cose cambieranno. Qualunque cosa accada troverai una via. Ne sono sicuro.

    RispondiElimina
  4. Be', considerato l'andamento delle vendite dei carburanti, mi sa che qualcuno e' tornato a usare la carrozza ;-)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Tema molto interessante questo.

      Non credo che i lettori di ieri, quelli che tenevano in vita le librerie di un tempo, siano spariti. La lettura non è una moda passeggera. E' una malattia contagiosa e oggi, sono sicuro, ci sono più lettori di ieri.

      Il fatto è che oggi ci sono possibilità di lettura che ieri non c'erano. Web, editoria elettronica, commercio online e stampa on demand offrono possibilità di lettura che pochi anni fa non c'erano. Sono possibilità spesso più economiche, facili e veloci di una libreria e quindi, in momenti di crisi, sono preferite dal grande pubblico. Ma a parte il momento di crisi le librerie sono destinate a diminuire di numero e dimensione, a meno di aumentare a dismisura il numero dei lettori. Possibile ed auspicabile, ma ci vogliono almeno una decina d'anni con iniziative mirate. Chi le finanzia?

      La libreria diventerà un'attività artigianale e il libraio diventerà un'artigiano. Questa mi sembra la direzione. Vedremo se ho ragione.

      Nel frattempo, Disagiato, buona fortuna. Che i libri siano con te!

      Elimina
    2. Allora sarebbe una decrescita felice: il libro come opera d'arte. Il libraio sarebbe un mestiere ambizioso e ben retribuito, della serie pochi ma buoni. Sicuramente, Disagiato, tu saresti ( e gia lo sei, ne sono certa) uno dei più bravi. Via tutta la stampa spazzatura, mettiamola sul web, perchè sulla carta verranno stampate solo parole sagge.

      Elimina
  5. Lo stesso discorso, meno culturale, l'ha fatto una decina di anni fa il fotografo vicino casa che sviluppava i rullini delle macchinette fotografiche prima dell'avvento delle digitali, non si rassegnava al fatto che le foto si potessero mettere sul computer invece di stamparle.
    Un abbraccio, disagiato romanticone!

    RispondiElimina
  6. Le tue parole mi consolano e mi fanno sprofondare un po' di più allo stesso tempo. Mi consolano perché mi fanno sentire meno sola: quante volte mi capita di sentirmi "fuori" dal mondo, esclusa da qualche club a cui peraltro non aspiro appartenere? Troppe. Come dici tu, "Mi sento un pazzo anche con le persone che frequento, con gli amici e i parenti. Non vi capisco più." Il motivo per cui invece spronfondo un po' di più è che mi sembrara difficile trovare persone che condividano le mie idee. Eppure vedi, ce ne sono! Forse se spargiamo la voce, troveremo anche noi il nostro club libroso! E di librerie, questo è certo, avrò sempre bisogno primario.

    RispondiElimina
  7. Sabato ero con mia madre in un centro commerciale, e lei mi ha detto "visto che siamo qui, potremmo prendere un regalo per A."(figlia di una sua amica, vent'anni e una vita che né io né lei conosciamo se non molto in superficie) "che compie gli anni a fine mese... che ne dici, potremmo regalarle l'ultimo libro di ****?" (nome di persona famosa, libro visto presentare in tv, da qualche parte). Le ho risposto "Mamma, ti prego, no". Ho pensato che mi sembra assurdo, sbagliato, comprare un libro "giusto per", soprattutto se è per regalarlo a qualcuno. E nel frattempo ho pensato a questo tuo post, e non so dirti esattamente come mi sono sentita, probabilmente un po' in colpa.

    RispondiElimina

(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)