giovedì 20 ottobre 2011

le lacrime sulla verifica

di lo Scorfano

 
Le due ragazzine sedute al primo banco sono in un bagno di lacrime. Una delle due piange così tanto, anche se in silenzio, che le lacrime le colano giù dalle guance e cadono sul foglio della verifica di latino. Appena se ne accorge, si asciuga con un fazzoletto.

Io sto consegnando le verifiche corrette agli altri, quelli che ancora sono in attesa. Dentro di me penso che tutto è andato molto bene: ventuno verifiche svolte, quattordici sufficienze, di cui sei sopra il 7. È difficile, in prima, alla primissima verifica di latino, chiedere di più. Ma naturalmente è un «andare bene» che non può bastare e che non consola affatto le due ragazzine del primo banco, dritte davanti a me, che piangono perché hanno preso 3.

Quando ho finito di consegnare tutte le verifiche, dopo che ho visto allargarsi i sorrisi di ragazzi e ragazze che non si aspettavano un così bel voto, dopo che mi sono sentito anche felice a chiamare quelli che hanno preso 7 o 8 o anche 9 (solo una ragazza, ma va benissimo così), a quel punto guardo le due tredicenni sedute di fronte a me e provo a spiegarmi: «Non è una sentenza il vostro 3, ragazze: non è quello».

Loro si fermano ad ascoltarmi.   «Dovete immaginare il voto come se fosse un gradino, non come un giudizio inappellabile. Il voto vi dice qual è il punto da cui partite, qual è il livello a cui siete ora. Non c'è niente di grave, perché non conta la partenza e conterà l'arrivo». Loro mi guardano, e hanno smesso tutte e due di piangere. «E questo vale anche per quelli che hanno preso 4 o 5... Mi raccomando ragazzi: capiamoci bene, fin da subito. Il voto insufficiente segna che qualcosa non va come dovrebbe andare: ma è proprio per questo che ci aiuta. Non è un giudizio sulla nostra intelligenza o capacità, è solo un numero che ci dice cosa dobbiamo fare meglio e di più, in che modo dobbiamo impegnarci, come mai quello che abbiamo fatto finora non è andato bene».

Respiro un po': ho tutti i loro occhi addosso, so che è un momento importante, questo della prima verifica. E poi continuo, spiego sempre la stessa cosa, che è un gradino, che solo la misura del punto di partenza, che c'è tanto tempo per rimediare, che rimedieremo. Uso sempre il «noi», voglio che capiscano che è il nostro lavoro, che non sono soli, anche se poi a casa, quando fanno i compiti, sono soli; e soprattutto a scuola, durante la verifica, sono soli. Ma non mi interessa specificare, in questo momento, mi interessa solo che non si abbattano.

«Non vi scoraggiate» insisto. «Se lavorerete bene, può darsi che, alla prossima verifica, il 3 diventerà un 4 e poi un 5 e...» «Ma quando diventerà un 6?» mi chiede molto allarmata una delle due ragazzine che stanno sedute di fronte a me. Io le sorrido. «Ci vorrà un po' di pazienza, solo un po' di pazienza». E lei: «Ma non posso prendere 6 già alla prossima verifica?» «Sì che puoi» le dico io, «ma non è detto che accada. Se migliorerai un po', andrà già bene. L'importante è che insisti e che continui a studiare, meglio di così però, con più attenzione e più rigore».

E poi interviene l'altra, la sua compagna di banco: «E io mi posso fare interrogare già domani?» «Un attimo, un attimo... Non è questo il punto: non è il "rimediare" subito, la questione. Il punto è crescere con calma e imparare con pazienza il latino e farsi interrogare domani non serve a niente. Serve lavorare tutti i giorni; non solo oggi pomeriggio, perché ci sei rimasta male...» E lei: «Ma ce la farò, un giorno, a prendere 6?» «Certo che sì» le dico io, «io sono sicurissimo che ce la farai. Però dovrai studiare sempre, tutti i giorni, non solo quando decidi di farti interrogare. Il segreto è stare attenti in classe, chiedere quando non si capisce, studiare bene a casa, senza mai fare i furbi. E allora vedrai, sono sicuro che ce la farai presto».

E poi, come sempre accade, suona la campanella delle 11. C'è l'intervallo. Io li guardo uscire e so che ho mentito. Che non sono affatto sicuro di niente, è ovvio. Diciamo che ci spero: perché è possibile che non ce la facciano né l'una né l'altra, o forse che ce la faccia una soltanto, o forse tutte e due. E io spero tutte e due, naturalmente; ma sperare non basta.

Poi, mentre esco anch'io dall'aula per andare, ahimè, a fumare, sento la risatine squillanti delle due ragazzine del primo banco che risuonano nel corridoio. Una si aggiusta il nastro che ha tra i capelli con un fare ingenuamente ma chiaramente seduttivo; l'altra le indica il ragazzo di terza che sta passando in corridoio e che piace a tutte e due. E tutte e due , che poco fa piangevano a dirotto, ridono di una risata che solo a tredici anni si può avere. Quando sperare è un po' come essere sicuri. Quando basta che qualcuno ti dica che non è grave per credere subito che non sia grave. O forse, anche per loro come per me, basta a fare almeno un po' finta di crederlo.

28 commenti:

  1. a 14 anni ero una secchiona perché non avevo altro modo per esistere nella classe. Ma è difficile essere secchioni, perché essere ugualmente brillanti in cose diverse non riesce sempre, e dopo un po' si riconoscono le materie in cui uno è secchione per forza o per passione. In matematica arrancavo, anche a causa di una prof che per ovviare a un'insicurezza che allora non sapevo riconoscere faceva l'informale e ci raccontava i fatti suoi. Ma io non volevo un'amica; volevo un'insegnante. Un giorno al compito presi insufficiente, e mi bruciava il viso per la vergogna. Se non hai amici, non sei carina, e non riesci nemmeno negli studi, come fai a non scomparire? Lei mi si avvicinò e mi disse che non era un dramma, perché lei aveva vissuto momenti peggiori quando il marito l'aveva lasciata con due figli, e dovevo imparare a distinguere le cose gravi da quelle che non lo sono. Ma io l'odiai solo di più e basta, perché non sapeva essere un'insegnante.

    RispondiElimina
  2. Questo è il discorso che ogni professore dovrebbe fare a chi prende un brutto voto per la prima volta.

    Mi piace soprattutto il finale perché lascia spazio all'interpretazione, fornendoti dei dati, ma senza scadere nel giudizio.

    RispondiElimina
  3. Quello che non capisco è il tuo pessimismo cosmico. Hai letto troppo Leopardi? :-)

    Hai detto le giuste parole e poi "Io li guardo uscire e so che ho mentito. Che non sono affatto sicuro di niente, è ovvio. Diciamo che ci spero" Dove il pessimismo non è nel "ci spero", ma è nel "ho mentito". Non hai mentito affatto, è questo il punto. Hai fatto capire loro che i voti dipendono da quanto e come studiano. Magari tutti i professori facessero capire queste ovvietà!
    ilcomizietto

    RispondiElimina
  4. Il sistema dei voti e' basato sulla paura e la vergogna delle insufficienze.

    Puoi spiegare e rispiegare quante volte vuoi che e' solo un'indicazione, ma in effetti e' un'ordalia. E' fatto apposta: "Sei andato male, vergognati!"; "Studia senno' fai schifo".

    E in un'ottica che abbraccia tanto Pavlov quanto Arancia Meccanica, adesso bisogna prendere un voto che controbilanci quel 3. In qualsiasi modo o momento. Chi se ne frega di quel che impari: quel che conta e' il voto.

    Su un piano piu' concreto rimane il fatto che il 3 fa media. dovessero prendere 3,6,6 nel primo quadrimestre, in teoria dovrebbero prendersi il debito. Perche' il sistema ministeriale non conosce l'idea di "processo", ma solo le medie (che addomestichiamo come possiamo).

    Se avessimo una docimologia meno medievale, molti problemi ce li risparmieremmo. E non e' una critica allo scorfano, ma solo al sistema.

    Uqbal

    RispondiElimina
  5. Ah, cmq la foto di corredo denuncia la frequentazione di link di facebook stile "Pensieri e stelline" "Sentimenti veri", 'Romanticismo portami via".

    Attenzione Scorfano, controlliamo la tua glicemia!

    Uqbal

    RispondiElimina
  6. Eh, i voti bassi in latino. Racconta alle tue alunne di quel tuo compagno di liceo che ha iniziato con un 2- (lacrime incluse) e ha finito con una tesi su Ovidio. A furia di gradini e rampe, il latino può rivelarsi una grande passione.

    RispondiElimina
  7. Avrei tanto voluto che la mia terribile prof di latino e greco al liceo fosse come te. Lei, quando ci vedeva piangere durante l'interrogazione, secondo me era un po' felice.

    RispondiElimina
  8. @Veronica
    Il bello di questo mestiere è che si sbaglia sempre...

    RispondiElimina
  9. @il comizietto
    Leopardi... Chi era costui? ;)

    RispondiElimina
  10. @Uqbal
    E da domani, preparati, gattini e fiorellini!
    (E lascia stare la mia glicemia che è uno dei pochi valori ancora a posto... Se mi porti male ti vengo a cercare...) (e sono grande e grosso, sappilo).

    RispondiElimina
  11. @plus1
    Vedi, sei un privilegiatoi., Perché io nemmeno mi ricordo quale fu il voto che presi in quella verifica (la nostra prima verifica di latino). Di sicuro perché era un bel voto (sempre stato noioso, io): i quali bei voti non sono degni nemmeno di un ricordo, infatti.

    RispondiElimina
  12. @Tamara
    Magari no, magari ti sbagli, magari vi sembrava... Io non credo che esistano professori che gioiscono nel dare un brutto voto: o almeno non ne ho mai incontrati. Ne ho conosciuti molti a cui non importa nulla (che magari è peggio), ma non altri, davvero.

    RispondiElimina
  13. E' lo stesso discorso che ho fatto io oggi sul primo tema di italiano. E anche io sapevo che in parte mentivo, e in parte no. E sapevo che era quello che dovevo dire, e che loro dovevano ascoltare. Anche perché purtroppo in Italia vige questa valutazione del voto (paradosso!) come giudizio esistenziale, e non come nel bel mondo anglosassone come una semplice descrizione di un momento, un giorno, un compito, un'ora uno scalino. Quando riesco a fare arrivare i miei piccoli del biennio alla fine del percorso avendo compreso la differenza tra voto e persona e tra sapienza e cittadino, penso di essermi avvicinata a sufficienza alla definizione di insegnante. Altrimenti no.
    E (@Uqbal), no, grazie al cielo è specificato persino nelle follie ministeriali che, specie in prima, specie al biennio, il voto finale tutto è fuorché la media dei voti...

    RispondiElimina
  14. Sempre odiato il latino, perché purtroppo non lo capivo. E ho sempre odiato chi mi diceva "Se vai bene in matematica non puoi andare male in latino": quando i detti popolari si infrangono contro la realtà (e sfrangono i maroni, consentitemi).

    Mi rendo conto di cosa voglia dire prendere un cattivo voto, perché se non hai studiato è un conto, ma se pensi di aver fatto il tuo dovere e non sei arrivato oltre, diventa esattamente "un giudizio sulla nostra intelligenza o capacità".

    E poi ci sono i genitori, a cui devi rendere conto a quell'età, ricordiamocelo. Vaglielo a spiegare che hai preso 3 perché non ci arrivi e non in quanto hai trascurato lo studio. Vagli a fare capire che un compito di matematica è andato male per un errore di concentrazione e non perché guardavi il cielo.

    RispondiElimina
  15. @speaker
    Tutto giusto, tranne in parte il paragrafo centrale, secondo me. Nel senso che anche tu scrivi: "se pensi di aver fatto il tuo dovere"; il che implica che c'è qualcosa di sbagliato in quello che pensi, non nelle tue capacità.
    Non sai valutare, insomma, quale sia il lavoro che devi fare e quindi non lo fai nel modo giusto: il che non è una bella cosa, ma non coincide affatto con l'essere stupidi. Anzi, spesso coincide con il non aver semplicemnte capito come funziona la scuola (o il latino). Ed è, tra l'altro, proprio questa la causa principale della maggior parte delle bocciature in una prima liceo (escluso chi non fa una sega, se mi si permette).

    RispondiElimina
  16. "Non sai valutare, insomma, quale sia il lavoro che devi fare e quindi non lo fai nel modo giusto: il che non è una bella cosa, ma non coincide affatto con l'essere stupidi.[...]Anzi, spesso coincide con il non aver semplicemnte capito come funziona la scuola (o il latino)"

    Comunque denota una minore abilità in un campo (c'è chi dice che esistano vari tipi di intelligenza). Almeno è quello che mi sono sempre detto io che, ripeto, andavo molto bene in matematica, mentre il latino era la mia bestia nera :^)

    RispondiElimina
  17. Hai ragione: denota una minore abilità nel campo. Il che non significa che tu sia condannato a fare male sempre e comunque. La scuola non chiede di essere "campioni del mondo" di latino: chiede un livello minimo, accettabile. Diciamo che, purtroppo, partendo tu da un'abilità minore, l'impegno che dovrai profondere sarà necessariamente maggiore. Altri sono stati più fortunati di te, in questo campo. In altri campi sei stato più fortunato tu: se capisci quali sono, hai già raggiunto un gran bel traguardo.
    (E in ultimo, sì, anche su questo sono d'accordo con te - e con chi lo dice -: esistono molti tipi di intelligenza. Tanto che io a volte dubito che la parola "intelligenza" possa avere un qualche valore semantico preciso...)

    RispondiElimina
  18. accipicchia, io ho inflitto dei 2 e nessuno ha pianto!!!
    non sono abbastanza feroceee!!!

    RispondiElimina
  19. @Scorfano

    E' vero, non credo esistano professori che gioiscono a dare un brutto voto...però è curioso che gli studenti possano pensare il contrario.

    Forse perché è facile che un voto diventi una piccola vendetta, cui fin troppi professori sono proni (è il loro scettro, lo usano).

    A tutti quelli che hanno odiato il latino torno a ricordare "La primavera scomparsa" di H. Scharfig: il prof. di latino crepa nel primo capitolo.

    Uqbal

    RispondiElimina
  20. I tuoi post stanno diventando un catalizzatore nella mia famiglia.
    Catalizzatore perché "obbligo" mi figlio, un primino, a leggerli. Per capire, attraverso i tuoi scritti, le sue impressioni, qualcosa che vada oltre il classico : "Come va?" "Tutto bene".
    Tutto bene. Alla prima verifica il voto è stato sei. Io l'ho vista: penso che la prof sia di manica larga, meritava un 5, al massimo un cinque e mezzo.
    Due opposte visioni dell'insegnare: parti da un sei, mantieni poi la media o, al massimo, puoi migliorare (ma si rischia di "accontentarsi del 6" per sempre) oppure parti dal cinque ma, se ti impegnerai, potrai arrivare al sei e , forse, al sette.

    RispondiElimina
  21. @Michelle
    Non obbligarlo troppo, il tuo ragazzo... Che avrà da leggere cose più belle di quelle scritte qui. ;)
    Poi, sui voti, ognuno in qualche modo li usa come preferisce: l'importante (e mi pare che su questo siamo d'accordo) è sapere che i voti non sono verdetti o sentenze, ma strumenti di lavoro, indicazioni, al limite avvertimenti su quello che va o non va. E comunque una prima verifica da 6 è sempre una prima verifica da 6, cioè qualcosa di cui essere contenti.

    RispondiElimina
  22. @uqbal
    Ognuno, è evidente, subisce il fascino degli strumenti che ha a disposizione (e diciamo pure "purtroppo": perché è vero che non dovrebbe essere così). Di quei prof di cui tu parli (che usano il voto come una lama) ne ho conosciuti alcuni (molto pochi, per la verità): spesso pessimi colleghi, a volte semplicemente un po' disorientati. Con alcuni, davvero, è bastato parlare qualche volta con serenità.

    RispondiElimina
  23. Eh, proprio l'altro giorno uno psicologo in visita alla scuola per un PON ci diceva che è proprio la serenità di fronte alle critiche quella che manca...però insomma, non siamo neanche tutti nevrotici.

    @Michelle

    Te lo dico con la zappa, perché meglio non mi viene: se togli a tuo figlio la soddisfazione di un 6, anzi del primo 6, rischi che la prossima volta ti prende 4, per ripicca.

    E se io, prof. di tuo figlio, venissi a sapere che contesti i miei voti, mi inc...ei. I miei 6 sono insindacabili, in un senso e nell'altro.

    A 14 anni un figlio, poi, non racconterà mai niente di più di "Tutto bene". E' fisiologico. Il caro pupetto cresce e adesso ha un'intimità.

    Uqbal

    RispondiElimina
  24. @Uqbal
    Non ho tolto nessuna soddisfazione per il 6, dalla mia bocca sono usciti solo dei complimenti ma nella mia testa, dopo aver visto la quantità di errori nella verifica, rimane il dubbio (sindacabile o no...). Concordo poi che abbia bisogno di una sua intimità ma uno sguardo su altre realtà simili alla sua o, almeno, una visione d'insieme dall'altra parte della barricata non trovo sia un'intrusione ma uno stimolo ad analizzare ogni situazione (non solo la scuola) in modo elastico.

    RispondiElimina
  25. ricordo la mia prima verifica di latino... tanti complimenti dalla prof e un bel 9, il voto più alto della classe, perchè avevo tradotto familia con servitù e non con famiglia come tutti gli altri... poi nel tempo i complimenti sono diminuiti e per la prof sono diventata un enigma: non riusciva a capacitarsi del fatto che i miei scritti fossero tutti brillanti e i miei orali solamente mediocri...

    RispondiElimina
  26. Kiki, mi ricordi quando fui l'unico a tradurre "frustra" correttamente con "invano", immaginando (come poi avvenne) che gli altri avrebbero tradotto "con la frusta".

    RispondiElimina
  27. SpeakerMuto, forse abbiamo lo stesso tipo di intelligenza... guarda caso anche io andavo benissimo in matematica e non ho mai capito l'ablativo assoluto...

    RispondiElimina
  28. @Speaker e Kiki
    A questo punto, mi pare ovvio, ci sta un incontro di persona...

    RispondiElimina

(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)