lunedì 19 agosto 2013

Stare insieme

del Disagiato

La settimana scorsa mi è capitato di stare tre giorni da solo, senza vedere amici e parenti. Di mattina leggevo un libro, di pomeriggio andavo in libreria a fare il mio mestiere (e lì, sì, qualcuno vedevo, ma si trattava di lavoro) e poi, di sera, me ne tornavo a casa, ancora a leggere un libro o a guardare un film. Ecco, questo l’ho fatto per tre giorni consecutivi. Ho ricevuto e fatto qualche telefonata, ho scritto un paio di mail, ho detto mezze parole d’occasione ai miei vicini, ma per il resto, come vi ho già detto, me ne sono stato da solo, senza ospitare in casa amici o uscire con qualcuno anche solo per fare due passi. Come potete immaginare, non sono stati giorni interessanti ed eccitanti. Sono giorni che già tra un mese dimenticherò, ne sono sicuro. Vi devo confessare, però, che stavo bene; che, se mi passate l’espressione, mi sentivo in armonia con me stesso e la vita. Ero sereno, insomma. I miei pensieri in quei tre giorni erano pacati e lucidi. Mi ricordo che ad un certo punto ho fatto anche un pensiero molto profondo ed intelligente, che a me, credetemi, di pensieri profondi e intelligenti non capita spesso di farli. Prima di andare a letto, uscivo in balcone e guardavo le stelle in cielo, che erano bellissime. Poi, dopo un profondo e saggio sospiro, me ne andavo a letto, sereno, in pace, pronto al sonno dell’innocente. 

Tre giorni di questo genere ti fanno sentire anche un uomo solo, però. E infatti il quarto giorno due amici mi hanno chiesto se ero libero e se mi andava di fare qualcosa. “Certo che mi va”, ho detto felice di sentire i miei due amici di sempre. “Prendete tre birre e venite da me”. E allora, di sera, i miei amici si sono presentati a casa mia con tre lattine. Non che non li vedessi da tanto tempo (abitiamo vicini e li vedo più o meno tutte le settimane) ma quel giorno avevo voglia di stare con loro, di aggiornarli su alcune faccende, di giocare qualche partita con la Playstation e di fare quello che fanno tre amici che si conoscono da vent’anni. Abbiamo fatto dell’ironia sulla situazione politica italiana, abbiamo parlato del nuovo fidanzato di Elisabetta Canalis, di calcio, di film, di donne e di alcuni nostri conoscenti che non vediamo da un pezzo. Siamo stati bene, come sempre. A un certo punto, davanti ai miei amici, ho detto anche una volgarità e loro due, con me, sono scoppiati a ridere. E allora abbiamo detto altre volgarità, ridendo e sbagliando congiuntivi. A fine serata, quando gli amici se ne sono tornati a casa, io mi sentivo meno solo, più felice ma anche un po’ scemo. Non percepivo più quell’”armonia con me stesso e la vita” di cui vi parlavo prima. Avevo smesso di fare pensieri lucidi ed equilibrati. Non mi sentivo nemmeno più calmo. Prima di andare a letto mi sono addirittura dimenticato di guardare le bellissime stelle in cielo e di fare il sospiro da uomo saggio. 

Ecco, adesso, mentre scrivo, penso che i miei genitori, quando ero piccolo, non dovevano dirmi “stai attento alle cattive compagnie” ma “stai attento alle compagnie”. Loro, questo, giustamente non l’hanno fatto, perché erano genitori e non terroristi. Bene così, quindi. Però, adesso che sono diventato grande, penso che frequentare gente (anche se in gamba e intelligente come i miei due cari amici) peggiora un pochino le persone. Si diventa un po’ scemi. E non è detto che sia un male, sia chiaro. Ora che la libreria sta affondando, sto facendo pensieri strani. Ad esempio, mi chiedo come staremmo se tutti i lettori d’Italia decidessero di non frequentare le fiere dei libri o i vari festival della letteratura. Mi chiedo se anche in quelle occasioni, tutta quella gente insieme non diventa un po’ più stupida e meno lucida, come capita a me (e non è detto che capiti anche a voi, ci mancherebbe) quando vedo i miei amici. Insomma, mi chiedo come starebbero la nostra cultura e la nostra editoria se quelli che si definiscono buoni lettori non si frequentassero più, e decidessero di leggere libri e basta, a casa loro. Come staremmo se la smettessimo di comunicare, di confrontarci e di scambiarci idee durante le belle e pregevoli manifestazioni culturali.