martedì 28 dicembre 2010

Belli i romanzi. Ci fanno evadere.

Mettiamola così: nella famiglia del Dongo del lungo romanzo di Stendhal La Certosa di Parma ci stanno gli antipatici e oscurantisti, fedeli agli austriaci, e ci stanno poi quelli che con piglio rivoluzionario aspettano Napoleone. Da una parte i noiosi, l'anziano padre del Dongo e il primogenito Ascanio, spia e viscido personaggio faccia da culo della famiglia, dall'altra parte il protagonista Fabrizio, velleitario e sognatore, sua madre, sua zia e altri personaggi cha e a loro, ma solo a loro, girano attorno. La famiglia del Dongo, dal momento che la faccia da culo (poi non lo dico più) fa la spia, si divide: "quello stupido di mio fratello odia gli austriaci in quanto gretti e oppressori", dice a grandi linee Ascanio. Ecco, questa è la spinta (il movente?) al romanzo, la causa di tutto il movimento e della polvere alzata.

Perchè, ecco le domande, leggere questo romazo a tratti noioso e a tratti zoppicante? Perchè inseguire, non senza sudare, i movimenti interiori ed esteriori del bel giovanotto Fabrizio del Dongo? Perchè leggere delle sue passioni politiche, filosofiche e amorose? Perchè? Perchè con La certosa di Parma ci succede una cosa che nella realtà non ci succede mai: stiamo dalla parte dell'oscurantista, della spia. Stiamo dalla parte della faccia da culo (poi non lo dico più) di Ascanio.
Perchè forse la verità e la giustizia stanno dalla sua parte? No. Allora, forse, perchè Ascanio è gagliardo? Nemmeno. Ascanio, che rimane nella sua casa di Como con il padre padrone, nel romanzo non compare quasi mai. Sappiamo solo che è attaccato al padre, quindi all'autorità, che tifa come il padre per gli Austriaci e, infine, che denuncia suo fratello: "mio fratello è andato a Waterloo", rivela. Perchè rischiamo di tifare per il più viscido del romanzo? Perchè rischiamo di fare una cosa che nella realtà non faremmo mai?

Fabrizio del Dongo, il fratello della spia, è uno scemo. A me dispiace dirlo, ma è così. Quello che vuole sovvertire la storia, quello che si libera dalla pesante e soffocante presenza del padre, e da tutta una sovrastruttura famigliare e non solo, è in realtà un pirla. Leggete o rileggete il romanzo, se non mi credete. Fabrizio fugge da Como per andare a Waterloo senza capire, alla fine di alcune divertenti peripizie, se ha partecipato alla storica battaglia. In realtà non l'ho capito nemmeno io. Non l'ho capito perchè sono come Fabrizio? Sì. Fabrizio, prima, viveva facendo a pugni con i ragazzini del paese senza imparare niente, neanche a leggere. Chissà, ho pensato, cosa faceva invece quella spia di Ascanio. Gli ideali di libertà di Fabrizio, a questo punto, a me sembrano poca cosa rispetto alla serietà e fermezza del fratello. Ecco, Stendhal dà ad Ascanio la serietà. A questo punto mi succede quello che nella realtà non mi succederebbe mai: comincia a starmi più simpatico l'antipatico. Questo non perchè l'antipatico sia più intelligente. No, non per questo. Succede perchè il simpatico, Fabrizio, è scemo. Fabrizio è poco serio e coerente, nel romanzo. Leggete o rileggete se non mi credete.

Allora succede che se dovessi votare, tra i due io.... No, scusate, il voto non centra nulla. Stavo per dire una scemenza.

Insomma, Stendhal racconta di Fabrizio che sta in una battaglia come Woody Allen sta in Amore e guerra, che finge di essere un venditore di barometri per coprire la sua vera identità e per questo tutti lo prendono per il culo (io ho riso per una trentina di minuti), che si fa fregare i cavalli e poi va a Parma e nel frattempo si innamora di una decina di donne, tra le quali sua zia, e poi si fa prete o giù di lì, e fa poi tante altre cose surreali e nel frattempo, a noi, ci viene da pensare quello che nella realtà non oseremmo mai di pensare: ma se Ascanio, là nel suo palazzo di Como, avesse ragione? Se gli ideali di Fabrizio e tutto questo suo girovagare alla ricerca della felicità fossero la prova che l'oscurantismo del fratello non è oscurantismo? Il fatto, questo ci ricatta, è che Fabrizio non è credibile. Aprite una pagina a caso e troverete che Fabizio sta facendo una fesseria. A me dispice dirlo, ma Fabrizio, che preferivo perchè più fantasioso e libero di suo fratello, è patetico e buffo. Per la prima volta, che io sappia, le due cose stanno insieme.
Pagina 66 (ed. Mondadori): Fabrizio fu molto fiero del suo discorsetto. Non faremo il racconto particolareggiato della lunga discussione sul suo futuro destino. Però Fabrizio si accorse che mentre discutevano ripetevano tre o quattro volte i punti salineti della sua storia. Fabrizio è così, ripete sempre le stresse cose per tutto il romanzo. Come ripetesse, appunto, i punti salienti (terribile espressione). Di ogni donna che incontra per strada, dice:che sia l'amore, finalmente? Allora, visto che sto in un romanzo e non nella realtà, mi prendo il lusso di pensare ad Ascanio. Alla sua serietà. Alla sua lucidità. Lo faccio perchè non solo lo scrittore, ma anche il lettore si dà le licenze. La licenza di tifare, ebbene sì, per la faccia da culo, per quello che ha torto, per la spia, per quello più ricco, per quello che comanda lontano da alcuna gentilezza o logica umana. Questo solo perchè il protagonista, quello che decidiamo di seguire, non è serio e coerente. Solo perchè soffre sempre dello stesso male. Allora anche noi perdiamo gli strumenti intellettuali, per dirla grossa.

Ma questo nel romanzo. Nei romanzi. La vita è diversa. Vero?


1 commento:

  1. Gosh! Avevo sepolto questo libro nei lontanissimi anni del liceo.
    Sarà che la storia si ripete, ora capisco perchè la mia stronzissima sorella maggiore piace a tutti.

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