sabato 23 marzo 2013

Novantanove centesimi

del Disagiato

Un mese fa circa sugli scaffali della libreria sono arrivati dei libri che costano solo novantanove centesimi. Appartengono a una nuova ed economicissima collana della Newton Compton e per il momento i titoli disponibili – la maggior parte sono classici – sono dodici. Tra un paio di mesi, se ricordo bene, dovrebbero arrivare altri titoli della stessa collana, sempre a novantanove centesimi, naturalmente. La responsabile della libreria, che deve in qualsiasi modo far tornare i conti, si è lamentata perché con quel prezzo il guadagno, per noi, è bassissimo. La Stampa, il 17 marzo, ha pubblicato un articolo che riporta altre lamentele, tra le quali quella di un libraio che afferma che l’idea dei libri a 99 centesimi non è una promozione vera della lettura, ma una promozione commerciale: “A un libraio richiedono la stessa cura e attenzione di qualsiasi altro libro. Li devi spacchettare, sistemare, disporre, occupano spazio, ma a me costa più battere uno scontrino, di quel che guadagno sulla vendita di uno 0,99”. C’è anche chi ha fatto notare che in questi piccoli volumi si pubblicizzano altri libri della stessa casa editrice, la quale trova così una via molto originale e furba per sponsorizzarsi. I volumi in questione, aggiungo io, non sono né eleganti né pratici e la carta è di pessima qualità, un po’ come quella dei libri economici della Feltrinelli, che però, come ben sapete, costano anche sei o sette euro in più. 

Vorrei anche precisare che tutti i libri di tutte le case editrici pubblicizzano, nelle ultime pagine, altri libri dello stesso autore che avete tra le mani o di altri autori. La pubblicità, insomma, la fanno tutti o, per non forzare il discorso, quasi tutti. La Newton Compton, con i libri a 99 centesimi, ha fatto una promozione commerciale e non una promozione culturale? Sinceramente è da quando lavoro in libreria che ho notato questa propensione agli affari delle case editrici. Gli istant book, per fare solo un esempio, vengono scritti e pubblicati in fretta e furia non per deludere le aspettative dei lettori che vogliono avere notizie e dettagli su avvenimenti recenti, ma per non farsi bruciare il terreno dalle case editrici concorrenti: guadagna denaro il primo che arriva. E ovviamente non voglio immaginare la fatica e l’ansia dell’autore che deve fare subito, presto, in fretta, prima degli altri. Gli istant book, quindi, per una promozione alla lettura? No, per me gli istant book sono una promozione commerciale, come promozione commerciale sono i Newton Compton a 99 centesimi.

Come ricorda Alberto Cadioli in "Letterati editori" (il Saggiatore, 1995) alla Rizzoli, negli anni cinquanta, si diceva che l’editore, che aveva acconsentito alla pubblicazione di libri da vendere a bassissimo prezzo, si stupiva che dopo un anno l’iniziativa avesse raggiunto un risultato economico sorprendente. “Lei mi ha imbrogliato. Altro che cultura, con questi libri qui si guadagna un sacco di soldi” avrebbe detto Angelo Rizzoli a Luigi Rusca, ideatore dell’iniziativa. Stupore per il guadagno, ovviamente, ma stupore anche per cifre che riguardano, questa volta, i lettori. Secondo un’indagine Doxa (ancora Alberto Cadioli) condotta nell’aprile del 1947, il 41% degli intervistati non aveva mai letto libri, e il 25% non ne aveva mai letti nei mesi precedenti l’inchiesta. In un’indagine successiva, e cioè nel 1949, la situazione non era molto diversa. Le statistiche non dicono tutto di un preciso periodo – e poi dovremmo leggere i numeri e non gli aneddoti degli anni 50 - ma forse è utile sottolineare che il prezzo contenuto della nuova collana Rizzoli, e il successo inaspettato dell’iniziativa lo dimostra, portò a una democratizzazione dell’editoria e cioè a un aumento dei lettori. 

Per noi, oggi, la Biblioteca Universale Rizzoli, la Bur, è una presenza ovvia ma negli anni 50 non lo era. E anche allora, come oggi, le polemiche sulla corruzione degli intellettuali - gli intellettuali che guadagnano “facendo” editoria e non scrivendo - e sullo scarso valore di questi volumi venduti a basso prezzo erano all’ordine del giorno. Ho come l’impressione che il nostro mondo abbia sempre gli stessi problemi, le stesse lamentele, gli stessi fastidi ("Ormai le sfarzose ville lasceranno / ben pochi iugeri all’aratro; / da ogni parte si vedranno piscine più vaste / del lago Lucrino e lo sterile platano / vincerà gli olmi": l’abuso edilizio e la cementificazione secondo Orazio) e sarebbe bene, quindi, guardare con lucidità e con occhi da storici (anche se storici mediocri e improvvisati) cosa accadde dopo una delle primissime iniziative di “libri a basso prezzo”. Rizzoli esultava per il guadagno ma qualcuno, grazie all'accessibilità, incominciò ad acquistare libri e a leggerli. I libri a novantanove centesimi sono brutti e fruttano poco, quasi niente, e poi, giusto ricordarlo, la Newton Compton ha delle responsabilità sulle tremende e abbondanti pubblicazioni di questi ultimi anni ma, secondo me, la drastica riduzione di prezzo è una buona notizia. Aumenteranno i lettori? Gli italiani sapranno cambiare la definizione di “lettore” (lettore è chi legge più di un libro all'anno)? Il prezzo basso di un libro non cambia di certo la cultura o il modo che i cittadini hanno di gestire e utilizzare gli strumenti culturali, ma se i libri costano poco è probabile che qualche passo in avanti il nostro paese lo può fare. 

La storia editoriale del secolo scorso, almeno quella che va da Papini a Calvino, ci ha raccontato alcuni di questi passi, fatti lentamente e grazie anche (anche) ai libri economici. “Fra i mutamenti di clima c’è stato nell’editoria il boom degli economici. Lo considera un fatto positivo?”, chiesero a Italo Calvino (“La letteratura si trasforma. Cosa diventerà”? Il Giorno, 10 novembre 1965). La sua risposta: “Per me i libri a 350 lire nelle edicole sono una bellissima cosa, ma per ora non si può dire che siano un avvenimento culturale. Una produzione esclusivamente di romanzi, titoli disparati, buttati lì ognuno per conto suo, non tende a costruire un nucleo di biblioteca che risponda ai bisogni di un qualsiasi lettore. Anche in altri paesi la rivoluzione del libro economico ha avuto aspetti di disordine, di arbitrarietà, però per esempio in Francia e Inghilterra il libro economico comprende anche una vastissima produzione di libri d’inquadramento, di libri che possono dare al lettore un connettivo culturale generale. Si parla sempre di cultura di massa, di lettore comune, cioè si usano termini vaghi. In concreto, chi sono i lettori dei libri economici? Innanzitutto i giovani. E la domanda dei giovani ha due aspetti: da una parte, cultura di sollecitazione, problematica; dall’altra di accumulazione culturale, d’ampliamento degli interessi aperti dalla scuola. Qui dunque non è più solo l’editoria ad essere chiamata in causa […] Certo però se la diffusione della cultura si ferma a un mosaico informativo e nozionistico è poca cosa: forse essa diventa un fatto culturale rivoluzionario solo nei momenti in cui la fame di libri nasce da una trasformazione sociale in atto. È un po’ lo stesso discorso che facevamo prima per la letteratura: che ciò che si muove nella letteratura conti culturalmente, non dipende solo dalla letteratura, ma dal terreno in cui la letteratura si muove, l’insieme della cultura e tutto il testo”. 

Non ho ben capito cosa Italo Calvino intenda con “nucleo di biblioteca” e con “bisogni di un qualsiasi lettore”, e poi non comprendo come possa conciliare i “libri d’inquadramento” con “connettivo culturale generale” (e anche qui, molto probabilmente, non ho ben capito cosa intenda con queste espressioni) ma trovo che sia adatto al nostro discorso quello che si dice sui libri a basso prezzo: non sono una rivoluzione culturale fino a quando la rivoluzione non è generale, fino a quando a cambiare è il terreno su cui la letteratura si muove e non la letteratura. Continuo però a pensare che la proposta di libri a basso prezzo aiuti l’arrivo di un cambiamento e cioè a un aumento di lettori curiosi che prima curiosi non lo erano. Non bastano i 99 centesimi, lo ripeto, ma non vedo il motivo per detestare l’iniziativa delle Newton Compton. Guadagneremo meno soldi, non lo si può negare, ma forse guadagneremo qualche lettore in più. 

17 commenti:

  1. Le 1000 pagine a 1000 lire: quando ero una studentessa squattrinata mi sono state più che utili...Io la trovo una buona notizia!

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  2. Anni fa mi capitò di acquistare "Q" di Luther Blisset nella collana i miti Mondadori. Non si trattava di 99 centesimi, ma la filosofia commerciale non era molto diversa. Si trattava di un libro che acquistavo con spirito polemico, convinto che (e nell'intenzione di confermarmi nell'idea che) fosse impossibile scrivere un buon libro a più mani.

    Non l'avrei acquistato se non fosse costato così poco, convinto che fosse una bieca operazione commerciale. Il libro, malgrado fossi molto prevenuto, mi è invece piaciuto e, da allora, ho acquistato le altre uscite dei Wu Ming, a prezzo pieno.

    Mi pare di ricordare che per i Millelire fosse stato un successo la pubblicazione di "L'arte della guerra" di Sun Tzu. Sbaglierò, ma difficilmente un testo simile potrebbe avere una simile diffusione al di fuori di un contesto simile...

    Insomma sono d'accordo, credo che iniziative simili possano servire ad aumentare il numero dei lettori e che permettano di guadagnare su quello che gli si vende oltre al libro che fa fatica a ripagare i costi...

    Ciao

    PaoloVE

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  3. Oh, ultimamente ho chiacchierato un bel po' dei 99 centesimi, ne ciacolavo poco fa su un altro blog...
    Vabé, a parte questo direi che sostanzialmente sono d'accordo con te, anche se a pensarci bene la settimana scorsa ero partita da un punto di vista molto più vicino a quello dei detrattori dell'iniziativa.
    Voglio dire, a me in generale non piacciono le politiche editoriali della NC, più che altro per una questione di esagerata abbondanza nelle pubblicazioni e nella qualità un po' scadente delle suddette... però è anche vero che dopotutto ci sono tante altre case editrici cosiddette BIG che ti propongono la stessa eccelsa schifezza piena di refusi e congiuntivi sballati a 20-21 euro, il che ha un sapore molto più disonesto. Oltre a essere una politica abbastanza cieca, visto che buona parte delle suddette CE sono in perdita. E il bello è che stanno lì a chiedersi come mai. Producono a prezzi inconcepibili e poi si chiedono perché non vendono. Mah.
    Speriamo che l'iniziativa funzioni e che cresca almeno un po' il numero dei lettori. Comunque sempre meglio dell'immobilità cui ci hanno abituati tante altre case editrici, effettivamente...

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  4. Io ne ho scritto anche sul mio blog tempo fa: le collane economiche per me sono state una fonte ottima di accesso alla letteratura alta quando non avevo soldi da spendere e quando non avevo un bagaglio culturale abbastanza solido da poter capire dove investire i pochi soldi che avevo.

    I libri a 2-3-4 mila lire mi hanno permesso di "rischiare" acquisti alla cieca e ho così cominciato a leggere, negli anni della formazione, buona letteratura, i classici, e questo mi ha poi permesso anche di farmi gli anticorpi negli anni successivi.

    Se ti abitui a leggere letteratura alta da adolescente perché è anche quella più economica, ti formi inevitabilmente un gusto particolare che ti fa schifare le produzioni "di massa" (per quanto il termine non mi piaccia) negli anni successivi.

    Poi oggi che sono grande e lavoro non mi comprerei mai un'edizione supereconomica, per un sacco di motivi, ma sono sempre felice che ce ne siano in giro.

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  5. Per Newton Compton è uscita, l'anno scorso, la migliore, e nuova, traduzione dell'Ulisse di Joyce mai pubblicata in Italia. Questo per dire che le case editrici che puntano all'economico fanno più cultura di quanto non si possa giudicare dalle vesti grafiche o dalle copertine un po' così.

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  6. Credo che Calvino per "connettivo culturale generale" intendesse una formazione di base che consenta di approcciare e comprendere libri più impegnativi. Per capirci, e usare un esempio caro a tutti in casa tua, è difficile capire Dante (o provarci, quantomeno) se non hai idea del periodo storico in cui è vissuto. Chiaro, quel "connettivo culturale generale" dovrebbe fornirtelo la scuola dell'obbligo: ma quante volte la scuola fallisce nel tentativo? La conseguenza è che la gente, se e quando legge, lo fa in modo disordinato e senza badare alla qualità di ciò che legge: il "nucleo di biblioteca che risponda ai bisogni di un qualsiasi lettore" credo stia tutto in un percorso di lettura che corrisponda a un qualche tipo di crescita interiore del lettore.
    Per cui sono d'accordo con Tommy: leggendo a basso costo uno può rischiare l'acquisto alla cieca, e magari trarne beneficio. Ma mi piace anche pensare a un altro scenario: quello di una libreria il cui libraio segua il percorso di lettura dei suoi clienti, e sia capace di orientarlo secondo la propria e la altrui sensibilità. Certo, è difficile realizzare uno scenario del genere ai tempi di internet: ma finché c'è libreria c'è pure speranza, credo.

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  7. Più che altro è difficile realizzare uno scenario del genere ai tempi delle librerie di oggi. I librai stessi, penso, fanno fatica ad avere "un connettivo culturale generale".

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  8. è l'inizio della fine. io i libri di carta li vedo malissimo. ormai chi ha un computer si informa con esso, trae opinioni dall'internet. anzi tra tv e web, ormai la gente ha un sovraccarico di informazioni. quando i ragazzi che adesso hanno 14-15 anni ne avranno 40, la cultura come la conosciamo non esisterà più. e sto parlando principalmente del romanzo e della poesia, che mi sembra che dagli anni 70 non abbiano più spinta (quella spinta innovativa e rivoluzionaria di cui l'arte ha bisogno). iniziativa buona? sicuramente; non so di che libri si tratti, ma immagino siano grandi classici. iniziativa utile? non credo proprio. ma lascia che te lo chieda... tu punti a vendere libri fino alla pensione?? ti eri preso la tua piccola pausa, e poi sei ritornato a parlarci di libri e libreria... non senti il bisogno di parlare di cose più grandi?

    mi rendo conto di essere un terrorista informatico, in forma anonima sparo giudizi, lo so da me. si da il fatto che l'anonimato mi permetta di scrivere un po' quello che mi pare, senza conseguenze di sorta. io vedo in te qualcosa (in realtà leggo in te qualcosa), tu sei destinato a cose più grandi di una libreria. adoro il vostro blog (è l'unico che leggo, forse per questo mi piacerebbe che parlaste più di politica). siete due persone speciali, molto speciali, e meritereste un destino diverso. tu al contrario dello scorfano puoi ancora cambiare la tua vita. ti stai creando un immagine e un ruolo di commesso di libreria... esci dal bozzolo farfalla!

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  9. Ma scusa Disagiato, come puoi sperare che un'iniziativa del genere possa aiutare il numero di lettori ad aumentare? Un lettore in difficoltà economiche non andrà a comprare libri a basso prezzo ma si rivolgerà in biblioteca, dove, tra le altre cose, la scelta è molto più vasta.
    L'esempio che porti tu mi sembra fuori luogo. La Rizzoli forse ha contribuito veramente a questa causa, però quelli erano tempi diversi e non c'era ancora una diffusione capillare delle biblioteche comunali.

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  10. Lo spero seguendo il ragionamento che ho scritto (che è approssimativo e magari, ma spero di no, campato in aria), e ragionamento che non guarda solamente chi ha delle difficoltà economiche. Poi è vero, la biblioteca può essere un'alternativa, ma ti assicuro che non sempre soddisfa le esigenze dei lettore. O almeno così accade nella biblioteca del comune in cui sta la libreria per la quale lavoro.

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  11. Mi piace regalare libri ai miei alunni, ma non me lo posso più permettere. Anni fa, complici le edizioni Sonda che pubblicavano librini per ragazzi sullo stile dei "millelire", ma con racconti anche di classici e con copertina più solida, mi facevo arrivare un paccone di questi libretti e li facevo trovare sui banchi come regalo di Santa Lucia. Finita quell'iniziativa, finiti i regali (cioè, regalo dolcetti, adesso), perché come mi posso permettere un libro per oguno della sessantina di ragazzi ai quali insegno quest'anno?
    Così, devo anche dire che quando ho visto nella cartoleria del mio paese i libretti di cui sopra, ho cominciato a comprarne qualche copia. Piano piano, prima che arrivi la prossima Santa Lucia, ne avrò abbastanza per due classi.

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  12. Mi chiedo se tu ne acquisterai.

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  13. Per il momento, a parte un paio di titoli che non mi interessano, sono libri che ho già in altre edizioni. Poi chissà.

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  14. Ne ho letti diversi di questi librettini, in particolare durante il servizio militare. Entravano bene nei tasconi e si imboscavano bene durante i turni di quardia.
    Però preferivo (preferisco, quanto li trovo sulle bancarelle) i piccoli de "la bibliteca del Vascello". Così, tanto per dire la (irrilevante) mia..
    ciao, Variabile

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  15. Essendomi sfuggita la cosa nelle scorse settimane, ho scritto oggi un post sull'argomento. A parte sottolineare che si tratta di un'ottima iniziativa, e che le statistiche sul numero dei lettori non c'entrano nulla, dissento anche sulla qualità di questi libri a 0,99 €. Refusi ne trovo a iosa anche nei libri a prezzo pieno, e lo stesso vale per la qualità della carta. La fattura dei classici della Biblioteca Economica Newton anni '90, con il dorso verde e la copertina giallina, era decisamente inferiore. Inoltre, mi fa piacere che si sia tornati a pubblicare in formato piccolo, che sta tranquillamente nella tasca del giaccone. Gli ultimi Miti Mondadori, con la copertina rigida, erano una presa in giro, a parte il prezzo (6,00 €, più del doppio delle 4900 lire con cui erano partiti).

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  16. Anche gli Oscar Mondadori Classici, se si guarda il prezzo, sono una bella presa in giro.

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  17. Se la vedano gli editori ed i librai per capire che tipo di operazione sia. Io li compro eccome se li compro

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)