domenica 16 ottobre 2011

una sfiga seria

di lo Scorfano


Ci sono ragazzi silenziosi, in ogni classe. Sono persone forse timide, forse semplicemente un po’ riservate, nel loro stare in mezzo agli altri. I più sono anche studiosi: li chiami e sono preparati; svolgono test e verifiche con ordine, alcuni in modo eccellente, altri semplicemente in modo sufficiente. Fanno sempre i compiti. E se per caso, un giorno, non li hanno potuti fare, te lo dicono con grande ansia malcelata, aspettando che tu li punisca in modo definitivo e perentorio.

È difficile che questi ragazzi siano persone brillanti; è anche molto difficile che lo diventino. Non intervengono mai durante le lezioni e le discussioni, non sono capaci di fare la battuta giusta al momento giusto, non sanno nemmeno fare un po’ di polemica, neppure quando avrebbero ragione e potrebbe loro convenire; non sono mai vestiti troppo alla moda, non godono di nessun successo presso i loro coetanei, in particolare presso i coetanei dell’altro sesso.
   Hanno il loro piccolo giro di amici, sempre gli stessi due o tre, con cui si chiamano al pomeriggio, con cui a volte si incontrano per fare insieme gli esercizi di matematica. Non saranno mai rappresentanti di classe o di istituto, per il semplice motivo che nessuno li voterà mai, non tra i quattordici e i diiciotto anni.

A volte alcuni di loro vengono indicati con il titolo spregiativo più tipico di quell’età: «Sono sfigati» (o alcuni anche «secchioni», che si usa di meno, però). E se ne vanno in giro nei corridoi, durante l’intervallo, camminando vicino ai muri, quasi toccandoli, proprio un po’ da «sfigati»: che si vede benissimo che se non fossero loro a cercare l’altrui compagnia nessuno cercherebbe la loro. Forse perché sono un po’ noiosi; o forse perché non sanno mettersi in mostra; o forse semplicenmente perché sono un po’ più seri.

Ecco, quando li guardo, io spero che non covino, dentro di loro, nessun tipo di rancore contro il mondo; perché il rancore esplode e fa danni, a lungo andare. E so, lo sento come se fosse una certezza inossidabile che ho dentro, che se saranno capaci di non coltivarsi nessun rancore verso gli altri e di mantenere quel po’ di serenità e di equilibrio che la vita sa concederci, so con certezza che saranno persone stupende, tra una decina d’anni.

Perché quella loro attuale “sfiga” poi, lentamente, passa. E diventa qualcos’altro, di molto migliore e di molto più importante: diventa forza, serietà, sicurezza vera e non fasulla, diventa coscienza di sé e indipendenza di giudizio. E penso che siano esattamente queste le persone di cui il nostro futuro ha bisogno: persone serie, sobrie, garbate, perfino umili, quasi sfigate. Che dei brillanti che si credono furbi, di quelli che hanno successo tra i coetanei, di quelli che sanno stare al mondo, di quelli con la battuta pronta e le giustificazioni sempre attraenti, di quelli non c’è proprio nessun bisogno.

E poi, per non trascurare niente e bere l’amaro calice fino in fondo, so anche che vorrei essere stato come loro, quando ero ragazzo.

E che invece non lo ero, non fino in fondo, perché non ne sono stato mai capace, perché sono stato troppo debole: perché a un certo punto sono riuscito a costruirmi addosso una sicurezza che non era la mia ma che, giorno dopo giorno, lo è diventata. E ho cominciato, riuscendoci, a costruirmi il successo tra i miei coetanei, la più stupida e idiota delle barriere contro l’angoscia, la più pericolosa delle debolezze. E ho avuto paura e, quindi, sono stato brillante, quando potevo, e intelligente, quando era facile riuscirci, e ho avuto la battuta pronta, quando fare una battuta significava solo dire un’ovvietà.

E infine so, so anche questo con certezza, che questa sicurezza, questa debolezza, questa capacità di stare al mondo che mi sono piano piano costruito, ma che non era mia, è stata, giorno dopo giorno, anche la fonte massima dei miei periodi di infelicità; che a lei devo ogni mio dolore. Mentre la «sfiga», quella che era solo e soltanto mia e che cercavo di cancellare, quella sfiga che ancora oggi costituisce il nucleo profondo del mio essere me stesso, quella mi ha dato le più belle soddisfazioni che io abbia mai avuto nella vita.

Guardo i ragazzi che camminano vicino ai muri nell’intervallo e gli auguro di avere cura della propria “sfiga”, per loro stessi e per tutti noi, per il nostro futuro. Perché è di loro, seri preparati e tranquilli, che avremo bisogno. Non certo degli altri.

(Questo è un post già pubblicato sul mio vecchio blog, un paio di anni fa. Lo ripropongo oggi, con pochi ritocchi, perché in questi giorni ho avuto modo di ripensare a questi ragazzi che incontro nei corridoi della mia scuola e mi sono accorto che non ho affatto cambiato idea. Scriverne oggi un post solo un po' diverso non avrebbe avuto senso: le parole sono rimaste, e restano, quelle.)

13 commenti:

  1. Bellissimo post! Peccato che di questi ragazzi, non so se capita solo a me o se è solo un'impressione, ne vedo, anno dopo anno, sempre di meno.

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  2. Grazie a entrambi. @Paola: io continuo a vederne un numero confortante, diciamo.

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  3. Grazie per averlo riproposto. Condivido.
    "io spero che non covino, dentro di loro, nessun tipo di rancore contro il mondo; perché il rancore esplode e fa danni, a lungo andare".
    Ecco, questo è anche un mio timore. Anch'io li guardo e ...spero.

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  4. Che belle parole. Io ero una di quelle ragazze lì, non ricordo se camminavo lungo i muri, però tutte le altre caratteristiche le avevo. Pensa che io avrei pagato per essere un po' più estroversa, un po' più casinara, perché della mia timidezza, o riservatezza, non sapevo proprio che farmene. Adesso ho solo 21 anni, però mi rendo conto che un po' hai ragione, che in fondo in fondo, io che sembravo e sembro ancora molto più fragile degli altri, forse non lo sono davvero, così fragile come sembra...
    bellissimissimo post!

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  5. Eccomi all'appello, insieme a FruFru.
    Non vestivo firmato, non guardavo i film di Pierino, mi era quasi proibita la tv. Passavo le ore a leggere.
    Purtroppo però la mia situazione non si è evoluta, il mondo non sembra avere bisogno di quelli come me. Oggi ho 27 anni e sono sempre fuori posto, fuori luogo, fuori tempo, fuori dai gruppi, fuori dalle mode. "Sempre un po' a disagio", per citarvi.
    Nel mondo competitivo brillante, nel mondo del jetset per forza, nel mondo degli happy hour e delle spille Chanel e della borsa Piero Guidi non trovo ancora posto.

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  6. @FruFru e Tamara
    Fragili sono gli altri, a mio parere. Quelli che per l'approvazione altrui snaturano se stessi (e il proprio essenziale disagio)

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  7. Ma questo è il post dei miei 14-18 anni, questo è il post che avrei voluto scrivere non avendone la lucidità e la freddezza necessaria, il post che ho seguito frase per frase, prima identificandomi nel ragazzino bravo a scuola ma non alla moda, che non segna gol, che non sa fare le pinne con il motorino, con la sua piccola sfiga da coltivare, da combattere con tutte le mie forze, la sicurezza da costruire giorno per giorno con piccole regole rubate ai leader, ai capibranco, poi leggendomi nelle righe della metamorfosi dei tempi dell'università, quando grazie ad amicizie sincere e intelligenti sono pian piano uscito dal guscio dell'ipocrisia così duramente costruita e ho conuistato la consapevolezza delle mie capacità e dei miei limiti che oggi mi permette sopravvivere in uno stato di decente equilibrio.
    Un grande pezzo di bravura e di acume, corro subito a linkarlo sul mio blogghino, i miei tre lettori devono assolutamente leggerlo.

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  8. Grazie, Aaqui, è un piacere per me il tuo commento.

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  9. Avevo letto questo post sull'altro blog e l'avevo amato. Ora continuo a pensare che sia uno dei post più belli che abbia mai letto. Sottoscrivo ogni singola parola.

    Niculet

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  10. Io l'ho riproposto oggi perché mi è toccato di ripensarci qualche giorno fa. E ne ho ricavato che lo scriverei ancora identico.

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  11. un post veramente bello, come moltissimi altri su questo blog, e confortante per la categoria alla quale appartengo :)

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)